UCCELLA, Raffaele
– Raffaele Uccello (poi cambiato in Uccella) nacque, primo di quindici figli, in una modesta famiglia, a Santa Maria Capua Vetere il 5 gennaio 1884 da Pasquale, giardiniere, e da Maria Accetta (certificato presso l’Archivio storico dell’Accademia di belle arti di Napoli, Serie alunni, cartella 6102).
Dopo aver frequentato nella città natale una scuola d’arte applicata all’industria, nel marzo del 1903 fu ammesso al terzo anno del corso comune presso il Real Istituto di belle arti di Napoli, per poi passare nell’anno 1904-05 direttamente al secondo di scultura, ottenendo una borsa di studio da Santa Maria Capua Vetere. Si diplomò nel 1907, conseguendo un premio al terzo anno. Nel 1909 s’iscrisse all’ultimo anno del corso di pittura, nello stesso istituto, e vinse una borsa di studio regionale. Nei suoi primi lavori a carattere sociale seguì il suo maestro Achille d’Orsi: indicativa l’opera presente nel 1906 all’Esposizione nazionale di Milano (il gesso Notte all’alba della vita, ubicazione ignota) – che rappresentava una coppia di bambini spigolatori – recensita lusinghieramente da Guido Marangoni (1906). Successivamente gli furono commissionati un pannello in bronzo per la Tomba Letizia (1906-07), nel cimitero di Marcianise (Giannelli, 1916, p. 695), e il gruppo sepolcrale in marmo per Onofrio Teti (intorno al 1910; Lauri, 1915). In tale periodo d’Orsi lo coinvolse in due lavori: nell’altorilievo del frontone della facciata est del palazzo dell’Università di Napoli Federico II, raffigurante Giordano Bruno disputa con i domenicani (1908-10), e nel Monumento a Umberto I (1911), dove Uccella eseguì due figure allegoriche sul basamento. L’influsso di d’Orsi era ancora evidente nell’opera Il lavoro nei campi (distrutto; sopravvisse solo una testina: Jenco, 1956, 1963, p. 96). Con quest’opera e con l’altorilievo Per il sepolcro di una giovane madre, recentemente ritrovato (Palermo, in corso di stampa), nel 1910 vinse il Pensionato artistico nazionale, che però allo scadere del primo biennio non gli fu confermato fra polemiche che determinarono finanche un’interrogazione parlamentare (ibid.). Fra il 1910 e il 1912 partecipò a due concorsi per monumenti, uno nazionale per Ugo Foscolo in S. Croce a Firenze e uno internazionale per lo zar Alessandro II a San Pietroburgo.
Al rientro da Roma stabilì il suo atelier a Posillipo alta, nella antica villa Migliari, un eremo dorato, con il mare di fronte e alle spalle giardini di aranci. Intanto dal 1909 era cominciato il suo sodalizio con i giovani artisti della Secessione dei ventitré; Uccella collaborò all’organizzazione della I Esposizione giovanile di quell’anno, esponendovi dei bronzi: il bassorilievo Ultimo bacio, una Testa, e Inno alla vita, che s’ispirava al ça ira di Giosue Carducci (Macchia, 1910). La formatura di Inno alla vita, gruppo di cui resta solo la testa della sorella Sisina che morì adolescente, risaliva al 1907, come risulta da una delibera del Comune di Santa Maria Capua Vetere del 3 agosto 1907 (Perconte Licatese, 2015, p. 22), con cui gli fu concesso un sussidio. Emergeva la personalità dello scultore che cominciava a dedicarsi a temi letterari e simbolisti, oltre che a soggetti che coinvolgevano la musica, passione coltivata e affinata anche grazie alla conoscenza del maestro Vincenzo Davico. Nel 1910 una sua opera fu accettata alla IX Biennale di Venezia: era una Testa di bimba, identificabile con quella della Galleria dell’Accademia di belle arti di Napoli grazie a un’illustrazione di Ars et Labor (novembre 1910, p. 847, ma con il titolo Testa di bimbo). Il frutto più importante del Pensionato fu Rudimenti (Capua, Museo Campano), un gruppo realizzato con un linguaggio scabro e un suggestivo chiaroscuro, che costituiva un’evocazione simbolista di una sorta di iniziazione alla musica. Fu acquistato dalla Provincia di Caserta in occasione della sua presentazione nel 1911 a Roma all’Esposizione internazionale di belle arti per il cinquantenario dell’Unità: qui Uccella ebbe l’occasione di vedere da vicino i maggiori artisti europei dell’ambito secessionista e art nouveau, oltre che scultori del livello di Auguste Rodin e Medardo Rosso. Furono proprio la conoscenza di Rosso e quella molto probabile di scultori belgi come Rik Wouters, Joseph Rulot e George Minne a influenzare la sua produzione successiva, che ci rivela un più consolidato simbolismo e una tendenza ad alternare e talvolta a combinare forme fluide e schematizzazioni rigide.
