MANZINI, Raimondo
Nacque a Lodi il 18 febbr. 1901 da Caio, farmacista di Guastalla, e Guglielmina Rossi. Diplomatosi nella locale scuola media per ragionieri si trasferì a Milano dove, in attesa di trovare un'occupazione, si iscrisse al corso universitario di economia e commercio.
Nel capoluogo lombardo scosso dalla crisi postbellica, entrò in contatto con il segretario dell'arcivescovo di Milano cardinale A. Ferrari, don G. Rossi, e aderì all'organizzazione giovanile da lui guidata, Avanguardia cristiana.
Nucleo originario della Compagnia di S. Paolo - la "congregazione laicale per l'apostolato moderno attraverso la carità e la parola" sorta, nel 1920, con il benestare ecclesiastico - vi si osservava "una disciplina comunitaria quasi conventuale, coi rispettivi obblighi temporanei di povertà, ubbidienza e castità per meglio rispondere a un ideale di testimonianza" (Bedeschi, p. 359).
Oltre a rappresentare una vera e propria conversione religiosa, in contrasto con il laicismo e i retaggi mazziniani dell'ambiente familiare, l'ingresso nella comunità di don Rossi influenzò profondamente le scelte lavorative del M., orientandole verso il settore in cui i paolini andavano costruendo le proprie fortune: la comunicazione sociale.
Sensibile alle potenzialità delle tecniche mediatiche primonovecentesche e consapevole dell'urgenza di adeguarvi il mondo dell'informazione confessionale, la Compagnia di S. Paolo impegnò parte considerevole delle proprie risorse finanziarie nella promozione di quotidiani e periodici, tramite cui instradare gli affiliati più dotati alla professione giornalistica e al processo di modernizzazione della stampa cattolica, essenziale a rilanciarne il ruolo e la visibilità.
Nelle redazioni paoline, il M. trovò un luogo di crescita e compì i primi passi della sua brillante carriera: direttore, nel 1922, de Il Carroccio, "rivista settimanale di pensiero e di azione", che annoverò, tra i suoi autori, M. Luzzi, G. Zanelli, S. Maggi, N. Corazza, G. Rivani e O. Corsini; collaboratore - dal 1923 - de La Festa, settimanale cattolico illustrato che ospitò, tra gli altri, contributi di G. Papini; articolista della rassegna di cultura cattolica Il Ragguaglio librario e responsabile - nel 1925 - de Il Pellegrino: giornale dell'anno santo, per non citare che alcune delle testate in cui il M. esercitò nella prima metà degli anni Venti. Più che alle esperienze dell'apprendistato milanese, o alla militanza nella Gioventù cattolica di C. Corsanego, della quale fu - nel 1924 - consigliere, il nome del M. rimase legato a L'Avvenire d'Italia, il quotidiano bolognese di cui la Compagnia gli affidò, sul finire del 1927, la guida e una delicata operazione di rinnovamento.
Fondato nel 1896 e divenuto - nel corso dell'età giolittiana - il principale organo di informazione cattolica del Paese, L'Avvenire d'Italia aveva attraversato, nei mesi successivi alla marcia su Roma e in ragione delle posizioni clerico-fasciste assunte dalla redazione, un periodo di profonde difficoltà, che andarono aumentando a fronte dell'uniformazione della stampa imposta dalla dittatura nel corso del processo di "normalizzazione" seguito alla presa del potere, e dei provvedimenti censori inaugurati con la promulgazione delle "leggi fascistissime" (1925-26). Nel tentativo di recuperare i lettori persi (le copie vendute erano bruscamente passate da 25.000 a 4000) e di restituire alla testata la fisionomia "moderata" necessaria a farne un punto di riferimento per i cattolici e una voce gradita alle gerarchie ecclesiastiche, nel 1926 la Compagnia di S. Paolo ne acquistò la proprietà, poi nominando direttore il M. che avrebbe mantenuto la carica, salvo brevi interruzioni, fino al 1960.
