RAGION SUFFICIENTE
. Il principio di ragion sufficiente è uno dei supremi principî logici, per quanto la sua formulazione esplicita non risalga che al Leibniz, che lo aggiunse ai due principî classici. Questi si erano venuti determinando nel pensiero antico, e conclusivamente in Aristotele, come principio noetico (esigente che l'unitario contenuto della noesi permanesse costante nella sua determinazione) e come principio dianoetico (sovrastante all'attività dianoetica, ed escludente la contemporanea verità dell'affermazione e della negazione di egual soggetto ed egual predicato: se è vero "A è B", non è vero "A non è B", e viceversa). Il pensiero medievale, non avvertendo la dualità delle posizioni noetica e dianoetica, fuse da un lato i due principî nell'ibrida formula del principium identitatis et contradictionis (v. contraddizione; identità), asserente che A è A e non è non-A, e dall'altro lasciò sussistere il principio dianoetico nella forma del cosiddetto principium exclusi tertii. Naturalmente, nonostante tali contaminazioni e trasformazioni, i principî logici medievali conservavano il carattere che avevano posseduto nel sistema aristotelico, in cui non servivano a fondare alcuna verità, ma solo a mantener salde nelle loro determinazioni la verità intuita noeticamente e quelle che dianoeticamente se ne potevano dedurre. Essi convenivano quindi a verità di evidenza intrinseca, quali erano le leibniziane "verità di ragione", riconosciute immediatamente dall'intelletto per l'avvertita impossibilità di pensarne la negazione; mentre le "verità di fatto", in cui il Leibniz comprendeva tutte quelle constatazioni empiriche rispetto alle quali restava pur sempre concepibile la constatazione contraria, avevano bisogno, per essere affermate, della dimostrazione della loro necessità ideale, cioè del chiarimento che, per la loro realtà, sussisteva una "ragione sufficiente". Di qui il principium rationis sufficientis, formulato dal Leibniz come principio logico peculiare per la conoscenza delle verità di fatto.
Concepito come fondamento giustificativo dell'esistenza di una data realtà, il principio di ragion sufficiente s'identifica così, sotto un certo aspetto, col principio di causalità: e da questo punto di vista può dirsi che esso sia stato implicitamente presupposto fin dai primi pensatori presocratici, persuasi di non poter spiegare l'universo se non determinandone la causa. Ma la "ragion sufficiente" non è soltanto la causa, che potrebbe anche essere meramente irrazionale e meccanica: è il motivo ideale, che spiega l'esistente mostrando come esso sia necessario per la realizzazione del fine organico dell'universo. Il principio di ragione implica quindi non soltanto la causalità, ma anche la finalità: e s'intende che come suoi impliciti assertori, nell'antichità classica, debbano essere apparsi specialmente quei pensatori che concependo teleologicamente il divenire cosmico giunsero a identificare la causalità con la finalità come in larga misura fecero Platone e Aristotele e più che ogni altro lo stoicismo, nella sua idea della fatalità razionale governante il cosmo. Ma la razionalità teleologica del divenire risulta più chiaramente e pienamente pensabile quando a fondamento di quello si ponga non tanto un'eterna legge quanto una volontà provvidente con perfetta saggezza. S'intende quindi come l'idea della "ragion sufficiente" trovi un ambiente propizio nella teologia del cristianesimo, e giunga a esplicita formulazione nel sistema del Leibniz, che pur tenendo fede al motivo razionalistico di quella teologia ne sfrutta insieme anche il motivo volontaristico, concependo l'attività di Dio come risultato non solo di assoluta saggezza ma anche di volontà provvidente. E s'intende anche, infine, come il pensatore che nell'età moderna ha più insistito sul valore del principio di ragion sufficiente sia stato proprio il più assoluto ed esclusivo teorico del volontarismo, e cioè lo Schopenhauer, per cui l'intero mondo non è che raffigurazione teoretica dell'universale Volontà che ne costituisce la sostanza. Nel suo scritto Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente egli sottopone infatti quel principio a una minuta analisi, distinguendone quattro diverse specificazioni: principium rationis sufficientis fiendi (ogni divenire deve avere una causa); p. r. s. cognoscendi (ogni asserzione conoscitiva dev'essere giustificata); p. r. s. essendi (ogni realtà, per esistere, deve trovar luogo nel sistema spazio-temporale di tutte le cose); p. r. s. agendi (ogni azione, per prodursi, dev'essere motivata da un fine della volontà).