RADIOLOGIA MEDICA (App. III, 11, p. 566)
MEDICA Posizione attuale della radiologia medica. - A seguito della notevole espansione delle attività sanitarie assistenziali, si è avuto negli ultimi decenni, in tutto il mondo, un rilevante aumento della richiesta di prestazioni radiologiche; il tasso d'incremento del numero di esami di röntgendiagnostica è valutato intorno all'8-10% annuo. Il rapido sviluppo del progresso scientifico e della tecnologia rendono peraltro sempre più esigente l'utenza dei servizi, anche in rapporto alla qualità delle prestazioni; questi motivi, assieme all'aumento del costo dell'energia e del lavoro, fanno sì che, nella pianificazione delle attività assistenziali ospedaliere, i servizi di r. rappresentino un problema di particolare importanza sia dal punto di vista economico che da quello orgauizzativo, e spesso finiscono per condizionare la funzionalità dei reparti. È da aggiungere, negli ultimi anni, la preoccupazione di eventuali danni genetici e somatici alla popolazione, per l'aumento del fondo naturale di radiazioni, preoccupazione che rende necessaria l'adozione di provvedimenti tecnico-organizzativi sempre più elaborati, per ottenere, malgrado l'aumento delle prestazioni, un "contenimento della dose" alla popolazione stessa.
La crisi di crescenza dell'attività assistenziale radiologica si fa risentire, a vari livelli, attraverso la perdita dell'unitarietà della disciplina e con la tendenza alla formazione di numerose sub-specialità. È noto che, dal punto di vista dello svolgimento dell'attività professionale, la r. ha carattere specialistico: in Italia la legge prevede (d.P.R. n. 185 del 13 febbr. 1964, art. 97) che l'esercizio professionale specialistico venga effettuato solo da coloro che sono in possesso di diploma di specializzazione in r.; per l'esercizio della radioterapia l'obbligatorietà del diploma di specializzazione era prevista già dal 1934 (ed è confermata dallo stesso articolo), ma l'esercizio non specialistico della r. diagnostica può essere effettuato, in assenza della specializzazione, sotto la responsabilità dei direttori d'istituti universitari o dei primari di divisioni ospedaliere, dai sanitari che ivi prestano servizio (art. 97). Mentre l'esercizio professionale è specialistico, dal punto di vista della formazione culturale del medico la r. ha invece carattere formativo generale, come materia d'interesse multidisciplinare, con un corpo di conoscenza unitario e non rinunciabile in un normale curriculum universitario. Da qui la tendenza a mantenere nella facoltà di medicina corsi unitari di r. m., comprendenti basi di anatomia radiologica, fondamenti del metodo, indicazioni degli esami, semeiotica radiologica generale, informazioni sugli effetti biologici delle radiazioni, sui rischi e sui metodi di protezione, nozioni sulle indicazioni e i risultati della radioterapia dei tumori. Contemporaneamente, però, non può essere arrestata una naturale tendenza alla polverizzazione della r., che si manifesta attraverso varie espressioni. A livello universitario, si è avuta l'istituzione di cattedre, oltre che di r., di radioterapia, radiobiologia, medicina nucleare, anatomia radiologica, r. sperimentale, fisica sanitaria, biofisica, radiogenetica, mentre compaiono dipartimenti di "scienze radiologiche". Nell'ambito dell'organizzazione ospedaliera si rileva la tendenza all'istituzione di servizi altamente specializzati: per es. di neuroradiologia, r. vascolare, r. d'urgenza; nello svolgimento dell'attività professionale, nelle attività associative e congressuali e nella letteratura scientifica si possono inoltre rilevare separatamente, oltre alle attività citate, subspecialità relative a: impiego dei calcolatori in r., r. in urologia, in gastroenterologia, nelle malattie dello scheletro, in otorinolaringoiatria, in odontostomatologia, in ostetricia, in ginecologia, in oculistica, in medicina legale. Da notare che con lo sviluppo della r. vascolare si è giunti a cambiare la fisionomia del radiologo, che da operatore diagnostico diviene terapista, attraverso l'impiego dei metodi di "embolizzazione".
Con le sue suddivisioni nelle numerose branche superspecialistiche la r. rimane la modalità più importante con la quale dal corpo umano vengono estratte immagini dei vari organi e apparati, comprese le strutture più fini. Altre modalità complementari si affiancano oggi alla r. nell'estrazione d'immagini e fra queste l'ecografia e la termografia, oltre alle varie metodiche di medicina nucleare.
