COTUGNO, Raffaele
Nato a Ruvo di Puglia (Bari) il 21 febbr. 1860 da Biagio e da Rosa Quinto, studiò all'università di Napoli, dove si laureò in giurisprudenza il 23 nov. 1881 ma seguì con maggiore interesse i corsi di filosofia svolti da A. Vera. B. Spaventa e A. Tari. A quest'ultimo, cui era stato indirizzato dallo Spaventa, per averne consigli sulla redazione della tesi di laurea (Tesi di etica, in particolare sul fondamento del diritto di punire, Giovinazzo 1883), si legò "in una intimità che la più affettuosa non è possibile immaginare" (Ricordi di cattedra, in Per le nozze della signorina Rosa Stea con l'avvocato Pasquale Plantulli, Trani 1927, p. 46), e tenne con lui un singolare carteggio (1882-1883), nel quale il filosofo dell'Innominabile, stimolato dagli interrogativi del giovane corrispondente, si provò a sciogliere i nodi più intricati della propria dottrina metafisica (Le lettere di A. Tari in difesa dell'Innominabile, Trani 1905).
Per la suggestione delle istanze realistiche presenti nel pensiero di Tari - di cui curò, in edizione postuma, un'ampia raccolta di scritti (A. Tari, Saggi di critica, Trani 1886) - si allontanò dallo hegelismo spaventiano e aderì al progetto di mediazione tra positivismo e idealismo formulato da P. Siciliani e G. Cesca (Idealismo o realismo?, in Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti, I[1884], pp. 149 s., 180 s., 203-206, 225 ss., 256 s.). Presto, tuttavia, abbandonò il campo delle dispute gnoseologiche, per volgersi a studi di erudizione storica, condotti con gusto della minuzia e dell'inedito, ma senza rigore filologico e metodologico, nei quali esordì con un volumetto su G. Vico, il suo secolo e le sue opere (Trani 1890). Quindici anni dopo, comunque questo lavoro attirò l'attenzione di B. Croce e fece nascere tra lui e il C. una cordiale amicizia, sotto il segno della comune bibliofilia vichiana (B. Croce, Letture di poeti, Bari 1950, pp. 77-80).
Intanto intraprendeva l'esercizio dell'avvocatura a Trani, che era allora il centro giudiziario più importante della Puglia, e si affermava penalista di notorietà regionale. Dall'inizio del secolo si dedicò a vertenze di lavoro e alla difesa di leghe contadine con tanto impegno che, secondo la testimonianza di S. Panunzio, il teorico del sindacalismo iniziato alla pratica forense appunto dal C., "il suo studio professionale sembrava la succursale di una Camera del lavoro" (Ricordando R. C., in La Gazzetta del Mezzogiorno, 11 genn. 1940).
Il C. si era formato politicamente, fin dall'adolescenza, in ambienti di democrazia massonica, si era poi stretto con vincoli personali, oltre che ideologici, a G. Bovio, M. R. Imbriani, G. Zanardelli - dei quali serbò sempre memoria fin troppo reverente (Commemor. fatta per la morte di S. E. G. Zanardelli... a 31dic. 1903, Trani 1904; Prefazione a G. Bovio, Discorsi parlamentari, Roma 1915; Prefazione a M. R. Imbriani Poerio, Discorsi parlamentari, ibid. 1923; Lettere di Zanardelli, in Per le nozze... cit., pp. 15-30; Lettere di G. Bovio, in Iapigia, VI[1935], pp. 83-86, 195-207, 458-466; VII [1936], pp. 443-449) - e infine si era avvicinato ai dirigenti riformisti del P. S. I. in Terra di Bari, che soggiacevano per lo più alla influenza della massoneria, diventando specialmente intrinseco di G. Colella e di V. Lefemine.
Conforme ad una impostazione produttivistica assai diffusa nel meridionalismo del tempo, egli assegnava al socialismo una fondamentale funzione propulsiva nello sviluppo del Mezzogiorno, dove le organizzazioni economiche del proletariato avrebbero dovuto surrogare la borghesia inadempiente ai propri compiti, collaborando peraltro con lo Stato (La Puglia nella questione meridionale. Esame, voti, proposte, Bari 1905).
Grazie all'apporto di voti provenienti dal P.S.I., il C. entrò in Parlamento, nel novembre 1910, come deputato del collegio di Minervino Murge (Bari), già fedelissimo a Bovio. Alla Camera si schierò tra i radicali più risoluti nel sostenere il sistema giolittiano, dal quale ottenne benefici per le sue clientele democratiche e socialiste, e si distinse come fautore della massima estensione del suffragio; infatti affermava che "le masse pur non sapendo leggere erano coscienti e mature per partecipare alla vita politica" (Ullrich, 1113 p. 476). La svolta intransigente del P.S.I., sancita dal congresso di Reggio Emilia (7-10 luglio 1912), produsse la rottura tra i rappresentanti pugliesi di questo partito e il C. nelle elezioni dell'ottobre 1913, ma egli riuscì a tornare alla Camera, di nuovo come deputato di Minervino, con l'aiuto decisivo del prefetto di Bari, G. Gasperini.