La nuova direzione non deluse le speranze della Congregazione. Riconquistò - in primo luogo - il pubblico abituale e la fiducia della S. Sede, ridando centralità ai temi religiosi e alle cronache sull'operato del pontefice e sulle attività del mondo cattolico: nel 1928 la tiratura si attestava sulle 28.000 copie e venivano stampate cinque edizioni provinciali, in corrispondenza dell'area di diffusione del quotidiano (Emilia, Marche, Umbria e Toscana). Il M. rinnovò, in secondo luogo, il gruppo dei collaboratori, facendo scrivere sotto pseudonimo alcuni membri del disciolto Partito popolare italiano (I. Giordani, E. Vercesi, L. Mondini, S. Fino) e affidando l'elaborazione della terza pagina a firme prestigiose del giornalismo nazionale; particolarmente assidua fu la presenza degli animatori del gruppo fiorentino legato a Il Frontespizio: P. Bargellini, A. Hermet, F. Casnati, N. Lisi, C. Bo, G. De Luca. La politica dell'equilibrio e della ponderatezza perseguita dal M., in terzo luogo, consentì a L'Avvenire d'Italia di attraversare indenne il Ventennio, riuscendo anche a evitare un'eccessiva compromissione con il regime e a mantenere una qualche indipendenza e capacità critica: causa di episodici assalti alla sede bolognese, di pubblici falò delle edizioni ritenute eccessivamente eterodosse e delle minacce che la prefettura e la federazione fascista cittadina avanzarono periodicamente nei confronti della redazione.
Il successo della linea editoriale permise alla testata di sopravvivere anche al deficit finanziario che, nel 1930, investì la Compagnia di S. Paolo. Per salvarne le sorti, venne costituita su sollecitazione di Pio XI una società per azioni - composta da rappresentanti delle diocesi servite dal quotidiano e dell'Azione cattolica centrale - che ne rilevò il possesso e ne garantì la gestione amministrativa, confermando il M. nelle mansioni di direttore.
Nel corso della stabilizzazione totalitaria, in politica estera L'Avvenire d'Italia si fece portavoce delle posizioni assunte dal Vaticano. Al sostegno al generale F. Franco nella guerra civile spagnola, coniugò una sostanziale presa di distanza dall'alleanza con il Reich nazista e dalla politica bellicista che avrebbe condotto al secondo conflitto mondiale, un conflitto attorno al quale il giornale non esitò a esprimere il proprio dissenso, accentuando il tono antifascista che avrebbe caratterizzato l'operato del M. nei complessi mesi della guerra civile.
Ottenuto il permesso di vivere all'esterno della comunità paolina e sposatosi con Maria Crocco (1939), il M. contribuì - nell'estate del 1943 - alla fondazione della Democrazia cristiana (DC) emiliana, prendendo parte alle riunioni che in seguito decisero l'adesione del mondo cattolico bolognese alla lotta di Liberazione e mettendo a disposizione la sede de L'Avvenire d'Italia per gli incontri con esponenti delle altre forze politiche del Comitato di liberazione nazionale (CLN). Per non compromettere se stesso e il giornale con la Repubblica sociale italiana il M. elaborò, dopo l'8 settembre, una strategia di sospensione delle pubblicazioni "per mancanza di carta", che venne tuttavia interrotta dalle autorità repubblichine il 5 ott. 1943. Il 23 sett. 1944 il M. decise l'autosospensione del giornale insieme con la redazione per protestare contro la fucilazione del gruppo dirigente felsineo del Partito d'azione. Nell'estate successiva alla Liberazione, un comunicato del CLN regionale autorizzò L'Avvenire d'Italia, "giornale cattolico, il quale non è organo di partito", a tornare in edicola (29 ag. 1945): il giornale poté quindi nel settembre riprendere le pubblicazioni. Mentre l'edizione romana modificò il proprio nome in Il Quotidiano, quella bolognese mantenne lo stesso titolo e come direttore il M., promosso al contempo membro del consiglio direttivo della Federazione nazionale della stampa italiana e del comitato per l'istituzione dell'albo dei giornalisti.
