Raggi X: sorgenti intense
La radiazione elettromagnetica è uno strumento di indiscutibile importanza per studiare il mondo che ci circonda un mondo costituito da atomi i quali sono il risultato dell'equilibrio di forze elettromagnetiche intraatomiche tra particelle cariche (elettroni e protoni) e che si legano stabilmente tra loro (legame chimico), grazie anche all'equilibrio di forze elettromagnetiche interatomiche. L'uso di onde elettromagnetiche, con lunghezze d'onda che vanno ben al di là del ristretto intervallo corrispondente alla luce visibile, ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della scienza moderna. La spettroscopia atomica e molecolare, vale a dire lo studio delle lunghezze d'onda caratteristiche emesse o assorbite dalla materia allo stato gassoso, è stata cruciale, per esempio, sia nello stabilire le leggi della meccanica quantistica sia nel fornire informazioni altrimenti inaccessibili sulla composizione dei corpi celesti.
La scoperta dei raggi X, effettuata da Wilhelm C. Röntgen nel 1895, e la successiva dimostrazione, dovuta a Max von Laue e altri, a partire dal 1911, che essi vengono diffratti da parte della materia condensata, hanno gettato le fondamenta della cristallografia. Questa è oggi la tecnica comunemente utilizzata per determinare la struttura atomica dei cristalli, cioè per determinare la disposizione degli atomi nello spazio. In generale, lo studio della struttura della materia effettuata con radiazione elettromagnetica di una data lunghezza d'onda può fornire informazioni con una risoluzione spaziale confrontabile con la lunghezza d'onda stessa: quindi, se si vuole giungere alla comprensione della struttura della materia su una scala di lunghezze comparabile con la dimensione degli atomi, è necessario utilizzare una radiazione elettromagnetica con lunghezze d'onda di circa 0,1 nm. Intorno a questa lunghezza d'onda cade appunto l'intervallo dei raggi X. Rosalind Franklin e Maurice Wilkins utilizzarono i raggi X per misurare la diffrazione da un cristallo di DNA, permettendo così a James D. Watson e Francis H.C. Crick di identificare nel 1953 la struttura a doppia elica del DNA stesso. Si tratta probabilmente del più importante risultato ottenuto fino a oggi nel campo della cristallografia.
L'utilizzo delle onde elettromagnetiche in esperimenti di diffrazione e di spettroscopia permette dunque uno studio approfondito della materia, fornendo un'informazione diretta sulle proprietà strutturali e dinamiche degli elettroni e degli atomi che costituiscono la natura intorno a noi. Non è pertanto sorprendente che, nel corso del XX sec., gli scienziati abbiano cercato di ottenere sorgenti di radiazione elettromagnetica sempre più efficienti e con gamma di frequenze sempre più ampia.
L'invenzione del laser ha messo a disposizione dei ricercatori una sorgente straordinariamente efficiente di radiazione elettromagnetica in una regione dello spettro che va dal medio infrarosso al vicino ultravioletto, con particolare efficienza nella regione visibile. Grazie al laser sono state effettuate importanti scoperte scientifiche e numerose sono state le applicazioni pratiche: dalle comunicazioni in fibra ottica, alla lettura dei codici a barre, alla manifattura metalmeccanica e tessile, all'utilizzazione in campo medico, e così via. Una sorgente laser è tuttavia strettamente monocromatica. Se si desidera, invece, una sorgente elettromagnetica di lunghezza d'onda arbitraria in un intervallo spettrale molto più ampio ‒ che comprenda non solo l'infrarosso e il visibile, ma anche l'intero ultravioletto e i raggi X fino a lunghezze d'onda molto piccole (fino a 0,05 nm, un decimillesimo della lunghezza d'onda della luce visibile verde) ‒ la sorgente con la più grande intensità per intervallo di lunghezza d'onda e collimazione attualmente disponibile è la luce di sincrotrone.
