RADIOPROTEZIONE
. La r. rappresenta il complesso dei dati, dei concetti, delle norme e delle procedure che controllano e regolano l'esposizione dell'uomo alla radiazione, al fine di assicurare e mantenere adeguate mondizioni di sicurezza per le attività essenziali che possono dare origine a tale esposizione. Ogni attività in questo campo è fondata sulla conoscenza dei dati di base sui livelli di esposizione da cause naturali e ambientali e sugli effetti biologici delle radiazioni che ne conseguono (v. radiobiologia, in questa App.). Svilupperemo qui la parte concettuale della r. che ha un valore più generale in confronto alla parte tecnica speciale, la quale ha invece soprattutto un valore operativo nelle situazioni contingenti.
Dall'epoca della sua comparsa sulla terra l'uomo è stato esposto a radiazioni ionizzanti provenienti da sorgenti naturali; con l'introduzione delle sorgenti di radiazione artificiali a questa esposizione naturale detta "di fondo" si è aggiunta un'altra componente di dose artificiale. I parametri fisici di queste componenti sono più agevoli da descrivere che non i loro effetti. È infatti possibile specificare abbastanza accuratamente la qualità e misurare con buona precisione la quantità di radiazione a cui l'uomo può essere esposto. È anche possibile specificare la dose che ne consegue, in termini di energia assorbita per unità di massa del materiale. La dose fisica si misura in rad: 1 rad corrisponde a 100 erg di energia assorbita per grammo di materia irradiata. Un'altra unità frequentemente usata in r. e di notevole significato pratico è il rem: esso corrisponde alla dose fisica di 1 rad moltiplicata per un fattore di correzione (fattore di qualità) che tiene conto della diversa efficacia delle radiazioni di varia qualità nella produzione di un certo effetto biologico.
Alle basse dosi e alle basse intensità di esposizione che sono di maggior interesse per la r. riesce molto difficile correlare la dose ricevuta con l'effetto biologico che ne consegue. È soprattutto a questi livelli di basse dosi e intensità che risiedono attualmente le maggiori incertezze ed è in questa regione che, in mancanza di dati sperimentali precisi, si rendono necessarie assunzioni di carattere operativo per garantire adeguata sicurezza alle esposizioni non evitabili.
La radiazione naturale ha componenti diverse e di qualità varia che possono essere analizzate nel modo seguente. Anzitutto la radiazione di origine extraterrestre, essenzialmente radiazione cosmica secondaria, formata da protoni, neutroni e altre radiazioni in genere di energia elevata. La componente cosmica varia a livello del mare nel senso della latitudine e presenta variazioni molto maggiori a seconda dell'altitudine raddoppiando ogni 1500 m circa, rispetto ai valori riscontrati a livello del mare che sono all'incirca, nelle zone temperate, di 30 millirad/anno. Le variazioni della radiazione naturale di origine terrestre sono notevolmente maggiori e si riscontrano in rapporto alla composizione chimica dei suoli e delle rocce. Si tratta in parte di radiazione gamma proveniente da elementi radioattivi naturali con vite medie di ordine geologico (40K, 232Th, 238U) e in parte di radiazione alfa derivante dai figli di questi elementi (228R, 226Ra e prodotti di decadimento) a vita media più corta. Altre componenti sono dovute a gas radioattivi naturali quali il radon (222Rn) e il toron (220Rn) presenti nell'atmosfera; a 40K e 14C che sono componenti normali dei tessuti; a 226Ra e a 228Th (e loro prodotti di decadimento) assunti attraverso i cibi e l'acqua, i quali rappresentano casi particolari per la loro tendenza a localizzarsi nelle ossa dando luogo a un'irradiazione localizzata.
