CALZINI, Raffaele
Nato a Milano il 29 dic. 1885 da Giovan Battista e da Orsola Calzini, si laureò in giurisprudenza nell'università di Pavia, senza poi esercitare la professione forense. Prese parte alla prima guerra mondiale come tenente di fanteria nella armata d'Oriente, a Monastir sul fronte macedone, donde venne richiamato in patria come addetto al Comando Supremo, e dopo l'armistizio fu inviato in missione in Austria, in Ungheria e in Cecoslovacchia.
Il C. aveva manifestato ben presto un vivo interesse per la letteratura e le arti, e pubblicò i primi articoli su La Perseveranza. Alla vita culturale milanese del primo dopoguerra partecipò con impegno e fervore, quando agli ultimi successi di una narrativa estetizzante e ambigua si opponeva, seppure non deliberatamente, il lavoro serio e meditato di scrittori che avvertivano profondamente la crisi spirituale del tempo.
Nella Milano d'allora il C. figura appunto fra coloro che mostravano sensibilità a siffatti interessi, e apertura intellettuale verso le contemporanee esperienze europee. In questo senso egli può essere accostato al più anziano C. Linati e al più giovane G. B. Angioletti, ai quali lo riconducono anche taluni esiti estetici e un indirizzo di gusto, eredità della narrativa lombarda post-romantica. Ma la "linea settentrionale" del C., a differenza di quella del Linati, più prossima alla lezione vociana e rondista, e dello stesso Angioletti, distinto da altra carica morale, risale più indietro nel tempo, quasi prosecuzione emblematica di una Milano culturale "primo Impero", di impronta stendhaliana.
L'attività di inviato speciale e di redattore del Corriere della Sera, che lo impegnò per oltre un trentennio, gli acquistò l'habitus dell'osservatore cosmopolita continuamente in giro per il mondo, dai paesi europei (alla Russia dedicò un libro particolarmente attento, Russia gaia e terribile, Milano 1927) alla Cina, dall'Africa settentrionale all'America. La sua curiosità si spinge fino alle condizioni sociali, ma l'osservazione spesso si disperde in particolari ed esotismi, cui lo incoraggiava l'esercizio giornalistico, si da farlo sovente definire un "dilettante di sensazioni", quasi un epigono della suggestione dannunziana.
Collaborò si può dire senza sosta ad altri numerosi giornali e riviste. Fu critico d'arte di Emporium e del Secolo; critico letterario dell'Illustrazione italiana e dell'Illustrazione del Popolo d'Italia; tenne la rubrica "Il ridotto" in Comoedia e collaborò parimenti a La Stampa, a La Lettura, alla Nuova Antologia. Inoltre, quando U. Fracchia si trasferì da Roma a Milano per fondarvi La Fiera letteraria (1925), il C. collaborò assiduamente fin dal primo numero. Al Fracchia e all'ambiente romano egli era unito da precedenti legami, testimoniati anche dal suo primo libro, Elegia a St. Moritz (Roma 1924), inserito in una collana di pubblicazioni quindicinali, "Terza pagina", progettata da A. Fratelli e destinata alla presentazione di giovani, promettenti scrittori.
Il volumetto, che comprende un suo ritratto scritto da A. Cecchi, è un prodotto della già diffusa "prosa d'arte": sono le pagine di un elzevirista di gusto sulle quali il presentatore richiama l'esempio di Musset, osservando che si tratta di "invenzioni o ricordi di altra vita, ritorni al passato, ricerche del tempo perduto": evocazioni del passato stimolate da acquisizioni culturali di varia provenienza, fra le quali eccelleva un appassionato interesse per le arti figurative. Per meglio comprendere la formazione del C., bisogna tener conto che egli fece parte del gruppo milanese del Convegno, promosso e animato da E. Ferrieri, nel quale si discutevano gli esiti più aperti e avanguardistici della letteratura e dell'arte in Europa. Tra tante e vive sollecitazioni si giustifica la sua intensa attività di critico d'arte, che s'intreccia con quella letteraria, trovando un più diretto sprone nonché un valido appoggio nell'amicizia con U. Ojetti, che il C. considerava, sotto taluni aspetti, suo maestro non soltanto nel campo della critica d'arte ma anche in quello più modesto e spiccatamente giornalistico del resoconto e dell'interpretazione della realtà quotidiana osservata da differenti angolazioni (l'Ojetti aveva preso a pubblicare la sue Cose viste nel 1921).
