DELLA VOLTA, Raimondo
Vissuto tra i secoli XII e XIII, appartenne a una nobile famiglia di origine viscontile, che in quel periodo aveva un peso determinante nella vita politica e commerciale genovese. Sembra di dover concludere, sulla base dei documenti più antichi a lui relativi in nostro possesso, che inizialmente il D. si sia dedicato esclusivamente all'attività commerciale: egli viene ricordato infatti in numerosi contratti rogati tra il 1186 ed il 1192dai notai Oberto Scriba da Mercato e da Guglielmo Cassinese. La prima menzione del D., in qualità di teste, si ha in una carta del settembre 1186. Nel febbraio-marzo del 1190, egli impegnò 50 lire nello sfruttamento di alcune gabelle, altre 50 lire in un'accomenda che aveva come meta la Sicilia e 100 lire in una società diretta in Oltremare; inoltre, cedette ad un gruppo di concittadini una quantità di pepe per la quale costoro si impegnavano a pagargli 50 lire entro un anno e acquistò un quarto di una grossa nave per 480 lire. Nel marzo e nel settembre del 1191 fu ancora teste in due contratti stipulati da altri Della Volta, forse legati a lui da vincoli di parentela; mentre nel gennaio del 1192si fece garante per il pagamento di 200lire per l'antefatto di Sofia figlia di Ugo Fornari.
Da questi documenti risulta evidente che il D., come del resto tutti gli esponenti delle antiche famiglie nobili genovesi impegnati nell'attività commerciale, si limitava a finanziare operazioni di vario tipo e a trarne profitti, senza però esporsi mai personalmente ai rischi di un viaggio in Oltremare o trascurare gli altri interessi che lo legavano alla sua città. Presso il portico della sua abitazione vennero così stipulati in varie circostanze contratti rogati da notari: in uno di questi, del maggio del 1213, egli risulta padrone, con Nicola Della Volta, di un legno che viene noleggiato a tre uomini di Sestri Levante, dietro pagamento di 30 lire, per un viaggio a Cagliari.
Solo nel 1216 il D. emerse nella vita pubblica in qualità di console, proprio nel momento in cui si stava compiendo il processo evolutivo attraverso il quale Genova, pur tra crisi ricorrenti e ripensamenti, passò dal regime collegiale dei consoli al regime del podestà forestiero. Il 1216 fu infatti l'ultimo anno in cui vennero eletti i consoli, che furono allora affiancati da magistrati forestieri, ai quali fu affidata l'amministrazione della giustizia. Nel 1217 il pontefice Onorio III, animato dal desiderio di organizzare una crociata con la più ampia partecipazione di uomini e di navi, riuscì a concludere un accordo tra Genova e Pisa. In questa circostanza il D., con Nicolò Barbavaria, si recò nella città toscana per ricevere, in nome di Genova, il giuramento con cui mille cittadini pisani si impegnarono a sospendere le ostilità. Nel 1224 fu uno degli otto nobili cittadini, i quali affiancavano il podestà ed i giudici delle cause forensi, tutti forestieri, nell'amministrazione della città.
In quest'anno fu particolarmente intensa la sua attività mercantile che sembrava volgersi soprattutto alla vendita e all'acquisto di panni o alla partecipazione finanziaria in accomende che riguardavano l'acquisto di panni provenienti dalle Fiandre. Nell'agosto comperò 34 "pecie" di panni pagandoli 193 lire; il 16 ottobre cedette in accomenda rispettivamente 81lire investite in panni bianchi, 26 lire investite in panni vermigli, e 206 lire investite in panni di Lilla di vario colore, tutti da negoziare in Sicilia; il 1°ottobre impegnò in un'accomenda 196 lire investite in panni stanfort da esportare in Oltremare. Anche nel 1225 contrasse varie accomende dirette in Africa ed in Oltremare, impegnando danaro proprio o dei nipoti, orfani di Erode de Mari: nel maggio cedette 100 lire, metà sue e metà dei nipoti; nel settembre 85 lire, 60 sue e 25 dei nipoti, con la clausola di percepire sempre la quarta parte del profitto. Altri contratti della stessa natura vennero in quei mesi stipulati davanti alla sua casa, la quale sembra fungere da "stacione" per il notaio Lanfranco che era, per così dire, il notaio di fiducia dei Della Volta.
Il D., inoltre, sembra aver curato con particolare sollecitudine l'amministrazione del patrimonio dei nipoti: oltre ad impegnare il liquido in vari contratti concernenti l'acquisto e la vendita di panni, nel dicembre 1225, ad esempio, autorizzò per quattro anni l'estrazione di pietre da una cava posta in località Columna, appunto di proprietà dei nipoti, dietro pagamento di un canone annuo. Nel settembre del 1226 il D. venne citato in uno strano documento in cui egli promise di dare mensilmente ad un altro Della Volta, Guglielmo di Bonifacio, 10 soldi per il mantenimento di un ronzino che lo stesso Guglielmo aveva comperato da lui per tenerlo al servizio del Comune.
Sebbene non ci siano pervenute ulteriori e particolareggiate notizie in proposito, dobbiamo ritenere che il D., nel conflitto che anche in Genova opponeva i guelfì ai ghibellini, abbia preso posizione schierandosi a fianco degli Spinola. Questi ultimi erano fautori della parte imperiale, tanto che furono accusati nel 1239 di tentare un riavvicinamento fra Genova e Federico II, in opposizione alla linea politica del Comune, in questo periodo filopapale e governato da podestà milanesi o piacentini. In quest'anno, dopo che alcuni stipendiati degli Spinola ebbero assalito le guarnigioni genovesi poste a custodia dei passi montani alle spalle della città, il podestà ed il Consiglio cittadino accusarono e condannarono per alto tradimento alcuni genovesi. Tra di loro vi era anche il D., che venne bandito dalla città con gli, altri, e la sua villa in quel di Paverano venne messa a sacco e distrutta. A questo l'ultimo esplicito accenno al D. che sia giunto sino a noi.
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