TRENTANOVE, Raimondo
TRENTANOVE, Raimondo. – Nacque a Faenza il 24 gennaio 1792, ultimo degli otto figli di Antonio (v. la voce in questo Dizionario), plasticatore riminese, e di Vittoria Taddei o Tadei (Faenza, Archivio della cattedrale, Battesimi, 44, c. 15v).
Avviato all’arte dal padre, allorché questi ottenne l’incarico di custode dei gessi e di formatore all’Accademia di belle arti di Carrara, Raimondo lo seguì trasferendosi, nell’estate del 1804, nella cittadina toscana. Qui, dal 1809, frequentò i corsi di scultura tenuti da Lorenzo Bartolini e quelli di pittura di Jean-Baptiste Frédéric Desmarais. Frattanto continuò a mantenere contatti con la città natale, dove ancora risiedevano alcuni dei suoi familiari: nel 1813, per ringraziare la faentina Congregazione di Carità del sostegno offerto al fratello Pietro, inviò in dono un busto raffigurante Napoleone, identificabile con il marmo esposto nella galleria di Amore e Psiche di palazzo Laderchi (Massari, in corso di stampa).
Concluso il corso quadriennale dell’Accademia, nel 1814 rientrò in patria e, dall’anno seguente, ottenne dalla medesima istituzione di beneficenza faentina, presieduta dal conte Dionigi Zauli Naldi, una borsa di studio, prorogata fino a tutto il 1819, per completare la formazione a Roma. Fin dal suo arrivo nell’Urbe, nel 1815, iniziò a frequentare lo studio di Antonio Canova, il quale, riconosciutone il talento, lo incaricò delle due erme raffiguranti Perugino (1815) e Colombo (1817) per la serie degli italiani illustri destinata al Pantheon, oggi nella Protomoteca capitolina. Contemporaneamente eseguì monumenti sepolcrali e ritratti per committenti emiliano-romagnoli: la Stele funeraria di Camilla Sagredo Raspi (1816, Ferrara, Certosa); l’Urna votiva in memoria di Celio Calcagnini (1817-19, Fusignano, piazza Calcagnini); i ritratti di Maria e Astorre Malvezzi Hercolani (1817, Bologna, collezione privata) e quelli per la famiglia faentina Zauli Naldi, cui apparteneva quel conte Dionigi già citato, che, oltre a favorirne la formazione, nel 1816 gli commissionò un busto di Canova, forse riconoscibile in uno dei marmi datati 1817 (l’uno conservato presso la Galleria d’arte moderna di Milano, l’altro in collezione privata) e derivati dal celebre autoritratto del maestro possagnese del 1811-12. Scolpì anche i ritratti dello zio del conte, il Cardinale Giovanni Battista Zauli (1818, Ro Ferrarese, collezione Cavallini Sgarbi), e della secondogenita, Veronica Guarini Zauli Naldi (collezione privata), nota per aver commissionato a Canova la quarta versione della celeberrima Ebe.
Anche grazie al coinvolgimento del console americano a Livorno, Thomas Appleton, suo cognato per averne sposato la sorella Vincenza, Raimondo poté poi affiancare il maestro di Possagno, tra il 1817 e il 1821, nella realizzazione di un’opera di assoluto rilievo nel panorama artistico internazionale del tempo: il monumento a George Washington, che, richiesto dallo Stato del North Carolina per il Campidoglio di Raleigh, giunse a destinazione nel 1821, ma andò distrutto in un incendio un decennio più tardi. La statua monumentale a tutto tondo, compiuta da Canova, posava su di un plinto ove il romagnolo aveva scolpito le gesta del primo presidente americano in bassorilievo. Quest’opera assicurò al faentino ampia fama tra i mecenati italiani e stranieri, che lo apprezzavano tanto per le sue abilità scultoree quanto per le sue doti canore: confermate, queste ultime, persino da Stendhal, e specificate da Domenico Vaccolini (1834), il quale affermò che Raimondo «aveva da natura voce acuta, che dicono di falsetto, e modi graziosi; perché invitato sovente a cantare alle conversazioni degli ambasciatori e de’ primi signori di Roma, si guadagnava l’amore di ricchi e potenti, i quali volevano essere ritratti da lui» (pp. 110 s.).
