Azcona Fernández, Rafael
Sceneggiatore e scrittore spagnolo, nato a Logroño (La Rioja) il 24 ottobre 1926. Nel corso degli anni ha lavorato con molti registi, con alcuni dei quali ha avviato durature collaborazioni artistiche, in particolare con Marco Ferreri, Luis García Berlanga, Carlos Saura e Fernando Trueba. Fin dai primi lavori ironia e sarcasmo corrosivo si sono rivelati elementi caratteristici della sua scrittura. Nei suoi soggetti e nelle sue sceneggiature ha costantemente perseguito l'unità di luogo e azione in cui concentrare fantasmi e ossessioni.
Dopo i primi passi come poeta e vignettista ‒ creò un famoso personaggio, el repelente niño Vicente ‒ si dedicò alla narrativa, pubblicando numerose novelle da cui sarebbero state successivamente tratte alcune sceneggiature, come nel caso di El pisito (1958) che segnò l'incontro di A. F. con il cinema e con Ferreri (regista del film insieme a Isidoro M. Ferry). Con l'autore italiano avviò quindi una proficua intesa artistica condividendone l'humour nero, nonché una visione distaccata e cinica delle relazioni tra i personaggi e tra questi ultimi e la società civile. Dopo aver realizzato con Ferreri El cochecito (1960), in cui il realismo è ancora predominante, ma già si avverte il passaggio all'esperpento (termine spagnolo utilizzato in ambito pittorico e letterario per indicare la deformazione grottesca che mira a lasciare trasparire la vera natura dell'individuo), A. F. iniziò la collaborazione con Berlanga. Ebbe modo così di misurarsi con una dimensione corale, strutturando l'universo affollato di personaggi del regista, con il quale scrisse il soggetto e la sceneggiatura di Plácido (1961), film dall'azione e dai dialoghi vertiginosi, ambientato a cavallo fra la fine della guerra civile spagnola e gli anni Sessanta. Seguì poi una delle loro opere più riuscite, El verdugo (1963; La ballata del boia, alla cui sceneggiatura collaborò anche Ennio Flaiano), nella quale un giovane viene costretto a ereditare dal suocero il lavoro di boia. Dopo il Mafioso (1962) di Alberto Lattuada, per il quale aveva firmato la sceneggiatura insieme ad Age, Furio Scarpelli e Ferreri, avviò con quest'ultimo una più stretta collaborazione che culminò nel 1974 con uno dei loro film più originali, Touche pas la femme blanche (Non toccare la donna bianca), grottesca e allucinata ricostruzione della battaglia di Little Big Horn, ambientata nel mercato sventrato di Les Halles a Parigi. L'ossessione per il mondo femminile e l'analisi delle dinamiche del rapporto uomo-donna rappresentano i temi guida dei lavori effettuati con Ferreri, ma anche di molti film scritti per altri registi. Così in Una storia moderna: l'ape regina (1963) di Ferreri, basato su una storia di G. Parise e sceneggiato, fra gli altri, con Diego Fabbri e Pasquale Festa Campanile, l'uomo si rivela sempre vittima della donna, mentre in La donna scimmia (1964), ancora di Ferreri, la donna degradata sino all'animalità si riappropria della sua egemonia rovesciando l'originaria condizione subalterna. E se Peppermint frappé (1967), basato su un soggetto di Saura che ne fu anche regista, è incentrato sulla figura della donna 'indistruttibile', con Berlanga A. F. esplorò l'amore impossibile di un uomo per una bambola gonfiabile in Tamaño natural (1973; Life size ‒ Grandezza naturale), film-monologo prettamente azconiano la cui versione italiana fu curata da A. Moravia. In L'ultima donna (1976, sceneggiatura scritta in collaborazione con Dante Matelli) e Ciao maschio (1978, sceneggiatura scritta in collaborazione con Gérard Brach), entrambi di Ferreri, a soccombere è il maschio, nel primo caso fisicamente (attraverso una scena di autocastrazione), nel secondo dimostrandosi sterile nei sentimenti e negli affetti. La collaborazione con Ferreri era stata segnata anche da L'uomo dei cinque palloni (uscito in Italia nel 1965 in versione tagliata come episodio del film Oggi, domani, dopodomani, e solo nel 1969 distribuito in Francia in versione integrale con il titolo Break up) in cui si sviluppa una duplice tensione: quella dell'uomo che cerca di confrontarsi con i suoi limiti e quella metafisica che si ritroverà successivamente nell'apologo grottesco La grande bouffe (1973; La grande abbuffata). Mentre con Saura A. F. aveva iniziato un lavoro su un concetto di tempo in cui tutto è compresente e parallelo, dapprima con Ana y los lobos (1973; Anna e i lupi), e poi raggiungendo il più convincente esempio di questa ricerca con La prima Angélica (1974), lucido e feroce trattato sul rapporto tra passato e presente, sulla necessità del ricordo e, nello stesso tempo, dell'oblio.
Da annoverare tra i più rappresentativi lavori di A. F., El anacoreta (1976) con la regia di Juan Esterlich, una riscrittura dell'apparizione della Regina di Saba descritta nella Tentation de Saint Antoine di G. Flaubert, in cui ritorna una figura di donna che rappresenta amore e distruzione. Dopo Pim, pam, pum… ¡fuego! (1975) di Pedro Olea, considerato tra i migliori affreschi della Madrid del dopoguerra, A. F. è tornato ad affrontare un film corale sulla guerra civile spagnola con La vaquilla (1984) di Berlanga, tema ripreso nel 1990 con ¡Ay, Carmela! (Ay, Carmela!) di Saura, basato su una pièce di J.S. Sinisterra. Nel 1985 aveva cominciato la collaborazione con José Luis García Sánchez, con cui ha realizzato, tra gli altri, Pasodoble (1988) e Tranvía a la Malvarrosa (1996), sulla vita dello scrittore M. Vincent. L'incontro artistico con Trueba è culminato invece nella realizzazione di Belle époque (1992) e continuato con La niña de tus ojos (1998; La niña dei tuoi sogni). Nel 1999 ha scritto per José Luis Cuerda La lengua de las mariposas, con cui ha vinto il premio Goya, e nel 2001 ha curato la sceneggiatura di Son mar, una sottile variazione sul tema dell'erotismo diretto da José Juan Bigas Luna.
P. Baker, This films will become a classic, in "Films and filming", November 1960; J.C. Frugone, Rafael Azcona: atrapados por la vida, Valladolid 1987.