GIANNETTI, Raffaele
Nacque a Porto Maurizio (oggi Imperia) il 24 ott. 1837 da Giovanni e Beatrice Vassallo.
Ricevette la prima educazione artistica da un pittore dilettante. Le promettenti doti dimostrate fin dagli inizi suscitarono l'interesse e il mecenatismo di due benestanti locali, Leonardo Gastaldi, suo futuro committente, e Francesco Bensa, che lo indirizzò verso una formazione di tipo accademico. Nel 1851 il G. frequentò per un breve periodo la scuola del nudo dell'Accademia ligustica di Genova per poi passare all'Accademia Albertina di Torino, dove seguì, tra l'altro, i corsi di C. Arienti.
In seguito, per interessamento di uno dei suoi insegnanti, G. Marghinotti, si trasferì a Roma presso F. Coghetti, professore di pittura all'Accademia di S. Luca, grazie anche a una sorta di borsa di studio fornitagli dal Municipio di Porto Maurizio.
Con il dipinto Sansone condannato alla macina (ubicazione ignota) nel 1858 esordì alla Promotrice genovese di belle arti, dove inviò regolarmente i propri lavori fino al 1880. L'anno seguente vi prese parte con Il colloquio di Carlo V e Clemente VII (Imperia, Pinacoteca civica), commissionato da Gastaldi e ispirato a un episodio tratto dall'Assedio di Firenze di F.G. Guerrazzi.
L'opera inaugurò una serie di tele, spesso di grandi dimensioni, di evidente ispirazione storico-letteraria, veicolo di contenuti patriottici e risorgimentali, seppur dai caratteri moderati, destinate alla ricca committenza borghese. Basate sulla cura minuziosa dei dettagli e sulla resa del dato storico, queste opere sono generalmente caratterizzate da un alto livello di elaborazione formale e da un segno molto curato, come si nota anche in alcuni disegni conservati presso il Gabinetto dei disegni e delle stampe di Palazzo Rosso a Genova, quali Figura di giovane, Figura di giovinetta, Donna che fa l'elemosina e Attendamento.
Del 1859 è anche il discusso Bernabò Visconti ordina ai messi di Innocenzo VI di ingoiare la bolla papale (ubicazione ignota), ispirato dalle Storie lombarde divulgate dal romanzo di G.B. Benoni, esposto alla Promotrice genovese del 1863. Il dipinto, noto grazie a un'incisione (Genova, Accademia ligustica), apparve poco riguardoso nei confronti della Chiesa e causò l'espulsione del G. dal territorio dello Stato pontificio.
Nel 1860 prese parte alla Promotrice genovese con Malatesta Baglione traditore della Repubblica fiorentina, tratto dalla Storia fiorentina di B. Varchi. Il quadro è di ubicazione ignota al pari di Vittore Pisani liberato dal carcere esposto nel 1864 a Venezia: questa grande tela, commissionata da Gastaldi e presentata l'anno seguente alla Promotrice di Genova, gli valse le lodi di F. Hayez e la nomina a socio onorario dell'Accademia veneziana, poiché "un pittore genovese compieva un atto generoso esaltando col suo pennello l'eroe veneziano che tenne testa con fortuna a Genova vittoriosa alla fine della guerra di Chioggia" (Baffico).
Dopo un primo soggiorno a Venezia, nella seconda metà degli anni Sessanta il G. ebbe modo di perfezionare la propria formazione a Parigi, grazie a una sorta di vitalizio fornitogli da Gastaldi. A Parigi il G. frequentò gli studi dei più noti maestri della pittura pompier. Da T. Couture assimilò il gusto per i temi storico-mitologici, costruiti attraverso ampie composizioni ispirate al Cinquecento veneto e al classicismo francese, come si nota nei dipinti La fine di Messalina (1865-67 circa: ripr. in Rocchiero, 1958, p. 10) e Giulio Cesare (1867). Non fu tuttavia meno sensibile a certe tendenze esotico-orientaliste, spinte dalla ricerca intellettuale di modelli alternativi alla società europea, sull'esempio dei vari J.-L. Gérôme, T. Chassériau, L. Bonnat. A quest'ultimo, in particolare, sembra che il G. abbia guardato per le opere Scena fiorentina (ibid.: ripr. p. 11) e Messaggero d'amore (1870 circa: ripr. in Sborgi, 1990, p. 40), dove gioiose e sensuali matrone in costume, e rassicuranti quadretti domestici, sembrano essere ispirati tuttavia più a un folklore nostrano che a terre lontane.
Forti suggestioni vennero assimilate anche da P. Delaroche, scrupolosissimo osservante della scuola di A.-J. Gros, capace di soluzioni iconografiche che concentrano in sé il massimo di potenziale drammatico. Oltre ai consueti soggetti storici (per esempio Benvenuto Cellini e Francesco I, opera dipinta nel 1867 a Parigi, quindi acquistata per la casa reale di Baviera e ora di ubicazione ignota) dal Delaroche il G. prese quell'ansia di documentazione che lo portò a ricostruzioni plausibili, allo scrupolo dei particolari, all'uso di un colore finito, sempre più levigato, steso uniformemente e completato da una patina che cancella ogni traccia di pennellata.
