Raimondo V
. Conte di Tolosa (1148-1194), duca di Narbona, marchese di Provenza, signore di Beaucaire, Argence e Avignone. Feudatario della Francia del sud, nacque nel 1134, morì verso la fine del 1194 a Nîmes, dov'è sepolto. È identificato nel buono Conte di Tolosa, citato da D. (Cv IV XI 14) come esempio di liberalità, insieme con Alessandro, Alfonso il Nobile di Castiglia, il Saladino, il marchese Bonifacio II di Monferrato, Bertran de Born, Galasso di Montefeltro.
Figlio di Alfonso Giordano (1112-1148) e nipote di Raimondo IV, morto durante l'assedio per la conquista di Tripoli di Siria (28 febbraio 1105), succedette quattordicenne, alla morte del padre (1148), nella ricca e forte contea tolosana. Sua prima cura fu quella di assicurarsi la pace e l'amicizia dei potenti vassalli con influenti alleanze politiche: a tal fine mirarono i matrimoni con Costanza, figlia di Luigi VI il Grosso re di Francia, poi ripudiata, e quello con Richilda, vedova di Raimondo Berengario II conte di Provenza (1144-1166). La politica di R. s'inserì equilibratrice tra quella del principe di Aragona, Raimondo Berengario IV (1131-1162), deciso a difendere la contea di Provenza, feudo del fratello Berengario Raimondo, dalla prepotenza dei signori di Baux e le aspirazioni politiche del re d'Inghilterra, Enrico II Plantageneto (1154-1189), che, quale marito di Eleonora duchessa di Aquitania, disputava al conte di Tolosa il possesso di questo feudo, chiave della politica della Francia meridionale. I reiterati interventi del principe di Aragona per domare la ribellione dei conti di Baux e le larghe concessioni da lui fatte ai vassalli ribelli, precedettero un massiccio intervento di forze aragonesi, che pose fine agl'instabili accomodamenti con la conquista di Baux. Raimondo Berengario, nipote dell'aragonese, beneficiò della contesa, ottenendo poi la riconferma della contea di Provenza dallo stesso imperatore Federico Barbarossa.
Più che negl'interventi diretti o indiretti nelle lotte dei maggiori feudatari concorrenti, l'abilità politica di R. si rivelò nello scontro frontale con il sovrano inglese, Enrico II. Questi, aspirando a togliere Tolosa al suo legittimo signore, assediò la città (1159), ma il conte seppe valorosamente difendersi, giovandosi della sicura alleanza col re di Francia. La posizione del sovrano inglese fu rafforzata dalla successione sul trono di Aragona di Alfonso II il Casto (1162-1196), figlio di Raimondo Berengario IV e di Petronilla di Aragona. Enrico d'Inghilterra era gran protettore e tutore nominale di tutti i territori ereditati dall'infante novenne.
R., con abile mossa, fece alleanza col conte di Provenza, primo consigliere del sovrano aragonese e di fatto governatore dei suoi territori, nell'incontro di Beaucaire (ottobre 1165), nel quale fu anche progettato il matrimonio del figlio di R. con la figlia del conte Raimondo Berengario. Il conte di Tolosa, che non aveva mai rinunciato al dominio della Provenza, entrò allora decisamente in campo contro il giovane sovrano aragonese, il quale dopo la morte del cugino Raimondo Berengario (1166), mirava a unire la fiorente contea alla sua corona.
Agl'inizi del 1167 Alfonso, che aveva assunto il titolo di marchese di Provenza, andò in quella regione, se ne proclamò sovrano e vi rimase sino ai primi dell'anno seguente: fu l'inizio della lotta aperta col conte di Tolosa. La lunga contesa fu interrotta nel 1173, per l'intervento del re d'Inghilterra, con la firma di una tregua di dieci anni; nel 1176 R. rinunciò ai suoi diritti sulla Provenza marittima in cambio di 3100 marchi d'argento e del progettato matrimonio di suo figlio con la figlia del defunto conte di Provenza. Alfonso II garantiva il pagamento col pegno dell'isola di Camargue sul Rodano e del castello di Alferon.
