INFRAROSSI, RAGGI
Analizzando con un prisma la luce solare o quella emessa da altra sorgente luminosa ed esaminandone lo spettro, si osserva che oltre le comuni radiazioni visibili, ve ne sono altre invisibili che vengono dette: ultraviolette quelle poste al di là dell'estremo violetto visibile; infrarosse quelle al di qua dell'estremo rosso. Le radiazioni visibili si estendono verso il rosso sino a una lunghezza d'onda di 0,76 μ; da questo limite, con lunghezze d'onda crescenti, cominciano i raggi infrarossi. Le molecole allo stato liquido o gassoso, i corpi solidi emettono o assorbono questo tipo di radiazione di grande lunghezza d'onda: solo eccezionalmente gli spettri degli atomi presentano delle righe nella prima regione infrarossa. Le quantità di energie in giuoco in questi scambî energetici tra luce e materia sono dell'ordine di grandezza delle energie cinetiche molecolari; quindi basta il semplice innalzamento di temperatura a provocare l'emissione di tali raggi, e viceversa l'energia assorbita da un corpo con questi raggi facilmente si trasforma in calore. Così F.W. Herschell nel 1800 scoprì l'esistenza dei raggi infrarossi, perché, avendo proiettato su uno schermo lo spettro solare, si avvide che un termometro posto nella regione infrarossa segnava un aumento di temperatura: facendo scorrere il termometro sullo schermo, nella direzione in cui variava la lunghezza d'onda, osservava anche una variazione della temperatura con massimi e minimi ben definiti. Al Herschell si deve anche quest'esperienza molto ingegnosa che consente di ottenere un grossolano spettro dell'infrarosso: una striscia di carta viene cosparsa su un lato di nerofumo e poi imbevuta di etere o alcool. Se sulla faccia annerita ancora umida si proietta uno spettro infrarosso, si producono macchie lì dove l'evaporazione è più forte; in corrispondenza, evidentemente, con massimi d'intensità dei raggi stessi che vengono così registrati. La natura di questi raggi rimase a lungo ignorata: in genere si ammetteva che queste radiazioni, dette calorifiche, fossero di natura diversa da quelle luminose.
Le esperienze, condotte sistematicamente da M. Melloni nella prima metà dell'Ottocento, misero invece in evidenza l'identità dei raggi luminosi e dei raggi calorifici (v. energia raggiante).
Le ricerche che seguirono ebbero perciò principalmente lo scopo di verificare sui raggi infrarossi le conclusioni della teoria elettromagnetica della luce di C. G. Maxwell e secondariamente di prolungare lo spettro luminoso verso lunghezze d'onda sempre più grandi.
La difficoltà maggiore di queste esperienze è costituita dal fatto che quando si va a lunghezze d'onda grandi, diminuisce fortemente, per una data temperatura, l'intensità dei raggi emessi da una determinata sorgente: così un radiatore perfetto - quello che ordinariamente si chiama corpo nero - alla temperatura di 2000° assoluti ha un massimo d'intensità dell'energia emessa per 1,4 μ. Già a 10 μ questa intensità si riduce all'8%, a 60μ si riduce a 105. Però E. F. Nichols e J. D. Tear riuscirono nel 1923 a produrre, con un minuscolo oscillatore herziano, onde di mm. 0, 12 e d'altra parte a rilevare con lo stesso strumento raggi di mm. 0,3 nella luce emessa da una lampada a vapori di mercurio. Mentre queste ricerche hanno definitivamente stabilito la natura elettromagnetica della luce, hanno d'altra parte anche fornito con la verifica della formula di Planck per l'irraggiamento del corpo nero la base sperimentale più certa per l'ipotesi dei quanti.
Ma lo studio delle radiazioni infrarosse è specialmente importante per le informazioni che ha fornito sulla struttura delle molecole e dei cristalli. Questi come quelle, perché hanno una struttura interna regolare ben definita, hanno anche uno spettro proprio caratteristico; cioè l'assorbimento dipende in modo caratteristico, per ogni cristallo o molecola, dalla frequenza della luce. Supponiamo ora di conoscere la disposizione degli atomi in una molecola e se conosciamo le forze che reggono insieme la compagine, possiamo determinare completamente i caratteri del moto: di rotazione, cioè, dell'intera molecola intorno al centro di gravità, e di vibrazione intorno alle corrispondenti posizioni di equilibrio dei singoli costituenti, nuclei più elettroni. Con questi dati possiamo arrivare, attraverso le equazioni di Maxwell che ci dànno l'interazione tra cariche elettriche e campo di radiazione, a un confronto diretto con l'esperienza. La teoria dei quanti, pur non modificando la rappresentazione che classicamente ci facciamo di questi fenomeni, semplifica enormemente i calcoli.
Spettro infrarosso delle molecole. - Le righe dello spettro infrarosso delle molecole biatomiche si ordinano in bande, cioè successioni ordinate di linee, con frequenze date dalla formula:
(n1 ed n2 maggiori di zero, per m > 0 si ha un ramo R della banda, per m 〈 0 un ramo P e per m = 0 un ramo Q); di più m e n sono numeri interi che dànno i quanti di rotazione e oscillazione, v0 è la frequenza fondamentale di vibrazione dei nuclei tra loro, e I è il momento d'inerzia (v. atomo).
