Raimon Vidal de Besalù
Vidal Trovatore catalano, vissuto fra la fine del XII e la prima metà del sec. XIII. Di lui ci rimangono, oltre ad alcune liriche la cui attribuzione è però messa in dubbio, un ensenhamen di 1773 versi diretto a un giullare sul comportamento da tenere a corte e una composizione, anch'essa in versi, nella quale si richiede al trovatore Uc de Mataplana un giudizio d'amore; inoltre una novella, pure in otto-sillabi, il Castia gilos. Da queste opere si desume che R., fu in contatto con le corti di Spagna e di Catalogna e con gli ambienti cortesi del mezzogiorno della Francia. Nella prima metà del sec. XIII scrisse Las Razos de trobar, il più antico trattato conosciuto di grammatica provenzale.
Scopo dell'opera era quello di codificare le regole grammaticali e indicare i modelli da seguire per comporre poesie in lingua d'oc, in quanto R. notava che tale parlata veniva adoperata male dai suoi contemporanei fra i quali, peraltro, era diffusissimo l'uso di poetare seguendo il modello dei trovatori occitanici. Nelle Razos si afferma che la lingua più adatta per la composizione di " vers et cansos et sirventes " è il limosino (nella quale denominazione vengono comprese anche le altre parlate più diffuse nel dominio occitanico), mentre si considerano generi propri alla lingua d'oïl " romans, retronsas " e " pasturellas " (cfr. VE I X 2). R. si serve di esempi tratti da composizioni trobadoriche per documentare sia il buono che il cattivo uso della lingua provenzale mentre, per la divisione delle parti del discorso, segue le norme della grammatica latina così com'erano conosciute nelle scuole medievali. La parte grammaticale risulta piuttosto sommaria e incompleta soprattutto per quanto riguarda la trattazione del verbo. Ciò può spiegarsi considerando che R. s'indirizzava a un pubblico che aveva già una sufficiente conoscenza del provenzale e ciò, inoltre, con intendimenti piuttosto critici che pedagogici. Secondo il Santangelo, invece, il motivo di tale incompletezza consiste nel fatto che le redazioni pervenuteci delle Razos dipenderebbero da una versione precedente e assai più ampia che egli ritiene fosse conosciuta da Dante.
Non mancano nel De vulg. Eloq. luoghi nei quali si può avvertire una certa somiglianza con gl'intendimenti e le idee generali delle Razos; anche in esse, infatti, la lingua viene studiata nell'attualità dell'uso fattone da poeti rinomati e anche R. ritiene, come D., che la lingua d'arte debba essere il risultato della creazione personale degli scrittori e, benché reputi eccellenti i trovatori del Limosino, egli non manca di riconoscere il valore di altri, come Folchetto di Marsiglia, Arnaut de Marueill e Peire Vidal che non erano di questa regione, così come D. nel De vulg. Eloq. cita alla pari, lodandoli per l'uso fatto del volgare, poeti siciliani, bolognesi e toscani. Bisogna comunque osservare che, anche se D. conobbe Las Razos de trobar, nel De vulg. Eloq. appare una concezione assai più profonda e programmatica del problema del volgare d'arte di quanto non sia avvertibile, invece, nell'opera di R. che rimane inscritta nei limiti di un manuale destinato all'uso pratico, anche se la materia è trattata senza pedanteria e con sensibilità di poeta per i valori della lirica trobadorica.
Bibl. - F. Guessard, Grammaires provençales de Hugues Faidit et de Raymon Vidal de Besaudun, Parigi 1858; P. Meyer, Traités Catalans de grammaire et de poétique, in " Romania " VI (1877) 341-352; E. Stengel, Die beiden ältesten provenzalischen Grammatiken. Lo Donatz proensals und Las Razos de trobar, Marburgo 1878; L. Biadene, " Las Razos de trobar " e " Lo Donatz proenzals " secondo la lezione del ms. Landau, in " Studi Filol. Romanza " I (1885) 335-402; II (1886) 93-95; S. Santangelo, D. e i trovatori provenzali, Catania 1921 (1959², 74-97; recens. di G. Bertoni, in " Giorn. stor. " LXXXII [1923] 372 ss.); E. Faral, Les Arts Poétiques du XII et du XIII siècle, Parigi 1958.