La luce di sincrotrone è la radiazione elettromagnetica emessa da un pacchetto di elettroni in moto a velocità relativistiche (cioè velocità prossime a quella della luce), che viene deflesso dalla sua traiettoria rettilinea grazie a un campo elettromagnetico esterno. La deviazione dalla traiettoria rettilinea implica un'accelerazione non nulla degli elettroni, i quali emettono così radiazione elettromagnetica. Un fenomeno di questo tipo avviene anche nel caso dell'emissione di onde radio (radiazione elettromagnetica di lunghezza d'onda dell'ordine dei metri). Le onde radio possono essere prodotte da un'antenna (per es., un conduttore metallico) alimentata da una corrente elettrica oscillante, cui corrispondono accelerazioni e decelerazioni delle cariche in moto nel conduttore. Le lunghezze d'onda emesse sono tanto più corte quanto più elevata è la frequenza della corrente. In linea di principio, se si aumenta la frequenza di oscillazione degli elettroni, la lunghezza d'onda continuerà a diminuire fino a raggiungere valori tipici dell'intervallo dei raggi X e oltre: si è così prodotta luce di sincrotrone. In realtà, questo processo non può avvenire all'interno di un conduttore, in quanto le velocità raggiunte dagli elettroni sarebbero troppo elevate e gli urti tra questi elettroni di conduzione e gli atomi che compongono il conduttore stesso produrrebbero rapidamente la fusione del materiale. Questo problema è brillantemente risolto se si fanno circolare gli elettroni in appositi tubi nei quali viene praticato il vuoto, intorno ai quali viene poi prodotto un campo elettromagnetico esterno con lo scopo di controllare l'accelerazione e la traiettoria del fascio di elettroni.
Il processo di produzione di luce di sincrotrone avviene in appositi acceleratori circolari (o anelli di accumulazione) chiamati generalmente con il termine, leggermente improprio, di sincrotroni. In questi anelli, gli elettroni vengono portati alle velocità desiderate utilizzando delle cavità acceleratrici (cavità a radiofrequenza), quindi deviati dalla loro traiettoria rettilinea mediante campi magnetici statici (dipoli), e infine focheggiati e mantenuti presso la loro orbita ideale utilizzando campi magnetici statici focheggianti (quadrupoli o esapoli magnetici). Le cavità a radiofrequenza, dopo una certa porzione dell'orbita circolare, riforniscono gli elettroni dell'energia persa durante il processo di emissione di radiazione di sincrotrone.
Questi anelli hanno diametri che variano dalla decina fino a diverse centinaia di metri. Anche se tali acceleratori hanno grandi dimensioni e comportano costi elevati, attualmente nel mondo ne sono operativi circa cinquanta, quasi tutti al solo scopo di produrre radiazione elettromagnetica utilizzata per fini di ricerca scientifica. Tipicamente, tanto più è elevata l'energia degli elettroni, tanto più grande è il corrispondente anello. I tre anelli più grandi ‒ e quindi più efficienti nei raggi X ‒ sono dotati di una circonferenza di circa 1 km: l'ESRF (European synchrotron radiation facility) di Grenoble fa circolare elettroni a una energia di 6 GeV; l'APS (Advanced photon source) di Chicago, a 7 GeV; l'SPring8 (Super ring 8) di Tsukuba, a 8 GeV. Un quarto anello, il PETRA III, a 6 GeV, è in via di realizzazione ad Amburgo.
Occorre in realtà osservare che il termine anello è leggermente improprio. I moderni sincrotroni sono infatti costituiti da un susseguirsi di sezioni diritte e di sezioni curve che servono a raccordare le prime. L'aspetto generale è più simile a un poligono con un grande numero di lati e con spigoli smussati.
