POERIO, Raffaele
POERIO, Raffaele. – Nacque a Catanzaro il 29 settembre 1792 da Carlo e da Gaetana Poerio, entrambi appartenenti a famiglie nobili: la madre era baronessa di Belcastro, il padre patrizio di Taverna. La coppia ebbe sette figli.
Non si dispone di notizie specifiche sui suoi studi; è probabile che abbia frequentato anch’egli, come il fratello maggiore Giuseppe, il collegio dei nobili di Catanzaro; certamente influirono sulla sua formazione ideologica e le sue scelte politiche l’aver vissuto da bambino le traversie dei fratelli molto più grandi di lui, dopo la sconfitta della Repubblica napoletana: Giuseppe, condannato a morte, poi graziato e confinato per due anni a Favignana; Leopoldo, inizialmente condannato all’ergastolo e liberato nel 1803.
Da quell’esperienza familiare e dalla conseguente partecipazione dei fratelli all’amministrazione dei napoleonidi, il primo come funzionario civile, il secondo come ufficiale di grado elevato, scaturì nel luglio 1806 il precocissimo arruolamento volontario di Raffaele non ancora quattordicenne nel 1° reggimento di artiglieria napoletana. Iniziava così una vita di militare di carriera e di fervente rivoluzionario, spesso su posizioni molto radicali. Era dotato di un carattere non facile e – come egli stesso ammise – ebbe presso i contemporanei la nomea «di irascibile, se non di esagerato e di intrattabile» (Croce, 1917, p. 256).
Probabilmente influì sulla formazione di questo carattere anche la sorte toccata ad altri due suoi fratelli più grandi: Domenico, tenente dell’esercito napoletano, morto in Spagna il 21 dicembre 1808; Annibale, quasi suo coetaneo («con cui son cresciuto», ibid., p. 243), ufficiale della Marina napoletana, ferito e fatto prigioniero in Adriatico il 3 maggio 1810 e morto non molto tempo dopo (sicuramente – come si desume dalla documentazione indiretta – prima del 1817).
Frattanto il 16 aprile 1807 Poerio era passato alla compagnia di cavalleria e aveva partecipato alla spedizione in Calabria. A ottobre fu inserito nella compagnia dei veliti a cavallo della guardia reale e a luglio 1808 seguì Giuseppe Bonaparte in Spagna, dove partecipò a diversi fatti d’arme: alla presa di Burgos e all’assedio di Madrid (1808), e infine – dopo essere stato promosso brigadiere – alla battaglia di Talavera de la Reyna (luglio 1809), dove venne ferito da un colpo di sciabola alla tempia sinistra.
Nel maggio 1810 rientrò in servizio a Napoli, fu promosso sottotenente nel 2° cacciatori a cavallo e partecipò alla spedizione in Sicilia nell’esercito francese comandato dal generale Paul Grenier, del quale fu attaché nello stato maggiore. Nel marzo 1811 fu promosso tenente e l’anno successivo entrò a far parte della cavalleria leggera della guardia reale. Tra il 1814 e i primi mesi del 1815 partecipò alle campagne d’Italia di Gioacchino Murat col grado di capitano. Si distinse a Reggio, Guastalla e soprattutto al ponte della Vittoria, sul fiume Taro, organizzando la ritirata del suo reggimento.
Dopo la restaurazione borbonica, nel maggio 1816 si ritirò dal servizio e tornò a Catanzaro presso la famiglia, di cui, su delega dei fratelli, amministrò i beni. Convinto carbonaro, nel 1820 fondò a Catanzaro la vendita denominata ‘I figli di Minosse’, a cui faceva capo una colonna di cittadini organizzata militarmente, in attiva corrispondenza con le società segrete di Napoli e delle altre province del Regno. Partecipò alla rivoluzione del 1820 appoggiandola da Catanzaro come comandante della colonna costituzionale calabrese, a cui nel luglio 1820 fu ordinato di non raggiungere Napoli. Su posizioni radicali, si espresse – nelle lettere al fratello Giuseppe, deputato al Parlamento – per la piena attuazione dei principi rivoluzionari: rifiuto di trasformare la colonna costituzionale in guardia di sicurezza, di mandare a Napoli un battaglione di novecento uomini senza la coccarda e la bandiera tricolori, di combattere il separatismo siciliano: «noi non ci battiamo con popoli che proclamano la libertà e l’indipendenza» (Croce, 1917, p. 151); ferma condanna dell’operato della giunta provvisoria di governo, del «dispotismo ministeriale», di Zurlo, «implacabile nemico della Nazione […], infame persecutore della carboneria» (ibid., p. 150), degli avversari politici della provincia, opportunisti e spie dei ministri, dei funzionari governativi, rei di aver boicottato la formazione della deputazione provinciale. Il 22 dicembre 1820 fu nominato tenente colonnello dei cacciatori a cavallo di Abruzzo, ma la nomina non dovette divenire operativa perché rimase a Catanzaro. Il 27 gennaio 1821 fu promosso colonnello della legione della Calabria Ulteriore, che non riuscì a organizzare in tempo per raggiungere le zone di guerra. Nel frattempo, il 7 febbraio 1820 aveva sposato la concittadina Maria Teresa de’ Nobili (1801-1883) e l’8 dicembre dello stesso anno gli era nato il primo figlio, chiamato Annibale in memoria del fratello defunto.