È da ritenere che tutte le attività di questo tipo vengano in un prossimo futuro espletate in un ipotetico "Dipartimento di immagini" nel quale si operi, con notevole estensione dell'impiego di calcolatori elettronici. Ogni sforzo dovrà essere fatto perché, attraverso una semplificazione dei problemi d'immagazzinamento e di memoria, si ottenga una continua e veloce disponibilità dei dati relativi al singolo soggetto esaminato, per ogni evenienza di revisione e di circolazione dei dati stessi.
L'analisi delle sorgenti di radiazioni e delle loro modalità d'impiego rappresenta un criterio utile per fornire le informazioni fondamentali dello sviluppo tecnologico della r. in diagnostica (tab. 1) e terapia (tab. 2).
Sorgenti di radiazioni impiegate nella radiodiagnostica medica.
La quasi totalità degli esami radiologici viene effettuata con raggi X, ma le modalità di estrazione delle immagini sono diverse (tab.1). La maggior parte delle prestazioni radiologiche diagnostiche viene ancor oggi effettuata mediante la classica rivelazione su pellicola. Le tensioni impiegate normalmente vanno da 30 a 120 kVm, ma recentemente è stata dimostrata l'utilità delle tensioni di 350 kV nella diagnostica del torace (G. S. Hallenbeck, 1975). Vengono comunemente effettuate la tomografia, la r. a distanza, a contatto, con ingrandimento, tridimensionale; sono ancora allo stato sperimentale la r. a colori e l'elaborazione dell'immagine con calcolatori elettronici.
Calcolatori in radiologia diagnostica. - Una pellicola radiografica può essere sottoposta ad analisi fotometrica mediante una sorgente di luce collimata mobile (flying spot), che registra punto per punto il "tono di grigio" attraverso la densità ottica, con un sistema di scansione per linee; i dati vengono registrati da un calcolatore in forma numerica (digitale), elaborati in modo da filtrare il fondo e da fornire eventuali parametri numerici predisposti. Successivamente si procede alla ricostruzione dell'immagine e alla sua eventuale rappresentazione su schermo o su carta stampata. A seconda del numero dei "livelli di grigio" rilevabili dal sistema di scansione e analizzabili dal calcolatore, la ricostruzione dell'immagine potrà essere più o meno dettagliata, ma informazioni fondamentali possono essere tratte anche con un numero limitato di livelli. Da notare che l'impiego di calcolatori per analizzare i radiogrammi non tende a eliminare l'attività del medico specialista, affidando l'intera procedura a sistemi automatici, ma ha lo scopo d'integrare la valutazione dell'immagine mediante sistemi privi di ogni influenza soggettiva e di permettere eventuali analisi preliminari di un gran numero di radiogrammi (esami di massa) prima di procedere a una valutazione più accurata (P. H. Meyers, 1963).
Gli esempi di applicazione finora esistenti sono strettamente limitati all'analisi di particolari organi, in proiezioni specifiche, come l'analisi delle coste e del diaframma e del cuore nella proiezione postero-anteriore del torace, quella delle radiografie o delle xeroradiografie della mammella, o della proiezione anteroposteriore dell'articolazione del ginocchio. Il torace ha particolare interesse sia perché questo esame rappresenta da solo circa il 40% di tutti gli esami radiologici, sia perché è fondamentale per la diagnostica delle cardiopatie, dei tumori polmonari, dell'enfisema polmonare, dei processi fibrotici, delle malattie professionali (pneumoconiosi). In uno studio sulla diagnostica delle cardiopatie (G. S. Lodwick) sono state esaminate due specie di dati: il primo è rappresentato da una serie di misure lineari molto più elaborate dei comuni "diametri cardiaci", il secondo è la forma della "silhouette" cardiaca; attraverso l'impiego del codice di Freeman, la silhouette cardiaca è convertita in una serie di numeri a loro volta trasformati in coppie di numeri descrittori mediante l'analisi di Fourier. I dati provenienti da questa analisi automatica dei radiogrammi sono stati confrontati con quelli rilevati da esperti radiologi; ne è risultata un'accuratezza diagnostica che in alcune condizioni sperimentali è superiore con il sistema automatico.