Gli scienziati hanno grande interesse allo sviluppo di tali sorgenti di luce. Il parametro che si cerca di ottimizzare è la brillanza, o luminosità spettrale, il cui valore costituisce la figura di merito per molte applicazioni sperimentali. La brillanza corrisponde al numero di fotoni emessi dalla sorgente nell'unità di tempo, nell'unità di angolo solido, per unità di superficie della sorgente e per unità di larghezza di banda intorno alla lunghezza d'onda (o all'energia corrispondente) della radiazione considerata. L'unità di misura usualmente utilizzata per esprimere la brillanza è [fotoni∙s−1∙mm−2∙mrad−2∙(0,1%BW)−1], dove 0,1%BW denota una larghezza di banda di 10−3 E0 centrata intorno all'energia E0 considerata (BW sta per bandwidth o larghezza di banda). Si comprende da tale definizione che la brillanza non considera unicamente il flusso di fotoni (fotoni al secondo per una data larghezza di banda), ma anche la loro densità nello spazio delle fasi, vale a dire che fotoni emessi da una piccola area con un alto grado di collimazione direzionale saranno più facilmente utilizzabili, ovvero sarà più facile focheggiarli, renderli monocromatici e trasportarli; tali processi avvengono nelle cosiddette linee di luce, fino al luogo ove avrà luogo l'esperimento vero e proprio. Con riferimento alle sorgenti di raggi X, il periodo che va dalla loro scoperta (poco prima del 1900) al 1960 è marcato da sorgenti con brillanza dell'ordine di 106÷107 [photons∙s−1∙ ∙mm−2∙mrad−2∙(0,1%BW)−1], e questo valore ha limitato ‒ nella prima metà del XX sec. ‒ il campo di applicazione e la ricerca basata sull'utilizzo della radiazione di sincrotrone in generale e dei raggi X in particolare.
Dalla scoperta dell'emissione di luce di sincrotrone da un fascio di elettroni relativistici, effettuata da un gruppo di ricercatori della General Electrics nel 1947, la brillanza delle sorgenti di radiazione di sincrotrone si è sviluppata con un ritmo formidabile e, durante gli ultimi trent'anni, si è riusciti ad avere un aumento medio di tre ordini di grandezza ogni dieci anni per raggiungere i valori attuali di circa 1021÷1022 [fotoni∙s−1∙mm−2∙mrad−2∙ ∙(0,1%BW)−1], come mostrato in fig. 3.
I primi tentativi di utilizzazione sistematica degli anelli di accumulazione come sorgenti di fotoni per esperimenti scientifici risale agli anni Sessanta. A quel tempo, alcuni anelli di accumulazione di elettroni, progettati e costruiti per studi di fisica nucleare e sub-nucleare, iniziarono a essere utilizzati in modo 'parassita': quando l'acceleratore non era utilizzato per l'esperimento di fisica delle alte energie per cui era stato costruito, era impiegato come sorgente di fotoni per esperimenti di fisica atomica, molecolare e dello stato solido. Queste macchine sono oggi ricordate come sorgenti di luce di prima generazione: tra queste, l'acceleratore ADONE a Frascati, DCI a Orsay, DORIS ad Amburgo, NINA a Daresbury, e SPEAR a Stanford. I risultati sperimentali ottenuti con questi acceleratori, seppur utilizzati a tempo parziale, furono così interessanti e promettenti da stimolare la costruzione di acceleratori disegnati, ottimizzati e completamente dedicati alla produzione di radiazione elettromagnetica e, in particolare, di raggi X. Esempi di questa macchine di seconda generazione sono l'acceleratore BESSY a Berlino, il VUV e l'X-ray ring del National synchrotron light source a Brookhaven, il SuperAco a Orsay, SPEAR2 a Stanford, e la Photon factory a Tsukuba. Negli anni Novanta iniziò a funzionare una nuova generazione di acceleratori. Queste sorgenti di luce di sincrotrone di terza generazione sono caratterizzate da una brillanza ulteriormente aumentata grazie ai progressi teorici e tecnologici nella fisica degli anelli di accumulazione. Ma il vero nuovo grande guadagno in brillanza si è avuto con l'utilizzazione di routine di strutture magnetiche periodiche (dette wiggler) e di ondulatori, i quali si sono cominciati a sviluppare come possibili nuove sorgenti di radiazione nelle macchine di seconda