rado (raro)
1. A commento di Cv II Voi che 'ntendendo 53 (Canzone, io credo che saranno radi / color che tua ragione intendan bene), D. spiega: Io credo... che radi sono, cioè pochi, quelli, ecc. (XI 7). Con questo stesso valore l'aggettivo ricorre spesso come attributo di volte (I V 5, II XI 3 [due occorrenze], IV XI 11 [due occorrenze], Pg VII 121, Pd I 28), formando un'espressione di valore avverbiale, " raramente " (v. oltre). Così, ancora come predicativo, in Pg XII 94, dove l'angelo si rammarica che al suo invito a salire al girone degl'invidiosi vegnon molto radi: cioè sono pochi coloro che si pentono di non essere stati caritatevoli (per l'ipotesi che queste parole non siano pronunciate dall'angelo, cfr. Petrocchi, ad locum).
In Pg XVIII 77 La luna... / facea le stelle a noi parer più rade, l'aggettivo vale, contestualmente, " più distanziate ": dice infatti il Lana - e così altri - che il " lume [della luna] oscurava molte stelle mineme, sì che pareano pur quelle ch'èno in la prima e seconda magnitudine, e perçò apareano rade, çoè una quie, l'altracolà ".
Riferito a passi, significa " distanziato nel tempo ", " lento ": si tratta dei superbi, che a causa dei massi da cui sono gravati fanno i passi radi, " procedono lentamente " (X 100; cfr. passi rari di If VIII 117, e passi scarsi, Pg X 13).
Al singolare, l'aggettivo mette in luce propriamente l'eccezionalità di un fatto: una volontà così salda come quella dimostrata da s. Lorenzo o da Muzio Scevola è troppo rada (Pd IV 87), cioè, dice il Landino, " è cosa angelica e rara tra gli uomini ".
Contrapposto a ‛ spesso ', r. indica la scarsa compattezza di una materia: nel Purgatorio nuvole spesse non paion né rade, / né coruscar, né figlia di Taumante (Pg XXI 49). Per altri esempi in questo senso, cfr. 2.
L'uso avverbiale dell'aggettivo (" raramente ") si registra anche nelle Rime: cfr. XL 5 Disio verace, u' rado fin si pone, e CVI 57 rado sotto benda [" in cervello di donna ", come intendono Barbi-Pernicone, o nel senso di " velo allegorico ": Zonta, Contini e altri] / parola oscura giugne ad intelletto; così ancora Pg XX 45, XIX 24 (qual meco s'ausa, / rado sen parte, " in casi eccezionali ": cfr. l'occorrenza dell'aggettivo in Pd IV 87), e If IV 114, dove il parlar rado, con voci soavi è la pennellata che completa il ritratto dei magnanimi del Limbo: ed è certo un parlar " poco ", dopo attenta meditazione, come si conviene al saggio (" i era più 'l tempo del taxer che del parlare ", Lana), ma anche un parlare " con ritmo pacato " (Mattalia; cfr. pure Cv IV II 8, e Prov. 29, 20 " Vidisti hominem velocem ad loquendum? / stultitia magis speranda est quam illius correptio "), giacché, dice Benvenuto, " sapiens tardiloquus est " (si veda anche s. Tommaso, nel commento a Eth. Nic. IV 8, 1125a 12-14 [IV lect. X]: " motus magnanimi videtur esse gravis... et locutio... stabilis et tarda "). Qui dunque l'avverbio allude a quel concetto di lentezza che si è già visto per l'aggettivo in Pg X 100.
La locuzione ‛ di r. ', sempre per " raramente ", Si registra in If IX 19.
2. La forma ‛ raro ' è in D. un latinismo (contro il dissimilato ‛ rado '), ed è infatti soltanto della poesia; per di più, con il significato di " scarso ", ricorre solo in rima; nell'interno del verso ha sei occorrenze, tutte nel Paradiso, e cinque nel solo II canto, sempre in opposizione evidente o implicita con ‛ denso ' (una volta, anche con questo valore, in rima, nel II c.), e dunque nel significato fondamentale che si ha in latino di " non spesso ", " non denso " (questo è anche il valore di ‛ rado ' in Pg XXI 49 dove, riferito a nuvole, ne designa la scarsa compattezza).
Vale " pochi ", riferito sia ai regi, che son molti, e ' buon son rari (Pd XIII 108: da notare la contrapposizione a molti), sia, al singolare, all'essercito di Cristo, che... dietro a la 'nsegna / si movea tardo, sospeccioso e raro, " imperò che pochi la dottrina evangelica seguitavano, come si doveva " (Buti, a Pd XII 39).
Così intende la maggioranza dei commentatori; ma il Del Lungo chiosa " disgregato, disunito settariamente ", riprendendo l'interpretazione dell'Andreoli cui sottoscrive anche il Mattalia. Per il Grabher: " diminuito di numero e disgregato ".
Come quella dei superbi del Purgatorio, impediti dai massi che portano sulle spalle, è " lenta " l'andatura di Virgilio che, dopo il colloquio con i demoni, ritorna verso D. con passi rari, cioè " distanziati nel tempo ", " come fa ogni cogitabondo " (Landino, a If VIII 117; cfr. passi radi, in Pg X 100).
Nelle rimanenti e più numerose occorrenze, l'aggettivo ha lo stesso significato che ha ‛ rado ' in Pg XXI 49 (cfr. 1.), e ricorre, anche sostantivato, nel II canto del Paradiso, dove Beatrice rettifica l'errata convinzione di D. circa la causa delle macchie lunari (Ciò che n'appar qua sù diverso / credo che fanno i corpi rari e densi, v. 60; cfr. anche i vv. 67, 73, 81, 85 e 146; e v. LUNA: Il problema delle macchie lunari). Del suo errore il poeta si ricorderà nel cielo delle Stelle fisse, donde vede la figlia di Latona incensa / sanza quell'ombra che mi fu cagione / per che già la credetti rara e densa (XXII 141).