Vi sono inoltre altre due importanti applicazioni dei calcolatori in r. diagnostica. La prima riguarda la possibilità di elaborare automaticamente i singoli dati diagnostici rilevati dal radiologo, con un processo di analisi basato sul teorema di Bayes; qualora si disponga di un'adeguata documentazione sulla significatività relativa dei singoli segni ai fini della definizione probabilistica della diagnosi, è possibile ottenere per ogni singola ipotesi diagnostica un valore numerico di probabilità attraverso l'aiuto del calcolatore (Computer-Aided Diagnosis). Le prime applicazioni di questo metodo hanno avuto per oggetto la diagnostica dei tumori dello scheletro, delle cardiopatie congenite, dei tumori del colon, e delle enteropatie in genere, delle displasie ossee, la diagnosi differenziale fra ulcera gastrica benigna e maligna e quella delle opacità rotonde del polmone. La seconda applicazione riguarda l'organizzazione dell'attività di diagnostica radiologica, con automatizzazione della distribuzione dei singoli esami, della compilazione dei referti, dell'immagazzinamento delle informazioni e della loro estrazione e circolazione. La materia è in continua evoluzione, anche in rapporto ai costi di gestione dei servizi: nel 1974 non meno di 20 differenti sistemi erano in corso di applicazione in vari istituti, specialmente negli Stati Uniti.
Metodi di rivelazione dell'immagine radiologica. - I sistemi di rivelazione su schermo fluorescente sono in evoluzione, nel senso che l'ordinaria radioscopia tende a essere completamente sostituita dall'impiego di amplificatori d'intensità luminosa; la cineradiografia negli ultimi anni è andata ridimensionandosi, nel senso che i suoi impieghi, a parte l'approfondimento di temi di ricerca, sono nella pratica limitati ai centri di cardiologia e di gastroenterologia, dove rappresentano un complemento all'uso di altre metodiche. Particolare è la posizione della schermografia, sul cui impiego esistono dati che ne confermano e ne estendono la validità, mentre nello stesso tempo si tende a ridurne la diffusione, in particolare nell'età infantile, sulla base di ipotesi di possibili rischi di danni da radiazioni.
Il metodo di rivelazione su cristallo scintillatore rappresenta la base di uno dei più importanti progressi della tecnica radiologica raggiunto negli ultimi anni; il metodo va attualmente con il nome di tomografia computerizzata o densitometria automatica o Computed Assisted Tomography (CAT o TAC) (J. Ambrose, 1973; R. S. Ledley, 1974) ed è fondato sul seguente principio. Anziché un fascio di raggi X grossolanamente focalizzato viene utilizzato come sorgente di raggi X un fascetto strettamente collimato, il quale attraversa il corpo del paziente da esaminare e all'uscita viene rivelato non più da una pellicola radiografica, bensì da un cristallo scintillatore, analogamente a quanto si usa per la rivelazione della radiazione emergente in medicina nucleare. Appare evidente che l'intensità di radiazione del fascetto emergente dipende dalle modalità dell'assorbimento della radiazione da parte del corpo attraversato, in funzione dello spessore, della densità e del numero atomico.
Nel cristallo a scintillazione i fenomeni d'interazione fra la radiazione e il materiale che costituisce il rivelatore sono proporzionali all'intensità di radiazione emergente, che viene trasformata in un impulso elettrico, il quale a sua volta viene registrato nella memoria di un piccolo calcolatore connesso con l'apparecchiatura. Facendo rotare il fascetto di raggi X intorno al corpo e determinando l'intensità di radiazione emergente punto per punto, si ottiene una serie d'informazioni che permette di ricostruire la morfologia dello strato attraversato. Una volta ricostruita l'immagine, questa viene riprodotta o su di uno schermo mediante punti luminosi, o su carta mediante numeri o può essere riprodotta fotograficamente. I tempi di esecuzione di un singolo esame, nei primi esemplari dell'ordine di parecchie decine di secondi, risultano abbreviati con il rapido progredire della tecnica a 2 secondi e ancora meno.
Il processo viene ripetuto più volte su strati diversi e le informazioni rilevate punto per punto vengono integrate per ricostruire immagini di singoli strati, di più strati e, attraverso speciali dispositivi, anche su strati diversi da quelli di rilevazione. Paragonando la registrazione su strati orizzontali a una tomografia trasversale, si possono ottenere, per mezzo della sola elaborazione dei dati, immagini corrispondenti anche a quelle della tomografia su piani longitudinali.
Dal punto di vista della formazione dell'immagine radiologica la caratteristica più importante della tomografia computerizzata è l'aumento della sensibilità del sistema di rivelazione al fattore densità.
