PASI, Raffaele
PASI, Raffaele. – Di famiglia nobile, nacque a Faenza il 9 dicembre 1819 dal conte Paolo e da Teresa Piani.
Dopo aver trascorso un breve periodo a Roma a studiare pittura, fece ritorno a Faenza dove al principio degli anni Quaranta venne affiliato alla Giovine Italia. Nel settembre del 1845 fu tra gli organizzatori del tentativo insurrezionale che coinvolse alcune aree della Romagna. Mentre un gruppo di patrioti guidati da Pietro Renzi conquistava Rimini, Pasi e Pietro Beltrami si misero alla testa di due gruppi armati che, insieme a Giovanni Verità, si impadronirono del posto di dogana delle Balze, al confine con il Granducato di Toscana. Attaccati da un contingente di soldati pontifici, alcuni membri delle due bande trovarono rifugio in Toscana dove furono arrestati. Pasi fu recluso al forte di Belvedere e venne rilasciato nel novembre 1845, con l’impegno di lasciare la Toscana. Fu esule in Francia fino a quando Pio IX nel luglio 1846 non concesse l’amnistia per i condannati politici. Rientrò quindi a Faenza dove tornò in contatto con il gruppo mazziniano e fu protagonista di primo piano della mobilitazione patriottica nel corso del 1847. Nel marzo del 1848, Pasi guidò il battaglione di volontari faentini che si aggregò al corpo di spedizione pontificio guidato da Giovanni Durando: protagonista della difesa di Vicenza, dopo la resa della città veneta, il battaglione fece ritorno a Faenza (22 giugno 1848).
Ripresa l’attività politica, Pasi divenne fra gli animatori del Circolo patriottico, di cui fu nominato vicepresidente (1° novembre 1848). Partecipò quindi alla redazione dell’appello dei circoli delle province pontificie al Governo provvisorio per chiedere la convocazione di un’assemblea costituente. Nel gennaio 1849 divenne membro della magistratura faentina, carica che lasciò perché eletto deputato all’Assemblea costituente (23 gennaio 1849). A Roma tornò a vestire la divisa quando la città fu attaccata dai francesi, e venne nominato colonnello comandante del 4° reggimento di linea (25 maggio 1849) che si segnalò nella riconquista del Casino dei Quattro Venti. Al momento della caduta della Repubblica, non seguì Garibaldi nella sua fuga da Roma, sciolse il suo reggimento e raggiunse Genova, dove risiedette fino al 1859.
A Genova diede vita insieme a Benvenuto Paolini dall’Onda, altro esule mazziniano, a una fabbrica di spilli, che però non ebbe vita facile e fu occasione di contrasti tra i due. Ma soprattutto Pasi divenne un esponente importante della composita comunità di esuli mazziniani che si erano raccolti nella città ligure dopo la fine dell’esperienza rivoluzionaria: in particolare fu uno dei membri di quel ‘partito militare’, composto da ufficiali repubblicani reduci delle campagne del 1848, legati a Mazzini, ma anche scettici verso tentativi insurrezionali privi di un adeguato supporto militare. A questa scarsa fiducia verso l’azione mazziniana, nonché a ragioni di carattere personale, si può attribuire la mancata partecipazione di Pasi al moto mazziniano del 6 febbraio 1853.
I dissidi tra Mazzini e il gruppo dei ‘militari’ sembrarono in parte ricucirsi alla fine del 1854; in questo periodo le lettere di Mazzini fanno spesso riferimento a Pasi come soggetto affidabile, ma poco propenso all’azione perché influenzato dai dissidenti mazziniani.
Comunque nel 1855-57 Pasi partecipò attivamente alla preparazione di tentativi insurrezionali mazziniani, ma in occasione del fallito moto di Genova del giugno 1857 venne sospettato in alcuni ambienti democratici (White Mario, 1894) di aver fatto trapelare alle autorità notizie sull’insurrezione e poi di aver dissuaso Mazzini dall’agire. A conferma di questa posizione ambigua all’interno del campo democratico, va ricordato che, in un elenco degli emigrati redatto dalla prefettura di Genova nel 1858, di Pasi significativamente si scrive «vuolsi repubblicano, ma ebbe col fatto a dimostrarsi affetto al Governo».
Nella primavera del 1859 lasciò Genova e si recò a Cuneo per arruolarsi nel corpo dei Cacciatori delle Alpi, ma non riuscendo ad avere – per l’opposizione dello stesso Garibaldi – il grado di ufficiale cui aspirava, desistette dal suo proposito. In seguito, tramite Farini, riuscì a ottenere il grado di maggiore in uno dei battaglioni volontari che si stavano formando in Romagna (6 luglio 1859: 22° reggimento fanteria, XII brigata).