L'attrattiva del colore e dell'armonia conferisce non di rado al linguaggio del C. un compiaciuto narcisismo sia nei reportages di viaggio, sia in parte della narrativa. Il meglio della sua opera va dunque cercato là dove la rievocazione del passato stempera la nostalgia in una visione anche commossa della realtà umana, con evidenti richiami a più determinanti esperienze di vita e d'arte. Questa condizione si verifica in qualche novella e, almeno in parte, nel romanzo La commediante veneziana (Milano 1935), che è una vivace rappresentazione della vita teatrale a Venezia nel XVIII secolo, nella quale egli mette a buon frutto la sua esperienza della scena; ma si verifica soprattutto nel precedente Segantini, romanzo della montagna (Milano 1934), la cui occasione fu determinata dai suoi lunghi soggiorni sulle Alpi per ragioni di salute. Questa forzata dimora nella solitudine solenne dello scenario alpino, con la pungente nostalgia di Milano, provocò un contrasto di sentimenti il cui scioglimento sul piano artistico costituisce l'intima ragione del romanzo e la sua carica suggestiva. La biografia di Segantini, pittore di paesaggi alpini, comporta anche la rievocazione, dettata da profondo amore, della Milano di fine Ottocento; rievocazione che per il C. significa ritorno all'infanzia, mediazione di ricordi, introspezione scandita sul recupero del passato con un margine di viva fantasia, tanto che a qualcuno il libro ha fatto ricordare le pagine più schiette di E. De Marchi. In questa prospettiva di risultati va collocato anche il racconto dell'ultimo esilio napoleonico, Lampeggia al nord di Sant'Elena (Milano 1941), per quanto meno compatto e fuso del romanzo precedente.
Di minore interesse i libri che raccolgono gli articoli di viaggio, nei quali evidentemente domina la prima impressione intorno alla quale il C. costruisce abilmente e con ricchezza di elementi, in una prosa non priva di pregi ma più di evasione che di impegno sulla realtà.
Così pure di scarsa importanza risulta la produzione teatrale, per quanto annoveri una commedia quale La tela di Penelope, edita nel 1922 e rappresentata l'anno dopo dalla compagnia Niccodemi al teatro Argentina di Roma con notevole successo. In questa, la vicenda cantata da Omero viene interpretata in chiave di attualità per quanto concerne la problematica di costume e la psicologia dei principali personaggi a cominciare da Ulisse: può vedervisi un'anticipazione, sul piano della tematica, di altre prove di maggior consistenza, attuate fuori d'Italia.
Morì a Cortina d'Ampezzo il 2 settembre del 1953.
Tra la saggistica e i libri di viaggio si ricordano: Uberto dell'Orto pittore (Roma-Milano 1921); Le soste del pellegrino romeo (Milano 1923); Giorgio Lukomski, architetto, pittore russo (ibid. 1923); Sulle orme di Afrodite (ibid. 1924); Da Leptis Magna a Gadames (ibid. 1925); Spagna (ibid. 1930); 1914-1934. Ventennio. La vita italiana degli ultimi venti anni nell'opera degli artisti italiani contemporanei (ibid. 1935); La bella italiana da Botticelli al Tiepolo (ibid. 1935); Trionfi e disfatte di New York (ibid. 1937); Agonia della Cina (ibid. 1938); Festival asiatico (ibid. 1939); Milano ha cinquant'anni, 1900-1950 (ibid. 1951, con la collaborazione di O. Vergani, A. Lanocita, S. Lopez, I. Montanelli, G. Marotta, M. Borsa, M. Vellani-Marchi, F. Bianconi, G. Novello, B. Palazzi, ecc.).
