D'ATRI, Raffaele
Nacque a Caserta il 3 ott. 1853, ma fu a Napoli che si formò come musicista, e fu sempre all'ambiente musicale partenopeo che legò, senza soluzione di continuità, la sua intensa opera di pianista, compositore, insegnante e didatta. Allievo del Conservatorio S. Pietro a Majella, studiò pianoforte con Beniamino Cesi e composizione sotto la guida di Paolo Serrao: insegnanti il cui esempio ed il cui magistero furono determinanti ai fini della sua formazione artistica, teorica e tecnica; una formazione particolarmente solida e severa, a giudicare dai primi, giovanili saggi di composizione (come il Tantum Ergo per tenore e grande orchestra, composto nel 1872, e trascritto per organo, violoncello e contrabbasso, i cui manoscritti autografi sono conservati nella biblioteca del conservatorio napoletano Arch., 29-1-13), e dei prestigiosi incarichi che al D., ancora studente, vennero assegnati: l'insegnamento di solfeggio e pianoforte e la direzione delle musiche sacre nella chiesa della Pietà dei Turchini. Conseguito il diploma, nel 1888 ottenne la cattedra di pianoforte presso il regio educatorio femminile, inaugurando così una lunga e prestigiosa carriera didattica, a coronamento della quale (dopo aver, dal 1907, insegnato pianoforte e canto corale nel R. Albergo dei poveri) avrebbe fondato, nel 1910, e diretto, sino alla morte, il liceo musicale "Muzio Clementi", in collaborazione con Florestano Rossomandi, Camillo De Nardis, Massimino Perilli ed Alfredo Pinto.
A Muzio Clementi il D. aveva già intitolato il circolo musicale da lui fondato nel 1896, nella cui sede organizzò e diresse la Filarmonica Napoletana, da lui istituita nel 1897, in una serie di concerti aventi lo scopo di promuovere la divulgazione della musica italiana coeva.
Contemporaneamente all'attività didattica e concertistica, e con eguale impegno e intensità, il D. portò avanti quella di compositore, pubblicando lavori pianistici, sinfonici e vocali presso case editrici italiane ed estere (Maddaloni, Calace, Izzo Pisano, Santojanni di Napoli; Ricordi di Milano, Ascherberg Hopwod di Londra).
Morì a Napoli nel gennaio del 1924.
Dai dati biografici, e ancor più da un esame diretto della sua vasta e varia produzione artistica, emerge il notevole valore storicodecumentario del contributo dato dal D. alla cultura musicale napoletana del tempo, tesa a riscattare fi sensibile ritardo accumulato, nel corso dell'Ottocento, nei confronti dei centri italiani musicalmente più attivi. Sin dagli anni del conservatorio, e per l'intero arco della sua esperienza umana ed artistica, il D. indirizzò il proprio talento e fi proprio impegno in triplice direzione: didattica, concertistica e compositiva, conseguendo, in ognuno di questi campi, risultati ai quali la critica non ha sinora dedicato la dovuta attenzione, e di cui sono invece auspicabili lo studio e la rivalutazione.
Il settore al quale il D. dedicò un interesse prioritario fu certo quello della didattica pianistica: allievo e seguace di Beniamino Cesi (fondatore della gloriosa scuola napoletana), amico e collaboratore di Florestano Rossomandi (la cui Guida per lo studio tecnico del Pianoforte rappresenta ancor oggi una tappa obbligatoria nel "gradus ad Parnassum" della tecnica pianistica), pubblicò tre interessanti opere didattiche: gli Studi facili per pianoforte con applicazione di lezioni pratiche, gli Studi melodici (Leipzig e Milano, s. d.) e gli Studi moderni in tutti i toni maggiori e minori (editi a Londra sotto lo pseudonimo di William. Helgar).
L'attività del D. come compositore riflette gli orientamenti ed appaga il gusto e le esigenze peculiari dei salotti napoletani fin de siècle: una parte cospicua della sua produzione artistica è infatti costituita da romanze per canto e pianoforte (come Unfiore sul verone op. 4, su versi di E. Golisciani; A Posilipo ! ... op. 6; A lei!... op. 8, su versi di Gaetano De Vita, raccolti anche nell'album vocale pubblicato dalla casa editrice Maddaioni di Napoli col titolo di Affetti e memorie; e ancora Magia, Ninna nanna, su testo di E. Bosi, ed altre), canzoni napoletane (come La nammurata de lu marenaro op. 10, su versi di G. Sarno, A Iuntananza, su di una lirica di F. Russo, vincitrice, nel 1899, del concorso del Mattino; Chi sa ! ..., su versi di L. Criscuolo;'O specchio, sutesto di R. Correra). Ad un'attenta analisi questa produzione, per quanto salottiera e "leggera", rivela, accanto alla freschezza e cantabilità della linea melodica caratteristica dei genere, una sostanza armonica, una raffinatezza formale, una vivacità e varietà di colore e di accenti nell'accompagnamento pianistico, che la sollevano alquanto al di sopra della corrente produzione vocale da camera del secondo Ottocento italiano.
Anche nella considerevole serie dei pezzi composti per pianoforte (tra i quali vanno ricordati due Album di 6pezzi a 2 mani, due Album di 6 pezzi a 4 mani, la Danza macabra, il Notturnino, il Minuetto in mi magg., la Gavotta in la magg.), non mancano pagine appartenenti ad un filone, quello delle fantasie su temi d'opera, che godette al tempo di notevole fortuna: anche in questo caso, le Rimembranze sull'opera "Dinorah" di Meyerbeer op. 5, composte dal D. per pianoforte a 4 mani, o la Libera trascrizione della Manon Lescaut di Puccini (Milano, Ricordi, 1893), lungi dall'essere (come la maggior parte delle parafrasi improvvisate e composte all'epoca) puri saggi di virtuosismo acrobatico, offrono un'eloquente ed ulteriore riprova della rilevanza artistica, oltreché storica, della figura e dell'opera del D'Atri.
Bibl.: C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, Milano 1926, 1, p. 411; Suppl, ivi 1938, p. 239; A. De Angelis, Diz. dei musicisti, Roma 1928, p. 165.