Raffreddore
Sotto il termine generico di raffreddore è raggruppata una serie di sindromi acute delle prime vie respiratorie, associate a un gran numero di virus, le quali possono differire per quanto attiene all'eziologia nei bambini e negli adulti. In particolare, con la dizione 'raffreddore comune' si intende una coriza acuta minore: si tratta di una singola sindrome clinica che trova eziologia in cinque famiglie di virus, diverse tra loro sia per patogenesi sia per epidemiologia e anche per proprietà chimiche e antigeniche. I virus del raffreddore presentano molte variazioni antigeniche rilevanti per il sistema immunitario che, quindi, non riesce a costruire un'immunità duratura verso di essi.
l. Eziologia e patogenesi
I virus coinvolti nell'eziologia del raffreddore sono molti: Myxovirus, Paramyxovirus, Rhinovirus e Coronavirus. Per ciascun gruppo virale sono stati identificati molti tipi antigenici di virus (immunotipi): in particolare per i Rhinovirus, responsabili di almeno il 40% dei raffreddori degli adulti, vi sono più di 100 immunotipi. La proporzione di raffreddori provocati dai Coronavirus e il numero dei loro immunotipi non sono determinati, ma si pensa che siano importanti nell'eziologia della malattia. Sono inoltre responsabili di casi di raffreddore i Retrovirus da parainfluenza e i virus respiratori sinciziali, così come i virus dell'influenza e gli Adenovirus producono uno spettro di sintomatologie simili; sono causa di coriza perfino alcuni Enterovirus e pure certi virus che producono esantemi. Anche la faringite batterica da streptococco, che spesso non può essere differenziata dalla fase iniziale del raffreddore, è stata inclusa tra le cause di quest'ultimo. Tuttavia, nonostante tale molteplicità, l'eziologia di almeno un terzo dei raffreddori degli adulti rimane sconosciuta e questa proporzione sale fino al 70% nei bambini, nei quali normalmente i virus associati a raffreddori sono meno facilmente isolabili. Un'altra caratteristica eziologia della malattia è che lo stesso soggetto può essere reinfettato dal medesimo tipo virale, oppure può avere una seconda infezione determinata da altri membri dello stesso gruppo; con alcuni di questi gruppi (specialmente Coronavirus) la reinfezione appare molto comune, tanto che nell'80% dei pazienti infettati dai Coronavirus è stata riscontrata la presenza di anticorpi specifici contro tale virus. L'invasione virale del tratto respiratorio superiore rappresenta il meccanismo fondamentale della patogenesi del raffreddore; non è però del tutto chiaro quale sia la modalità patogenetica fine della malattia. Esami istologici della mucosa nasale delle prime vie aeree hanno dimostrato che non vi è un vero e proprio danno cellulare alle cellule epiteliali, ma soltanto un processo infiammatorio con accumulo di linfociti e con notevole attività ciliare delle cellule ciliate, senza lesioni tessutali. I virus del raffreddore sono abitualmente presenti nelle mucose del paziente anche per un periodo di alcune settimane; non sono noti casi di infezione totalmente asintomatica. Il meccanismo di patogenesi della malattia è certamente correlato con la grandissima quantità di immunoglobuline che si trovano nelle secrezioni nasali e coinvolge conseguentemente prostaglandine, istamina e interleuchina-1.
2. Epidemiologia
I virus respiratori hanno distribuzione universale. Le epidemie di infezioni respiratorie delle prime vie aree sono più frequenti durante le stagioni piovose nelle aree tropicali e in inverno nelle aree temperate, dove la frequenza incomincia a diventare elevata a fine settembre e si mantiene alta fino ad aprile-maggio, periodo in cui inizia un declino fino al minimo della stagione estiva. Non tutti i virus associati al raffreddore, tuttavia, hanno la stessa incidenza stagionale: per es., i Rhinovirus sono più frequenti nella tarda primavera, i Coronavirus in pieno inverno. La ragione della stagionalità dei virus respiratori non è conosciuta. Il freddo di per sé non sembra avere un ruolo dominante, mentre certamente può essere una delle concause l'affollamento, in particolar modo della popolazione infantile, che è più frequente d'inverno per la maggior attività intra moenia rispetto all'estate. Inoltre, sicuramente il diverso tasso di umidità stagionale ha un ruolo importante in tutte le diffusioni virali, specialmente in quelle che si trasmettono attraverso le goccioline di vapore emanate per via aerea; in generale, i virus sopravvivono meglio nei mesi freddi quando l'umidità relativa è più bassa. Il raffreddore è un'affezione molto comune: per gli adulti si calcolano da 2 a 4 episodi per anno, mentre i bambini ne hanno in media da 6 a 8; durante i picchi epidemici invernali si può avere un'incidenza fino a 6-7 episodi/1000 persone/die. Il raffreddore ha il suo picco d'incidenza durante l'adolescenza e diminuisce poi con l'età. Non vi sono fattori di rischio particolari: non sembra avere importanza la vita in casa o fuori, così come non ha alcuna influenza sull'incidenza il fumo, che tuttavia è dimostrato aumentare la severità della malattia. L'unico serbatoio dei virus del raffreddore è l'uomo, in particolare i bambini piccoli; la casa e la scuola sono il sito principale di diffusione. Il meccanismo naturale di quest'ultima non è pienamente conosciuto: avviene probabilmente per contatto diretto, sulla pelle, con le secrezioni nasali, ma anche per trasporto con goccioline di vapore di particelle virali sospese nell'aria o attraverso varie combinazioni di queste modalità. Per alcuni virus, come i Rhinovirus, il contatto stretto diretto sembra importante perché la sopravvivenza ambientale del virus stesso è bassa: in un'alta percentuale di persone affette da raffreddore il Rhinovirus è stato isolato sulle mani, tanto che studi hanno dimostrato che il loro lavaggio accurato riduce fino al 60% la possibilità di trasmissione intrafamiliare; anche il contagio attraverso la respirazione di particelle virali è ben documentato.