Un esempio pratico viene dal confronto di un esame radiologico comune del cranio o anche di una tomografia tradizionale del cranio con uno strato dello stesso cranio rilevato con la densitometria automatica. Con il primo sistema non è possibile distinguere i ventricoli cerebrali, mentre con la densitometria automatica queste strutture sono ben riconoscibili, a seguito della possibilità di registrare piccole differenze di densità. Una scala di differenze di densità per diversi tessuti normali e per tessuti patologici è riportata nella tab. 2.
La densitometria automatica ha trovato immediata applicazione nel campo della diagnostica delle malattie dell'encefalo, dove si è imposta come esame di primaria importanza, che precede e in alcuni casi sostituisce esami più traumatizzanti come l'arteriografia cerebrale e la pneumoencefalografia. Le indicazioni principali della densitometria automatica sono nello studio delle alterazioni vascolari cerebrali come gli ematomi e gl'infarti e soprattutto per i tumori primitivi e secondari.
Per la diagnostica delle malattie del torace e dell'addome sono necessarie apparecchiature diverse, che sono state sviluppate in un tempo successivo. Le indicazioni cliniche preferenziali del metodo sono ancora allo studio, ma i risultati attesi sono di grande rilievo sia per la finezza delle immagini anatomiche, sia per la rilevanza del loro significato clinico. Si parla, per es., della possibilità di riconoscere nell'addome strutture patologiche neoplastiche dell'ordine di grandezza inferiore a un cm3.
A questo giudizio encomiastico è da contrapporre doverosamente un commento relativo agli elevati costi delle apparecchiature (costo minimo delle apparecchiature "minori" di 650 milioni di lire italiane nel 1977). Si può considerare che un effettivo risparmio può derivare dalla diminuzione del tempo di degenza, nel senso che un solo esame risolutivo può sostituire numerosi altri esami singolarmente non risolutivi, tali da implicare un più lungo periodo di spedalizzazione (G. Wortzman). Peraltro, la notevole "sofisticazione" degli apparecchi, l'elevato costo dei singoli esami, la necessità di assistenza tecnica di personale altamente specializzato, il rapido rinnovamento della progettazione, sono tutti fattori che hanno contribuito, con l'introduzione della tomografia computerizzata, a rendere sempre più complessa e costosa l'organizzazione dei sistemi di assistenza sanitaria.
Passando ai metodi di rivelazione su supporto elettrostatico sono da citare la xerografia, già nell'impiego clinico da parecchi anni, e la ionografia, ancora allo stato sperimentale.
Xeroradiografia. - Questo termine deriva dal greco ξηρός "secco". È un metodo radiografico in cui la rivelazione dell'immagine radiologica avviene utilizzando le modificazioni di cariche elettriche indotte dalle radiazioni in speciali materiali solidi, senza impiego di liquidi di sviluppo e di fissaggio. È adoperata principalmente nello studio delle parti molli (mammella, regione del collo); è in corso di sviluppo la sua applicazione a numerosi altri esami (scheletro, vasi, mediastino, globi oculari).
La riproduzione di un'immagine radiografica con metodo elettrostatico fu realizzata per la prima volta dal fisico italiano A. Righi nei primi anni del secolo (1907). L'americano C. F. Carlson (V. Roach, 1955, J. N. Wolfe, 1969 e 1973; G. Luzzatti e G. Borasi, 1974) ha ideato i moderni metodi di riproduzione elettrostatica d'immagini che, oltre a essere stati introdotti nella r. m. (xeroradiografia), sono attualmente i più diffusi nel mondo per la copiatura di documenti e figure (xerografia).
Una piastra di selenio viene caricata elettrostaticamente per "effetto corona" in un apposito caricatore (conditioner). La piastra, contenuta in un involucro, viene esposta ai raggi X con le stesse modalità di una comune cassetta radiografica. I raggi X provocano, nei vari punti dello strato di selenio, una riduzione della carica elettrica proporzionale all'intensità del fascio incidente, dando luogo alla formazione di un'immagine elettrostatica latente. Per rendere visibile tale immagine, nella camera di sviluppo (processor) viene spruzzata sulla piastra una polvere di colore blu (toner) le cui particelle, elettrizzate per sfregamento, si depositano sulle regioni esposte in misura diversa a seconda del grado e della distribuzione delle cariche residue. L'immagine così ottenuta viene trasferita, sempre con metodo elettrostatico, su di una carta plastificata e viene "fissata" mediante riscaldamento.