Dopo l’entrata a Napoli delle truppe austriache, Poerio non si diede per vinto e cercò, fra maggio e luglio 1821, di far insorgere le popolazioni; ma, braccato dalla polizia e consapevole di avere pochissimi seguaci, si rifugiò nelle campagne e poi alla fine di luglio partì per Malta, dove arrivò solo a gennaio 1822: è probabile che prima si sia recato nelle isole greche o in Spagna, iniziando quelle continue peregrinazioni per il Mediterraneo che caratterizzarono i suoi primi anni di esilio.
A causa delle pressioni sulle autorità britanniche del governo napoletano, che temeva un suo sbarco in Calabria, non poté fermarsi a lungo a Malta, ma dovette recarsi di nuovo nelle isole greche o nella penisola iberica. Questo movimento si ripeté altre tre volte, in occasione di altrettanti tentativi di ritorno nell’isola mediterranea, a maggio 1822, ad aprile e poi a maggio-luglio 1823, quando da Napoli si reclamò la sua estradizione per dare esecuzione alla condanna a morte. A luglio 1823 Poerio fu costretto dalle autorità a partire per Gibilterra. Da qui si recò a Londra, dove rimase fino all’ottobre 1824, in stretto contatto con un gruppo di esuli italiani provenienti per lo più dalla Spagna per i quali chiese invano un contributo di sussistenza al governo britannico. Poi fu a Bruxelles, e fino al giugno 1825 coltivò l’amicizia dell’intellettuale belga Louis de Potter e della pittrice Matilde Malenchini; quindi di nuovo in Inghilterra, dove partecipò a riunioni con altri esuli nella vana speranza di portare avanti progetti rivoluzionari. All’inizio del 1827 partì per Corfù, allora sotto protettorato britannico, avendone avuto il permesso dalle autorità inglesi. La nave fece tappa a Malta e Poerio chiese invano di restarvi, ma fu costretto a ripartire dopo alcune settimane di quarantena. Arrivò finalmente a Corfù nel marzo 1827 e ad agosto venne raggiunto – dopo oltre sei anni di separazione – dalla moglie e dal figlio Annibale. Nell’ottobre 1828 lasciò l’isola greca, il cui clima non giovava alla salute della consorte, e fece ritorno a Malta dove le autorità, consapevoli della feroce repressione in atto nel Regno delle Due Sicilie, non diedero ascolto alle richieste di espulsione del governo napoletano. A Malta condusse vita ritirata nelle campagne di Casal Zeitun fino al 30 aprile 1831, quando partì per il Nord Europa attratto dai cambiamenti istituzionali avvenuti in Francia e in Belgio. In quegli anni nacquero i figli Giuseppe (Corfù, 1828), Gaetana (Malta, 1829), che nel 1860 avrebbe sposato Giovanni Nicotera, e Guglielmo (Malta, 1831).
Poerio dimorò a Bruxelles alcuni mesi, tentando invano di arruolarsi nel nuovo esercito belga, passò quindi in Francia e il 28 gennaio 1832 ottenne di entrare come capo battaglione nella legione straniera da poco costituita. Combatté in Algeria per più di tre anni e si distinse nel giugno 1832 per le fortificazioni apportate al guado di Aratch e soprattutto nel giugno 1835 per l’audacia e la perizia con cui affrontò in più fasi gli arabi dell’emiro Abd-el-Kader a Muley Ismael e alla Macta, limitando gli effetti della pesante sconfitta subita dalla legione. Nell’aprile dell’anno precedente si era recato a Parigi per le pratiche di naturalizzazione come cittadino francese (decretata poi il 29 luglio 1834) e nel viaggio era stato coinvolto nella repressione della rivolta di Lione, meritandosi la decorazione di chevalier de la légion d’honneur.
