CATODICI, RAGGI
. Si chiamano così le traiettorie dei corpuscoli negativi (o elettroni) respinti dall'elettrodo negativo di un tubo di scarica.
Lo studio delle scariche elettriche attraverso i gas rarefatti può eseguirsi mediante un tubo di vetro provvisto d'un cannello laterale, collegato a una pompa di rarefazione, nel quale sono saldati due fili o lastrine metalliche, che costituiscono gli elettrodi; esse sono collegate ai due poli d'una sorgente d'elettricità a potenziale elevato (macchina elettrostatica, batteria di accumulatori di parecchie migliaia di elementi, o anche rocchetto d'induzione munito di valvola, ecc.); l'elettrodo comunicante col polo positivo si chiama anodo, l'altro catodo. Quando il gas contenuto nel tubo è convenientemente rarefatto, cessa di essere luminescente al passare della corrente elettrica, ma nella regione del tubo collocata dirimpetto al catodo appare una brillante fluorescenza verde o azzurra, qualunque sia la posizione dell'anodo. Tale fluorescenza è dovuta al bombardamento della parete di vetro da parte degli elettroni proiettati dal catodo, perpendicolarmente alla superficie di questo, in linea retta, con una velocità variabile da 30.000 a 100.000 chilometri al secondo. Questo sciame di elettroni costituisce appunto i raggi catodici.
Questi raggi sono deviati da un campo elettrico e da un campo magnetico, come lo sarebbe una corrente elettrica che percorresse il tubo in senso opposto; esercitano azioni meccaniche e termiche, per esempio possono mettere in movimento un leggiero molinello, o rendere incandescente una lastrina di platino; suscitano brillanti luci di fluorescenza nel vetro e in molteplici minerali; trasportano una carica elettrica negativa. Inoltre tutti i punti colpiti dalla radiazione catodica divengono centri d'emissione d'una nuova radiazione, e cioè dei raggi X di Röntgen.