REGIO, Raffaele
REGIO, Raffaele. – Nacque nel territorio di Bergamo, in luogo e data ignoti. Girolamo Tiraboschi (1796, p. 981) indica il villaggio di Carenno; per la data soccorre la testimonianza di Erasmo da Rotterdam, che in una lettera a Jodocus Gaverius (Joost Vroye) del 1° marzo 1523 dice di avere incontrato Regio a Padova nell’autunno del 1508 quando questi aveva superato i settant’anni. La nascita dovrebbe dunque risalire verso la fine degli anni Trenta del XV secolo. Ebbe almeno un fratello, Giovanni, che fu cancelliere del vescovo di Treviso Niccolò Franco e coltivò anch’egli studia humanitatis; morì di peste a Roma qualche anno prima del 1508.
La nascita di Regio a Volterra, che ricorre nella letteratura, è un errore originatosi nell’edizione Venezia, G. Scoto, 1545 delle Enarrationes di Regio alle Metamorfosi di Ovidio, nella quale egli è indicato con l’appellativo Volaterranus, probabilmente per confusione con l’umanista Raffaele Maffei.
Non si sa dove compì gli studi, ma il suo nome è presente nell’orazione funebre composta da Alessandro Falconi nel 1502 per l’umanista Benedetto Brugnolo, insegnante pubblico a Venezia nella Scuola di S. Marco dal 1466: potrebbe dunque essersi formato in questo ambiente, dove tornò come docente nell’ultima fase della vita.
Nel 1473 curò un’edizione delle Comoediae di Terenzio, con una dedicatoria a Bartolomeo Giraldi (Venezia, Tipografo dell’Ausonio, 1473; Indice generale degli incunaboli, da ora in poi I.G.I., n. 9413). Nel 1481 era a Padova. Qui collaborò all’edizione degli Opera di Orazio (Venezia, M. Manzolo), per cui curò il commento di Porfirione, come dichiara nella breve premessa al patrizio veneziano Luigi Mauroceno in data 15 agosto (l’altro commento, dello Pseudo Acrone, fu curato da Ludovico Strazzaroli).
Nel 1482, secondo quanto egli stesso riferisce in una Disputatio contro Giovanni Calfurnio pubblicata a Venezia nel 1490, si impose pubblicamente su un certo Cataldo Siculo, che era stato chiamato allo Studio patavino da quello di Bologna per leggervi umanità, guadagnandosi lui l’incarico. Tra il 1482 e il 1486 insegnò all’Università di Padova. Nel 1483 diede alla luce un De laudibus eloquentiae panegyricus (s.n.t., ma Padova, M. Cerdoni, dopo il 15 maggio 1483; I.G.I., n. 8316), orazione letta pubblicamente in cui illustra la sua concezione dell’oratoria come disciplina che coniuga il sapere filosofico della cultura greca e la tradizione civile e politica romana, con un ruolo centrale conferito a Cicerone. L’insegnamento si interruppe bruscamente, quando nel 1486 l’umanista bergamasco Giovanni Calfurnio (al secolo Perlanza dei Ruffinoni), a dire di Regio a seguito di trame slealmente ordite contro di lui, fu chiamato sulla cattedra di retorica latina al suo posto e Regio non ottenne un nuovo incarico. L’episodio fu all’origine del risentimento accesissimo che Regio nutrì per il rivale tutta la vita e al quale diede ampio sfogo nei suoi scritti.
Gli argomenti dei corsi patavini non sono noti con certezza, ma si ricavano dalla miscellanea filologica che Regio pubblicò nel 1490 a Venezia, per i tipi di Guglielmo Anima mia, con dedica al patrizio veneziano Domenico Grimani: Epistolae Plynii qua libri Naturalis Historiae Tito Vespasiano dedicantur enarrationes. De quattuor Persii locis, uno Valerii Maximi, duobus Tullii de officiis ac tribus oratoriis quaestionibus disputatio. De quibusdam Quintiliani locis cum quodam Calphurnio dialogus. Loci cuiusdam Quintiliani ac Ciceronis ad Atticum epistolae cuius initium est “Epistolam hanc convicio efflagitarunt codicilli tui” enarratio (I.G.I., n. 8315). Il contenuto risaliva di oltre due anni, dato che la dedica a Ermolao Barbaro è datata Padova 15 maggio 1488.