generazione, ma hanno visto piena applicazione solo nelle macchine di terza generazione. Queste strutture magnetiche hanno permesso un ulteriore aumento della brillanza di diversi ordini di grandezza. Infatti, mentre negli anelli di prima e seconda generazione la luce di sincrotrone utilizzata dagli sperimentatori è quella generata nei magneti curvanti dipoli che impongono all'elettrone di seguire una traiettoria circolare (o un arco di traiettoria circolare), la radiazione utilizzata nelle macchine di terza generazione è quella generata dagli ondulatori e dai wiggler ‒ che sono strutture magnetiche realizzate con una sequenza di molti dipoli identici e disposti uno dopo l'altro con orientazione alternata. Questi dispositivi, lunghi tipicamente da 2 a 5 m, contengono, in genere, una sequenza di 100÷200 dipoli identici, con ogni singolo dipolo realizzato con magneti permanenti e lungo qualche centimetro. Essi costituiscono strutture magnetiche lineari periodiche che vengono inserite nelle sezioni diritte dell'acceleratore: vale a dire, sezioni diritte create ad hoc fra due dipoli curvanti dell'anello. Tali dispositivi inducono una forza magnetica periodica sugli elettroni, la quale ne modifica la loro traiettoria rettilinea e impone un movimento ondulatorio, producendo quindi un gran numero di curve intorno alla traiettoria rettilinea media: ciascuna di tali curve, alle quali è associata una forte accelerazione degli elettroni circolanti, produce un intenso lampo di radiazione. Il fattore di aumento della brillanza, rispetto all'emissione di un singolo magnete curvante, può raggiungere il valore N2, dove N è il numero di curve imposte alla traiettoria degli elettroni. In fig. 4 è schematizzata la differenza fondamentale tra l'emissione di luce di sincrotrone da dipolo, o magnete curvante, e quella da ondulatore e wiggler.
La differenza tra l'ondulatore e il wiggler è determinata dall'intensità del campo magnetico del singolo dipolo. Si parla di wiggler se l'intensità del campo magnetico del dipolo è elevata e simile a quella che tipicamente si ha in un magnete curvante (dell'ordine del tesla). In questo caso, lo spettro della radiazione emessa è praticamente bianco, cioè si estende in modo continuo dalle grandi lunghezze d'onda (infrarosso) fino a una lunghezza d'onda critica il cui valore è determinato dall'energia degli elettroni e dal valore del campo magnetico del wiggler (raggiunge facilmente i 100 keV nei moderni strumenti). L'intensità dello spettro di radiazione di un wiggler di N dipoli è uguale alla 'somma incoerente' (effettuata N volte) dello spettro di radiazione di un singolo dipolo. Si parla invece di ondulatore se il campo magnetico del singolo dipolo è determinato in modo tale da imporre agli elettroni una traiettoria per cui il campo elettromagnetico generato in una data curva è in fase con quello emesso nella curva successiva. Questa condizione è realizzata con campi magnetici notevolmente meno elevati rispetto al caso del wiggler (di ca. 0,1 T) e, ovviamente, vale solo per alcune specifiche lunghezze d'onda. Il vantaggio di questa configurazione di campo magnetico è che la radiazione emessa a ogni curvatura della traiettoria interferisce coerentemente con quella emessa nelle curvature precedenti e successive, dando luogo a uno spettro formato da armoniche corrispondenti alla 'somma coerente' delle intensità dei lampi di luce emessi a ogni curvatura della traiettoria. In questo caso, lo spettro non è piú piatto, ma è caratterizzato da un susseguirsi di righe (armoniche) con intensità proporzionale al quadrato del numero di dipoli.
In fig. 5 si riporta, a titolo di esempio, lo spettro di radiazione di un wiggler e di due tipici ondulatori operanti all'ESRF con periodo magnetico di lunghezza (34 e 23 mm) e intensità differenti. Il wiggler permette di coprire una regione molto ampia dello spettro, mentre gli ondulatori permettono di ottenere brillanze piú elevate che nel caso dei wiggler, ma in una regione spettrale notevolmente ridotta.