La massima parte della popolazione mondiale riceve annualmente dalla componente terrestre dosi dell'ordine di 50 millirad per irradiazione esterna e di 20 millirad per irradiazione interna. Per quanto riguarda la variabilità di queste stime, talune aree geografiche (sono particolarmente note quelle del Brasile e dell'India), dove i minerali di torio sono particolarmente abbondanti, possono avere fondo da radiazione terrestre dell'ordine di 10 volte la media. Si sa, inoltre, che l'esposizione alla radiazione naturale può variare a seconda delle condizioni di vita e di abitazione dell'uomo nel senso che, per es., chi vive in montagna riceve una maggior componente di radiazione cosmica; chi vive sul mare riceve un'irradiazione di fondo che non comprende la componente terrestre; chi vola a grandi altezze riceve una componente cosmica maggiore; ecc. La permanenza nelle abitazioni dà luogo a un'esposizione che dipende dalla concentrazione di sostanze radioattive naturali nei materiali da costruzione, dall'accumulo di gas radioattivi naturali in zone non ventilate, ecc.
Per quanto riguarda le sorgenti di irradiazione artificiale, le dosi derivanti da uso medico delle radiazioni rappresentano ormai nei paesi ad alto sviluppo una componente della dose totale abbastanza elevata. Questa dose viene ricevuta in occasione di esami radiologici e di medicina nucleare a scopo diagnostico oppure per esposizioni radiologiche a scopo terapeutico.
A seconda dei vari esami diagnostici, la dose acuta localmente ricevuta in ognuno di essi può oscillare tra valori dello stesso ordine di grandezza della dose ricevuta annualmente per il fondo naturale fino a valori 50 volte maggiori. Vi è una grande variabilità nelle stime, dovuta soprattutto alle diverse tecniche impiegate negli esami radiologici. Una caratteristica di queste esposizioni è che esse riguardano un grande numero di pazienti spesso ancora in età riproduttiva. Le stime di dose individuale devono pertanto essere rapportate alla probabilità del paziente di riprodursi in modo da ottenere stime della dose geneticamente significativa. Le stime così ottenute variano attualmente tra paesi diversi entro un fattore di circa 10 e vanno da meno di un decimo a più della metà della dose ricevuta annualmente per esposizione alla radiazione naturale. Un numero crescente di esami viene eseguito anche mediante materiali radioattivi, i quali dànno luogo a irradiazione interna. Nei trattamenti terapeutici s'impiegano dosi migliaia di volte superiori a quelle della radiazione naturale. Queste dosi vengono somministrate soltanto a certe parti del corpo e, non riguardando in genere pazienti che avranno prole, contribuiscono poco alla dose geneticamente significativa.
Le dosi ricevute a causa di esplosioni nucleari nell'atmosfera o in superficie sono dovute essenzialmente a 137Cs, 90Sr e a 131I: esse sono attualmente in via di diminuzione e rappresentano globalmente in questi anni non più dell'1% del fondo naturale. Le dosi ricevute a causa degl'impianti che utilizzano la fissione nucleare per la produzione di energia hanno attualmente valori globali tra un millesimo e un centesimo della dose da radioattività naturale ricevuta dalla popolazione mondiale, anche se localmente in prossimità di taluni impianti possono raggiungere livelli dell'ordine di qualche percento fino a qualche decimo del fondo. L'esposizione alla radiazione può avvenire a causa di particolari situazioni lavorative (ospedali, industrie) che riguardano, in paesi ad alto sviluppo tecnologico, l'1-2% della popolazione. In questi casi l'esposizione è regolata da limiti annuali massimi di esposizione dell'ordine di 50 volte il fondo naturale e di fatto la dose media ricevuta annualmente da questi gruppi di popolazione ammonta a circa un decimo delle dosi massime, anche se in casi singoli le dosi sono più elevate. Infine, a queste cause di esposizione vanno aggiunte talune sorgenti eterogenee (apparecchiature elettroniche, orologi luminosi, apparecchi televisivi a colori, ecc.) che si stima possano contribuire meno dell'i % della dose annuale dovuta a sorgenti naturali.