Il volume è soprattutto una testimonianza dell’acerrima inimicizia maturata verso Calfurnio. Vi sono contenuti due elenchi di errori da lui commessi nell’interpretazione di autori antichi e in due epistole, una prefatoria e una finale al Dialogus sui luoghi di Quintiliano. Regio dichiara con toni virulenti tutto il suo disprezzo per il rivale e per le losche manovre attuate contro di lui: oltre alle deformazioni grottesche del cognome in Scalfurnio o Scalfornia (in volgare bergamasco scalfornia è la frode e l’inganno), a Calfurnio è elargito il nomignolo di Bestia, in quanto persona indegna della convivenza civile, con un gioco sul nome del corrotto console romano durante la guerra giugurtina Lucio Calpurnio Bestia.
Dopo l’estromissione da Padova, tra il 1489 e il 1491 Regio cercò una nuova condotta. Fu a Firenze, dove dedicò a Lorenzo il Magnifico un commentariolum alle Satire di Persio (l’autografo a Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Mss., 46.16), intervento non intempestivo nel contesto culturale fiorentino, se si considera la ripresa degli interessi di Angelo Poliziano verso il testo di Persio all’inizio degli anni Novanta, dopo il corso tenuto nel 1484-85. I materiali del commento sono in gran parte desunti dalla Disputatio del 1490, dalla dedica della quale si ricava che Calfurnio si era applicato a Padova in una inetta expositio di Persio. Nel 1491 fu a Milano, dove lavorò ai Ducenta problemata in totidem Institutionis oratoriae Quintiliani depravationes, presentati personalmente a Ludovico il Moro a Vigevano il 6 novembre unitamente a una supplicatio per una condotta di retorica nello Studio. L’incarico non fu conferito per mancanza di posti disponibili e Regio si dovette accontentare di un donativo di 25 ducati e di panno per confezionarsi un vestito. L’opera fu stampata a Venezia l’anno dopo (O. Scoto; I.G.I., n. 8317), con dedica a Ludovico Sforza, ma nel volume è pure una premessa a Niccolò e Giacomo Trotti, quest’ultimo oratore del duca di Ferrara a Milano, e sono altresì presenti il De laudibus eloquentiae panegyricus e una Quaestio utrum ars rhetorica ad Herennium falso Ciceroni inscribitur diretta a Giovanni de’ Medici.
Nel 1492 era a Venezia e si stabilì in campo S. Angelo, tra Rialto e S. Marco, dove nel 1493 cercò di lui invano Girolamo Amaseo durante un passaggio precipitoso in città. Nel 1492 e nel 1493 videro la luce presso Ottaviano Scoto (tip. B. Locatelli), senza l’autorizzazione dell’autore, due edizioni delle Metamorfosi di Ovidio con le Enarrationes di Regio (I.G.I., nn. 7119-7120) e nel 1493 una delle Institutiones oratoriae di Quintiliano, pure non autorizzata, con ampio commento marginale (I.G.I., n. 8264), a cui negli ultimi fogli subentra quello di Bartolomeo Merula. L’Ovidio originale fu ristampato da Regio nel 1493 presso Simone Bevilacqua (I.G.I., n. 7121). Il Quintiliano dovette attendere il 1506 (Venezia, [Albertino da Lessona e fr.]; poi Venezia, G. Rusconi, 1512), prima di essere inserito da Josse Bade nell’edizione di Quintiliano da lui commentata (Parigi 1516). Nel 1497 Regio pronunciò in Ss. Giovanni e Paolo l’orazione in onore dell’ambasciatore milanese Battista Sfondrato. Nel 1500, alla morte di Giorgio Valla (24 gennaio), si candidò alla successione, ma una disputa con Gregorio e Girolamo Amaseo in Ss. Giovanni e Paolo tenutasi l’8 dicembre successivo vide prevalere Gregorio. Nel 1502 pubblicò le Tusculanae quaestiones di Cicerone (Venezia, G. e G. De Gregori).