Nell'immediato dopoguerra, il M. partecipò attivamente al processo di rifondazione democratica del Paese affiancando agli impegni giornalistici una fortunata attività tra le file della DC degasperiana (fece parte del Consiglio nazionale, del comitato regionale e del comitato provinciale di Bologna) e nelle istituzioni della nascente Repubblica italiana. Consultore nazionale in rappresentanza della DC e membro dell'Assemblea costituente, venne eletto alla Camera dei deputati nelle consultazioni del 1948, del 1953 e del 1958 con circa 20.000 preferenze (collegio di Bologna). Alla Camera lavorò con le commissioni Esteri e di Vigilanza sulle radiodiffusioni, senza rinunciare alla direzione de L'Avvenire d'Italia se non dal febbraio 1954 al luglio 1955, quando M. Scelba gli conferì l'incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio per la stampa e per l'informazione nel ministero da lui presieduto, e il giornale bolognese venne temporaneamente diretto da E. Fenu. Nell'aprile del 1960, la sua carriera politica subì una improvvisa e definitiva interruzione: fu chiamato da Giovanni XXIII a sostituire G. Dalla Torre alla guida de L'Osservatore romano. Il M. lasciò la direzione dell'Avvenire d'Italia a R. La Valle, dimettendosi da deputato e rifiutò da allora ulteriori candidature, mal conciliabili con la gestione del principale organo di informazione della S. Sede.
La nomina del M. si inseriva nella "primavera della stampa cattolica" inaugurata dall'elezione al soglio pontificio di papa Roncalli e culminata nel concilio Vaticano II: "non attribuire tutti i meriti a una sola parte, a una organizzazione, ma saper cogliere ciò che edifica ovunque si presenti", avrebbe dichiarato il pontefice ai rappresentanti dell'Unione cattolica della stampa italiana il 4 dic. 1960 (Murialdi, p. 158), invitando a una inedita apertura e a un profondo rinnovamento il mondo dell'informazione religiosa. Il M. seguì alla lettera i dettami di Giovanni XXIII, ammodernando il quotidiano vaticano non solo nella veste grafica, ma anche nell'impostazione delle rubriche e nella scelta degli argomenti trattati. È sufficiente ricordare l'attenzione dedicata alle tematiche culturali e sociali; il rafforzamento del supplemento settimanale, L'Osservatore della domenica; l'ampio ricorso alle interviste e ai reportages, in particolar modo in occasione dei viaggi di Paolo VI, nel corso del cui pontificato il M. continuò a operare.
Se la direzione della testata romana costituì il coronamento di oltre cinquanta anni di attività giornalistica, prestigiosi furono i ruoli assegnatigli nelle associazioni della stampa confessionale: presidente (1959-68) e presidente ad honorem (dal 1968) dell'Unione cattolica della stampa italiana; presidente (1962-68) dell'Unione internazionale giornalisti cattolici (UIGC).
Il 4 genn. 1977 cedette la direzione dell'Osservatore romano a V. Volpini. Trascorse gli ultimi anni dividendo il proprio tempo tra la redazioni di saggi e opere a sfondo memorialistico e le collaborazioni con il quotidiano del Vaticano e - su temi di politica interna e di costume - con Il Tempo di Roma.
Il M. morì a Roma il 14 genn. 1988.
Delle opere del M. si ricordano: Il ferro e l'olivo, Milano 1936; Dialoghi col mondo, ibid. 1942; Fedeli infedeli, Roma 1978; Unità dei cattolici, ibid. 1982; I sentieri dell'assoluto, Milano 1986.