Gli impegni politici e professionali non lo sottrassero del tutto alle ricerche sulla cultura meridionale dal '500 al '700, alle quali era indotto dalla lezione dello Spaventa: si occupò di G. Bruno e le sue opere (Trani 1907) e di G. Caloprese(ibid. 1910), in una "erudita monografietta" (B. Croce, Conversazioni critiche, III, Bari 1951, p. 39) che rifuse, insieme alla precedente indagine su Vico, in La sorte di G. B. Vico e le polemiche scientifiche e letterarie dalla fine del XVII alla metà del XVIII secolo (Bari 1914).
Questo libro trovò in G. Gentile un recensore amichevole e disposto ad apprezzare la varietà di notizie che vi era esibita, ma attento a segnalarne carenze di puntualità scientifica, nonché la debolezza di penetrazione critica (La Critica, XII [194], pp. 57 ss.).
Allo scoppio della guerra il C. si dichiarò neutralista, sia pure con esitazioni e riserve (Ricordi, propositi e speranze, Bari 1915 pp. 7-12), e ancora in una lettera dell'11 maggio 1915 confermava la propria "devozione" a Giolitti, deridendo l'antigiolittismo piazzaiolo di quei giorni come "una delle tante manovre preparate in alto dove i nani vogliono contendere coi giganti" (Dalle carte di G. Giolitti. Quarant'anni di politica italiana, III, a cura di C. Pavone, Milano 1962, pp. 150 s.). Ma, avvenuto l'ingresso dell'Italia nel conflitto, egli si accostò a Salandra e si dette a una azione di propaganda bellica sempre più eccitata in conferenze, in corrispondenze giornalistiche dal fronte, in Parlamento.
Relatore sul bilancio dell'agricoltura - per gli anni 1916-17 e 1917-18, propose radicali riforme agrarie, che compendiò nella formula "la terra ai contadini", allo scopo di stimolare lo spirito combattivo nei soldati di estrazione rurale.
All'indomani di Caporetto entrò nel Fascio parlamentare di difesa nazionale e vi rimase fino al termine della ventiquattresima legislatura, trovandosi così definitivamente contrapposto all'antica maggioranza giolittiana.
Anche nella produzione storiografica di questi anni mirò ad alimentare sentimenti patriottici e di solidarietà con le potenze dell'Intesa, celebrando il Risorgimento nazionale e l'apporto ad esso fornito dalla Francia e dall'Inghilterra (Francia ed Inghilterra nei rapporti con Francesco II e Garibaldi nel 1860, in Archivio pugliese del Risorgimento italiano, II [1915], pp. 29-50; Arresto e processo di F. De Sanctis a Cosenza, in Nuova Antologia, "maggio 1917, pp. 32-36; Le lettere di W. E. Gladstone, in La Vita italiana, 15 febbr. 1918, pp. 135-150; 15 maggio 1918, pp. 408-426; 15 ott. 1918, pp. 339-350; Nelle vigilie del Risorgimento, ibid., 15 marzo 1919, pp. 262-274; 15 maggio 1919, pp. 476-492. Quasi tutti questi articoli vennero raccolti dall'autore nel volume Pagine del Risorgimento, Foligno 1922).
Nel dopoguerra cadde alle elezioni del 16 nov. 1919, coinvolto nella sconfitta che subì nel Barese la lista del Fascio liberaldemocratico, ma venne rieletto in quelle del 15 maggio 1921, nella lista del Blocco nazionale, e si iscrisse al gruppo della Democrazia sociale, che poi seguì nell'accodamento a Mussolini.
Dal fascismo si attendeva una efficace terapia del parlamentarismo e una vigorosa ripresa del programma democratico di conciliazione tra capitale e lavoro, tale da garantire finalmente alle masse "giustizia sociale e dignità di vita purché rinunziassero, pel collaborazionismo, alla lotta di classe" (Montecitorio o la degenerazione del parlamento, Lucera 1923, p. 16). Smodatamente classista gli apparve la reazione del proletariato minervinese all'offensiva sferrata, nel febbraio 1921, dallo squadrismo agrario, e ne chiese una condanna esemplare, ricorrendo a tutta la sua eloquenza forense (I fatti di Minervino Murge. Corte di Assise di Trani, 23 giugno 1924, Roma 1925).