La svolta si ebbe nel 1503, quando morì Calfurnio e Regio ritornò sulla cattedra patavina usurpata dal rivale. Non terminarono tuttavia le polemiche. L’allievo di Calfurnio Marino Becichemo nel 1503-04 compose un’Aurea praelectio in C. Plinium Secundum, cui adiuncta est mirabilis apologia in Regirum quendum bonorum hostem e dei Variarum observationum libri tres utilissimi (pubblicati insieme con altri scritti a Brescia in una miscellanea il cui titolo principia Luculentissima oratio, qua Brixiano Senatui gratias agit…, tip. A. Britannico, [1504]), concepiti come una dura replica agli attacchi portati da Regio (apostrofato con il nomignolo parlante di Regirum) al maestro nella Disputatio. La replica di Regio uscì cinque anni dopo con un’Apologia stampata a Venezia nel 1508 (G. Rusconi) insieme con la traduzione di alcuni scritti plutarchei: i Regum et imperatorum apophthegmata, i Laconica apophthegmata e il Dialogus in quo animalia bruta ratione uti monstrantur tradotto dal fratello Giovanni, da poco scomparso.
Come Regio spiega nella dedica dei Regum et imperatorum apophthegmata a Jan Lubrański (1456-1520), dal 1498 vescovo di Poznań e consigliere del re di Polonia, che aveva studiato a Padova, questi aveva chiesto a Regio di procurare un’edizione degli Apophthegmata controllata sul testo greco che migliorasse quella di Francesco Filelfo: Regio ne eseguì una nuova (i Laconica apophtegmata sono dedicati a Leonardo Loredan, il Dialogus da Giovanni Regio a Niccolò Franco, Padova 6 marzo 1488). A Lubrański Manuzio aveva dedicato la sua edizione di Valerio Massimo nel 1502 (Regio è nominato nella dedica) e il 1508 è anche l’anno in cui Erasmo incontrò Regio a Padova e pubblicò a Venezia per Aldo gli Adagia; l’edizione greca degli Apophthegmata apparve a Venezia sempre per Manuzio nel 1509. Erasmo utilizzò la traduzione regiana per i suoi Apophthegmata (Basilea 1531), ma nella lettera a Germain de Brie del 30 gennaio 1531 (Opus epistolarum, 1906-1958, IX, p. 108) riconobbe che se Regio aveva corretto alcuni errori, ne aveva introdotto altri. Tuttavia la traduzione di Regio fu ristampata fino al 1568 (negli Apophtegmata Graeca regum et ducum, philosophorum item di Plutarco e Diogene Laerzio, Ginevra, H. Estienne). Commentaria di Regio a Valerio Massimo sono inclusi nell’edizione cum notis variorum Venezia, B. Zani, 1508.
Regio insegnò lettere latine a Padova fino al 1509, quando lo Studio fu chiuso per effetto della guerra della Lega di Cambrai. Si spostò quindi a Venezia, dove si legò ad Aldo Manuzio e fu assiduo frequentatore dell’Academia Aldina, se il 7 febbraio 1515 fu incaricato di tenere l’orazione funebre alle esequie di Manuzio nella chiesa di S. Paternian.