Una caratteristica importante di questa tecnica è la "latitudine" straordinariamente maggiore della piastra xerografica, in confronto alle ordinarie pellicole radiografiche. Nella piastra xerografica, con l'aumentare dell'esposizione, le modificazioni delle cariche elettriche variano entro limiti meno ampi in confronto all'annerimento di una pellicola radiografica in analoghe condizioni. Il sistema è quindi meno influenzato dalla tecnica radiografica e inoltre, in una stessa immagine, è possibile rilevare informazioni sia su parti del corpo a elevato assorbimento (come lo scheletro) sia sulle parti molli.
La proporzionalità fra l'intensità del fascio di raggi X e la riduzione della carica elettrica è valida in prima approssimazione, ma alcuni fenomeni particolari modificano localmente la distribuzione delle cariche, dando luogo a speciali effetti, caratteristici della xeroradiografia. I fenomeni principali sono l'aumento del contrasto nelle regioni di confine ("effetto di bordo"), il rinforzo o amplificazione delle immagini dovute a particolari di piccole dimensioni, la dipendenza delle variazioni dell'intensità del campo elettrico in un punto dalle modificazioni che avvengono in punti vicini ("effetto di adiacenza"). Dal complesso dei fenomeni consegue un elevatissimo contrasto d'immagine con alto potere di risoluzione.
Ionografia. - Metodo sviluppato da H. E. Johnson e collaboratori (1974) e, con il nome di "radiografia a elettroni" (ERG), da L. Stanton e collaboratori (1974).
Il sistema è costituito da due elettrodi sferici, con centro di curvatura comune, corrispondenti alla macchia focale del tubo da raggi X. Le superfici dei due elettrodi sono separate da uno spazio di 1 ÷ 5 cm, riempito da gas a elevato numero atomico, come lo xenon, alla pressione di 10 atmosfere. Subito al disotto della superficie curva superiore è posto il piano sul quale si forma l'immagine. Dopo avere attraversato il corpo da radiografare, i fotoni dei raggi X vengono assorbiti dal gas ad alta pressione e da ogni punto d'interazione fra i raggi X e gli atomi del gas vengono emessi elettroni in ogni direzione. Poiché il gas ha una certa densità a causa della pressione elevata, il percorso degli elettroni emessi è breve, dell'ordine di frazioni di millimetro. Nel loro percorso gli elettroni producono la formazione di ioni che possono essere raccolti lungo la direzione dei raggi X, che coincide con la direzione delle linee di forza del campo elettrico. Una volta che le cariche sono depositate sul foglio, la camera viene aperta e il foglio sviluppato come avviene sulla piastra di selenio nella xerografia. Il foglio stesso con le particelle del toner depositate diventa la radiografia.
La ionografia è un sistema con alta risoluzione ed elevata sensibilità, con la possibilità di ottenere più copie con differente grado di contrasto.
Oltre ai raggi X di energia convenzionale, possono avere impiego medico altri tipi di radiazioni, sia direttamente che indirettamente ionizzanti. Nello schema della tab. 1 sono riportati gli esempi più significativi di radiazioni diverse dai raggi X per le quali vi sono possibilità di applicazione in medicina, anche se per la maggior parte ancora allo stadio sperimentale.
S'intende per gammagrafia la radiografia eseguita con raggi gamma emessi da isotopi radioattivi (60Co; 137Cs) e, per estensione, anche quella effettuata con raggi X di energia da 4 a 40 MeV prodotti da acceleratori lineari o da betatroni. Il metodo, che trova larga applicazione nell'industria per la revisione dei risultati della saldatura dei metalli, in medicina è impiegato per radiografia di controllo della centratura in corso di trattamenti radioterapici dei tumori maligni.
Come sorgenti di gammagrafia sono da ricordare anche le unità radiologiche portatili nelle quali, in luogo del tubo da raggi X, una piccola sorgente di un radioisotopo gamma-emittente (per es. di 64Gd) produce il fascio di radiazioni da impiegare in diagnostica. L'uso di queste speciali unità, nelle quali il risultato radiografico è modesto per le grandi dimensioni del fuoco, è limitato a usi militari, per la ricerca della presenza di fratture scheletriche.
Risonanza magnetica nucleare. - Se un fascio di radiazioni elettromagnetiche di grande lunghezza d'onda attraversa un materiale in presenza di un campo magnetico, le modalità di assorbimento delle radiazioni dànno informazioni sulla struttura degli ioni e delle molecole della materia attraversata.
