DE COURTEN, Raffaele
Nato a Milano il 23 sett. 1888 dal conte Giuseppe e da Maria Ticozzi, entrò nel 1906 all'Accademia navale di Livorno uscendone nel 1910 con il grado di guardiamarina. Prese parte alla guerra italo-turca sulle navi "Vittorio Emanuele" e "Benedetto Brin", e fu promosso sottotenente di vascello nel settembre del 1912. Interessato allo sviluppo della nuova arma aerea, passò, alla vigilia della prima guerra mondiale, nel servizio aeronautico della marina. Nel maggio del 1915, in una missione di bombardamento su Pola a bordo dell'aeronave "Città di Jesi", fu abbattuto dal fuoco nemico e catturato, rimanendo prigioniero degli Austriaci fino al giugno 1917, quando riuscì a rimpatriare con un contingente di infermi e di invalidi. Decorato di medaglia di bronzo, tern?inò il periodo bellico presso la direzione dei servizi aeronautici di Brindisi. Nominato capitano di corvetta nel 1923, fu poi destinato presso l'ufficio del capo di Stato Maggiore generale; ebbe in seguito il comando di squadriglie di sommergibili e di cacciatorpediniere. Dal 1° giugno 1933 al 19 febbr. 1936 ricoprì la carica di addetto navale a Berlino per la Germania ed i paesi scandinavi.
Interessanti, durante questo periodo, sono le sue relazioni sulle misure adottate durante la prima guerra mondiale dalla marina tedesca per la difesa del proprio e per l'attacco del traffico marittimo avversario. Erano suggerimenti utili alla marina italiana la quale, preparandosi l'impresa etiopica, avrebbe dovuto forse fronteggiare gravi complicazioni in Mediterraneo.Promosso contrammiraglio nel 1938, fu destinato a reggere l'ispettorato delle armi subacquee, di nuova costituzione, presso lo Stato Maggiore della marina. Si dedicò all'incarico con competenza, ma allo scoppio della seconda guerra mondiale i metodi di organizzazione e di impiego di queste armi erano ancora in via di sviluppo. Nel giugno del 1940 fu membro della commissione consultiva per la redazione delle clausole di armistizio con la Francia, e membro e segretario del Consigliò superiore di marina. Ammiraglio di divisione l'8 nov. 1940, ebbe il comando (agosto 1941-marzo 1942) della VII divisione con insegna sull'incrociatore "Duca d'Aosta P, partecipando a diverse operazioni per la difesa del traffico con la Libia.
Una prima uscita fu effettuata a fine novembre 1941; seguirono poi l'operazione M. 41 e la M. 42 che lo portò ad un contatto balistico con le forze inglesi (prima battaglia della Sirte) ben presto interrotto per l'oscurità e le cortine di nebbia. Operò ancora a difesa dei convogli nel gennaio 1942 con l'operazione T. 18.
Passato al comando dell'VIII divisione con insegna sull'incrociatore "Garibaldi", prese parte alla grande battaglia aeronavale detta di "Mezzo giugno", che impedì agli Inglesi di far giungere un convoglio a Malta. Fu poi distaccato con le sue unità a Navarino per fornire un eventuale appoggio ai convogli attaccati da. unità di superficie britanniche in quel settore del Mediterraneo. Ma la divisione non poté agire per l'estrema scarsità di nafta e per la supremazia aerea nemica e venne infine violentemente bombardata finché rientrò a Taranto, dopo la sconfitta degli Italo-Tedeschi ad el-'Alamein. Durante questo periodo il D. acquisì notevole prestigio per le sue capacità di comandante, e fu insignito della medaglia d'argento e dell'Ordine militare di Savoia mentre i Tedeschi gli conferivano la gran croce al merito.
Dopo la caduta di Mussolini, venne nominato capo di Stato Maggiore ed entrò a far parte del governo Badoglio come ministro della Marina. Con tali incarichi si trovò a guidare la flotta nell'ultimo mese di guerra e nei drammatici giorni dell'armistizio.