Fra il 1914 e il 1915 realizzò in marmo una scultura, Champagne nuziale (collezione eredi Uccella), che per le sue deformazioni geometrizzanti rinvia al secessionista Minne, oltre che al nostro Adolfo Wildt; tuttavia il tono scherzoso di questo dono a un amico in procinto di sposarsi è distante dalla drammaticità delle opere di Minne o di Wildt e ci ricorda piuttosto le forzature ora caricaturali ora grottesche di tanti illustratori e artisti gravitanti intorno a Ca’ Pesaro, come Aroldo Bonzagni o lo scultore Arturo Martini (Scardino, 1989, p. 77). Fra il 1910 e il 1914 (data ipotizzata dagli eredi) Uccella si cimentò anche in un’opera architettonica e decorativa debitrice verso l’art nouveau franco-belga di Henri van de Velde, la Cappella Fratta nel cimitero di Santa Maria Capua Vetere, dove si mescolano caratteri liberty e neorinascimentali. In questi anni frequentò i circoli socialisti e anarchici del Casertano, legandosi all’anarchico Giuseppe Imondi, per il quale eseguì un ritratto e l’illustrazione della copertina di un suo libro. In virtù dei suoi rapporti con i secessionisti napoletani, partecipò alla II Esposizione nazionale di belle arti del CNAG (Comitato Nazionale Artistico Giovanile) con tre opere: Vanitosa (acquistata dal Municipio di Napoli, dove al momento non è reperibile: Il Mattino, 9-10 marzo 1913), Rudimenti e un Ritratto di vecchio musicista. Parallelamente prese parte alle mostre della Società promotrice di belle arti ‘Salvator Rosa’ di Napoli: nel 1912 con la scultura Il mare vinto; nel 1914 con l’Iniziatrice di Capua (probabilmente distrutta), riproposta l’anno seguente alla III Esposizione internazionale d’arte della Secessione romana; e nel 1915-16 con Testa di bimba (acquistata dal Municipio di Napoli: Il Mattino, 25-26 dicembre 1915), Grazie femminili, e il Ritratto della pianista Amalia Tieri. La Testa di bimba è stata recentemente identificata fra le opere classificate come di autore ignoto nelle collezioni del Comune di Napoli e raffigura la sorella Sisina.
Negli anni Uccella realizzò anche varie lapidi commemorative in marmo con formelle e medaglioni in bronzo (quella per il giureconsulto Vincenzo Calenda di Tavani, 1914, Napoli, atrio di Castel Capuano; quelle per Ettore Tartaglione e Pasquale Narducci, 1918, atrio del Comune di Marcianise): gli inserti bronzei sono caratterizzati da uno stiacciato linearistico molto raffinato che ricorda Leonardo Bistolfi, uno scultore da lui amato, dal quale si recò a Torino poco prima di morire.
Collaborò con suoi scritti ad alcune riviste campane come Vela latina e Crociere barbare. Intanto, in sede nazionale aveva attirato l’attenzione addirittura di Umberto Boccioni, che in una recensione alla Promotrice napoletana del 1915 salvò solo lui, mentre enumerava i tanti difetti degli artisti napoletani. Boccioni, inoltre, lo citò fra i dedicatari del suo Manifesto futurista ai pittori meridionali, lanciato in occasione della I Esposizione nazionale del comitato Rinascimento artistico meridionale del 1915-16.