Dopo aver dato il proprio assenso alla riforma elettorale maggioritaria, che portava il nome di G. Acerbo, rinunciò a candidarsi nelle elezioni del 6 apr. 1924 e, pure iscrivendosi al Partito nazionale fascista (B. Mussolini, Opera omnia, XXXIX, Roma 1979, p. 241), si ritirò dalla scena politica. Poté, allora, dedicarsi agli studi e pubblicare i suoi lavori più ampi e accurati su temi risorgimentali: Tra reazioni e rivoluzioni. Contributo alla storia dei Borboni di Napoli dal 1849 al 1860 (Lucera s. d. [ma 1925]) e La vita e i tempi di Giuseppe Massari (Trani 1931). Questa opera fu recensita da W. Maturi, il quale la giudicò "un buon contributo alla storia del nostro Risorgimento", se non altro per la ricca documentazione inedita su cui essa si fondava, benché rilevasse quanto fosse invecchiato e poco incisivo un modello di biografia, quale era quello praticato dal C., che si limitava a ricostruire "la vita e i tempi" del personaggio (in Nuova Rivista storica, XVI [1932], pp. 458 s.).
La comunanza di interesse per la storia del Mezzogiorno rinsaldò, in questo periodo, la amicizia tra il C. e G. Fortunato, nonostante l'opposto atteggiamento da essi assunto di fronte al fascismo e la diversa valutazione del regime borbonico, più polemica nel C., più benevola in Fortunato (S. Forenza, 35 lettere inedite, edite e parzialmente edite di G. Fortunato a R. C. e V. E. Orlando, in Il Pensiero politico, VI [1973], pp. 396-432).
Negli ultimi anni di vita si abbandonò volentieri alla rievocazione del proprio passato politico e culturale in opere autobiografiche, che offrono utili testimonianze su uomini e fatti dell'ultimo ventennio dell'800 e del primo ventennio del '900: Nel cinquantesimo dalla laurea, Molfetta s. d. [ma 1933]; S. Di Giacomo (Ricordi personali), in Iapigia, V (1934), pp. 295-306; Anche noi pugnammo! (Ricordi di vita pubblica e discorsi parlamentari), Molfetta 1936.
Poco prima della morte, donò la sua vasta raccolta di libri, opuscoli e giornali, nonché il suo archivio, alla Biblioteca Sagarriga Visconti-Volpi di Bari, dove una sala fu intitolata al suo nome. Morì a Trani (Bari) il 9 dic. 1939.
Opere: Un elenco di opere del C. è in Iapigia, n. s., XI (1940), pp. 237 s., da integrare con P. Sorrenti, Repertorio bibliogr. degli scrittori pugliesi contemporanei, Bari 1976. Per gli articoli pubblicati nelle riviste alle quali il C. collaborò più frequentemente, si vedano gli indici della Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti (I-XXIII), Trani 1910, ad nomen; della Nuova Antologia (1866-1930), Roma 1934, ad nomen; de La Vita italiana (1913-1938), Cremona 1940, ad nomen; di Iapigia, in Iapigia, n. s., XI (1940), p. 91.
Fonti e Bibl.: Cfr. Atti parlam., Camera, Discussioni, legisl. XXIII, XXIV, XXVI, ad Indices;Camera dei dep., Comitati segreti sulla condotta della guerra (giugno-dicembre 1917), Roma 1967, ad Indicem;C.Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Trani 1904, sub voce;Id., Scrittori ed artisti pugliesi, Nuove addizioni, Napoli 1920, sub voce;D. Giusto, Diz. bio-bibliografico degli scrittori pugliesi (Dalla rivoluzione francese alla rivoluzione fascista), Bari s.d. [ma 1928], sub voce; In memoria dell'on. avv. R. C., Trani 1940; G. Fortunato, Carteggio, a cura di E. Gentile, II-IV, Roma-Bari 1979-1981, ad Indices (ivi sono pubblicate altre lettere di G. Fortunato al C. oltre a quelle già edite in S. Forenza, 35 lettere…, cit. nel testo), ad Indicem;B. Vigezzi, L'Italia di fronte alla prima guerra mondiale, I, L'Italia neutrale, Milano-Napoli 1966, ad Indicem;Id., Da Giolitti a Salandra, Firenze 1969, p. 156; C. Colella, Come finì, nel 1912, l'alleanza fra i socialisti e R. C., in Arch. stor. pugliese, XXVII (1974), pp. 617-625; A. A. Mola, Storia della massoneria italiana dall'Unità alla Repubblica, Milano 1976, ad Indicem; S. Colarizi, Dopoguerra e fascismo inPuglia (1919-1926), Roma-Bari 1976, ad Indicem; H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana. Liberali e radicali alla Camera dei deputati, 1909-1913, I-III, Roma 1979, ad Indicem;F. Barbagallo, Stato, parlamento e lotte politico-sociali nel Mezzogiorno,1900-1914, Napoli 1980, ad Indicem.