CABANNI, Raimondo de
I primi dati della biografia di questo influente personaggio della corte angioina restano oscuri e rimandano solo alla vicenda romanzesca riferita nell'ultimo capitolo del De casibus virorum illustrium (lib. IX) del Boccaccio, che dichiarò di averla appresa dalla viva bocca di due vecchi gentiluomini napoletani, Marino Bulgaro e Costanzo de Rocca, quando egli, giovanissimo, frequentava quella corte. Secondo il suo racconto, il C., giovane schiavo moro ("aethiops"), era stato venduto dai pirati a Raimondo de Cabanni, maestro delle cucinereali. Per il suo zelo e la sua capacità il Cabanni lo fece battezzare, gli dette il suo nome e lo lasciò erede delle sostanze e dell'ufficio.
Come capo delle cucine reali il C. è infatti qualificato nel primo documento che lo riguarda: in occasione del suo matrimonio con Filippa da Catania, balia di Ludovico secondogenito di Roberto d'Angiò allora duca di Calabria, gli venne concessa dallo stesso duca una rendita annua di 20 once. Nel documento, che porta la data del 6 febbr. 1305, è ricordato espressamente che il matrimonio era stato contratto in quello stesso anno, e se si considera che la cancelleria angioina contava gli anni dal 1ºsettembre, dev'essere stato celebrato tra il 1ºsett. 1304e il 6 febbr. 1305.Secondo il Boccaccio il C., "vir extrema audacia", avrebbe chiesto e ottenuto, per nobilitare le nozze, di essere armato cavaliere, ma non sembra che l'affermazione corrisponda completamente alla verità; solo molti anni dopo il C. viene indicato nei documenti come "miles".
La sua carriera alla corte angioina dovette essere abbastanza rapida, anche se la mancanza di fonti impedisce di ricostruire in tutti i particolari le tappe di una sorprendente ascesa, alla quale dovette contribuire in modo decisivo la moglie, assai apprezzata come governante dei figli di re Roberto. Quando questi, il 25 febbr. 1311, riconfermò l'assegno annuo di 20 once, il C. appare già insignito del titolo di familiare. Più tardi, tra il 1325 e il 1326, è ricordato come "miles", ciambellano e familiare di Carlo duca di Calabria, primogenito di Roberto, del quale curava anche le scuderie come maestro marescalco. Quando morì nell'ottobre del 1334, era siniscalco dell'ospizio reale, cioè il più alto funzionario della casa del re. Ebbe funerali sontuosissimi e fu sepolto a S. Chiara, la chiesa dei re angioini.
La consuetudine quotidiana con la famiglia reale gli aveva fruttato un palazzo a Napoli, sito nelle vicinanze di Castel Nuovo, alla porta della Fontana, e numerosi feudi. Nel 1324 figura come comproprietario dei castelli di Cerza Piccola, Avellana, Rocca del Vescovo, S. Giuliano e Pacile. Carlo di Calabria gli concesse altri feudi in Terra d'Otranto; dopo la sua morte la vedova e i figli si divisero vari altri casali.
Dal matrimonio con Filippa da Catania erano nati tre figli. Il primogenito Carlo, vicesiniscalco dell'ospizio e ciambellano del re, sposò una donna appartenente alla più alta nobiltà del Regno, Margherita da Ceccano. Morì già nel 1340 lasciando quattro figli, Raimondello, Antonello, Sancia e Giovannella. Perrotto, ciambellano anch'egli, gli era premorto già nel 1336. Il terzogenito infine, Roberto, destinato prima alla carriera ecclesiastica, ascese alle più alte dignità: fu creato conte di Eboli e ricoprì la carica di gran siniscalco del Regno.
Fontie Bibl.: C. Minieri Riccio, Studii storici fatti sopra 84 registri angioini, Napoli 1876, pp. s, 9 s., 63, 65, 80; G. De Blasiis, Racconti di storia napoletana, Napoli 1908, pp. 162, 195; F. Torraca, Giovanni Boccaccio a Napoli (1326-1339), in Arch. stor. per le prov. napol., IX (1914), pp. 425 s.; R. Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi, Firenze 1922, I, p. 261; E-G. Léonard, Histoire de Jeanne Ire,reine de Naples,comtesse de Provence (1343-1382), I, Monaco-Paris 1932, pp.33, 156.