BATTERA, Raimondo
Nacque a Trieste il 26 maggio 1859, da padre zaratino. Si occupò assai giovane in una rappresentanza commerciale, ma il principale obiettivo, verso cui si polarizzò ben presto la sua attività, fu l'ideale politico del congiungimento della Venezia Giulia al Regno d'Italia. Nel gennaio 1880 partecipò ad un convegno giovanile, in cui furono poste le basi organizzative, per allora scarse e inadeguate, di una società segreta, denominata "Circolo Garibaldi, Pro Italia Irredenta", alla quale Oberdan aderì con una lettera al B. da Roma.
Messosi subito all'opera, venne sorpreso dalla polizia il 3 marzo 1880, mentre portava da Trieste a Gorizia ottanta copie del giornaletto clandestino L'Italia irredenta.Dopo una detenzione di quattro mesi nelle prigioni di Trieste, venne condotto a Graz, dove fu giudicato, ai primi di ottobre, con il coimputato L. Bernardino, in Corte d'assise e condannato a quindici mesi di carcere, da scontare all'ergastolo di Suben. Di quel periodo egli tenne un diario descrivendo le umilianti sofferenze della reclusione, che vennero abbreviate per effetto dell'amnistia, concessa in occasione delle nozze del principe ereditario austroungarico.
Liberato nel maggio 1881, subì, quindici mesi dopo, nell'agosto 1882, un nuovo arresto, insieme con una trentina di altri irredentisti indiziati, in seguito al lancio di una bomba contro un corteo di veterani. Rilasciati quasi tutti gli altri, il B. venne, invece, deferito all'autorità giudiziaria e quindi processato, il 29 dicembre, dal tribunale provinciale di Trieste, che, assolvendolo dalle imputazioni più gravi, relative al lancio della bomba, lo condannò a due mesi di reclusione, come reo di una sottoscrizione, raccolta al fine di erigere un monumento a Garibaldi e di comporre un album della gioventù triestina in memoria dell'eroe. Durante la detenzione che precedette il processo poté, sia pure di sfuggita, rivedere Oberdan, rinchiuso provvisoriamente nello stesso carcere triestino, detto dei Gesuiti, in attesa anch'egli di essere processato.
Nel marzo 1883, poco dopo la scarcerazione, il B., informato che la polizia era nuovamente sulle sue tracce, decise di riparare in Italia. Fissò, quindi, la residenza a Milano, ove divenne, in poco tempo, uno dei principali animatori delle correnti irredentistiche e antitripliciste: insieme con Emilio e Giacomo Venezian, Salvatore Barzilai, Ippolito Pederzolli e altri emigrati, riprese nel 1885 l'iniziativa del Circolo Garibaldi.
La prima sezione del Circolo costituita in territorio italiano, e di gran lunga la più attiva, fu quella milanese, da lui praticamente diretta. Se ne costituirono presto altre nelle principali città italiane e nel territorio giuliano. Il B., culturalmente piuttosto sprovvisto, si mostrò tuttavia all'altezza dei compiti inerenti all'organizzazione, cui aveva dato vita, curando relazioni con personalità del mondo intellettuale e politico, con la stampa e le varie associazioni, usando, in quel periodo di forti contrasti intorno ai temi irredentistici, tatto ed energia insieme. Si formò una numerosa famiglia, esercitando, per mantenerla, vari lavori: fu disegnatore in uno studio di ingegneria, ragioniere presso una ditta, insegnante di stenografia in un istituto tecnico. Trovò anche il tempo di dedicarsi alla pittura, dando prova, tra l'altro, della sua capacità con un ritratto di Oberdan.
Il Circolo Garibaldi, a partire dal giugno 1885, pubblicò il giornale, L'Eco dell'Alpe Giulia, che continuò a uscire, più o meno regolarmente, ogni due o tre mesi, fino a tutto il 1895; fu ripreso, poi, in maniera assai saltuaria, nel 1898 e terminò le pubblicazioni con la morte del B., al quale fu dedicato l'ultimo numero nel gennaio 1900.
