CATTANEO, Raffaele (Raffaello)
Nacque a Rovigo il 18 genn. 1861, in una famiglia di origini nobili, da Remiglio e da Angela Pertile. Dopo aver frequentato il ginnasio nel seminario di Rovigo, studiò architettura all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove la sua famiglia si era stabilita nel 1876. Erano anni in cui gli studi versavano in condizioni di notevole confusione per via di una riforma ministeriale che tendeva a rendere più utili nelle applicazioni pratiche insegnamenti ancora basati sulle teorie del periodo napoleonico. Nei quattro anni di corso, sotto la guida degli architetti Giacomo Franco e Tommaso Viola, il C. meritò numerosi premi nei vari rami dello studio e, ancora studente, tenne lezioni di storia dell’arte quale assistente del professor Antonio Dell’Acqua-Giusti. Dal suo epistolario (conservato nella Bibl. del Semin. di Rovigo), in parte riferito dal Giavarini, sappiamo che egli non era assiduo alle lezioni, trovando inutili gli studi accademici: preferiva erudirsi nella Biblioteca Marciana. Diplomatosi architetto, si occupò anche di storia dell’arte, di archeologia, estetica, poesia, musica.
Il C. morì a Venezia il 6 dic. 1889.
La morte precoce gli impedì di realizzarsi pienamente: tuttavia egli lasciò una profonda orma nella storia dell’architettura medievale, che studiò con passione, rigore e intelligenza.
Nato un quarto di secolo dopo Camillo Boito, che certamente ebbe importanza per la formazione del suo credo estetico, il C. appartiene alla generazione per la quale il Medioevo e il primo Rinascimento rappresentano le epoche luminose dell’arte italiana. Tali principî, ben radicati nell’Accademia veneziana, risalivano alla scuola di Pietro Estense Selvatico, che vi aveva a lungo insegnato estetica e storia dell’arte. Forte di tali convinzioni, il C. intraprese i suoi benemeriti sondaggi per ricostruire le linee conduttrici della cultura medievale: lacunosa e incerta era allora la conoscenza del periodo. Ma dalle sue teorie conseguono anche affermazioni, da lui affidate alle lettere familiari, che ci lasciano perplessi; per lui il Palladio, con il suo “licenzioso amore per l’antico..., fu all’arte assai più funesto di Michelangelo”; difatti fece “delle ville che paiono mausolei, delle chiese che sembrano sale termali, dei palazzi che sono anfiteatri e un teatro olimpico che è una parodia di un teatro antico” (Giavarini, p. 24).
Anche come architetto il C. si adeguò con scrupolo di attento studioso alle teorie di cui era convinto. Tra le sue opere (vedi anche Ferretti, pp. 70 s.) si ricordano: l’oratorio del collegio Zanotti a Treviso (1882-1884, neogotico); il sepolcro del papa Pio IX in S. Lorenzo fuori le Mura a Roma, ricavato nell’antico nartece della basilica e decorato da mosaici di L. Seitz (1883: in una lettera il C. dichiarava che aveva eseguito tale lavoro in “stile sempre medievale, sempre bizantinesco, ma sempre libero”: Ferretti, p. 76); a Rovigo restaurò (1887) l’interno, e in particolare il soffitto, della chiesa di S. Domenico (detta anche di S. Antonio Abate), rimettendo in luce l’antica travatura in legno (nuovamente rimaneggiata nel 1939-43). Nella stessa città rifece (1888) in stile “neoalbertiano” la facciata della chiesa della SS. Concezione (detta anche del Cristo: Semenzato, p. 135).
Ottenne il secondo premio in un concorso indetto dalla diocesi di Treviso per un altare in stile gotico da eseguire per il giubileo sacerdotale di Leone XIII (il primo premio fu assegnato a G. Moretti, allievo del Boito). Per lo stesso giubileo disegnò un candelabro in stile gotico eseguito in bronzo sopra un piedistallo marmoreo, come omaggio al pontefice della diocesi di Treviso (ora nei Musei Vaticani, datato 31 dic. 1887). Disegnò un calice, che fu fatto in oro, per la diocesi di Modena, ed una lampada in stile rinascimentale offerta al santuario di Lourdes.
