RAINIS (pseudonimo di Jānis Plieǩsāns)
Uno dei maggiori e più noti poeti lettoni, nato a Zemgale l'11 settembre 1865, morto a Riga il 9 settembre 1929. Figlio d'un agricoltore, terminò nel 1882 il ginnasio a Riga e nel 1888 uscì laureato in legge dall'università di Pietroburgo. Dal 1891 al 1895 fu redattore capo del giornale Dienas Lapa, che faceva propaganda delle idee del movimento detto Jaunā strāva (La corrente nuova). Arrestato nel 1897 dal governo russo, tradusse in lettone, durante la prigionia, il Faust di Goethe. Dal 1899 al 1903 fu esiliato nella regione di Vjatka, dove tradusse i grandi scrittori classici (Puškin, Schiller, Heine, Lessing, Shakespeare) e compose la sua prima raccolta di poesie, Tālas noskaîas zilā vakarā (Suoni lontani nella sera azzurrina). Nel 1903 tornò a Riga ed ivi prese parte alla rivoluzione del 1905; perciò l'anno successivo dovette andarsene in esilio con la moglie, la poetessa Aspazija. Dal 1906 al 1920 rimase in Svizzera, a Castagnole. Fu durante questo soggiorno che il R. creò le sue opere migliori e nella sua casa, durante la guerra mondiale, si riunivano gl'intellettuali lettoni per parlare dei destini futuri della loro patria. Nel 1920 il R. tornò in Lettonia, dove fu accolto con manifestazioni concordi di venerazione. Ha fatto anche parte dell'assemblea costituente e di tutti i parlamenti. Nell'autunno del 1920 il circolo che si raccoglieva intorno a lui fondò il Teatro d'arte (Dailes teātris), di cui dal 1921 al 1925 fu direttore; poi, nel 1927, fu ministro dell'Istruzione pubblica.
L'ingegno di R. è soprattutto di poeta lirico: anche nei suoi drammi l'elemento lirico è molto sensibile. Nelle sue poesie si possono distinguere tre diverse epoche. Nella prima (1897-1909), il poeta sente l'amore per le proprie idee sociali e morali, più che non per la stessa umanità e per la vita. Il miglior libro di questo periodo è Tālas noskaîas zilā vakarā (1903). Nel secondo periodo (1910-1919) la poesia di R. raggiunge un alto grado di bellezza ed esprime la sua nostalgia d'emigrato, la sua solitudine e il suo dolore. La sua opera di maggior valore in questo periodo è la raccolta di poesie Gals un Sākums (Fine e principio, 1912). Il terzo periodo comprende le poesie intime ispirate dai ricordi del passato e dell'infanzia. Il ciclo lirico Addio, bella (1920) è consacrato alla natura e alla donna italiane. Argomenti più caratteristici ne sono la lotta, il sole, l'amore, la natura e l'eternità. Il suo stile è serrato, sentenzioso e, quanto ad espressione, impressionistico e simbolistico: il R. ha la mentalità d'un neoromantico. Trasse i suoi argomenti soprattutto dalla natura della Lettonia, ma si è valso anche di un soggetto russo (Ilja Muromietis, 1922) e di soggetti biblici nella tragedia Jāzeps un viîa brāëi (Giuseppe e i suoi fratelli); ma egli pose in bocca a questi personaggi storici discorsi nuovi, presagendo la liberazione della nazione lettone dal regime feudale e l'avvento dell'umanità ideale in un paese di cultura sociale più elevata. I suoi drammi ebbero grande importanza politica durante le lotte per l'indipendenza della Lettonia. I maggiori successi furono ottenuti dalle tragedie Uguns un Nakts (Il fuoco e la notte, 1905), messa in scena dal 1911; Spēlēju, dancoju (Ballavo tutta la notte, 1919); Daugava (1919) e soprattutto dalla già citata Jāzeps un viîa brāëi, che venne rappresentata anche a Londra.
Ediz.: Opere complete, voll. 2, Riga 1925-31. Alcune traduzioni in tedesco, in russo e in inglese.
Bibl.: A. Birkerts, J. R., Riga 1930; P. Dauge, J. R., Mosca 1920 (in russo); T. Zeiferts, Latviešu literātūras vēsture, III, Riga 1934; Ed. Virza, La littérature lettonne, ivi 1926; A. Švābe, J. R., in Ritums, 1925, n. 8.