È possibile chiedersi quali siano i livelli di dose a cui si riscontrano effetti radiobiologici e in quale rapporto essi siano con le dosi fin qui citate e con le dosi ritenute ragionevolmente sicure nella pratica radioprotezionistica. Una sintesi dei livelli di dose ai quali si osservano effetti somatici immediati del tipo "a soglia" è data nella tab.1. Da essa è facile dedurre che i limiti di dose attualmente impiegati in r. sono alcuni ordini di grandezza inferiori a quelli dimostrati come sicuramente lesivi a breve termine. Pertanto l'osservanza di questi limiti garantisce in maniera assoluta nei confronti degli effetti somatici immediati dell'irradiazione. Gli effetti somatici tardivi e gli effetti genetici rappresentano invece dei casi più complessi nei quali il danno si manifesta in forma probabilistica e in percentuali molto basse della popolazione irradiata. Per essi non è nota la forma della curva dose-effetto alle dosi e alle intensità paragonabili a quella del fondo naturale, anche se esiste qualche informazione nell'uomo (con larghi margini di errore) per dosi e intensità più elevate.
In tali condizioni, e soltanto al fine di valutare un rischio e non già come previsione di un reale effetto, la pratica radioprotezionistica assume che la relazione dose-effetto possa essere lineare e senza soglia fino ai più bassi livelli di dose e intensità. Esistono ragioni per ritenere che questo procedimento è cautelativo, anche se, data la scarsità dei dati, non è possibile conoscere con esattezza di quanto il rischio reale venga sopravvalutato da tale procedimento. Vi sono inoltre ragioni per ritenere che le stime disponibili sopravvalutino il rischio reale anche per il fatto che tali stime si riferiscono a irradiazioni a dosi elevate o in tempi relativamente brevi, laddove le esposizioni di significato protezionistico più generale avvengono per dosi basse e in tempi molto lunghi, dell'ordine degli anni. La diminuzione di effetto dovuta a queste circostanze potrebbe essere dell'ordine di un fattore tre rispetto alla stessa dose somministrata in unica esposizione ad alta intensità.
Utilizzando tali ipotesi cautelative è possibile giungere a stime massime globali di rischio connesse con una data esposizione, rapportandole a una dose unitaria di radiazione (per es., il rad). Inoltre se si utilizzano criteri di stima globali e unificati (per es., facendo riferimento agli "eventi dannosi gravi") è possibile paragonare tra di loro situazioni altrimenti difficilmente paragonabili come, per es., il rischio genetico e quello somatico, l'irradiazione su tutto il corpo e quella parziale, l'irradiazione interna e quella da sorgenti esterne, e così via.
Per fissare alcuni ordini di grandezza a queste stime, in base ai dati più precisi e recenti e utilizzando l'ipotesi cautelativa di linearità detta sopra, si pensa che un milione di persone esposte a un rad durante un lungo periodo di tempo potrebbero sviluppare come massimo un centinaio di casi di tumori o leucemie durante tutta la loro vita. Questi casi attribuibili all'irradiazione devono essere rapportati e andranno ad aggiungersi a quegli altri casi di persone che normalmente sviluppano le stesse malattie in assenza di radiazione aggiuntiva a quella del fondo naturale e che, in base ai dati epidemiologici più recenti, sono dell'ordine di 200.000. Per ciò che si riferisce alle malattie genetiche di qualunque tipo e gravità, si sa che la loro naturale incidenza in un milione di bambini è di circa 60.000. Se ambedue i genitori di questi bambini avessero ricevuto 1 rad, si valuta che 10-200 nuovi casi potrebbero aggiungersi a questo numero, e se l'esposizione a 1 rad si ripetesse a ogni generazione il numero di malattie genetiche indotte all'equilibrio potrebbe essere dell'ordine di 100-2000 casi in più dei 60.000 attesi in assenza di radiazione da sorgenti artificiali.