Nuovi patti, stipulati nel 1185 e nel 1190, non furono rispettati da R., che col suo atteggiamento ostile frustrava i tentativi dell'Aragonese di comporre il contrasto.
La situazione precipitò nella Pasqua del 1181, allorché il fratello di Alfonso, Raimondo Berengario (molto probabilmente dal 1168 conte di Provenza), fu assassinato presso Montpellier da partigiani del conte di Tolosa. L'Aragonese, servendosi del cugino Ferdinando II di Léon (1157-88), si sarebbe vendicato dell'omicidio del fratello, facendo imprigionare il giovane figlio di R., come sembra di poter leggere, ‛ in filigrana ', in una coperta allusione di una pièce del trovatore perigordino Arnaut Daniel (ediz. Toja, XII 47-48). Nel luglio dello stesso anno Alfonso accorse a vendicare il delitto, portando l'esercito sotto le mura di Tolosa, senza che il conte osasse mostrarsi.
Il secondo periodo di guerre tra il re di Aragona e R. (1176-85) ebbe il suo momento cruciale con la rinnovata alleanza tra Alfonso e il nuovo sovrano inglese, Riccardo Cuor di Leone, successo a Enrico II. Il re di Aragona, avendo da poco portato la guerra negli stati del conte, ed essendosi già impadronito di una parte del Quercy, pensava ad assediare Tolosa: molti abitanti, spaventati o corrotti, si sollevavano contro R.; ma la città, tenacemente protetta dal suo signore, non fu presa.
L'ago della bilancia politica del più attivo e intraprendente dei conti di Tolosa fu, senza dubbio, la stabile alleanza col re di Francia, come si rileva dallo scarso carteggio conservatoci.
L'esperto politico - che abilmente intrecciava intese e alleanze con i maggiori feudatari gravitanti attorno alla contea tolosana e con i più influenti personaggi ecclesiastici (nel 1158 col vescovo di Carpentras, nel 1178 con l'abate di Cîteaux), che si schierava tra i difensori dell'ortodossia contro i seguaci di Pierre de Bruis e del suo discepolo Enrico, e contro i sostenitori dell'antipapa Pasquale III - fu anche un saggio e probo amministratore del suo feudo: dettò statuti per i cambiatori (ottobre 1178), regolamenti di polizia e di amministrazione per varie città dei suoi stati (Tolosa, 1181; Nîmes, 1185), disposizioni per vietare ai cittadini la vendetta privata; stabilì precisi salari per i maestri della pietra e del legno, e le relative ammende per le possibili infrazioni; calmieri sul prezzo di vendita delle carni consentito ai macellai e ai pescivendoli; il luogo preciso per lo smercio delle derrate e delle mercanzie.
Volle ricca e pacifica la sua contea: un importante atto del 6 gennaio 1188, nel grave momento storico in cui Tolosa era nuovamente in serio pericolo per le ambizioni di re Riccardo I d'Inghilterra, vietò rigorosamente agli abitanti della città e sobborghi di attizzare discordie e torbidi, di arrecarsi reciproci danni con devastazioni nelle vigne e nei campi; promettendo a tutti giustizia, con l'appoggio dei consoli e del vescovo.
L'epiteto attribuitogli da D. con valore elativo (il buono Conte di Tolosa), suggella, riconfermandolo, il tradizionale riconoscimento dei meriti di R.: con la stessa qualifica lo indicano per antonomasia gli anonimi autori delle Vidas e Razos trobadoriche di Bernart de Ventadorn, Folchetto di Marsiglia, Arnaut de Maruoill, Peire Vidal e Peire Rotgier: " lo bon comte Raimon de Tolosa " (v. ediz. G. Favati, Bologna 1961, 125, 24-25; 174, 5; 180, 2 [R]; 224, 30; 270, 1 [R]).
Frequente ricorre il suo nome, e onorato, nei versi dei migliori trovatori contemporanei, che furono ospiti alla sua corte, godettero della sua liberale amicizia, ne ammirarono il mecenatismo, l'amore per le opere d'arte e le lettere.
