BOMBELLI (Bombello), Raffaele
Matematico e idraulico del sec. XVI. Non si ha notizia sicura della data né del luogo di nascita, né di morte; egli stesso si dichiara "da Bologna". I Bombelli, infatti, appartenevano alla nobiltà del contado di Bologna, e, nelle cronache cittadine, sono detti oriundi della Villa del Borgo Panigale (sulla Via Emilia, a 5 km. da Bologna). Se, come pare probabile, anche Raffaele Bombelli nacque al Borgo Panigale, agevolmente si spiega la mancanza di notizie, poiché l'archivio di quella parrocchia venne distrutto da un incendio nei primi anni del secolo XVII.
Le notizie sulla vita di Raffaele Bombelli provengono tutte da un'unica fonte: l'opera sua sull'algebra, pubblicata a Bologna nel 1572 e conservata manoscritta nel codice B. 1569 della biblioteca dell'Archiginnasio in Bologna.
Il Bombelli dice di aver avuto a precettore messer Francesco Clementi da Corinaldo, del quale nessun'altra cosa sappiamo, all'infuori di quel che lo stesso Bombelli ci racconta di lui: cioè che da lui furono essiccate le paludi di Foligno ai tempi di Paolo III. Pare lecito supporre che il Clementi lo abbia istruito nelle cose d'idraulica, e che egli, bolognese, abbia attinto le cognizioni pertinenti alla matematica pura nello Studio di Bologna, allora nel massimo suo splendore. Il Bombelli racconta che per l'opera sua e per ordine di monsignor Rufini, vescovo di Melfi, si essiccò la palude Chiana, e che da un'interruzione di questi lavori trasse origine la sua opera d'algebra, la quale fu da lui compiuta nel tempo in cui si era ritirato nella villa della Rufina insieme con messer Francesco Maria Salando (lettore ad artem scribendi, cioè di calligrafia e miniatura, nello Studio di Bologna) e con suo fratello Ercole, "anco egli di questa professione, e così versato nelle mathematiche, che, se malvagia morte avanti tempo nol toglieva, egli a sommo grado in quelle sarebbe gionto".
Quest'opera d'algebra rimase per lungo tempo manoscritta, ma certamente non ignorata dagli studiosi, perché nelle biblioteche di Bologna se ne conservano ancora due esemplari manoscritti, l'uno in 5 libri nella biblioteca dell'Archiginnasio, l'altro, che contiene il solo 3° libro, nell'Universitaria.
Frattanto il Bombelli ebbe agio di conoscere l'aritmetica di Diofanto in un codice della Biblioteca Vaticana, e ne imprese la traduzione, insieme con Antonio Pazzi, reggiano, pubblico lettore di matematica in Roma. Non avendo potuto ultimare la traduzione di quell'opera, e desiderando tuttavia di "arricchire il mondo" dei risultati in essa contenuti, egli pensò, intanto, di arricchirne la sua propria algebra, inserendo in essa tutti i problemi diofantei di cui era venuto a cognizione; e, nell'intento di apprestarla per la stampa, procedette ad una generale revisione dell'opera, della quale i primi tre libri, comprendenti la parte più schiettamente analitica, uscirono coi tipi di G. Rossi in Bologna nel 1572. Nel por fine a questa sua prima pubblicazione, egli avvertiva di voler pubblicare anche la parte geometrica; ma perché, soggiungeva, "non è ancora ridotta a quella perfettione che la eccellentia di questa disciplina richiede, mi son risoluto di volerla prima meglio considerare avanti che la mandi al conspetto degli huomini". Ma questa seconda parte non uscì mai per le stampe e si credeva perduta; ora invece è stata scoperta (non ancora ridotta alla desiderata perfezione) nel codice B. 1569 della biblioteca dell'Archiginnasio in Bologna. Ciò fa pensare che il Bombelli sia mancato di vita poco tempo dopo la pubblicazione del suaccennato volume, cioé poco dopo l'anno 1572.
