RADOALDO
– Una tardiva cronaca dei patriarchi di Aquileia definisce Radoaldo, o Rodoaldo, nobilis genere et nobilior mente (De Rubeis, 1740, col. 467), ma la famiglia d’origine è ignota (Dopsch, 2000, pp. 289 s.), come pure l’epoca della sua nascita.
La prima notizia che lo riguarda appare databile al novembre-dicembre del 963. Durante la Sinodo romana convocata da Ottone I per deporre papa Giovanni XII, il patriarca d’Aquileia Engelfredo morì improvvisamente e il diacono Rodalfus sottoscrisse gli atti in sua vece. La notizia si deve a Liutprando da Cremona (Liudprandi opera, a cura di J. Becker, 1915, pp. 164 s.) e Gerhard Schwartz (1913, identificò il diacono Rodalfus con Radoaldo. Al di là di ogni dubbio, Radoaldo fu eletto patriarca d’Aquileia in tali circostanze e per volere di Ottone I. Leone VIII, appena consacrato pontefice, gli concesse il pallio il 13 dicembre.
La documentazione relativa al patriarcato di Radoaldo, che si prolungò per circa vent’anni, è insufficiente a tracciarne una biografia esauriente, anche se ne lascia intravedere alcuni dati salienti.
Il primo è la costante fedeltà verso Ottone I e Ottone II, alla quale si devono aggiungere le estese relazioni intrecciate con la nobiltà imperiale, particolarmente nella marca veronese-aquileiese, nonché in Baviera e in Carinzia.
I frutti di tali vincoli furono numerosi. Per esempio, nel 964, Ottone I, qualificando il presule come noster precipuus fidelis, lo gratificò con la donazione di alcuni beni posti nei dintorni di Cormons, ora in provincia di Gorizia. A intercedere presso i sovrani in favore di Radoaldo si susseguirono pure Liutprando da Cremona (967), Teodorico vescovo di Metz (972), parente dell’imperatore, e più tardi la stessa imperatrice Teofane (981).
Si tratta di deboli lumi, ma che rischiarano verosimilmente scambi di reciproco interesse. Per esempio, l’intercessione di Liutprando da Cremona si spiega forse in relazione all’uso, concesso da Radoaldo, di alcune proprietà del patriarcato aquileiese giacenti tra l’Adda e l’Oglio (Paschini, 19753, p. 200).
La fedeltà ai Sassoni e la capacità di tessere alleanze di alto livello significarono per Radoaldo l’opportunità di accelerare il processo di costituzione signorile del patriarcato, che allora acquisiva una spiccata fisionomia militare e politica, e di affermarne le prerogative metropolitiche e d’onore nel novero delle Chiese dell’Italia settentrionale. Rivelatori di tali processi sono i precetti imperiali del 967 (concessione dell’abbazia di S. Maria di Sesto e di altri beni nella Bassa friulana e veneta), del 972 (conferma delle donazioni e delle immunità imperiali, tra le quali l’episcopato di Concordia e l’abbazia di Sesto) e del 983 (concessione dei castelli di Fagagna, Gruagno, Udine, Buja e Braitan, con il rispettivo distretto, a presidio della cerniera collinare del Friuli).
Sul versante ecclesiastico, è sintomatica l’interpolazione del documento con cui Leone VIII accordò a Radoaldo il pallio: ad Aquileia era confermato il presunto privilegio petrino di essere la seconda sede occidentale, dopo Roma. La manomissione fu quasi certamente voluta o da Radoaldo o dal suo successore Giovanni in relazione agli annosi conflitti giurisdizionali con la vicina sede patriarcale di Grado (Cammarosano, 1988, p. 77), ma anche per regolare le precedenze d’onore con gli arcivescovadi di Milano e di Ravenna, secondo dinamiche intuibili anche dalle sottoscrizioni agli atti conciliari e sinodali (Paschini, 19753, p. 197).
Morì tra il 983 e il 984 e fu sepolto nel duomo di Cividale del Friuli.
Il suo elogio funebre, scolpito sulla lastra tombale ora dispersa, ma ancora parzialmente leggibile nel XVI secolo, menziona genericamente le sue virtù, ma anche la cura per la canonica cividalese e per onorare le reliquie dei martiri. Ancora piccoli indizi di una personalità molto più sfaccettata e complessa di quella emergente dalle poche fonti superstiti, ma che lasciano intuire un pontificato assai attivo, tanto sul piano delle crescita della potenza patriarcale, quanto su quello della sollecitudine pastorale.
Fonti e Bibl.: J.F.B.M. De Rubeis, Monumenta ecclesiae Aquilejensis..., Argentinae [Venetiis] 1740, coll. 466-482, ibid., Appendix III, p. 10; Conradi I. Heinrici I. et Ottonis I. Diplomata, a cura di T. Sickel, in MGH Diplomatum regum et imperatorum Germaniae, I, Hannoverae 1879-1884, n. 271 p. 386, n. 340 p. 465, n. 341 pp. 466 s., n. 349 p. 477, n. 384 p. 526, n. 413 pp. 563-565; Ottonis II. et III. Diplomata, a cura di T. Sickel, in MGH, Diplomatum regum et imperatorum Germaniae, II, 1, Hannoverae 1888, n. 154 p. 174, n. 241 pp. 271 s., n. 304 pp. 360 s.; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salischen Kaisern mit den Listen der Bischöfe 915-1122, Leipzig - Berlin 1913 (rist. anast., Spoleto 1993), p. 30; Liudprandi opera, a cura di J. Becker, in Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum ex Monumentis Germaniae historicis separatim editi, Hannover - Leipzig 1915, pp. 164 s.; Italia pontificia, congessit P.F. Kehr, VII, 1, Venetia et Histria, Berolini 1923, n. 45 pp. 27 s.
H. Schmidinger, Patriarch und Landesherr. Die weltliche Herrschaft der Patriarchen von Aquileja bis zum Ende der Staufer, Graz-Köln 1954, ad ind.; P. Paschini, Storia del Friuli, Udine 19753, pp. 197-204, 211, 219; P. Cammarosano, L’alto medioevo: verso la formazione regionale, in Storia della società friulana. Il medioevo, a cura di P. Cammarosano, Tavagnacco (Udine) 1988, pp. 76-78; H. Dopsch, Origine e posizione sociale dei patriarchi di Aquileia nel tardo medioevo, in Aquileia e il suo patriarcato, Atti del Convegno internazionale di studio... 1999, a cura di S. Tavano - G. Bergamini - S. Cavazza, Udine 2000, pp. 289 s.; A. Tilatti, Il monachesimo nell’Italia nordorientale, in Il monachesimo italiano dall’età longobarda all’età ottoniana (secc. VIII-X), Atti del VII Convegno di studi storici sull’Italia benedettina, Nonantola (Modena)... 2003, a cura di G. Spinelli, Cesena 2006, pp. 357 s.