È appena necessario far osservare che, in questa ottica, non è possibile prevenire in via assoluta il rischio di danni somatici tardivi e di danni genetici, così come nel caso dei danni somatici immediati, ma è invece possibile proporsi di limitarlo attraverso una limitazione delle dosi fino a valori tali che il rischio corrispondente possa risultare accettabile. Spetta naturalmente alle autorità sanitarie di ogni singolo paese stabilire il livello di accettabilità di questi rischi, in una valutazione globale del rischio da radiazioni che non può o non dovrebbe prescindere dalle condizioni generali di natura sanitaria, economica, tecnologica, ecc., che sono tipiche di ogni determinato paese. Queste scelte vengono in genere compiute sulla scorta di valutazioni generali che vengono fornite da organismi internazionali cui spetta di analizzare effetti e rischi e di proporre raccomandazioni riguardo ai livelli di dose che sembrano ragionevoli per i lavoratori esposti a rischio professionale, particolari gruppi di persone o per la popolazione nel suo complesso.
Va detto innanzitutto che è necessario distinguere in base alla dottrina generale della r. tra rischi accettabili a certe condizioni e rischi assolutamente ingiustificati. Questi ultimi rappresentano rischi che devono essere comunque evitati. Soltanto per quei rischi che possano dar luogo a benefici significativi si pone quindi il problema di una valutazione per accertarne la validità e fissare norme e comportamenti atti a minimizzarli.
I criteri generali per tali valutazioni appaiono attualmente i seguenti. In primo luogo, la valutazione comparativa del rischio da radiazioni rispetto ad altri rischi, lavorativi o generici ma comunque omogenei, ai quali lavoratori e popolazioni sono sottoposti nella vita di ogni giorno, cosicché il rischio da radiazioni non risulti sproporzionatamente elevato rispetto ad altri possibili rischi. In secondo luogo, il bilancio tra i benefici attesi e i rischi temuti. Va detto che se la valutazione dei rischi è abbastanza agevole, molto più ardua appare la valutazione dei benefici. Spesso, inoltre, la distribuzione dei due fattori non coincide a livello degli stessi individui o gruppi di popolazione, il che richiede che il rischio sia tenuto comunque molto basso, tenuto conto di valutazioni sanitarie e socio-economiche. In terzo luogo, il riferimento alla dose del fondo naturale e alla sua variabilità in rapporto alle normali condizioni di vita dell'uomo, e indipendentemente da ogni irradiazione di origine artificiale.
Sulla base delle valutazioni sopra riportate vengono fissati degli standard o, meglio, dei livelli di riferimento primari di dosi massime accettabili (rispettivamente, Dosi Massime Ammissibili, DMA, per i lavoratori e Dosi Limite, DL, per individui della popolazione) per le diverse condizioni di esposizione. Una lista dei più importanti standard primari è fornita nella tab. 2. Da questi possono essere derivati dei livelli di riferimento secondari (o limiti operativi derivati) che esprimono i livelli massimi degli agenti dannosi negli ambienti di lavoro, negli ambienti esterni, nell'acqua, nei cibi, ecc., ai quali corrisponde, nelle varie condizioni di esposizione, il livello di dose massima ammissibile o di dose limite fissato come standard primario. È necessario ricordare che questi limiti di dose non rappresentano dei livelli a cui si possano in ogni caso esporre individui o popolazioni. Essi si devono intendere come i limiti inferiori di una regione di rischio che non può essere abitualmente raggiunta in condizioni di esposizione normali. D'altra parte, non si devono considerare questi limiti come un confine assoluto tra sicurezza e pericolo: in realtà, quando essi vengono sorpassati, il malfunzionamento dei sistemi di controllo rappresenta il fatto importante, più che la circostanza che uno o più individui abbiano sorpassato un certo livello di riferimento avente una precisa rilevanza amministrativa.