Fin dai suoi primi anni romani Raimondo si distinse infatti come ritrattista: nel corso della sua breve carriera, svoltasi nell’arco di circa quindici anni, egli attese «in marmo» a ben «censessanta e più ritratti» (ibid., p. 110). Tra questi, le effigi marmoree degli esponenti di alcune delle dinastie più influenti dell’epoca testimoniano il ruolo non secondario da lui rivestito nell’ambiente artistico capitolino: ad esempio, i ritratti delle sorelle Maria Cristina e Maria Amalia Teresa di Borbone di Napoli (1827, Milano, collezione privata), o i diversi busti dei membri della famiglia Bonaparte: Letizia Ramolino (nelle due versioni: 1818, Parma, Galleria nazionale; 1818, Ajaccio, Musée Fesch), Carlo Maria (ubicazione sconosciuta), Luciano (due busti, 1818, collezione privata), Alexandrine de Bleschamp (1818, collezione privata), Luigi Napoleone (Rueil-Malmaison, Châteaux de Malmaison et Bois-Préau), Charlotte (Ajaccio, Musée Fesch), Zenaide (1823, Roma, collezione privata) e Carlo Luciano (1827, Roma, Museo napoleonico). Inoltre, per Girolamo, ultimo fratello di Napoleone, re di Westfalia e, poi, principe di Monfort, Raimondo eseguì la statua di Letizia Ramolino Bonaparte assisa (1823 circa, Firenze, Biblioteca nazionale centrale), copia dell’invenzione canoviana conservata a Chatsworth (Devonshire Collection). All’effigie di Napoleone lo scultore dedicò diverse opere: tra le tante, oltre all’erma faentina del 1813 già ricordata, Gérard Hubert (1964, p. 143 nota 3) registrava nel Napoleonmuseum di Arenenberg (Svizzera) un esemplare colossale datato 1817; un busto del 1824 è ricordato da Rupert Gunnis (1968) nell’United Service Club di Londra; altri marmi, passati sul mercato antiquariale, furono eseguiti negli anni 1818, 1821, 1823, 1825, 1827 e 1828.
In questi anni Trentanove attese anche a commissioni pubbliche: realizzò nel 1819 il busto di Gioachino Rossini per l’omonimo teatro pesarese e, nel 1823, il ritratto di Pio VII nella Loggia dei mercanti di Ancona.
Quanto il suo nome fosse noto anche fuori dai confini italici è provato sia dai diari dei viaggiatori del grand tour, per i quali la visita allo studio di Trentanove era tra le tappe romane preferite, sia, e in special modo, dai numerosi marmi da lui scolpiti per committenti stranieri, soprattutto americani e inglesi. La notorietà raggiunta Oltreoceano è confermata non solo dai molti ritratti – Benjamin Franklin (1826, collezione privata), George Washington (numerosi busti transitati sul mercato antiquario o di proprietà di istituzioni culturali e musei americani), Robert Goodloe Harper (1819, Maryland Historical Society di Baltimora, marmo e modello in stucco); John Jacob Astor (1820 circa, Cliveden House, Buckinghamshire); Lloyd Nicholas Rogers (1825, collezione privata) – ma anche dalle nomine di Trentanove a membro onorario dell’American Academy of fine arts nel 1824 e, nel 1829, della National Academy of design: a quest’ultima donò un Cupido e un busto di Colombo. Lo scultore fu altresì al servizio di alcune blasonate famiglie britanniche, per le quali diede forma sia a busti-ritratti sia a opere di maggiori dimensioni e complessità compositiva quali statue, monumenti funerari e copie da originali canoviani. Oltre a una Venere con Cupido del 1825 registrata da Gunnis in una collezione privata inglese (1968; nota da un’incisione di Francesco Garzoli tratta da un disegno di Filippo Ferrari), per il duca di Devonshire scolpì una copia della Vestale canoviana e un Amore pensoso (1822-23), ancora oggi a Chatsworth; per Lady Elizabeth Berkeley il Monumento al Margravio d’Ansbach nella chiesa della Vergine a Speen, nel Berkshire (1820-24 circa); per