Nel 1889 il C. pubblicò a Venezia, presso F. Ongania, L’architettura in Italia dal secolo VI al Mille circa, il suo più importante lavoro, da lui stesso illustrato con disegni rivelatori raccolti nelle peregrinazioni fatte per ritrovare le fonti della cultura medievale. L’opera è tuttora fondamentale (Prete, 1966) e fu tradotta in francese presso lo stesso editore (1890): si vedano le recensioni di L. Beltrami in Arch. stor. dell’arte, II (1889), pp. 468-477 e quella, anonima, in La Civiltà cattolica, s. 14, VII (1890), pp. 462-470. Il materiale era stato raccolto dal C. mentre si preparava a collaborare all’opera monumentale coordinata da C. Boito: La basilica di San Marco illustrata nella storia e nell’arte... (Venezia 1888-1892). In questa è suo il capitolo sulla Storia architettonica della basilica (II, 1890, pp. 99-197). Il suo apporto all’opera del Boito non poté però essere completo per il sopraggiungere della morte, e non comprende, oltre agli studi dei monogrammi e delle croci a rilievo di S. Marco, l’analisi delle tarsie e dei mosaici pavimentali che egli aveva in mente di fare. Del C. sono anche pubblicate: Alcune parole intorno ai restauri di S. Francesco di Bologna, Venezia 1887, e Alcune altre parole... risposta al signor Collemarini, Bologna 1887.
Con l’articolo Distruzione di cose artistiche (in L’Adriatico, 8 genn. 1885) il C. tentò invano di impedire la demolizione del bel loggiato cinquecentesco del chiostro di S. Francesco di Paola di Venezia, suggerendo al comune di costruire altrove la progettata scuola elementare. La descrizione del chiostro, fatta in quell’articolo dal C., è l’unico ricordo rimasto dell’importante monumento (cfr. Zorzi, 1972).
Nonostante l’impegno, il successo nel mondo della cultura (nel 1887 era stato nominato “accademico di merito” del Collegio Accademico di Venezia), nonostante i lavori di architettura, non pochi né privi di importanza, se si tien conto della breve attività dell’autore, il C. si dibatté sempre tra gravi difficoltà economiche, che la scarsa salute rendeva più dure. La pubblicazione degli studi sul Medioevo gli impose gravi sacrifici e non gli rese quei benefici che egli sperava immediati: nel 1889 chiese all’editore Ongania la definizione del compenso per vie legali: nell’attesa non sapeva come vivere; pochi mesi prima della morte giunse una pensione vitalizia, assegnatagli dal pontefice, assieme al titolo di commendatore dell’Ordine Piano.
Fonti e Bibl.: Per i necrol. si veda la monografia di Giavarini, citata oltre, 1941, pp. 14, 81 s. Inoltre cfr.: Atti della Reale Accademia di Belle Arti di Venezia... 1877, Venezia 1878, pp. 69, 80; 1878, ibid. 1880, pp. 59, 62; 1879, ibid. 1880, p. 45; 1880, ibid. 1881, p. 113; 1887, ibid. 1888, p. 84; 1888, ibid. 1889, p. 76; L’Esposiz. Vaticana illustrata, I (1887), 3-4, pp. 11, 25, 32; II (1888), 37, pp. 132-143 passim; G. Milanese, Il primo lavoro del comm. R. C., Venezia 1890; C. Barrera Pezzi, L’oratorio delle Teresiane in Treviso, in Arte e storia, 30 apr. 1890, p. 83; E. Silvestri, L’Istria, Vicenza 1903, pp. 536-538; L. Ferretti, Il sepolcro di Pio IX, in Roma, nell’antico nartece della Basilica di S. Lorenzo fuori le Mura, Firenze 1915, pp. 69-77 passim; A. Cappellini, Rovigo nella storia e nell’arte, Rovigo 1934, pp. 104, 167 (con biografia del C.), F. Giavarini, L’architetto R. C., Rovigo 1941 (rec. di E. Zorzi, in Ateneo veneto, CXXIX [1942], pp. 278-280); P. L. Zovatto, Monumenti crist. di Aquileia visti da R. C., in Aquileia nostra, XX (1949), pp. 31-35; Id., Monumenti paleocristiani di Grado visti da R. C., ibid., XXI (1950), pp. 59-63; A. Muñoz, Giudizi sull’architettura di Roma dell’architetto R. C., in Strenna dei romanisti, XIII (1952), pp. 71-75; C. Semenzato, Guida di Rovigo, Vicenza 1966, pp. 134 s., 165; G. Matthiae, S. Lorenzo fuori le Mura, Roma 1966, pp. 19, 110; A. Prete, R. C. e “L’Architettura in Italia...”, in Padusa, II (1966), 1, pp. 6-12; A. Zorzi, Venezia scomparsa, Milano 1972, II, pp. 208 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 191; Encicl. Ital., IX, p. 472.