Nel 1181, quando Alfonso II di Aragona si preparava a invadere i domini di R., questi chiese per mezzo di un suo legato, n'Aramon Luc d'Esparro, al poeta delle armi e della guerra, Bertran de Born, un serventese " per cui siano spezzati mille scudi, elmi, usberghi e foracchiati farsetti e casacche " (n. 9 ediz. C. Appel, Halle [Saale] 1932, 23): a Tolosa si volgerà il gonfalone del conte, là si raduneranno " li plus onrat companho / del mon e li plus mentaugut ".
In una canzone di Bernart de Ventadorn, R. è familiarmente ricordato col senhal di " mos Alvernhatz " (ediz. C. Appel, Halle 1915, 29, 57-60); Peire d'Alvernha, nel gioco letterario del celebre serventese sui trovatori contemporanei, menziona il dono di una bella canzone fatto da R. a Peire de Monzo (ediz. A. Del Monte, Torino 1955, XII 44-45).
Nove volte ricorrono allusioni al conte di Tolosa nelle pièces ispirate dal bizzarro, ma geniale e sentimentale estro di Peire Vidal, adombrato nel senhal di " mos (bells) Castiatz ", protettore, amico, ma anche rivale in amore per la bella " Na Vierna ", quasi certamente Azalais di Roccamartina, moglie del signore di Marsiglia, Raimon Gaufrè Barral, forse lontana parente di Raimondo. " Castiatz " avrebbe dapprima esiliato il trovatore, geloso del bacio rapito a " Na Vierna " e più volte ostacolato i favori e gl'incontri con la donna amata (cfr. ediz. Avalle, I 46, II 50-51, III 95-98, IV 49-52, VIII 91-92, XXX 71-78, XXXVII 57-59, XXXIX 61-64). Le espressioni di gelosia verso il conte si controbilanciano con le proteste di affetto sincero e di stima per il potente protettore (" el comte mon senher "), col dolore per la perdita del feudo di Cahors, strappato a R. da Riccardo Cuor di Leone, durante la primavera del 1188. Ma sulla gelosia, l'ira e il dolore sarebbe prevalso, alla fine, il grande affetto per l'amico, consacrato in una delle più fantasiose razos occitaniche (canz. V, ediz. Avalle, p. 52), che racconta la teatrale ostentazione del lutto di Peire per la morte di R.: " Peire Vidals per la mort del bon comte Raimon de Toloza si se marri molt e det se en gran tristeza. E vestit se de negre, e taillet las coas e las aureillas a totz los sieus cavals; et a si et a totz los seus servidors fes raire los cabeils de la testa; mas las barbas ni las onglas non se feiron taillar. Molt anet longua sazo a lei de fol home e de dolen ".
Il folle dolore di Peire Vidal, registrato nell'anonima prosa della razo, segna la prima data del passaggio della fama del conte di Tolosa dalla storia alla leggenda, sino alla consacrazione dantesca della sua esemplare liberalità.
Bibl. - A. Duchesne, Recueil des écrivains sur l'histoire de France, IV, Parigi 1618, nn. 349, 412, 427, 434; D. Vic-Vaissete, Histoire générale de Languedoc, Tolosa 1885, II 483-485, 501, 555, 565, 568; VI 24 ss.; X 379; P. Pastoret, Histoire littéraire de la France, XV, Parigi 1820, 59-68; J. Miret y Sans, Itinerario del Rey Alfonso I de Cataluña, II en Aragón, in " Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona " IV (1904) 259, 273, 296, 392, 399-400; Gesta Comitum Barcinonensium, a c. di L. Barrau Dihigo-J. Massó Torrents, Barcellona 1925; F. Benoit, Recueil des actes des comtes de Provence appartenants à la maison de Barcelone, voll. 2, Princip. di Monaco-Parigi 1925; E.-G. Léonard, Catalogue des actes des comtes de Toulouse - Raymond V (1149-1194), Parigi 1932.