L'assidua frequentazione degli studi parigini gli valse la partecipazione all'Esposizione universale del 1867, dove presentò, accanto alla grandiosa Morte di Alessandro de' Medici di G. Castagnola, l'Incontro di Gaspara Stampa col conte di Collalto a Murano, ispirato al Veronese (Dall'Ongaro).
Nel 1871 il G. fece ritorno a Venezia, dove si stabilì. Nello stesso anno, con la gigantesca tela Giovanni Barbarigo libera Maria regina d'Ungheria nell'anno 1380 dalla prigione del castello di Castelnuovo, vinse il concorso Querini-Stampalia. L'opera, conservata presso la medesima fondazione veneziana, gli valse anche la medaglia d'oro all'Esposizione internazionale di Vienna del 1873. Si tratta della più ampia e complessa composizione d'armati dipinta dal G.: in primo piano compaiono quattordici figure, frutto di uno straordinario studio dal vero delle armature, laboriosamente indagate e fedelmente riprodotte, così come dimostrano i numerosi studi preparatori conservati presso l'Accademia ligustica di Genova.
Nel 1874 il G. si recò a Firenze in cerca di documentazione per la realizzazione della Morte di Beatrice che venne esposta due anni dopo alla Mostra di belle arti a Napoli, insieme con il dipinto Tiziano alla corte di Ferrara; grazie ai due lavori, entrambi di ubicazione ignota, il pittore ottenne un premio e, per volere di D. Morelli, la nomina a socio emerito dell'Accademia partenopea.
Il suo lavoro di quegli anni fu caratterizzato da una forte rievocazione letteraria, frutto di un orgoglio patriottico che cercava nei grandi personaggi della cultura italiana le fondamenta di un patrimonio comune (Torquato Tasso e Eleonora d'Este, 1873; Dante e Beatrice nel giardino di Boboli, 1877; Petrarca e Laura, 1882: tutti di ubicazione ignota). Parallelamente a questo filone, il G. affiancò quello dei ritratti, lavorando in particolare per la famiglia genovese dei Bertollo; di questa produzione si conoscono attualmente pochi esemplari: appartiene alla ritrattistica la Testa di giovane donna in collezione privata (Olcese Spingardi, p. 849).
A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta il G. compì numerosi (e purtroppo mal documentati) viaggi in città europee, dove ebbe modo di allargare la cerchia degli acquirenti. In Gran Bretagna entrò in contatto con il pittore vittoriano F. Leighton e con il poeta A. Tennyson, al quale si ispirò per la realizzazione di due piccole tele - Enoc Arden e La regina Ginevra (ubicazione ignota) - acquistate dalla regina Vittoria per la collezione di Windsor. Proprio il notevole successo riscosso presso il collezionismo privato di tutta Europa è alla base della dispersione della maggior parte delle opere dell'artista, il cui catalogo risulta oggi limitato a un esiguo numero di lavori.
Nell'ultimo decennio del secolo il G. abbandonò la pittura di soggetto storico per rivolgersi, con un certo ritardo, verso lo studio diretto del vero, secondo una linea di ricerca che si era manifestata in Liguria già a partire dagli anni Sessanta a opera di artisti quali G. Castagnola, F. Semino, N. Barabino, sull'esempio toscano dei macchiaioli. Appartengono a questa fase dipinti come Stalla con bue aggiogato (Genova, Galleria d'arte moderna); Processione in campagna (collezione privata: ripr. in Rocchiero, 1981, p. 11); Fiera campestre (collezione privata: ripr. in Cappellini, p. 101); Il ritorno dal camposanto a Venezia e Ragazza di Lucerna (Labò, 1926, tav. XXXIX).
Nel 1890 rientrò definitivamente a Genova (Sborgi, 1987, p. 408), anche se dal catalogo della prima, e per lui unica, Esposizione internazionale d'arte di Venezia, alla quale prese parte con il non meglio noto Idillio casalingo, risulta che nel 1895 egli viveva nella città lagunare (catal., pp. 93 s.). A partire dagli anni Novanta il G. si dedicò a un'attività più riservata, fuori dai circuiti ufficiali, che gli permise ricerche formali più azzardate e disinvolte, meno vincolate nella scelta iconografica. Nella Tavolozza della Galleria d'arte moderna di Genova, per esempio, una testa di donna, un bambino e una dama con ombrellino vengono abbozzati con gusto cronachistico, attraverso "quella tecnica, che ripudiava le superfici piatte, lisce, oleografiche per raggiungere con il tormento della pennellata, la luce e l'aria, l'ambiente, la vita" (Grosso, 1923).