Allo scoppio della Grande Guerra Uccella si arruolò volontario, raggiungendo presto il grado di capitano degli alpini; sul Pasubio contrasse, però, una malattia che lo costrinse a vari ricoveri in ospedale, seguiti da lunghe licenze che gli consentirono di tornare a Napoli a lavorare alle sue sculture. Agli anni fra il 1916 e il 1918 potrebbero risalire alcune sue opere capitali, come Le mani del mistero (Napoli, Museo del Novecento), l’Alpinista e il Ritratto di Alessio Simmaco Mazzocchi (entrambi a Capua, Museo Campano). Fu in tale periodo che strinse un forte legame con Gherardo Marone e i letterati della rivista La Diana. Qui confluirono orientamenti diversi (crocianesimo, futurismo, echi della metafisica, ermetismo e altro), rappresentati da molti intellettuali di spicco, come Giuseppe Ungaretti, lo studioso italianista giapponese Harukiki Shimoi, Giuseppe Prezzolini, Salvatore Di Giacomo, Enrico Pea. Fu proprio quest’ultimo che invitò nel 1918 Uccella in Versilia – dove lo raggiunse dopo poco il poeta suo amico e conterraneo Elpidio Jenco – per coinvolgerlo in vari progetti. Di Pea Uccella eseguì un intenso Ritratto in terracotta e illustrò la copertina della riedizione delle Fole; sempre su sua commissione realizzò, inoltre, fra Pietrasanta e Forte dei Marmi, un teatro all’aperto, secondo le antiche tradizioni dei teatri romani, rivalutate da Gabriele D’Annunzio.
Tale opera, di cui è emersa recentemente una rappresentazione a colori in un dipinto di Plinio Nomellini (Palermo, 2016, pp. 197 s.), tuttavia risultava già scomparsa nel 1920.
Un’avventura singolare – dall’esito, tuttavia, negativo – fu poi la sua candidatura alle elezioni politiche del 1919, vissuta con grande passione.
Nel gennaio del 1920 gli fu commissionato da Shimoi – con cui aveva stabilito un’intensa amicizia – un tempio dedicato a Dante da edificare a Tokio, ma il sopraggiungere della morte il 12 febbraio seguente troncò tutti i suoi piani.
Tre suoi marmi figurarono a Napoli nella Mostra nazionale dei grigio-verdi del 1921 (Bambina, Testa di bimba e un frammento di Inno alla vita). Esposizioni commemorative e un premio a lui dedicato furono organizzati dalla città di Santa Maria Capua Vetere nel 1956 e nel 1957. Il fratello Giuseppe, anche lui scultore, riprodusse in marmo per la sua tomba l’opera Rudimenti, il cui gesso è conservato nel Museo Campano di Capua, dove nel 1980 pervennero altre sei opere per donazione dello stesso Giuseppe.
Altre opere di Raffaele Uccella sono: Poesia dell’amore materno, Milano, Cimitero monumentale; Il velo del mistero, Firenze, Cimitero monumentale; Il pazzo, 1914 circa, distrutto dall’autore stesso; Cancelletto dell’Eucarestia, 1910-14, bronzo, già Napoli, chiesa di S. Pietro ad Aram, trafugato; Ragazza con la nocca, 1911-14, gesso, Capua, Museo Campano; Sisina, busto in terracotta, Viareggio, collezione eredi di Elpidio Jenco; Ritratto di Maria Luisa Tonetti, terracotta, Viareggio, collezione eredi di Elpidio Jenco; Ragazza con gatto, 1918 circa, bronzo, Capua, Museo Campano; Riccioli d’oro, 1913-18, marmo, collezione privata; L’anima di Napoli, 1911-20, tondo in terracotta, distrutto.
Fonti e Bibl.: Archivio storico dell’Accademia di belle arti di Napoli, Serie alunni, cart. 6102, Raffaele Uccella, 25 marzo 1903.
G. Marangoni, L’arte nel sociale III. La scultura, in Milano e l’Esposizione Internazionale del Sempione 1906, a cura di E.A. Marescotti - E. Ximenes, Milano 1906, p. 432; A. Macchia, La Prima Esposizione giovanile a Napoli, in La vita letteraria, VII (1910), 3, p. 271; G. Paranque, Naples. La XXXVI Exposition de la Société Promotrice Salvator Rosa. Chroniques d’art parues dans la revue «La jeune fille», Naples 1914, pp. 118-126; R. Uccella, Arte e democrazia, in Vela latina, II (1914), 1; A. Lauri, Dizionario dei cittadini notevoli di Terra di Lavoro, Sora 1915, s.v.; U. Boccioni, Il Rinascimento artistico meridionale (1916), in Id., Gli scritti