Informato per la prima volta il 3 sett. 1943 dallo stesso Badoglio che erano in corso trattative, la sera del 6 ebbe la certezza dell'imminenza dell'armistizio quando ricevette dalle mani del capo di Stato Maggiore generale un documento (promemoria Dick) a firma del capo di Stato Maggiore della Mediterranean Fleet, nel quale erano indicate nei loro particolari esecutivi le norme per la dislocazione della flotta dopo la cessazione delle ostilità. Durante la stessa notte compilò, in risposta, due documenti: uno per protestare sul fatto che per l'armistizio non fosse stato consultato alcun esponente della marina, e l'altro per rappresentare l'opportunità che la squadra fosse concentrata alla Maddalena. Il C. infatti era contrario all'idea di Badoglio di trasferire il governo in Sicilia o comunque nell'Italia meridionale; riteneva che la presenza del sovrano, del governo e della flotta alla Maddalena sarebbe stata di grande utilità per costituire in quell'isola un centro autonomo di potere in grado di influire autorevolmente sui destini del paese. E infatti ancora la mattina dell'8 settembre conferì con l'ammiraglio B. Brivonesi, comandante della marina della Sardegna, per studiare le disposizioni relative ad un eventuale ormeggio delle navi. Ma gli Anglo-Americani si dimostrarono nettamente contrari e la proposta venne lasciata cadere. La sera stessa, mentre partecipava ad una riunione al Quirinale, giunse la notizia che il generale D. Eisenhower aveva comunicato per radio l'armistizio. Il C. si affrettò a rientrare al proprio ministero dove emanò le disposizioni relative alle condizioni armistiziali e dovette fare appello a tutta la propria autorità per convincere telefonicamente l'ammiraglio C. Bergamini, comandante della flotta, a non autoaffondare le navi, ma a consegnarle agli Anglo-Americani. Nella notte del 9 settembre, dato il precipitare della situazione, ricevette l'ordine del re di lasciare la capitale per recarsi a Pescara. Rispose che riteneva la propria presenza necessaria a Roma, ma di fronte alla conferma dell'Ordine trasferì provvisoriamente i propri poteri al sottocapo di Stato Maggiore e al segretario generale. Lasciata la capitale all'alba, si imbarcò a Pescara sulla corvetta "Baionetta", che proseguì per Ortona dove venne imbarcato il re con il proprio seguito; giunse il giorno 10 a Brindisi, dove comunicò che riassumeva il comando di quella sede e la propria funzione di ministro. Questa la cronaca; ma per un giudizio della vicenda armistiziale è opportuno riportare anche i due più importanti rilievi che sono stati mossi alle sue iniziative. Il primo è quello di aver continuato fino alla mattina dell'8 settembre ad impartire disposizioni come se la marina dovesse affrontare in una prova suprema gli Anglo-Americani e di avere celato anche al comandante della flotta l'imminenza dell'armistizio; il che portò all'inutile sacrificio di due sommergibili colpiti dal nemico ed a momenti di tensione tra ufficiali ed equipaggi. Il secondo è di aver fatto radunare la squadra alla Maddalena, quando già gli Alleati avevano respinto la richiesta, non valutando appieno il rischio a cui si esponevano le unità (e ne derivò infatti, seppur per un concorso di imprevedibili circostanze, la perdita della corazzata "Roma" con lo stesso Bergamini).
Si adoperò nel periodo della cobelligeranza per difendere gli interessi della nazione e della propria forza armata, ed elaborò direttamente con l'ammiraglio A. B. Cunningham un'intesa che, a parte le condizioni dell'armistizio, estese la cooperazione bellica italiana. Dopo essere stato titolare, come tecnico, del portafogli della Marina consecutivamente nei ministeri Badoglio primo e secondo, Bonomi primo e secondo, Parri, e De Gasperi primo, in segno di protesta per alcune clausole del trattato di pace (firmato poi a Parigi il 10 febbr. 1947) che non tenevano in dovuto conto il contributo della marina, alla fine del 1946 chiese di essere collocato fuori servizio.
Dal 1° genn. 1951 al 30 sett. 1952 fu presidente della Riunione adriatica di sicurtà, che nel 1947 aveva trasferito la sede da Trieste a Milano e proceduto alla riorganizzazione; dal 2 ott. 1952 al 19 febbr. 1959 fu presidente del Lloyd triestino, società di navigazione controllata dalla Finmare.
Il C. morì a Frascati (Roma) il 23 ag. 1978.
Fonti e Bibl.: Roma, Min. della Difesa, Arch. dell'Ufficio storico della Marina, Fascicolo Personale; Ibid., cartella 1717, Informazioni per la difesa al traffico; Ufficio storico della Marina militare, La Marina ital. nella seconda guerra mondiale, VII, La difesa del traffico con l'Africa settentrionale, Roma 1962, pp. 186, 195, 216, 228; XV, La Marina dall'8 settembre 1943 alla fine dei conflitto, Roma 1971, pp. 5, 8-11, 14-23, 29; A. Da Zara, Pelle d'ammiraglio, Milano 1949, pp. 377-80, 414 s., 417 ss.; A. Cocchia, Sommergibili all'attacco, Milano 1955, pp. 191 ss.; R. Bemotti, Storia della guerra nel Mediterraneo (1940-43), Roma 1960, pp. 306, 312, 315, 317 s.; R. Zangrandi, 1943: 25 luglio-8 settembre, Milano 1964, ad Indicem; M. A. Bragadin, Il dramma della Marina italiana, 1940-45, Milano 1968, ad Indicem; B. H. Liddell Hart, Storia militare della seconda guerra mondiale, Milano 1970, p. 637; F. Pricolo, La Regia Aeronautica nella seconda guerra mondiale, nov. 1939-nov. 1941, Milano 1971, pp. 205, 267; R. Bernotti, Cinquant'anni nella Marina militare, Milano 1971, ad Indicem; P. Pieri-G. Rochat, Badoglio, Torino 1974, p. 828; G. Giorgerini, La battaglia dei convogli…, Milano 1977, p. 165.