Il momento angolare risultante da quelli di spin e orbitali, conferisce a un atomo, nucleo o ione la proprietà di un dipolo magnetico. Entro un campo magnetico, questo dipolo può disporsi sia in direzione del campo che in direzione opposta e questi due orientamenti hanno differenti energie. Se il sistema è irradiato con radiazioni elettromagnetiche di frequenza tale che l'energia corrisponda a livelli uguali a quelli esistenti fra i due orientamenti dei dipoli, la radiazione è assorbita e il sistema si dice che è in risonanza (fenomeno della risonanza magnetica). Tale fenomeno si osserva con particolari apparecchi (spettrometri a risonanza magnetica) variando opportunamente il campo magnetico. Una delle applicazioni di questo principio (Risonanza Magnetica Nucleare o RMN) utilizza lo spin del nucleo atomico, in particolare lo spin dei nuclei d'idrogeno (protoni) e impiega radiazioni di frequenza da 2 a 60 MHz/sec, adoperate nelle trasmissioni radio.
Il segnale di RMN che giunge da una determinata zona del materiale è direttamente correlato con la densità dei protoni mobili presenti. Per es., fra i tessuti del corpo umano, vi sono più protoni mobili nelle parti molli, che hanno un elevato contenuto in acqua, che non nelle strutture ossee. Basandosi su questo principio, P. Mansfield e A. A. Mandsley (1977), attraverso una complessa elaborazione dei dati, hanno ottenuto immagini trasverse (tomografie) del dito di una mano, in cui non solo compaiono nettamente le differenze fra osso e parti molli, ma in queste ultime possono essere distinte strutture finora non riconoscibili con altri mezzi, e cioè i singoli gruppi muscolari, i tendini, i vasi e i nervi. Sono in corso esperimenti per rilevare eventuali differenze esistenti nella densità dei protoni tra tessuti normali e tessuti neoplastici.
Dicromoradiografia. - Consiste nell'utilizzazione, a scopi diagnostici, di due radiazioni monocromatiche a diversa lunghezza d'onda, in luogo del fascio di raggi X policromatico comunemente impiegato.
Se una delle due radiazioni scelte viene assorbita elettivamente in corrispondenza della linea K di un determinato elemento (per es. iodio o calcio), è possibile rilevare informazioni sul contenuto di questo elemento nella materia attraversata, con quantità piccolissime di radiazioni. Il metodo, applicato nei decenni scorsi da Jacobson (v. rif. in C. Biagini, 1965) e sviluppato successivamente da altri, ha avuto sempre limitazioni nel reperimento di adeguate sorgenti monocromatiche. Attualmente sono in corso nuovi sviluppi con l'utilizzazione della "luce di sincrotrone". I sincrotroni, apparecchi acceleratori di particelle ad altissime energie, hanno come fenomeno collaterale la produzione di un forte flusso di fotoni di bassa energia, che può variare entro ampi limiti. Con un adeguato monocromatore, sottraendo le componenti di alta energia, vengono prodotti fasci collimati che possono essere "sintonizzati" sulla lunghezza d'onda scelta, con flusso abbastanza grande in breve tempo. Scegliendo la lunghezza d'onda vicino alla linea K dello iodio, vi è la possibilità di "risolvere" concentrazioni di I di 10-4g/cm2 per l'esposizione di 1 R da confrontare con le quantità minime di 10-1g/cm2 necessari per il rilevamento con la radiografia convenzionale (G. Chu e W. H. Marshall, 1976).
La radiografia neutronica è basata anch'essa sulle diverse modalità di assorbimento dei singoli componenti dei tessuti del corpo umano. Ricerche sperimentali sembrano indicare la possibilità di rilevare differenze nell'assorbimento di fasci di neutroni fra i tessuti normali e i tessuti neoplastici.
La radiografia protonica viene qui citata solo come base di riferimento per future esperienze.
Nel centro del CERN di Ginevra, sperimentandosi per impieghi fisici un acceleratore di protoni di 1,2 GeV, è stato sottoposto a questo fascio di radiazioni un semplice oggetto biologico, rappresentato da un uovo. Attraverso un'elaborazione assai complicata delle informazioni derivanti dal passaggio della radiazione attraverso l'oggetto, è stato possibile osservare differenze di assorbimento, risolte in immagini grafiche tridimensionali su parecchi strati, derivanti dal differente contenuto in atomi di idrogeno fra la parte centrale contenente grassi e la parte periferica contenente proteine (G. Charpak, 1975). L'interesse particolare del fenomeno osservato sta nel fatto che per la prima volta, mediante il passaggio di una radiazione attraverso un oggetto, vengono estratte informazioni derivanti dalle caratteristiche chimiche dell'oggetto e non soltanto da quelle fisiche.