Dopo Villafranca Mazzini cercò di mettersi in contatto con Pasi e altri ufficiali dei corpi volontari dell’Italia centrale per convincerli a riprendere la guerra ed entrare, con le truppe ai loro comandi, in Abruzzo e in Umbria. Il fallimento di questi progetti portò da un lato alla rottura definitiva di Pasi con Mazzini, e dall’altro all’inizio della sua carriera militare. Nel settembre 1859 venne infatti nominato tenente colonnello comandante del 26° reggimento delle truppe romagnole, modenesi e parmensi. Nel marzo 1860 il reggimento di Pasi fu incorporato nell’esercito piemontese e lui stesso – come numerosi altri ufficiali dell’esercito della Lega – venne ‘ammesso’ con il grado di colonnello nel R. Esercito, partecipando alla campagna militare nelle Marche e in Umbria.
Nel maggio 1863, al comando del 5° reggimento di fanteria della brigata Aosta, si distinse nella campagna del 1866, meritando la medaglia d’oro al valor militare (6 dicembre 1866). Nel 1870, dopo aver partecipato alla liberazione di Roma, fu nominato commissario regio a Velletri. Nel 1872 venne nominato maggior generale, ma poco dopo tornò a svolgere attività politica nella sua città natale, oramai però saldamente inserito nel campo moderato e conservatore. Nel 1874, infatti, fu eletto deputato nelle fila della destra storica per il collegio di Faenza, sconfiggendo il deputato uscente, anch’egli un militare, il generale Orlando Carchidio Malvolti. Tuttavia si trattò di una breve parentesi: Pasi non si ripresentò alle elezioni del 1876 e nel 1878 venne nominato aiutante di campo del re, carica dalla quale fu esonerato per assumere come tenente generale il comando della divisione militare di Catanzaro e poi di quella di Palermo. Nel 1882 tornò a corte, come primo generale aiutante di campo di Umberto I, in sostituzione del defunto generale Giacomo Medici. In questo ruolo, nel 1888 fu nella Commissione dei Nove che esaminò il principe di Napoli, il futuro Vittorio Emanuele III.
Pasi morì a Roma il 7 gennaio 1891.
In occasione dei suoi funerali, che si tennero a Faenza, il giornale repubblicano Il Lamone così commentava: «noi ci scopriamo al passaggio […] dell’ardito cospiratore per la libertà e per l’indipendenza, ma non chineremo la nostra bandiera repubblicana sul feretro dell’aiutante di campo del re».
Fonti e Bibl.: Una ricca raccolta di informazioni su Pasi, spesso tratte da fonti archivistiche faentine, è presente ad vocem in un Dizionario dei personaggi politici faentini, realizzato da Antonio Drei come strumento di lavoro per i suoi studi di storia faentina. Dopo la sua morte, questo Dizionario, insieme con altri saggi inediti di Drei, è stato acquisito e reso disponibile in rete dalla Biblioteca Manfrediana di Faenza (http:// manfrediana2.racine.ra.it/acquisizioni.html). Documenti sull’attività cospirativa di Pasi e poi sulla sua vita da esule si trovano in: Archivio di Stato di Ravenna, Sez. di Faenza, Governo distrettuale di Faenza (1816-1859); Ibid., Comune di Faenza - Archivio moderno, Guardia civica e nazionale; Archivio di Stato di Genova, Gabinetto di Prefettura (1815-1879); Archivio di Stato di Torino, Sez. riunite, Comitato centrale per l’emigrazione italiana.
J. White Mario, In memoria di Giovanni Nicotera, Firenze 1894, ad ind.; F. Comandini, Cospirazioni di Romagna e Bologna: nelle memorie di Federico Comandini e di altri patriotti del tempo 1831-1857, Bologna 1899, ad ind.; G. Finali, Memorie, Faenza 1955, ad ind.; E. Ovidi, Roma e i romani nelle campagne del 1848-49 per l’indipendenza Italiana (con documenti inediti), Roma-Torino 1903, ad ind.; Ed. nazionale degli Scritti di Giuseppe Mazzini. Epistolario, XV, XXVII-XXXI, XXXIII, XXXVII, Imola 1918-31, ad ind.; P. Zama - G. Maioli, Patrioti e legittimisti delle Romagne nei registri e nelle memorie della polizia (1832-1845), Roma 1935, ad ind.; L’emigrazione politica in Genova ed in Liguria dal 1848 al 1857. Fonti e memorie, Modena 1957, ad ind.;P. Zama, Don Giovanni Verità prete garibaldino, Faenza 1967, ad ind.; Id., I faentini nell’ideologia e nell’azione mazziniana (1840-1870), Faenza 1973, ad ind.; B. Montale, L’emigrazione politica in Genova ed in Liguria (1849-1859), Genova 1982, ad ind.; La primavera della nazione: la Repubblica romana del 1849, a cura e con introduzione di M. Severini, Ancona 2006, ad ind.; C.M. Fiorentino, La Corte dei Savoia: 1849-1900, Bologna 2008, ad indicem.