Per la narrativa: La vedova scaltra (Milano 1919); L'amore esclusivo (ibid. 1920); L'ultima maniera d'amare (Firenze 1920); Le tre grazie (Milano 1921); La bella senza testa (ibid. 1922); Lacollana d'ambra (ibid. 1928); Polonaise ed altre avventure (ibid. 1929); Uncuore e due spade (ibid. 1932); Il taciturno (ibid. 1939); Amanti (ibid. 1940); Gelosie a Bruges (ibid. 1942); Gloria (ibid. 1944); Edinea (ibid. 1945).
Per il teatro: La fedeltà (prima rappres. Torino 1919, compagnia Talli-Melato-Betrone; in Comoedia, n. 3 del 1920); Il laccio, in un atto (prima rappres. Roma 1920, compagnia di A. Borelli); La diva, in un atto (prima rappres. Milano 1920); Il debutto (Firenze 1921, con La fedeltà e La diva); La girandola, un atto (prima rappres. Milano 1925, compagnia Masi-Becci; in Comoedia, n. 24 del 1924); Il crepuscolo di don Giovanni (in Comoedia, marzo 1927).
Fonti e Bibl.: M. Praga, Cronache teatrali 1923, Milano 1924, pp. 59-71; G. Marussig, Scrittori d'oggi, Roma 1926, pp. 195-200; G. Antonini, Il teatro contemporaneo in Italia, Milano 1927, pp. 341-351; E. Saya, La letteratura italiana dal 1870 ad oggi, Firenze 1928, p. 266; C. Pellizzi, Le lettere italiane del nostro secolo, Milano 1929, pp. 109, 124; O. Vergani, in Corriere della Sera, 16 ott. 1930; A. Pompeati, C. novelliere, in Illustrazione italiana, 3 luglio 1932, pp. 14 s.; U. Ojetti, in Corr. della Sera, 3 apr. 1934; C. Linati, in Pan, II (1934), pp. 291-93; R. Ramat, in Leonardo, V (1934), pp. 228 s.; A. Bocelli, Dei generi letterari del romanzo e di R. C., in Nuova antologia, 16apr. 1934, pp. 629-633; 1º nov. 1936, pp. 59-67; E. Possenti, in Corriere della Sera, 11 ag. 1939; S. Lodovici [Samek Ludovici], Storici, teorici e critici delle arti figurative..., Roma 1942, pp. 80 s. (con elenco delle pubblicaz. di soggetto artistico); F. Biondolillo, I contemporanei, Padova 1948, p. 110; A. Gramsci, Letter. e vita nazionale, Torino 1950, pp. 352 s.; O. Vergani, R. C., in Corr. della Sera, 3 sett. 1953; A. Bocelli, C. scrittore lombardo, in Il Mondo, 15 sett. 1953; fasc. commemorativo della Martinella (Milano), novembre, dicembre 1953 (scritti di C. Branduani, G. Cenzato, S. Gotta, E. Guicciardi, F. Rosti); I. Montanelli, C., in Corriere della Sera, 2 dic. 1953; E. F. Palmieri, Personaggi senza ribalta, in Epoca, 4 ott. 1953; D. Porzio, Per tutta la vita negò l'esistenza dei ladri, in Oggi, 17 sett. 1953, F. Pastonchi, Lasciate riposare i morti, in Corriere della Sera, 1º nov. 1953; R. Simoni, Trenta anni di critica drammatica, I, Milano 1953, pp. 648-650; II, ibid. 1954, pp. 55 s., 265 s.; L. Medici, Incontri di anime all'alba del XX secolo, Milano 1957, pp. 83-98.