RĀJGlR (v. s 1970, p. 652)
Località del Bihar (India) a SE di Patna, che fu la prima capitale della più organizzata compagine statale dell'India gangetica antica, il Magadha. R. deriva da Rājagṛha, «dimora del re», ma alle fonti letterarie è nota Con nomi diversi: al Mahābhārata come Bārhadrathapura, dal nome di un mitico re; al pellegrino buddhista Xuanzang, nella prima metà del VII sec., era nota come Kuśāgrapura. Rājagṛha sembra corrispondere, propriamente, alla c.d. Rājagṛha Nuova, la cui fondazione la tradizione buddhista ascrive al re Bimbisāra (543- 491 a.C.?). Essa è situata a Ν e all'esterno della piccola valle, delimitata tutt'attorno da cinque alture, che costituisce invece il luogo della città vecchia e di molti luoghi santi. Uno dei nomi di R., Girivraja, «chiusa tra le colline», allude certamente a questa particolare posizione geografica. R. non è soltanto legata alla tradizione buddhista, ma anche a quella jainista: Mahāvīra, ultimo dei tīrthaṃkara e fondatore storico del jainismo, vi passò per tredici volte la stagione delle piogge, e la comunità jaina oggi considera R. come uno dei luoghi più importanti della sua storia.
Sui crinali delle cinque alture che delimitano la valletta corrono, per una lunghezza di c.a 40 km, le mura esterne di R., costruite con pietre grezze accuratamente unite ma prive di qualsiasi traccia di malta. Larghe più di 4 m, sono riempite a sacco, giungendo a un'altezza massima di 3,5 m nel tratto a S presso la gola della Bāngangā: poiché a tale altezza le mura appaiono finite, si è pensato che ve ne fosse un tratto superiore in argilla o legno. A distanze irregolari si osservano bastioni rettangolari e, sul lato interno, rampe di accesso. Finora non è stato possibile datare in maniera assoluta queste mura di tipo megalitico, uniche negli insediamenti dei janapada gangetici (v. gange, valle del), ma il loro carattere arcaico non è mai stato messo in discussione, anche se la storia del Magadha del VI sec. a.C. è tutt'altro che stabilita con fatti accertati.
Rājagṛha Vecchia è anch'essa circondata da mura, lunghe c.a 7 km, che delimitano un'area a forma di pentagono irregolare. Esse non sono mai state indagate (alcuni studiosi ritengono che non si tratti di mura, bensì di argini per contenere le acque monsoniche), apparendo oggi come una lunga serie di dossi di pietrame e terra, quasi assenti a O e a N. Il tratto meglio conservato, a S, raggiunge l'altezza di 9 m. All'interno dell'area murata si trovano alcune strutture in pietra di difficile interpretazione e datazione. Una di esse, con bastioni angolari e spessa 2 m, viene ritenuta la prigione in cui Bimbisāra tenne prigioniero il figlio Ajātaśatru (parricida e poi convertito al buddhismo); vi sono stati messi in luce alcuni ambienti simili a celle, ma l'identificazione - come tutte le altre relative ai luoghi della tradizione buddhista - è ben lungi dall'essere provata.
Il monumento più importante dell'area è il Maṇiyār Maṭh, di epoca molto più tarda. Si tratta di un tempio, unico nel suo genere, di forma cilindrica in mattoni e gesso, più volte rimaneggiato e indagato. La struttura originale, con muri di 1,2 m, aveva quattro aggetti ai punti cardinali; col primo rifacimento le venne costruita tutt'attorno una fodera in cui si aprono nicchie contenenti immagini in gesso. Il santuario originale era forse circondato da un sentiero processionale, delimitato da un muro dapprima circolare e poi oblungo (lo spazio tra santuario e muro venne in seguito colmato). Intorno al tempio sorgono numerose piattaforme - circolari, quadrate o bislunghe - di certo destinate ai rituali. Accanto a esse furono rinvenute molte grandi giare (alte fino a 1,26 m), talune con lungo collo, caratterizzate da molti beccucci, alcuni dei quali a forma di spire di serpente e di altri animali, destinate al culto dei Nāga (v.; gli unici confronti tipologici sono con analoghi recipienti usati allo stesso scopo ancor oggi nel Bengala). A O del santuario principale, tra i resti di un altare quadrato più volte ricostruito venne alla luce una lastra scolpita su entrambi i lati rappresentante un nāga e una nāgim. L'interesse della scultura non sta soltanto nel fatto che, iscritta, ci consegna il nome del nāga Mani e della «sorella Sumagadhi», oltre a uno dei nomi con cui era noto Bimbisāra, Sreṇika, ma nel fatto che proviene dalla regione di Mathurā (v.), dove - come sappiamo dagli scavi di Sonkh (v.) - il culto dei nāga, in epoca saka-kuṣāṇa (I sec. a.C.-II d.C.), era non solo ben vivo, ma aveva assunto espressione iconica. Le immagini, in gesso nelle nicchie del santuario, databili al V sec. d.C., vanno lette nel quadro di un simile culto, protrattosi nel tempo: immagini di nāga (alte c.a 60 cm) protette dal cappuccio del cobra, vi si trovano associate a immagini di divinità hindu. L'antico culto indipendente è dunque confluito, in epoca gupta, nella grande corrente dei culti indiani a sanzione brahmanica.
All'estremità Ν di Rājagṛha Vecchia venne condotto nel 1950 un saggio stratigrafico - uno dei pochi sinora fatti per indagare la complessa realtà storico-archeologica di Rājgīr. Vennero alla luce scarse tracce di occupazione precedente l'introduzione della Ceramica nera polita del Nord (NBPW, Northern Black Polished Ware), comparsa nel VI sec. a.C. e attestata in India fino alla metà del I sec. a.C. L'ultimo periodo di occupazione osservato fu datato al I sec. d.C.