Sorgenti di radiazioni impiegate nella radioterapia.
a) Sorgenti esterne. - È da notare che, fra le radiazioni elettromagnetiche (tab. 3), i raggi X di energia convenzionale (fra 50 e 400 kVm) tendono a essere impiegati con minore frequenza, per essere sostituiti da radiazioni di energia più elevata. Per le forme neoplastiche cutanee viene ancora utilizzata la plesioterapia, nei centri nei quali non siano disponibili apparecchi capaci di produrre elettroni veloci. Negli ultimi anni anche le unità di telecobaltoterapia e di telecesioterapia, contenenti rispettivamente sorgenti di 60Co e di 137Cs, vengono sostituite dai più moderni acceleratori lineari.
Gli acceleratori lineari rappresentano il progresso pratico più significativo delle apparecchiature di radioterapia da fasci esterni di radiazioni, raggiunto negli ultimi anni. Questi apparecchi producono o fotoni o elettroni con energie variabili da 4 a 40 MeV circa, con intensità di radiazioni assai elevata (200-300 rad/min a 1 m) e su campi di ampie dimensioni (40 × 40 cm o più). La produzione avviene da parte di una macchia focale di piccole dimensioni, per cui la penombra è minima. Le unità esistenti possono essere impiegate con tecniche fisse o con tecniche cinetiche, ma hanno sempre rigorosi sistemi di collimazione e di centraggio isocentrico. Queste caratteristiche che sembrano avere carattere puramente tecnico si risolvono nella pratica in vantaggi di carattere medico rilevante. L'elevata intensità permette di ridurre notevolmente la durata del tempo d'irradiazione, con minore disagio per il malato, a vantaggio specialmente dei soggetti molto sofferenti o dei bambini piccoli. La disponibilità di campi estesi permette di trattare larghe zone del corpo in una stessa seduta: con opportune schermature si realizza per es. l'irradiazione contemporanea di tutti i linfonodi sopradiaframmatici, comprendenti le stazioni latero-cervicali, sopraclaveari, ascellari, mediastiniche superiori e inferiori, sino anche alle prime stazioni sottodiaframmatiche. Con altri apparecchi sarebbe necessario o procedere con la tecnica a campi staccati o sopportare sedute di lunghissima durata. La riduzione della penombra porta a una significativa diminuzione della radiazione diffusa, dando luogo a una migliore tolleranza del trattamento. Questa differenza di carattere quantitativo, associata alle altre, finisce per determinare differenze qualitative con l'impiego dell'acceleratore lineare, donde i migliori risultati della radioterapia in generale e la possibilità d'intraprendere trattamenti che precedentemente erano considerati poco efficaci o impossibili, come la radioterapia del carcinoma della prostata e quella del cancro del colon.
L'impiego degli adroni, o particelle a interazione forte, comprende le applicazioni in radioterapia dei protoni, dei neutroni, dei mesoni π- e degli ioni pesanti, tutte radiazioni caratterizzate da elevati valori del "Trasferimento Lineare di Energia" (LET).
Fasci di protoni di energia di 200 MeV sono stati usati da oltre vent'anni in alcuni centri specializzati. Con questo tipo di radiazioni si ha una distribuzione della dose particolarmente favorevole per il trattamento di tumori ipofisari o di altre forme di tumori profondi con il massimo risparmio dei tessuti sani.