Il G. rivolse particolare interesse anche alla pittura di paesaggio, che gli consentì di condurre ricerche sull'uso della luce e del colore, tentando di schiarire la tavolozza, eliminando i neri e i bruni, così cari alla pittura di storia, cercando soluzioni formali che andavano verso la nuova pittura predicata a Firenze dai macchiaioli, a Torino da C. Pittara e, poi, da A. Fontanesi, a Genova da E. Rayper e da S. De Avendano. Ha notato a questo proposito Grosso (1923, p. 4): "La ricerca tecnica della luce dovette pure tormentare l'animo dell'artista che ne studiò gli effetti scomponendo nelle composizioni la pennellata soltanto dove il sole guizzava con intendimenti moderni, non sempre messi logicamente in relazione a tutto il problema pittorico del divisionismo", tendenza che già dai primi anni Novanta stava diffondendosi in Liguria. Appartengono alla sua pittura di paesaggio degli anni a cavallo tra Otto e Novecento, dipinti quali In laguna, Bosco e San Martino d'Albaro (riprodotti rispettivamente in Cappellini, p. 97; Rocchiero, 1958, p. 12; Giubilei - Ragazzi - Sborgi, figg. n.n.).
Il G. morì a Genova il 27 dic. 1915. Otto anni dopo la città gli dedicò un'ampia mostra retrospettiva che venne allestita in Palazzo Rosso.
Fonti e Bibl.: M. Staglieno, Memorie e documenti sulla Accademia ligustica di belle arti, Genova 1862, p. 230; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalla fondazione dell'Accademia, III, Genova 1866, pp. 442, 446-448; F. Dall'Ongaro, Gaspara Stampa a Murano…, in L'Italia all'Esposizione universale di Parigi. Rassegna critica descrittiva illustrata, Parigi-Firenze 1867, pp. 84-86; A. Merli, Appendice al sunto storico delle arti del disegno e dei principali artisti in Liguria, Genova 1866, pp. 34 s.; A. De Gubernatis, Diz. degli artisti italiani viventi, Firenze 1889, p. 226; N. D'Althan, Gli artisti italiani e le loro opere, Torino 1902, p. 155; G. Grifo, Il pittore R. G., in Caffaro, 25 maggio 1916; M. Labò, in Mostra retrospettiva di opere del pittore cav. R. G. (catal.), Genova 1923; G. Baffico, Profili di artisti liguri: R. G., in Il Secolo XIX, 18 febbr. 1923; O. Grosso, La mostra di G. a Palazzo Rosso a Genova, in Caffaro, 8 febbr. 1923; Id., Romantici e veristi nella pittura genovese, in Il Comune di Genova, VI (1926), pp. 254 s.; M. Labò, La pittura ligure dell'Ottocento a Genova, in L'Illustrazione italiana, LIII (1926), p. 580; Id., in Mostra della pittura ligure dell'Ottocento (catal.), Genova 1926, pp. 43 s., tav. XXXIX; B. Di Roccabruna, Una gloria della pittura ligure R. G., in Rassegna dell'Europa e dell'America Latina, X (1930), pp. 22-28; La pittura genovese dell'Ottocento, a cura di A. Cappellini, Genova 1938, pp. 97, 101, 103 s., 107; V. Rocchiero, Ottocento pittorico genovese, in Liguria, XXV (1958), 2, pp. 9-12; Romanticismo storico (catal.), a cura di S. Pinto - P. Barocchi - F. Nicolodi, Firenze 1974, pp. 65, 67, 71, 80 s., 94 s.; F. Sborgi, Pittura e cultura artistica all'Accademia ligustica a Genova, 1751-1920, Genova 1974, p. 49 n. 118; M. Dazzi - E. Merkel, Catalogo della Pinacoteca della Fondazione scientifica Querini-Stampalia, Vicenza 1979, p. 121; N. Mariangeli, Imperiesi nella storia, Oneglia 1979, pp. 226-229; V. Rocchiero, Scuole, gruppi, pittori dell'Ottocento ligure, Roma-Genova-Savona 1981, pp. 109 s.; Guida al collezionismo. Liguria. Pittori dal 1800 al 1910, a cura di G. Costa, Genova 1985, p. 41; F. Sborgi, in La pittura a Genova e in Liguria. Dal Seicento al primo Novecento, II, Genova 1987, ad indicem; Id., in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1990, I, pp. 36, 40; C. Olcese Spingardi, ibid., II, pp. 849 s.; L. Ughetto, Cultura figurativa a Porto Maurizio e nel Ponente ligure nell'Ottocento tra tradizione classica e spirito romantico, in Leonardo Massabò e l'Ottocento nella Riviera Occidentale, a cura di L. Ughetto - A. Zencovich, Genova 1990, pp. 35-38, 55 s.; Diz. degli artisti liguri, a cura di G. Beringheli, Genova 1991, p. 149; M.F. Giubilei - F. Ragazzi - F. Sborgi, Presenze liguri alle Biennali di Venezia, 1895-1995, Genova 1995, pp. 48, 83, 315; Un museo in mostra. Due secoli di storia artistica nelle collezioni della Galleria d'arte moderna di Genova (catal.), a cura di M.F. Giubilei, Torino 1999, p. 108; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 585; Diz. enc. Bolaffi, V, p. 408.