Richard Grenville, primo duca di Buckingham e Chandos, che gli commissionò il proprio ritratto (1829, Stowe House, Buckinghamshire) e quello del fratello minore Lord George Nugent (1830, Ro Ferrarese, collezione Cavallini Sgarbi), Trentanove realizzò anche una copia di dimensioni ridotte della Paolina Borghese di Canova; per il politico e ministro degli esteri Lord Castlereagh, ossia Robert Stewart, II marchese di Londonderry, scolpì «various full figures from mythology [...] which are the admiration of Rome» (Massari, 2019, pp. 52-54). Nel 1820 compì un breve viaggio in Inghilterra (Massari, 2016b, p. 501, Ead., in corso di stampa): nello stesso anno è documentato un busto della regina Carolina di Brunswick ordinato dal consorte Giorgio IV. Trentanove era stimato anche per la sua conoscenza dell’arte antica: l’avvocato e collezionista John Disney, ritratto da lui in un busto in stucco del 1827 – che si conserva nel Museo di Chelmsford (Essex) e da cui è tratto un marmo del Fitzwilliam Museum di Cambridge –, durante il suo viaggio in Italia si avvalse proprio di Trentanove, affiancato da Bertel Thorvaldsen, per sancire l’autenticità e la qualità delle sculture greche e romane che intendeva acquistare. Non mancarono a Raimondo neppure incarichi da committenti irlandesi: nel 1824 fu richiesto dal colonnello George Bryan e dalla moglie Margaret Talbot per l’esecuzione, nella chiesa di S. Maria della Quercia presso Viterbo, del monumento sepolcrale della figlia Margherita Maria Bryan; del 1828 è il busto di Anne Caroline la Touche of Marlay (collezione privata).
L’affermazione professionale consentì a Trentanove di condurre una vita piuttosto agiata, tanto da potersi permettere diverse proprietà: a Carrara possedette una casa in Ponte della Bugia n. 1051, affittata a Domenico Antonio Ravenna; a Roma amava intrattenere i suoi colleghi nonché amici, soprattutto Pietro Tenerani e Thorvaldsen, in una vigna con casino sulla collina del Monte delle Gioie, fuori porta Salaria, mentre il suo studio era allestito in un ambiente in affitto al n. 29 di via della Purificazione, a pochi passi dalla sua dimora abituale, posta ai nn. 60, 61, 62.
Si spense prematuramente il 5 giugno 1832 a Roma nella sua casa al civico 61: nel testamento, fatta eccezione per alcuni legati, egli destinò i suoi beni a Tenerani, nominato suo erede universale, al quale lo legava un’amicizia nata probabilmente ai tempi della comune frequentazione delle aule dell’Accademia apuana.
Nell’inventario legale, oltre a stampe, incisioni, disegni, libri di rilievo, come l’Histoire de l’art di Seroux d’Agincourt nella sua prima traduzione italiana, Thorvaldsen, incaricato di stimare le sculture rimaste nell’atelier, elencò numerose copie da marmi antichi e originali canoviani, modelli di opere già realizzate, sculture finite e altre solo abbozzate.
Opere. Oltre ai diversi ritratti di personaggi non identificati e alle opere citate da Vaccolini (1834) ma a oggi sconosciute (una Carità, i busti di «M. Vesteren, del parlamento d’Inghilterra, Capitano Dales inglese [...], Generale Demester torinese, Beauharnais, già viceré d’Italia, [...] Monumento di Storer inglese, Lord Sasbourn»; pp. 110 s. nota 1) sono oggi noti i seguenti marmi: John Elley (1815 circa, Windsor, cappella di S. Giorgio); Alma Mater (1827, collezione privata); Joseph Lezzani (1829, Ro Ferrarese, collezione Cavallini Sgarbi); Alfred I Potocky (1830, Łańcut, Castle Museum); Xavier de Maistre (1830, collezione privata); Fanciulla che tiene in mano una coppa da cui mangia una colomba (1830, ubicazione sconosciuta); Demostene (s.d., collezione privata).
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