Riario, Raffaello
Nacque a Savona nel 1460 da Antonio Sansoni e Violante Riario – sorella di Girolamo e nipote di papa Sisto IV –, della quale assunse il cognome. Il 10 dicembre 1477 fu creato da Sisto IV cardinale di S. Giorgio in Velabro. Il 26 aprile dell’anno successivo, trovandosi a Firenze ospite dei Pazzi, fu testimone dell’assassinio di Giuliano e del ferimento di Lorenzo de’ Medici, come ricorda M. nei Discorsi: «La congiura de’ Pazzi contro Lorenzo e Giuliano è nota. L’ordine dato era che dessino desinare al cardinale di San Giorgio, ed a quel desinare ammazzargli» (III vi 105-06). Ritenuto per questo, a torto, complice dei Pazzi, fu per breve tempo in carcere. A R. si deve la costruzione a Roma della chiesa di S. Lorenzo in Damaso e del palazzo della Cancelleria. Fu accusato di aver preso parte alla congiura ordita dal cardinale Alfonso Petrucci contro Leone X (1517), e per questo imprigionato e privato del cardinalato. La sua colpevolezza, però, non fu provata, e pertanto fu reintegrato nel titolo. Morì nel 1521 a Napoli, dove si era ritirato l’anno prima.
Il suo nome è tra i cardinali segnalati a M. quando si recò a Roma nel 1503 per assistere al conclave che seguì la morte di Pio III:
Niccolò, tu andrai a Roma [...] e porterai teco molte nostre lettere di credenza a molti di quelli Reverendissimi Cardinali a’ quali si debbe avere più respetto, come è [...] Santo Giorgio (i Dieci a M., 23 ott. 1503, LCSG, 3° t., p. 293).
Tra i compiti della missione c’era quello di operare diplomaticamente per contrastare la penetrazione veneziana in Romagna nella vacanza del soglio pontificio, e per questo M. cercò appoggi nella curia e in Riario. A costoro M. aveva ricordato che «qui non si trattava della libertà di Toscana, ma della libertà della Chiesa e che ’l Papa diventerebbe cappellano de’ Viniziani» (M. ai Dieci, 6 nov. 1503, LCSG, 3° t., p. 329). In tale contesto avvennero i diversi incontri tra M. e R., il quale protestava per il favore mostrato da Firenze al rientro in Forlì degli Ordelaffi, spodestati da Sisto IV, situazione che danneggiava i nipoti di R., figli di Caterina Sforza Riario, e in particolare Ottaviano Riario. In una missiva dei Dieci del 24 ottobre 1503 si chiede a M. di persuadere R. che Firenze non aveva mai parteggiato né per l’uno né per l’altro. Pochi giorni dopo M. tornava sulla questione: «E questa entrata dell’Ordelaffo in Furlì, giudicando qui ciascuno che la sia stata con vostro ordine, ha fatto sdegnare San Giorgio per conto de’ nipoti» (M. ai Dieci, 28 ott. 1503, LCSG, 3° t., p. 301). Di estremo interesse in tal senso è la lettera di M. in risposta a quella del 24 ottobre:
Avendo auto questa mattina una lettera delle Signorie vostre de’ 24 dì contenente la escusazione dovevo fare con San Giorgio per la entrata dell’Ordelaffo, fui subito con sua Signoria Reverendissima e dopo alquante parole gli lessi la lettera delle Signorie vostre, parendomi efficace e da fare seco buono effetto. Lui disse che di tutte le cose gli uomini guardavano più al fine che alli mezzi e che ’l fine di questa cosa era l’Ordelaffo essere entrato in Furlì e li suoi nepoti trovarsene fuori, e credeva bene che le Signorie vostre non abbino possuto fare altro per le ragioni allegavate e che era contento ammetterle (M. ai Dieci, 29 ott. 1503, LCSG, 3° t., p. 305).
Va notato come M. echeggi nel Principe le parole di R.: «nelle azioni di tutti li uomini, e maxime de’ principi, dove non è iudizio a chi reclamare, si guarda al fine» (xviii 17). Si tratta però di un «modo proverbiale che prende, nel discorso machiavelliano, una vitalità tutta nuova» (G. Inglese, in Il Principe, a cura di G. Inglese, 2013, p. 127 nota 49).
Nella medesima legazione dell’autunno 1503 M. riferisce come l’elezione di papa Giulio II fosse stata favorita anche da R. (M. ai Dieci, 1° nov. 1503, LCSG, 3° t., p. 314). Altri incontri vi furono in quel torno di tempo tra M. e R. per la cessione della fortezza di Citerna (lettere di M. ai Dieci del 1°, 4, 13, 21 nov. e del 15 dic. 1503, LCSG, 3° t., pp. 315, 324, 350, 390-91, 461), che non fu però risolta da M., nel frattempo richiamato a Firenze. Inoltre, M. indica R. come uomo di fiducia del papa (M. ai Dieci, 16 nov. 1503, LCSG, 3° t., p. 365), al punto di ricevere gli ossequi dei veneziani per ottenere Faenza (M. ai Dieci, 16 dic. 1503, LCSG, 3° t., p. 463).
Di un incontro di M. con R. si apprende inoltre da una lettera di Biagio Buonaccorsi a M., mentre quest’ultimo era in missione presso Giulio II nell’autunno del 1506 (Lettere, p. 144).
R. è ancora ricordato nel Principe (vii 46) tra i cardinali di cui, al pari di Giuliano Della Rovere, Cesare Borgia mai avrebbe dovuto favorire l’elezione, in quanto appartenente a una famiglia che lui stesso aveva duramente colpito.
Bibliografia: C.L. Frommel, Raffaele Riario, committente della Cancelleria, in Arte, committenza ed economia a Roma e nelle corti del Rinascimento 1420-1530, Atti del Convegno internazionale, Roma 24-27 ottobre 1990, a cura di A. Esch, C.L. Frommel, Torino 1995, pp. 197-211.