Nel 1511 ebbero luogo trattative per una condotta a Lucca con esito negativo (una lettera di Regio del 16 maggio 1511 agli Anziani di Lucca, in cui comunica le sue condizioni per accettare, in Barsanti, 1905, p. 219); già nel 1506 c’era stato un primo tentativo, anch’esso fallito per il mancato accordo sull’entità della retribuzione. Nel 1512 concorse al ballottaggio indetto il 23 gennaio per la lettura di umanità della Scuola di S. Marco e si impose sugli altri candidati: Gregorio Amaseo, Girolamo Calvo e Becichemo. Iniziò le lezioni su Quintiliano l’8 marzo nell’uditorio sito presso i Granai di Terranova, cioè nella spianata antistante al palazzo ducale. Becichemo insegnava privatamene a S. Provolo e continuò con l’atteggiamento polemico nei confronti di Regio, il quale si querelò presso il Consiglio dei dieci – senza ottenere alcun esito – perché i suoi allievi disertavano le lezioni per seguire quelle che il rivale teneva nello stesso orario. A parte queste beghe, il ruolo di Regio nella Scuola di S. Marco pare consolidato e Becichemo, la cui reputazione come docente presso i contemporanei fu modesta, non ne insidiò la fama. Il 16 dicembre 1519 esaminò i candidati a un concorso a sette posti di extraordinarii nella Cancelleria ducale.
Morì a Venezia il 16 luglio 1520 senza avere testato. Tuttavia, per sua volontà, fu sepolto nell’oratorio dell’Annunziata (chiesa di S. Angelo) e i suoi libri andarono al convento di S. Giorgio Maggiore. A causa dell’avarizia dei nipoti bergamaschi fu composto in una modesta sepoltura lignea che probabilmente era già scomparsa alla fine del XVI secolo.
A gelosie di scuola si deve la disputa sorta tra un allievo, tale Albertaccio da Castelfranco, e un padovano di nome Terenzio su chi avrebbe dovuto pronunciare l’orazione funebre alle esequie il giorno dopo il decesso. Per disposizione della Signoria, fu data la precedenza a quest’ultimo e Albertaccio dovette attendere il giorno 23 per pronunciare, con buon esito, la sua orazione nell’auditorio di Terranova. Complicata fu anche la successione di Regio sulla cattedra. Il giorno 31 i suoi allievi si recarono dal doge richiedendo che fosse incaricato Giovan Battista Egnazio (Cipelli), ma avanzò la candidatura l’irriducibile Marino Becichemo. I capi del Consiglio dei dieci decisero di sottoporre i candidati a una prova di selezione, tenutasi la quale, il 4 dicembre fu ballottato Egnazio.
Regio è autore del primo commento a stampa delle Metamorfosi di Ovidio, che conobbe notevole successo e numerose ristampe. Le prime due edizioni (I.G.I., nn. 7119, 7120) furono pubblicate a Venezia nel 1492 e nel 1493 dal libraio Ottaviano Scoto, tipografo Boneto Locatelli, senza l’autorizzazione dell’autore.
Scoto, senza attendere che Regio portasse a termine il lavoro, si valse del contributo di Bartolomeo Merula, il quale utilizzò il materiale dell’edizione ancora a uno stato incompleto per allestire in fretta le due edizioni piratesche, senza fare il nome di Regio. La Vita Ovidii posta in principio appare una composizione ancora molto schematica rispetto alla versione inserita dalla terza edizione, il commento è ridotto rispetto a un’esile colonna a margine dei versi e in I.G.I., n. 7119, manca anche la lettera prefatoria al marchese di Mantova Francesco Gonzaga. Unica aggiunta di Merula è il completamento del commento al libro XV, come egli dichiara in un’epistola inserita nell’edizione del 1493. Regio denunciò il misfatto in un’epistola conclusiva della terza edizione, la prima autentica, che vide la luce a Venezia presso Simone Bevilacqua nel 1493 (I.G.I., n. 7121) con la dedica a Gonzaga datata 5 settembre 1493 (in I.G.I., n. 7120, la lettera era apparsa con la data 13 aprile 1493). Seguirono fino al 1497 altre cinque edizioni legittime, di cui tre a Venezia (due per Bevilacqua, una per Filippo Pinzi) e due all’estero: a Parigi, A. Bocard, 1496 (I.G.I., n. 7123) e una a Lione, J. Maillet, 1497 (I.G.I., n. 7125).