L'inizio dell'impiego dei neutroni nella radioterapia oncologica risale a oltre trent'anni or sono, quando questo tipo di particelle, prodotte dal ciclotrone di E. O. Lawrence, fu impiegato nella cura di alcuni tumori. Furono osservate lesioni della cute e delle mucose particolarmente gravi, con più lenta tendenza alla guarigione rispetto alle reazioni comunemente osservate e questo tipo di terapia fu abbandonato. Una successiva revisione dei dati fisici attribuisce la gravità delle lesioni a errori di dosimetria. Negli ultimi anni, specialmente da parte di autori inglesi, è stato dato un notevole impulso agli studi di radiobiologia dei neutroni, fino a giungere a una ripresa delle applicazioni cliniche su basi fisiche e biologiche più razionali. Il punto essenziale è che nell'azione biologica dei neutroni si ha una minore dipendenza degli effetti dalla tensione di ossigeno, rispetto alle radiazioni a basso LET. Ne consegue un'efficacia potenzialmente maggiore sulle cellule anossiche alle quali, nelle moderne teorie di radiobiologia dei tumori, vengono attribuite sia la resistenza alle radiazioni, sia la possibilità di dar luogo a recidive o metastasi. Nello stesso tempo le capacità di riparazione del danno indotto dalle radiazioni sui tessuti sani vengono a essere ridotte, ma questo problema dovrebbe essere risolto utilizzando particolari schemi di frazionamento della dose.
I mesoni π- o pioni sono particelle instabili, di massa circa 280 volte quella dell'elettrone, e vengono prodotti attraverso l'interazione nucleare di fasci di protoni di energia da 500 a 800 MeV. Pioni di 60-70 MeV hanno una distribuzione della dose in profondità con caratteristiche particolarmente favorevoli per l'applicazione clinica nella terapia dei tumori. Inoltre il fascio di pioni può essere fatto variare in modo da adattare la sua forma agl'impieghi pratici a seconda delle necessità. Finora sono state eseguite ricerche sperimentali su modelli biologici ed è ora in programma il passaggio all'utilizzazione clinica nella radioterapia oncologica in centri specializzati.
Gli ioni pesanti sono nuclei di elementi come il carbonio, l'azoto, l'ossigeno, l'elio o il neon, messi in movimento da acceleratori con energie di parecchie centinaia di MeV; caratterizzati da elevato LET per il tipo d'interazione con i tessuti e dotati di capacità di penetrazione per l'elevata energia, hanno vantaggi analoghi a quelli di altre particelle pesanti e sono tuttavia in corso di sperimentazione.
b) Sorgenti interne. - Nell'impiego delle sorgenti interne di radiazioni il progresso degli ultimi anni è legato principalmente ai seguenti motivi: 1) tendenza all'abbandono dei preparati di radio a favore di radioisotopi artificiali, detti "sostituti del radio"; 2) adozione dei sistemí di caricamento ritardato (after loading) e di caricamento a distanza (remote loading) delle sorgenti attive; 3) impiego di calcolatori per lo studio automatico della distribuzione della dose.
I primi due punti fanno riferimento anzitutto a motivazioni di carattere protezionistico, sia del personale che del paziente da trattare. È da notare che il radio emette raggi gamma di energia molto elevata e per un'adeguata protezione sono necessarie grosse schermature e sistemi d'immagazzinamento e di manipolazione assai pesanti; in caso di rottura accidentale dei preparati radioattivi si creano problemi di contaminazione di eccezionale gravità, specialmente per il periodo fisico del 226Ra, che è dell'ordine delle migliaia di anni. Gli aghi di radio usati nella radioterapia interstiziale sono rigidi e hanno una struttura grossolana, che si presta a geometrie fisse poco versatili. Fra i sostituti del radio vi è una larga scelta di vari tipi di radiazioni e di manufatti di diverso tipo, con possibilità di utilizzare fili e segmenti di lunghezza e flessibilità variabili a seconda delle necessità. I problemi di protezione sono notevolmente semplificati sia per i tipi di emissione radioattiva disponibile, sia per le tecniche di caricamento ritardato e a distanza. Con questa tecnica si procede in un primo tempo alla preparazione delle strutture inattive che servono da guida (fili o segmenti nel caso di infissioni, speciali contenitori nei trattamenti endocavitari); poi si controlla il loro assetto con metodi radiografici, indi si procede a un'analisi della distribuzione della dose. Se si dispone di un adeguato servizio di calcolatori si può addirittura avere on line la distribuzione della dose su di uno schermo. Si procede comunque alle eventuali correzioni della posizione delle guide inattive e solo dopo che queste sono nella posizione voluta si procede al caricamento, cioè all'introduzione dei preparati radioattivi, siano essi in capsule, in segmenti o in fili.
Con questi nuovi metodi, la curieterapia ha registrato migliori risultati. Le indicazioni rimangono quelle classiche; principalmente cancro del collo e del corpo dell'utero, per la terapia endocavitaria; tumori epiteliali maligni di altri distretti corporei (testa, collo, ecc.) per la terapia interstiziale.
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