editi e inediti, a cura di Z. Birolli, Milano 1971, pp. 394 s.; M. Gaglione, L’«Iniziatrice di Capua», in La Diana, II (1916), 8, pp. 164-166; E. Giannelli, Artisti napoletani viventi..., Napoli 1916, pp. 695 s.; S. Gigliofiorito, R. U., in Crociere barbare, I (1917), 3; R. Uccella, Pervertimenti, ibid., I (1917), 4-5, pp. 1, 30 (ripubbl. in Palermo, 2012, pp. 144 s.); I. Volterrini, Chi è R. U.?, in Il Popolo, 6 aprile 1919; G. Gaglione, R. U., in La Primalba, 5 marzo 1920; E. Guardascione, Uno scultore armonioso, in Il Mattino, 29 febbraio 1920; E. Jenco, R. U., in Sakurà, I (1920), pp. 15-20; R. Uccella, Arte ed umanità, in Giornale della sera, 13 maggio 1920; N. Borrelli, R. U., in Rivista campana di storia etnografia lettere e arte per la Terra di Lavoro, I (1921), 1, pp. 139-141; E. Palmieri, Un’opera che non fu che sognata: «Il pazzo» di R. U., ibid., I (1921), 4, pp. 377-381; A. Lisanti, Un artista dimenticato. R. U. insigne scultore, in La Gazzetta aversana, 17 dicembre 1955; S. Ventriglia, R. U., un grande scultore scomparso, in La Vita del Mezzogiorno, 10 settembre 1955; E. Jenco, R. U. (1956), in G. Andrisani, Un inedito di Elpidio Jenco. R. U., in La Diana, IV (1963), 2, pp. 93-105; G. Andrisani, Mostra Uccella a S. Maria C. V., in Il Roma, 21 aprile 1957; R. Causa, R. U. o di un riscatto difficile, in Palestra, VI (1967), 4, pp. 381-386; Arti figurative a Napoli dall’età umbertina al tempo del Liberty (catal.), a cura di P. Ricci, Napoli 1976, pp. 49-69 e passim; P. Ricci, Arte e artisti a Napoli, 1800-1943, Napoli 1981, pp. 122-133 e passim; L. Brancaccio, R. U., in In margine. Artisti napoletani fra tradizione e opposizione, 1909-1923 (catal.), a cura di M. Picone Petrusa, Milano 1986, pp. 125-135 e passim; L. Scardino, L’ultimo melodioso arcangelo statuario, ossia un artista per il primo Jenco: R. U., in Elpidio Jenco e la cultura del primo Novecento. Atti del Convegno di studio, Viareggio 1989, pp. 73-81; A. Panzetta, Dizionario degli scultori italiani di Ottocento e di primo Novecento, Torino 1994, ed. aggiornata e ampliata, Torino 2003, s.v.; V. Vicario, Gli scultori italiani dal neoclassicismo al liberty, II, Lodi 1994, s.v.; Ead., Intorno alle sculture di R. U. al Museo Campano, in Il Museo Campano di Capua, a cura di R. Cioffi - N. Barrella, Napoli 2009, pp. 283-298; G. Salvatori, I monumenti ai caduti di Santa Maria Capua Vetere: la Nazione nel Municipio, in Lungo l’Appia. Scritti su Capua antica e dintorni, a cura di R. Cioffi et al., Napoli 2009, pp. 185-194; L. Palermo, R. U. scultore. 1884-1920, Napoli 2012; G. Salvatori, Arte e musica nel primo Novecento: la voce della scultura, in Musica e musicisti a Napoli nel primo Novecento. Atti del Convegno internazionale..., 2009, a cura di P.P. De Martino - D. Tortora, Napoli 2012, pp. 37-49; I. Valente, I beni storico-artistici e gli arredi del XIX e XX secolo, e Appendice, in Castel Capuano. La cittadella della cultura giuridica e della legalità. Restauro e valorizzazione, a cura di A. Aveta, Napoli-Roma 2013, pp. 57-62, 289-319; M. Picone Petrusa, in Il Bello o il Vero. La scultura napoletana del secondo Ottocento e del primo Novecento (catal.), a cura di I. Valente, Napoli 2014, pp. 22, 63-67, 69, 420-425, 551 s.; A. Perconte Licatese, R. U., Santa Maria Capua Vetere 2015; L. Palermo, «Un tempio degno della Roma Imperiale». Il teatro di R. U. in Versilia, in Pompei e l’Europa. Atti del Convegno..., Pompei-Napoli... 2015, a cura di M. Osanna et al., Milano 2016, pp. 194-199; I. Valente, Oltre il confine. Itinerario figurativo della scultura napoletana del primo Novecento (anni Dieci-Cinquanta), in Novecento a Napoli. Capolavori di pittura e scultura (catal.), a cura di S. Ammendola - P. La Motta - I. Valente, Napoli 2019, pp. 89-108, 118; L. Palermo, Per il sepolcro di una giovane madre: il Pensionato artistico di R. U. e una scultura ritrovata, in Studi di scultura, II (2019), in corso di stampa.