Si possono distinguere nell'infrarosso bande di pura rotazione (n1 = n2) e bande di rotazione e vibrazione. Bande di pura rotazione sono quelle osservate in assorbimento negli acidi degli alogeni, e che hanno lunghezza d'onda compresa tra 120 μ e 40 μ. In questi tipi di bande manca evidentemente il ramo Q. Dalla figura 1 appare evidente che con il crescere del momento d'inerzia diminuisce la distanza tra due righe successive. Dalla misura di questa si può calcolare I e quindi la distanza r0 tra le posizioni d'equilibrio dei due nuclei. Così si ottiene, p. es.:
Le bande di rotazione e vibrazione hanno naturalmente lunghezze d'onda notevolmente più brevi; nell'HCl p. es. si osservano tra 4 μ e 3 μ, e 1,80 μ e 1,70 μ le bande riportate schematicamente nella figura (l'altezza delle linee verticali corrisponde all'intensità osservata). Da essa si nota che le bande presentano una struttura complicata; questo sia perché in realtà la posizione della linea varia, benché di poco, con i diversi valori di n1 e n2 oltre che con i valori della loro differenza, sia perché il fatto che il Cl ha due isotopi (35 e 37) porta a una duplicità delle linee, come è stato visto nella banda tra 1,80 μ e 1,70 μ.
Per quel che riguarda la possibilità d'osservare o no nello spettro infrarosso una data vibrazione, è da fare distinzione tra frequenze attive e inattive: secondo cioè che varii o non varii nel movimento oscillatorio corrispondente il momento elettrico della molecola.
Evidentemente le inattive non possono, tranne casi eccezionali, essere osservate, perciò molecole biatomiche che non hanno momento elettrico non presentano spettro di vibrazione, e così anche i cristalli monoatomici, per lo meno in linea generale. Le molecole poliatomiche presentano bande di tipo simile, tranne che in questo caso si possono osservare varie frequenze d'oscillazione e anche loro combinazioni lineari: la molecola lineare CO2 ha tre frequenze di cui due attive di 4,25 e 14,8, che dànno luogo a 10 bande tra 1,4 e 14. Di più, il fatto che i tre momenti principali d'inerzia non sono eguali, porta a una struttura di rotazione complicata. Le bande di vapori e di liquidi di sostanze organiche, dato il grande valore di I, sono poco risolubili in linee e difficilmente interpretabili, benché sussista la regola generale che uno stesso radicale o meglio lo stesso legame chimico produce un massimo d'assorbimento per la stessa frequenza.
Spettro infrarosso dei cristalli. - La teoria dei reticoli cristallini procede in modo del tutto analogo a quello delle molecole e porta al risultato che le frequenze proprie di vibrazione non sono più in numero discreto, dato il gran numero d'atomi contenuti in un cristallo. Nel 1912 M. Born e T. v. Karman studiarono il caso d'un reticolo lineare di atomi, posti alla distanza a l'uno dopo l'altro, alternativamente di massa m1 e m2 e tra cui agisce una forza elastica. E mostrarono che la frequenza del movimento oscillatorio dell'intero cristallo - quello che costituisce un'onda elastica - dipende dalla lunghezza d'onda, cioè dalla differenza di fase tra i singoli movimenti oscillatorî, che ciascun atomo eseguisce intorno alla propria posizione d'equilibrio. E precisamente trovarono che le frequenze ν si distribuiscono su due curve continue, ben distinte tra di loro: l'inferiore, che per λ = ∞ ha ν = 0, - caso corrispondente alla pura traslazione - è detto ramo acustico, l'altro, a cui competono frequenze più grandi, infrarosse, è detto ramo ottico.
Per un reticolo a tre dimensioni, con p atomi nella cella fondamentale, si hanno in genere 3 p frequenze elastiche, di cui 3 per lunghezza d'onda infinita, tendono a zero; mentre le altre 3 p − 3 costituiscono i rami ottici. Di queste frequenze hanno importanza, per i fenomeni di assorbimento della luce nei cristalli, solo quelle di grande lunghezza d'onda, e siccome nel primo tratto della curva (ζ = 1/λ ~ 0) ν varia molto poco con λ, si può dire che la frequenza che si misura ordinariamente è la frequenza limite per λ = ∞, corrispondente al caso che i reticoli semplici, che costituiscono il cristallo, oscillino l'uno contro l'altro, mantenendosi ciascuno rigido. Queste frequenze si possono mettere in relazione con le costanti elastiche e il confronto con l'esperienza dà risultati soddisfacenti. A questo risultato s'aggiunga che si è riusciti a interpretare in generale con questa teoria lo spettro dei cristalli, in quanto sui risultati di essa sono fondate le teorie quantistiche dei calori specifici a basse temperature, e quelle della conducibilità elettrica e calorifica dei corpi solidi.
Metodi di ricerca. - Strumenti per rilevare la presenza dei raggi infrarossi e misurarne l'intensità sono il bolometro, il radiometro, la pila termoelettrica (v. energia raggiante). Per la prima regione dell'infrarosso sino a 1, 1 μ sono state adoperate anche lastre fotografiche, appositamente sensibilizzate, p. es., con dicianina.
I metodi seguiti in questo campo di ricerca sono svariati, ma principalmente consistono nel misurare l'assorbimento per le varie frequenze da parte d'un gas o cristallo. E siccome un cristallo ha la proprietà di riflettere completamente luce di frequenza eguale a una frequenza propria, è stato anche con successo applicato il metodo di far subire a un fascio di luce successive riflessioni su un cristallo (metodo dei raggi restanti).
Per ottenere radiazioni monocromatiche, l'uso di prismi è limitato a quei dominî di lunghezze d'onda, per cui la sostanza del prisma è trasparente; così il quarzo si può adoperare sino a 3,5 μ. Con prismi di spatofluore, salgemma e silvina si può arrivare sino a 21 μ. Sono adoperati con successo anche reticoli a riflessione e gradinate, e in generale all'ottica con lenti è da preferire l'ottica con specchi.
Bibl.: J. Lecomte, Le spectre infrarouge, Parigi 1928; Schafeer e Matossi, Das Ultrarote Spektrum, Berlino 1930.