FACCIOLI, Raffaele
Nacque a Bologna il 27 dic. 1845 da Francesco e da Agata Collina (Bologna, Arch. gen. arcivescovile, Registro battesimale della cattedrale, ad annum); entrò nel 1858 al collegio artistico "Venturoli" e nel 1863 si iscrisse all'accademia di belle arti, per frequentare la scuola di anatomia di F. Pedrazzi e quella di pittura del toscano A. Puccinelli e di G. C. Ferrari. Già presente con due opere alla I Esposizione triennale delle accademie dell'Emilia nel 1863, l'anno successivo vinse il piccolo premio Curlandese, destinato agli studenti, con Michelangelo che disegna le fortificazioni a San Miniato, e partecipò alla mostra della Società protettrice delle belle arti con Il cieco Milton che detta alle figlie il Paradiso perduto. A tanto impegno non corrispose grande assiduità ai corsi dell'accademia, nonostante gli venisse nuovamente assegnato il piccolo premio Curlandese nel 1866.
Più che della guida diretta del Puccinelli, che dal 1860 cercava faticosamente di introdurre sentori del purismo fiorentino nell'ambiente accademico conservatore di Bologna, il F. pare essersi giovato degli insegnamenti ricevuti al "Venturoli" da L. Busi, a sua volta allievo del Puccinelli e fautore del rinnovamento in senso realistico della tradizionale pittura di storia.
Proprio come allievo del collegio "Venturoli" il F. vinse la pensione Angiolini, che gli consentì di abbandonare nel 1867 l'accademia di Bologna per trasferirsi a Firenze, dove studiò con S. Altamura, e poi a Roma. Pur continuando ad esporre a Bologna, partecipò alla vita artistica delle città che lo ospitavano: nel 1867 L'abbandono preveduto, già acquistato dalla Promotrice di Bologna, venne esposto a Firenze e comprato dal ministero della Pubblica Istruzione; Ilgiorno dei morti, esposto alla Promotrice di Roma in quello stesso anno, venne acquistato dal re.
Nel 1870 realizzò a Roma, quale prova finale per la pensione, Belisario e sua figlia Giovannina che per le vie di Bisanzio chiedono aiuto per la loro esistenza (Bologna, collegio "Venturoli").
Al di là dell'occasione, questo dipinto segna effettivamente la fine dell'apprendistato del F. e presenta già definiti i connotati della sua pittura: attenzione ai particolari descrittivi, accuratezza di esecuzione, intenzione moraleggiante, coniugate con un sentimentalismo di fondo che, se qui pare allinearsi a certe prove del Busi, in seguito assumerà un ruolo predominante.
Messa in secondo piano la tematica storica, il F. passò ad illustrare scene di vita quotidiana, per lo più patetiche quando non strazianti, entrando in sintonia con il gusto del pubblico, che tributò un successo sempre crescente a opere come Fiore che langue, Parole e fatti (esposti a Milano nel 1872), Ultimi sorrisi d'autunno (a Napoli nel 1877), Omaggio alla nuova sposa (a Parigi nel 1878), tutte rientranti nel repertorio veristico trionfante nell'Italia degli anni Settanta dell'Ottocento. Anche la critica e le commissioni dei concorsi spesso sostennero il suo sapiente mestiere: Il congedo dalla nonna fu premiato all'Esposizione di Parma nel 1870, Le ore due nella piazza S. Marco all'Esposizione universale di Vienna nel 1873, Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella disgrazia (Bologna, Galleria comunale d'arte moderna) si aggiudicò a Bologna nel 1875 il premio Curlandese.
Di contro, la recensione a Una prima lacrima d'amore offrì ad E. Panzacchi (in Il Monitore di Bologna, 28 ott. 1873) l'occasione di stigmatizzare nelle opere del F. "l'affettazione" e "la svenevolezza" che connotarono tanta parte dei verismo italiano di tono minore.
Partecipe dell'attività dei circoli culturali cittadini e presente alle principali esposizioni italiane ed estere, il F., aggiornato sugli ultimi esiti della pittura europea di più facile presa emotiva, a partire dagli anni Ottanta si allontanò dai soggetti propriamente veristi per accostarsi a tematiche di gusto borghese, pur senza abbandonare il patetismo di fondo.
Si collocano in questo ambito Riso e sorriso, Sorrisi di primavera, in mostra a Milano nel 1881, Viaggio triste, esposto a Roma nel 1882 ed acquistato dalla Galleria nazionale d'arte moderna, dove tuttora si trova, la nutrita serie di ritratti, soprattutto di personaggi della borghesia e della cultura bolognese (il ritratto di O. Guerrini ebbe una menzione all'Esposizione universale di Parigi nel 1900).
Il clima simbolista dominante l'Europa al volgere del secolo è velatamente percepibile in opere come Falciatori (Bologna, Pinacoteca nazionale) e nei numerosi paesaggi della fase finale della sua carriera, oscillanti tra visione ideale ed idillio campestre e perciò. laterali rispetto al tradizionale filone del naturalismo bolognese.
Fra questi si ricordano: Appennino, presente all'Esposizione universale di Saint Louis del 1904 e a quella milanese del Sempione nel 1906, e Dramma rusticano, presente alla Biennale veneziana del 1905.
Membro dell'Accademia di belle arti di Bologna come socio d'onore sin dal 1870 e come accademico effettivo dal 1879, il F. ne divenne presidente nel 1905 e mantenne questa carica fino alla morte, avvenuta a Bologna il 2 giugno 1916.
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