Nel 1509 venne alla luce a Milano per Giorgio Rusconi la seconda redazione accresciuta e rivista dall’autore, che fu replicata da tutte le successive (l’ultima curata dall’autore Venezia, G. Tacuino, 1518), lungo tutto il corso del secolo per circa una cinquantina di items, in Italia e all’estero, spesso in compagnia di commenti di altri autori. L’edizione del 1509 si arricchì di una serie di xilografie modellate sui 52 legni che avevano istoriato l’Ovidio Metamorphoseos vulgare di Giovanni de’ Bonsignori (Venezia, L. Giunta, 1497; I.G.I., n. 7128) e che furono mantenute nelle edizioni successive. Le migliorie apportate al testo richiesero una nuova dedicatoria, resa necessaria anche dal fatto che quella a Francesco Gonzaga era divenuta inopportuna da quando il marchese di Mantova da capitano generale della Serenissima ne era divenuto nemico. Regio si orientò questa volta verso personalità provenienti dal mondo degli studi. L’edizione Venezia, G. Tacuino, 1513, presenta una dedica a Philippus Ciulanus, oratore del re d’Ungheria a Venezia, quella Venezia, G. Rusconi, 1517 a Jan Lubrański, entrambi vicini al circolo di Manuzio. L’edizione del 1513 contiene altresì una sprezzante Apologia contra quosdam cavillatores, con cui Regio replicò alle critiche mossegli da Emilio Merula, allievo di Aulo Giano Parrasio, nelle emendationes apposte al testo e al commento delle Metamorfosi di Regio nell’edizione Torino, F. Silva, 1504 (ristampata Torino 1505, e Milano, U. Scinzenzeler, 1509). Regio si valse in realtà dei rilievi di Merula nella revisione del testo, ma non si astenne, al solito, dal rispondere con toni accesi.
Importante per l’indirizzo metodologico è la dedica a Gonzaga, nella quale Regio individua l’importanza del poema ovidiano nel valore esemplare che rivestono le favole, che le rendono adatte non solo a un pubblico di filologi, ma anche a coloro che hanno compiti politici, i quali possono beneficiare degli insegnamenti morali insiti nell’opera. Il contenuto edificante delle Metamorfosi, che le distingue dalle altre opere dell’autore latino, per lo più di contenuto lascivo, emerge dal livello letterale della favola, che per dischiudere il suo significato non ha bisogno di una lettura allegorica che la risarcisca della inverosimiglianza del livello letterale.
Questo metodo non speculativo della enarratio di Regio rappresenta una svolta rispetto all’allegoresi medievale; esso si basa su una concezione delle Metamorfosi come opera erudita, che travalica le competenze strettamente letterarie e mitografiche coinvolgendo altre discipline. Obiettivo del commento regiano è la fruizione del testo in tutte le sue componenti, secondo una prospettiva erudita tipicamente umanistica che tende a fornire informazioni in ogni ambito del sapere (ed è tendenzialmente aperta a ulteriori contributi) affinché il lettore si faccia un’idea personale del testo commentato, piuttosto che proporre un’interpretazione precostituita.
Edizione moderna. In Ovidii Metamorphosin enarrationes, I, Libri I-IV, a cura di M. Benedetti, Firenze 2008. Il ms. Berlino, Staatsbibliothek-Preussischer Kulturbesitz, Phillips, 165, autografo, contenente materiali diversi (excerpta dalle Historiae di Giovanni Tzetzes, abbozzi, annotazioni, promemoria, lettere) che coprono l’attività di Regio per un arco cronologico di alcuni decenni, è descritto e in parte edito in Malta, 1997, pp. 135-166.
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