Si può dire, in sostanza, che i fondamenti di una buona pratica radioprotezionistica siano anzitutto quello di evitare in maniera assoluta esposizioni che non siano giustificate dall'attesa di un significativo beneficio alla società. In secondo luogo, quello di contenere il più possibile le dosi, tenendo conto di valutazioni di tipo socioeconomico. Questa operazione di minimizzazione o, meglio, di "ottimizzazione" delle dosi risultanti da attività che rientrano nell'ambito radioprotezionistico, dev'essere compiuta valutando le concrete situazioni lavorative e più in generale la popolazione nel suo complesso, anche in rapporto alle dosi future che possano risultare da ogni determinata attività. L'operazione di minimizzazione dev'essere arrestata quando ogni ulteriore riduzione di dose appaia chiaramente sproporzionata rispetto al costo aggiuntivo necessario per raggiungere tale riduzione. Infine, indipendentemente dal beneficio che la società può trarre da una determinata attività, le dosi risultanti ai singoli individui devono comunque essere al di sotto di quelle riconosciute come accettabili per quella determinata classe di individui.
In base a questi concetti fondamentali ogni paese istituisce un sistema di norme e di controlli per la protezione di lavoratori professionalmente esposti o di popolazioni. In Italia tale sistema è regolato dal d.P.R. 185 del 13 febbr. 1964. Un livello di controllo è anzitutto quello della sorveglianza su impianti, lavorazioni, lavoratori e ambiente che dev'essere istituito a cura di chi gestisce un'attività con rischio da radiazioni. Si richiede a tale scopo che esperti qualificati nella misura delle radiazioni assicurino il funzionamento di strumenti, l'espletamento delle misure e, in generale, tutti gli adempimenti radioprotezionistici adeguati alla particolare situazione lavorativa e che medici autorizzati che possiedono cognizioni ed esperienze specifiche provvedano alla sorveglianza individuale periodica dei lavoratori esposti.
Un secondo livello di controllo, indipendente dal primo, è di natura pubblica ed esercitato dallo stato. Esso si esplica mediante analisi di radioprotezione riferite a tutte le situazioni particolari che comportano rischio da radiazione mediante il controllo dei sistemi protezionistici necessari, la richiesta di sistemi aggiuntivi, la prescrizione di particolari vincoli ai fini dell'autorizzazione alla gestione delle attività. Queste analisi coinvolgono naturalmente la valutazione delle situazioni lavorative e delle esposizioni conseguenti, alla luce dei principi esposti in precedenza. Altri controlli pubblici sono rappresentati dalle analisi di sicurezza dei singoli impianti che si riferiscono alla stima della probabilità e delle conseguenze sanitarie di incidenti. Infine vi sono azioni di controllo di tipo ispettivo sui vari impianti e lavorazioni, affidate alla pubblica amministrazione.
Bibl.: International Commission on Radiological Protection, Publication 9, Oxford 1965; International Commission on Radiological Protection, Publication 8, ivi 1966; C. Polvani, Rischio da radiazione e dosi massime ammissibili, Aggiornamenti di Radiobiologia, in Medicina Nucleare-Radiobiologica Latina, vol. 3 (1968), p. 230; Il regime giuridico dell'impiego pacifico dell'energia nucleare, vol. I: Normativa nazionale, CNEN, Roma 1972; Nazioni Unite, Report of the UNSCEAR to the General Assembly, voll. 2, New York 1972; G. Silini, C. Polvani, La cancerogenesi da radiazioin ionizzanti, Atti della Soc. It. di Cancerologia, vol. 8 (1973), p. 63; International Commission on Radiological Protection, Pubblication 26, Oxford 1977; Nazioni Unite, Report of the UNSCEAR to the General Assembly, ivi 1977; G. Silini, Il problema biologico e sanitario delle piccole dosi di radiazione, Atti dell'Accademia Nazionale dei Lincei, vol. 374 (1977), p. 191.