Sull'opera idraulica compiuta dal Bombelli per il prosciugamento delle paludi in Val di Chiana, abbiamo scarse notizie. Il Torricelli ne fa onorevolissimo cenno nelle sue Scritture sulla bonificazione della Val di Chiana (Opere, II, p. 285), ove fra l'altro dice che "fu fatto con quell'opera, veramente eroica, il massimo acquisto che si potesse giammai sperare dalle bonificazioni di quei paesi". Il Fossombroni, nelle sue Memorie idrauliche-storiche sopra la Val di Chiana (Bologna 1824), dice che "la maggior parte delle comunità di Val di Chiana tra il 1525 e il 1535 affidarono al pontefice Clemente VII le rispettive porzioni di palude, acciocché, bonificate, fossero ridotte a coltura. Furono diversi i lavori intrapresi per prosciugare la Chiana, ma la morte di papa Clemente e del cardinale Ippolito e del duca Alessandro, e molto più le civili turbolenze, interruppero ogni cosa e non fu ripresa questa bonifica, grandiosa fino all'anno 1551". Se dunque, come afferma il Bombelli, la composizione della sua algebra avvenne.... "all'hora che quasi abbandonata era l'impresa per colpa di cui lo potea fare", dovremo ad essa assegnare una data anteriore al 1551. E infatti, un insieme di circostanze concomitanti assegna al manoscritto dell'Archiginnasio la data probabile del 1550.
L'algebra del Bombelli, per il concetto informativo di tutta l'opera, per la disposizione e l'ordine della materia, per i procedimenti costruttivi e dimostrativi in essa seguiti, segna un passo notevole verso l'aritmetizzazione della scienza matematica, che, nel suo più alto stadio speculativo, era prima d'allora sempre stata informata da puro spirito geometrico. I principali pregi dell'opera (che ebbe in Italia e fuori grande diffusione e fu per più di un secolo testo universale di algebra superiore) consistono:
1. Nell'aver posto a base di tutte le teorie algebriche una sistemazione logica della teoria dei numeri, a indirizzo prettamente analitico, che per successive estensioni del campo di razionalità giunge alla comprensione di tutti gli elementi necessarî alla completa risoluzione delle equazioni algebriche; e, in particolare, nell'aver introdotto nel calcolo i numeri immaginarî, con simbolismo idoneo alla loro rappresentazione e opportuno al loro calcolo, e nell'aver dato le leggi del calcolo di questi numeri.
2. Nella dimostrazione generale di esistenza per le radici dell'equazione cubica nel caso irriducibile, e nella trasformazione algebrica che libera la formula di risoluzione dall'immaginario, quando l'equazione proposta ammetta una radice razionale nel campo euclideo.
3. Nell'aver posto in luce le relazioni di dipendenza fra il problema della risoluzione delle equazioni cubiche e quelli classici della duplicazione del cubo e della trisezione dell'angolo.
4. Nella discussione completa delle equazioni biquadratiche.
5. Nella rivelazione e nella divulgazione dei problemi di analisi indeterminata di Diofanto, prima ignorati o incompresi.
6. Nella considerazione e nella formale risoluzione di equazioni algebriche, i cui coefficienti sono funzioni di una quantità indeterminata (il tanto).
Per quel che riguarda la tecnica dell'algoritmo algebrico, troviamo nel libro del Bombelli (e in modo anche più perspicuo nel manoscritto) la rappresentazione esponenziale dell'incognita e delle sue potenze, l'uso delle parentesi nelle formule algebriche e degl'indici dei radicali, infine la enunciazione e l'uso delle leggi del calcolo delle potenze, e i fondamenti del calcolo dei polinomî.