Ad agosto 1835 Poerio fu trasferito con tutta la legione in Spagna per combattere con la reggente Maria Cristina contro i carlisti. All’arrivo delle truppe a Tarragona egli però non gradì di vedersi «posposto ai francesi e nominati questi tenenti colonnelli, quantunque tal grado per anzianità, per valore e merito gli competesse, se ne indignò» e «si dimise immediatamente dal servigio» (Bernelle - de Colleville, 1852, p. 255). Tra il settembre 1835 e il luglio 1839 visse in Francia, prima a Parigi, poi a Marsiglia e ad Aix-en-Provence. Tramite il fratello Giuseppe, avvocato, prese contatti con la Banca Laffitte nella speranza di esservi assunto. Fallito questo tentativo e ricostituita la legione straniera in Africa, nel luglio 1839 tornò in servizio in Algeria, dove negli anni successivi si distinse in vari combattimenti: il 15 giugno 1840 al Col de Teniah riportò una contusione alla gamba sinistra; il 4 luglio successivo meritò il plauso per un’azione al Col de Mouzaya; il 15 aprile 1841 comandò abilmente «une excursion contre les postes des Hadjoutes» (Archivio di Stato di Napoli, Fondo Poerio-Pironti, Parte III, b. 2: État des Services de M. Poerio Raphael chef de Bataillon, s.d. [ma 1845]) davanti a Coléah; il 6 maggio successivo diresse «avec intelligence et bravoure la défense de Coléah attaquée par 2200 arabes» che mise in fuga (ibid.). L’11 agosto di quello stesso anno fu promosso tenente colonnello e a gennaio 1845 ebbe il comando della piazza di Blidah. Frattanto, nell’agosto 1843, era morto in Algeria il figlio Annibale, arruolatosi nella legione tre anni prima, non ancora ventenne.
Dopo la concessione della costituzione, Ferdinando II gli propose di tornare in patria e di entrare nell’esercito napoletano con il grado di colonnello, ma Poerio in una lettera al console napoletano in Algeri, del marzo 1848, rifiutò, ritenendo l’offerta economicamente poco vantaggiosa anche in considerazione del fatto che «ventisette anni di vicissitudini e dolorose peripezie, a cui mi ha esposto una perseverante ed inesorabile persecuzione, hanno esaurite tutte le mie risorse» (Croce, 1917, p. 277). Tuttavia poco dopo, senza chiedere l’autorizzazione del governo francese (per cui in seguito gli sarebbe stato intentato un processo per diserzione, poi culminato con una semplice revoca del grado), si recò in Lombardia, dove nell’aprile 1848 con il grado di maggiore generale ebbe il comando di una brigata dell’esercito alle dipendenze del governo provvisorio lombardo. Tra giugno e luglio partecipò in modo marginale alla prima fase della prima guerra d’indipendenza, perché distaccato nelle retrovie sul fiume Oglio. Allo stesso modo, non ebbe un ruolo attivo nella seconda fase culminata con la sconfitta di Novara del 23 marzo 1849. Qualche giorno prima – il 17 marzo – era stato ammesso al godimento dei diritti civili e politici dei cittadini del Regno di Sardegna. A giugno venne nominato comandante della II brigata di fanteria provvisoria di riserva, ma ad agosto fu messo in aspettativa per lo scioglimento di quel corpo. Nel novembre 1851 fu collocato a riposo. Morì a Torino il 19 dicembre 1853.
Fonti e Bibl.: Manca una biografia di Poerio. La carriera militare è stata ricostruita sulla base di vari stati di servizio, che contengono anche succinte indicazioni sulle principali azioni belliche da lui condotte, conservati in Archivio di Stato di Napoli, Fondo Poerio-Pironti, Parte III, bb. 2, 4. Sulle sue posizioni durante il periodo costituzionale: B. Croce, Lettere e documenti tratti dalle carte di Giuseppe Poerio, in Archivio storico per le province napoletane, n. s., III (1917), vol. 42, pp. 126-152, 234-278. Sulla sua partecipazione alla carboneria e sul disperato tentativo rivoluzionario del 1821: M. Bizzarrilli, La carboneria napoletana (1820-28), Napoli-Città di Castello 1933, pp. 23-26. La ricostruzione degli anni d’esilio è basata sulle succitate lettere e sui saggi di E. Michel, R. P. esule a Malta (1822-1823), in Archivio storico di Malta, I (1929), 1, pp. 46-61; Id., Il secondo esilio di R. P. a Malta (1828-1831), ibid., II (1930), 3, pp. 212-233; M. Battistini, R. P. esule in Inghilterra e le sue relazioni con Luigi de Potter, in Giornale storico della letteratura italiana, 1935, vol. 105, pp. 104-127. Sul periodo trascorso nella legione straniera forniscono notizie: gli stati di servizio e le lettere conservate nel citato fondo archivistico; G. Bernelle - A. de Colleville, Storia dell’antica legione straniera creata nel 1831, licenziata nel 1838…, voltata in italiano da Camillo Zanetti, da lui accresciuta di note per illustrare quegl’italiani che in essa militarono non menzionati dagli autori, Bologna 1852, passim; E. Michel, Esuli italiani in Algeria 1815-1861, Bologna 1935, ad indicem. Gli ultimi anni della sua vita e la partecipazione alla prima guerra d’indipendenza sono ricostruiti sulla documentazione contenuta nel citato fondo archivistico, dove è possibile rintracciare solo pochi riferimenti ai suoi fratelli Domenico e Annibale, sui quali si veda: Poerio commandant à la Légion étrangère, in L’intermédiaire de chercheurs et des curieux, 1905, vol. 51, pp. 127 s.; Dizionario del Risorgimento nazionale - Dizionario Rosi online, http:// www.dizio nariorosi.it, ad vocem (24 luglio 2015).