Esempi di sorgenti di terza generazione attualmente in funzione sono l'ESRF a Grenoble ‒ la prima sorgente di questa generazione a essere operativa ‒, l'Advanced light source (ALS) a Berkeley, Elettra a Trieste, BESSY II a Berlino, Max-II a Lund, l'APS ad Argonne, l'SRing8 a Hyogo Prefecture, lo Swiss light source (SLS) a Villingen. Molte altre sorgenti sono in costruzione, come Diamond a Oxford, Soleil a Orsay, ALBA a Barcellona, e PETRA III ad Amburgo.
Una caratteristica degli anelli di accumulazione utilizzati come sorgente di luce di sincrotrone è che gli stessi elettroni girano per diverse ore, passando centinaia di migliaia (o anche milioni) di volte al secondo attraverso gli stessi ondulatori e dipoli. Le cavità a radiofrequenza nell'anello restituiscono l'energia persa dagli elettroni per irraggiamento (essi generalmente irradiano ca. lo 0,1% della loro energia a ogni giro), così da permettergli di girare con energia praticamente costante. Ogni volta che un elettrone emette un fotone, secondo un processo di tipo quantistico (e quindi probabilistico), si verificano effetti di rinculo che perturbano il suo stato di moto e la sua posizione. Questa moltitudine di perturbazioni casuali, che si verificano a ogni perturbazione dello stato di moto dell'elettrone, determinano un limite superiore alla brillanza che la struttura magnetica dell'anello può imporre agli elettroni. In altri termini, questi processi impediscono che il volume dello spazio delle fasi occupato dagli elettroni possa essere ridotto al di sotto di un certo limite, e questo a sua volta impone un limite al valore massimo della brillanza delle sorgenti di fotoni basate su anelli di accumulazione, cioè su acceleratori dove gli elettroni vengono immagazzinati e fatti circolare quasi indefinitamente nell'anello. Un'attenta analisi quantitativa mostra che non è possibile aumentare sostanzialmente la brillanza di un anello di accumulazione al di sopra dei valori attualmente ottenuti nelle macchine di terza generazione. Per ricercare sorgenti di raggi X con valori di brillanza ancora superiori agli attuali ci si sta allora allontanando dall'uso di anelli di accumulazione, dirigendosi invece verso acceleratori in cui gli elettroni passano nelle strutture magnetiche poche volte, al limite una sola volta. In questo caso, i limiti imposti dalle condizioni di ricircolo del fascio non sono più rilevanti, in quanto ogni impulso di luce corrisponde a un nuovo fascio di elettroni.
In queste nuove macchine in fase di studio (già definite di quarta generazione), si cerca di realizzare un'emissione coerente da parte dei vari elettroni costituenti il singolo pacchetto, portando a una brillanza che è proporzionale al quadrato del numero di elettroni circolanti, e non direttamente proporzionale come nel caso di macchine di generazione inferiore, dove ogni elettrone emette indipendentemente (incoerentemente) dagli altri. In altri termini, mentre la luce di sincrotrone emessa da M elettroni circolanti in un anello di accumulazione nel passare attraverso un ondulatore di N periodi è proporzionale a MN2, in un acceleratore lineare essa può essere resa proporzionale a M2N2, se la densità di elettroni è sufficientemente elevata. Considerando che, teoricamente, si dovrebbero riuscire a realizzare condizioni di emissione coerente in pacchetti contenenti fino a 107÷109 elettroni, ci si aspetta un enorme incremento di brillanza rispetto ai valori attuali. Lo sviluppo di tali sorgenti di quarta generazione è previsto per il primo decennio del XXI secolo. Si può comprendere perché ci si riferisce a queste sorgenti rivoluzionarie come a dei laser a elettroni liberi nei raggi X (X-ray free electron laser, XFEL), in quanto l'emissione di luce è legata in modo coerente sia al numero di elettroni sia al numero di fotoni presenti nella cavità, che in questo caso è rappresenta dall'ondulatore. Il riferimento esplicito al processo laser è leggermente improprio in quanto non si produce ‒ come nei veri laser ‒ un'inversione di popolazione di livelli, ma può essere accettato se si considera che, come nei laser, si verifica un processo di emissione coerente di luce, in questo caso di sincrotrone.
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Sito Internet
ESFR. A light for science: http://www.esfr.eu./files/Brochures/brochureen.pdf