Fuori le mura di Rājagṛha Vecchia, ai piedi del Vaibhāra Giri (una delle cinque colline che racchiudono la valle), si trovano le due grotte di Son Bhāṇḍār. La parete rocciosa che costituiva il tetto della grotta a E è completamente crollata, ma si osservano i resti di un portico e di scale che portavano al secondo piano. Un'immagine di Viṣṇu su Garuḍa di epoca gupta (IV-V sec.), ora nel museo di Nālandā, venne istallata sulla porta dopo che i jainisti abbandonarono il luogo. In migliori condizioni è la grotta a O, formata da un unico ambiente (10,3 x 5,2 m). La stretta porta d'entrata (alt. 2 m) è trapezoidale, come quelle degli ambienti/rupestri sulle non lontane alture di Barābar (v. lomās ṚṢi, grotta di). L'ambiente è voltato, raggiungendo un'altezza di 3,45 m; conserva, a tratti, superfici polite. E stato suggerito che questa grotta costituisca non solo il prototipo delle grotte di Barābar, ma una sorta di anello di congiunzione tra grotte naturali e architettura rupestre. In tal caso, l'iscrizione del III-IV sec. d.C. sulla parete esterna del monumento, dovuta all'asceta jainista Vairadeva, non andrebbe riferita alla costruzione della grotta, ma alla sola istallazione al suo interno di immagini di tīrthaṃkara. A questa stessa epoca potrebbe risalire la finestra che si apre a lato dell'ingresso.
Due grotte naturali sono quelle in località Gṛdhrakūṭa, il «Picco dell'Avvoltoio» in cui il Buddha visse e pronunciò famosi discorsi. Si trovano sulle pendici meridionali del Chaṭha Giri, dalla parte opposta della valle, e sono rese accessibili da un sentiero noto come «strada di Bimbisāra». L'identificazione del sito con il Gṛdhrakūṭa non è sicura, ma esso è caratterizzato dalla presenza di molti materiali buddhisti, specie di epoca tardo-antica e medievale.
Dalla valle si esce verso Ν attraverso un passaggio tra le alture di Vaibhāra e di Vipula. Sorge qui la Rājagṛha Nuova, fatta erigere secondo la tradizione da Ajātaśatru (data tradizionale, primo quarto del V sec. a.C.). L'abitato, anch'esso a forma di pentagono irregolare, era circondato per una lunghezza di 5 km da mura d'argilla compattata, quasi interamente scomparse. La cittadella, quadrangolare, ha invece mura di tipo megalitico ben conservate, spesse 4,40-5,50 m e alte 3,35 m; di essa è stata esposta una parte sul lato S. Gli scavi condotti agli inizî del secolo nella cittadella portarono alla luce resti di numerose strutture (abitazioni, una delle quali con granaio; muri, piattaforme in mattoni), che però non furono né identificate con chiarezza né datate con precisione. Con una lunga trincea (66 m) scavata agli inizî degli anni '60 sezionando le mura in argilla a SO, venne esposta parte di un deposito che - a partire dalla sommità delle mura - scende a una profondità di 18 m. Negli strati inferiori non sono state osservate tracce d'insediamento, ma solo sporadici frammenti ceramici. Il periodo caratterizzato dalla NBPW vede anche un gruppo di monete punzonate (v. moneta: India) che la stratigrafia assegna a un'epoca precedente le mura. Questo particolare non può che aprire una difficile discussione. Infatti, secondo valutazioni oggi ampiamente accettate, le monete punzonate comparvero in India nel IV sec. a.C., un secolo più tardi dunque del periodo in cui - stando alla cronologia lunga - vissero Ajātaśatru e il Buddha. Se le mura della Rājagṛha Nuova sono posteriori all'introduzione di quella monetazione, la loro data non può che doversi abbassare di molto.
A O della Rājagṛha Nuova si trovano i resti di uno stūpa la cui fondazione è attribuita tradizionalmente ad Aśoka ma che, a giudicare dal tipo dei laterizi esposti con gli scavi degli inizî del secolo, appare non anteriore al II sec. a.C. Vero è che Xuanzang attesta presso il monumento l'esistenza di una colonna di Aśoka sormontata da capitello con elefante, di cui oggi non v'è traccia.
Non lontano da R., e strettamente connessa con il suo ruolo di antica capitale del Magadha, è Bodh Gayā, la località dove il Buddha raggiunse l'Illuminazione. L'attuale tempio è una ricostruzione del secolo scorso, ma il luogo conserva alcuni monumenti antichi, tra cui il vajrāsana, ovvero il «trono di diamante» posto sul luogo ove si ritiene che il Buddha, assiso sotto l'albero di pipal, trascorse la notte precedente l'Illuminazione. È una lastra decorata del I sec. a.C., come i pilastrini di vedikā che in antico delimitavano l'area intorno al sacro albero.
Il nome dell'odierno stato indiano del Bihar, in cui si trova R., deriva da vihāra, monastero. Il buddhismo rimase forte qui anche in epoca tardo-antica e medievale. Tra i siti nelle vicinanze di R. attestanti questo forte radicamento sono Nālandā e Kurkihar. Nālandā, a soli io km a Ν di R., è un grande complesso monastico di epoca medievale in parte risalente alla tarda epoca gupta (fine del V sec. d.C.). Kurkihar, tra R. e Bodh Gayā, verso SO, attende ancora appropriate indagini archeologiche; dal sito proviene il gruppo di bronzi medievali ora nel museo di Patna (v.).
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