3. Caratteristiche cliniche
Il raffreddore abitualmente ha un periodo di incubazione di 12-72 ore; la sintomatologia ha la durata di alcuni giorni ed è autolimitante senza alcuna terapia: perlopiù non oltrepassa la settimana, ma in un quarto dei casi persiste per 2 settimane; sembra che il fumo possa prolungarne la durata. Non è possibile differenziare i tipi di virus che sono causa del raffreddore in base ai sintomi; quelli principali sono la secrezione e l'ostruzione nasali, il mal di gola e la tosse; la febbre è presente qualche volta nel bambino, raramente nell'adulto. I sintomi iniziali sono spesso minimi e difficilmente riconosciuti, mentre quando la malattia diventa florida - abitualmente il 2°e il 3° giorno - essa è fortemente avvertita dal paziente al quale causa un senso di disagio profondo. Altri sintomi, quali congiuntivite o perdita di odorato o sensazione di pressione alle orecchie o anche la tipica voce nasale, sono attribuibili all'infiammazione dovuta al raffreddore. La rinorrea abitualmente porta anche lieve dolore intorno alle narici dove scorre la secrezione. L'esame clinico è abitualmente marginale, anche se il paziente raffreddato si riconosce facilmente per il suo naso infiammato, talvolta più gonfio e rosso e con secrezione, e per il disagio nella respirazione; non vi sono essudati o eritemi significativi delle prime vie aeree. La figura clinica è simile nei bambini e negli adulti, tuttavia nei primi, in una percentuale di casi che può arrivare fino al 2%, si può osservare la comparsa di complicanze batteriche, molto rare nell'adulto. La manifestazione clinica del raffreddore è talmente tipica che la diagnosi fatta dallo stesso paziente è normalmente giusta. D'altra parte non vi sono metodi diagnostici comuni che sia utile mettere in atto; l'unica diagnosi eziologica è l'identificazione del virus responsabile della malattia attraverso le comuni indagini virologiche, che rivelano un aumento degli anticorpi specifici per il virus che causa il raffreddore; un aumento di oltre 4 volte è diagnostico per l'eziologia della sindrome. È importante, comunque, la distinzione tra il raffreddore e le sue possibili complicanze, quali sinusite od otite; l'esame delle prime vie aeree consente al medico di identificare segni precoci di un coinvolgimento batterico di queste mucose.
4. Terapia e profilassi
In linea generale, per il raffreddore non è indicato l'uso di farmaci, ma vi sono trattamenti palliativi per alleviare alcuni sintomi clinici quando questi fossero veramente insopportabili. In particolare, la difficoltà di respirazione e l'ostruzione nasale si possono combattere con l'uso di vasocostrittori quali la fenilefrina e l'efedrina, sotto forma di spray; l'impiego di questo tipo di decongestionanti deve essere tuttavia cauto, poiché manifestano un effetto rebound se usati per più di 3 o 4 giorni. Gli antistaminici possono essere utilizzati per la loro efficacia nel ridurre gli starnuti (non sopprimono invece la secrezione nasale) e la tosse può essere controllata con un antitosse: la somministrazione di questi farmaci però deve essere scoraggiata se non sussistono importanti motivi clinici. Dei prodotti da banco in commercio, molti non hanno un'efficacia clinicamente dimostrata pur riuscendo ad attutire in qualche modo i sintomi del paziente. L'aspirina o il paracetamolo sono efficaci per controllare la cefalea e l'eventuale febbre, mentre gli antibiotici non hanno alcun ruolo nel trattamento del raffreddore senza complicanze. Da ricerche condotte sull'efficacia di alte dosi di vitamina C nel ridurre i sintomi del raffreddore e nel prevenirlo, è emerso un qualche risultato positivo non tanto nel trattamento quanto nella prevenzione dell'infezione. L'elevatissimo numero di virus associati all'eziologia di questa malattia rende la produzione di un singolo vaccino contro il raffreddore una meta irraggiungibile: con oltre 100 Rhinovirus e tanti altri tipi di virus diventa infatti molto difficile pensare a un vaccino omogeneamente efficace. È tuttavia in fase di sviluppo una famiglia di potenti farmaci antivirali che, se pure non trovano ancora un'applicazione di massa, dimostrano, da studi eseguiti su volontari, di avere effetto significativo nel ridurre rapidamente i sintomi.
bibliografia
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