L'Eco dell'Alpe Giulia ebbe la collaborazione di uomini celebri, quali Aurelio Saffi, Giosue Carducci, Mario Rapisardi, Felice Cavallotti, Quirico Filopanti, Gabriele Rosa. La sua vita, clandestina o quasi, fu sempre difficile e il B., oltre all'attività di redattore, dovette escogitare ingegnose forme di spedizione, specialmente per l'inoltro nella Venezia Giulia, dove si simulava che fosse il luogo di stampa. Il circolo curava, inoltre, pubblicazioni collaterali al giornale, inviava rappresentanze alle manifestazioni nazionali, cui spesso presenziò il B., faceva giungere la voce dell'irredentismo in parlamento, perfino con l'elezione alla Camera di uno degli adepti, il giovane triestino Salvatore Barzilai.
Nello schieramento politico italiano, i maggiori punti di contatto si ebbero con le forze di sinistra, repubblicani, radicali e socialisti, cui era più affine la mentalità di una parte considerevole degli affiliati, tra cui il Battera.
Ma questi quasi celò l'intimo orientamento politico e agì unicamente come l'uomo del Circolo, preoccupato di giovare in ogni modo alla causa dell'irredentismo e di procurarle i maggiori consensi possibili in tutto l'arco della politica italiana, specialmente nei settori dove più carente e ostacolata era la sensibilità per i problemi delle regioni sottoposte all'Austria. Si adoperò quindi per appianare ogni contrasto che sorgesse tra gli irredentisti: intervenne, ad esempio, come mediatore in una polemica giornalistica, sorta alla fine del 1890, tra Piero Mosettig e M. R. Imbriani e, nel 1892, in occasione di un'altra polemica tra lo stesso Imbriani e Barzilai. Si adoperò anche, con successo, per la fusione del Circolo "XX Dicembre" di Trieste con il Circolo Garibaldi, che fu realizzata nel 1893.
Dopo il 1895 le attività del Circolo andarono sempre più illanguidendo anche a causa dei gravi problemi italiani coloniali e interni; ma il B. rimase ancora sulla breccia, magari come semplice autore di azioni simboliche, in una delle quali, (la deposizione di una corona di fiori sul monumento a Garibaldi), attuata in una notte d'invemo, contrasse una polmonite, che in pochi giorni lo condusse a morte, l'11 genn. 1899.
Nei limiti di una modesta personalità, il B. diede tutto se stesso per la causa dell'italianità di Trieste, operando con costante fervore. Spirito metodico, conservò le carte private, registrandole su un protocollo in ordine cronologico, e curò l'archivio del Circolo Garibaldi. L'una e l'altra documentazione, unitamente al diario del carcere, si trovano al Museo del Risorgimento di Trieste e sono una fonte importante per la storia del movimento irredentista di fine secolo.
Bibl.: L'Eco dell'Alpe Giulia, numero commemorativo, gennaio 1900; L. Thompson [Lupo della montagna], Il Trentino, la Venezia Giulia e la Dalmazia nel Risorgimento italiano, Milano 1914, pp. 182-184; A. Tamaro, Storia di Trieste, Roma 1924, II, pp. 487, 493, 507, 508; A. Gentile, Un profilo di R.B., in Annuario del R. Liceo scientifico Guglielmo Oberdan di Trieste, a. 1925-1926 e 1926-1927; G. Timeus, L'attività irredentistica di R. B. e il Circolo Garibaldi di Trieste, in Il Piccolo di Trieste, 11genn. 1929 e 21 ott. 1934; F. Salata, Oberdan, Verona 1932, pp. 63, 68; A. Sandonà, L'irredentismo nelle lotte politiche e nelle contese diplomatiche italo-austriache, Bologna 1932, II, p. 21; III, pp. 4, 6, 10, 17, 27, 44; L. Veronese, Ricordi dell'irredentismo: R.B. e l'Eco dell'Alpe Giulia, in Camicia Rossa, agosto-settembre 1937, pp. 185-188; Id., Vicende e figure dell'irredentismo giuliano, Trieste 1938, pp. 63 ss., 78, 87-89, 93-98, 126, 152, 230-232; C. De Franceschi, Il Circolo Garibaldi di Trieste per l'Italia irredenta, in Rass. stor. del Risorgimento, XXXVIII(1951), pp. 342-354; B. Coceani, Milano, centrale segreta dell'Irredentismo, Milano 1962, passim (con docum. e bibliogr.).