Fonti e Bibl.: Necr., ambedue in data 15 genn. 1988, in Il Tempo e L'Osservatore romano; Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero della Cultura popolare, Gabinetto, Fascicoli di personalità e di testate giornalistiche, b. 1, f. 19: L'Avvenire d'Italia; Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, f. 513.465: Manzini Raimondo; Consulta nazionale e Ministero per la Consulta nazionale, b. 6, f. 227: Manzini Raimondo. Vedi inoltre: F. Magri, L'azione cattolica in Italia, Milano 1953, I, 1775-1939, pp. 110, 477, 525; II, 1939-1951, p. 100; N.S. Onofri, I giornali bolognesi nel ventennio fascista, Bologna 1972, ad ind.; M. Isnenghi, Giornali e giornalisti. Esame critico della stampa quotidiana in Italia, Roma 1975, pp. 144, 152; R. Moro, La formazione della classe dirigente cattolica (1929-1937), Bologna 1979, pp. 165, 354, 372, 374, 381; R. M.: un campione del giornalismo. 80° compleanno, a cura di L. Bergonzoni, Bologna 1981; Storia del movimento cattolico in Italia, IV, I cattolici dal fascismo alla Resistenza, Roma 1981, pp. 124, 153, 317, 360, 469; M. Di Lalla, Storia della Democrazia cristiana, II, 1953-1962, Torino 1981, p. 229; G. De Antonellis, Storia dell'Azione cattolica, Milano 1987, pp. 178, 265; I cattolici italiani e la guerra di Spagna. Studi e ricerche, a cura di G. Campanini, Brescia 1987, pp. 136 s., 142, 144, 146, 148-152; Storia della Democrazia cristiana, a cura di F. Malgeri, I, 1943-1948. Le origini: la DC dalla Resistenza alla Repubblica, Roma 1987, pp. 48, 54, 111; II, 1948-1954. De Gasperi e l'età del centrismo, ibid. 1988, pp. 209, 418; III, 1954-1962. Verso il Centrosinistra, ibid. 1988, pp. 48, 163, 198, 278, 282, 322, 392; N.M. Lugaro, R. M. giornalista cattolico, Milano 1988; A. Majo, La stampa cattolica in Italia. Storia e documentazione, Casale Monferrato 1992, pp. 165, 176 s., 186, 188-191, 196, 214; M. Grandinetti, I quotidiani italiani 1943-1991, Milano 1992, pp. 73, 108 s., 123; P. Murialdi, La stampa italiana dalla Liberazione alla crisi di fine secolo, Roma 1995, pp. 36, 158 s.; Cattolici, Chiesa, Resistenza. Atti del Convegno, Roma… 1995, a cura di G. De Rosa, Bologna 1997, pp. 570, 768; L. Bedeschi, M. R., in Diz. stor. del movimento cattolico, Aggiornamento 1980-1995, a cura di F. Traniello - G. Campanini, Genova 1997, pp. 358-363; Giornalismo cattolico e quarant'anni di UCSI, a cura di F. Malgeri - P. Scandaletti, Roma 1999, ad ind.; I deputati e i senatori del primo Parlamento repubblicano, Roma 1949, p. 368; Deputati e senatori della DC, Roma 1950, p. 481; I deputati e i senatori del secondo Parlamento repubblicano, Roma 1954, p. 369; G. Vaccaro, Panorama biogr. degli italiani d'oggi, II, Roma-Firenze 1956, p. 360; I deputati e i senatori del terzo Parlamento repubblicano, Roma 1960, p. 370; Il chi è? del giornalismo italiano, Roma 1971, p. 527; Gli ex parlamentari della Repubblica, Roma 1985, p. 372; Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese 1919-1945, Bologna 1986, III, p. 615; I deputati alla Costituente, Roma 1987, p. 371; I grandi di Bologna, a cura di F. Basile - G. Castagnoli, Bologna 1991, p. 770; Diz. della Resistenza, a cura di E. Collotti - R. Sandri - F. Sessi, II, Luoghi, formazioni, protagonisti, Torino 2001, p. 346; Chi è? 1948, sub voce.