Il distacco fra l'antica concezione dell'algebra geometrica, che faceva dipendere le proposizioni algebriche da dimostrazioni geometriche, e la moderna geometria analitica, che studia le proprietà delle figure geometriche con mezzi analitici, può dirsi iniziato con la parte geometrica dell'algebra del Bombelli, contenuta nei libri IV e V, conservati manoscritti nel codice B. 1569 della biblioteca dell'Archiginnasio, che saranno ora tratti dall'inedito.
Benché questa materia si trovi in un primitivo stadio di elaborazione, essa presenta già le caratteristiche di un'opera che precorre i suoi tempi. Fin dalle prime pagine (ove, precorrendo di quasi un secolo il Cartesio, si assoggettano i segmenti di retta alle operazioni aritmetiche) il lettore rimane colpito dal libero uso di segmenti negativi, e, più oltre, di aree negative, che agevolmente intervengono nelle costruzioni geometriche. L'uso del segmento unitario per la rappresentazione di aree, dì volumi, di potenze con esponente intero qualsiasi di segmenti, è, nella geometria del Bombelli, fondamentale e costante. E non mancano esempî suggestivi della rappresentazione di un punto del piano mediante una coppia di coordinate ortogonali.
Non solo, al modo degli antichi, le costruzioni geometriche sono usate dal Bombelli per avvalorare le dimostrazioni delle proposizioni analitiche contenute nel libro II della sua algebra (anche quando si tratta di costruire formule non omogenee o di grado superiore al secondo, che gli antichi non avrebbero saputo interpretare con costruzioni piane); ma i problemi algebrici del III libro sono da lui fatti corrispondere ad altrettanti problemi geometrici, nei quali la risoluzione algebrica subordina e suggerisce la costruzione geometrica, che, nelle deduzioni logiche ottenute con la regola d'algebra, trova la sua dimostrazione. Ed ecco il ponte di passaggio dall'algebra geometrica alla geometria analitica. Nello stesso tempo poi che l'algebra viene così in sussidio della geometria, essa trae da questa una maggior generalità di rappresentazione per l'uso delle lettere, che i geometri, fin dall'antichità classica, fecero servire alla rappresentazione di grandezze geometriche. Vediamo infatti, nel manoscritto del Bombelli (della metà del sec. XVI), quest'uso venir trasportato nelle formule algebriche, e il simbolismo algebrico evolversi gradatamente verso una rappresentazione puramente letterale. Sono letterali anche i coefficienti delle equazioni generali del 3° e del 4° grado che il Bombelli tratta geometricamente nel suo libro IV, le quali equazioni, anche nella forma estrinseca, nulla avrebbero da invidiare a quelle che il Vieta, mezzo secolo più tardi, introduceva nella sua Logistica speciosa, se il Bombelli, per maggior intelligenza dei suoi lettori, non avesse posto, accanto ai coefficienti letterali, una speciale esemplificazione numerica.
Opere: L'Algebra, Parte maggiore dell'Arithmetica, divisa in tre libri, Bologna 1572. L'Algebra, Libri IV e V comprendenti la parte geometrica inedita, tratta dal manoscritto B. 1569 della biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna; pubblicata a cura di E. Bortolotti (vol. VII della collezione, Per la storia e la filosofia delle matematiche), Bologna 1929.
Bibl.: Tiraboschi, Storia della Letteratura Italiana, VII, p. 711; Libri, Histoire des Sciences mathématiques en Italie, III, p. 181; M. Cantor, Vorlesungen über Geschichte der Mathematik, II, 2ª ed., pp. 541, 551, 621-627, 644, 763; E. Bortolotti, Origine e primo inizio del Calcolo degli immaginarî, in Scientia, giugno 1923; id., La trisezione dell'angolo e il caso irriducibile della equazione cubica nell'"Algebra" di R. B., in Rendiconti dell'Accademia di Bologna, 1923; id., L'Algebra nella Scuola matematica bolognese del sec. XVI, in Periodico di Matematica, 1925; id., I Libri geometrici de "L'Algebra" di R B., ibid., 1927.