PRIMADIZZI , Ramberto
PRIMADIZZI (Primaticcio, Polo), Ramberto. – Nacque a Bologna, attorno alla metà del Duecento. Le fonti non restituiscono l’identità dei genitori: spesso menzionato con il semplice nome proprio (le cui frequenti oscillazioni grafiche hanno ingenerato diversi equivoci) accompagnato dal solo cognomen toponomasticum (de Bononia), appartenne alla nobile famiglia dei Primadizzi, legata, anche da vincoli di parentela, all’élite della fazione guelfa dei Geremei.
Entrò probabilmente assai giovane nell’Ordine domenicano: la prima attestazione in tal senso è costituita da un legato in suo favore presente in un testamento bolognese del 1268, per cui Ramberto avrebbe beneficiato di cinque lire di bolognini finalizzate all’acquisto di libri. Si recò in seguito per motivi di studio a Parigi, dove nel 1288 ricoprì l’incarico di baccelliere; è incerto se in quegli anni di formazione Primadizzi sia stato allievo diretto di Tommaso d’Aquino, con cui ebbe comunque un’indefinita forma di rapporto personale. Cresciuto di importanza in seno all’Ordine, al punto da essere deputato dal Capitolo generale di Palencia (1291) quale definitore per la provincia di Lombardia, Primadizzi riprese nuovamente la strada per Parigi, dove ottenne la licentia docendi e insegnò teologia per alcuni anni in qualità di magister actu regens (1295-99).
Tornato in Italia e ulteriormente accresciuto nell’influenza, come testimonia il largo seguito di familiares che ne accompagnò il rientro, negli anni a cavaliere del Trecento (1299-1302) fu interpellato a più riprese in qualità di consultore dell’Inquisizione, tanto per l’officium di Pavia, quanto – e soprattutto – per quello di Bologna. Nel 1300, con una lettera colma di lodi, venne tra l’altro preposto da Bonifacio VIII insieme al confratello, nonché vescovo felsineo, Giovanni Savelli (di cui Ramberto fungerà da esecutore testamentario) ad assistere il giudice della fede Guido da Vicenza nel processo postumo contro Armanno Pungilupo, sospetto eretico venerato come santo, procedimento conclusosi con la condanna.
Divenuto priore del convento bolognese di S. Domenico nel 1301, nello stesso anno – così come già accaduto in quello precedente – il teologo fu sul punto di essere eletto generale dell’Ordine, incarico mancato a causa della dichiarata ostilità del cardinale Niccolò Boccassini, di lì a breve papa Benedetto XI; del resto già nel 1288 il domenicano trevigiano, allora in veste di provinciale di Lombardia, era intervenuto contro Primadizzi, quando in occasione del Capitolo provinciale di Rimini ne aveva limitato la capacità giuridica. Il 20 febbraio 1303 Ramberto venne invece premiato da Bonifacio VIII con la nomina a vescovo della diocesi veneziana di Castello; pochi giorni dopo fu autorizzato dalla Sede apostolica a contrarre un ingente mutuo, pari a 1500 fiorini d’oro, per finalità non specificate.
Sulla scorta di un’iscrizione anticamente conservata nel Palazzo patriarcale di Venezia, gli eruditi sei-settecenteschi hanno attribuito al domenicano la cognominazione Polo, ancora oggi mutuata da diversi studiosi in riferimento al periodo di governo della diocesi castellana.
Il breve episcopato di Ramberto Primadizzi è scarsamente documentato: è certo che nel 1305 diede impulso alla formazione di un Catastico dei beni e delle rendite spettanti alla mensa vescovile; nello stesso anno gli è inoltre ascritta l’indizione di un sinodo diocesano. Primadizzi occupò la cattedra fino alla morte, avvenuta nel novembre del 1308. Fu sepolto nel convento domenicano dei Ss. Giovanni e Paolo di Venezia.
La notorietà di Primadizzi è essenzialmente legata all’Apologeticum veritatis contra corruptorium, difesa teologica del pensiero dell’Aquinate in risposta polemica al Correctorium del francescano Guillaume de la Mare, senza trascurare altri autorevoli avversari universitari coevi, definiti «magni», tra cui vanno annoverati Enrico di Gand, Riccardo di Mediavilla, Matteo d’Acquasparta ed Egidio Romano. L’opera, che si compone di un prologo e di sedici articuli, l’ultimo dei quali si interrompe bruscamente, è giunta incompleta attraverso un unico testimone (Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 1539, cc. 1r-26v; cfr. Apologeticum veritatis contra corruptorium, a cura di J.P. Muller, Città del Vaticano 1943). La stesura dell’Apologeticum, edito criticamente da Jean Pierre Muller nel 1943, fu iniziata senza dubbio a Parigi successivamente allo scorcio del 1286. Al frate domenicano sono state in passato ascritte altre opere, la cui attribuzione, tuttavia, risulta oggi respinta con forza.
Fonti e Bibl.: Les registres de Boniface VIII, a cura di G. Digard - M. Faucon - A. Thomas, Paris 1884-1909, nn. 3807, 3808, 5133, 5143, 5147, 5148; Stephanus de Salaniaco - Bernardus Guidonis, De quatuor in quibus Deus Praedicatorum Ordinem insignivit, a cura di Th. Kaeppeli, Romae 1949, pp. 83, 130; J. Leclercq, Textes contemporains de Dante sur des sujets qu’il a traités, in Studi medievali, s. 3, VI (1965), 2, p. 506; Acta S. Officii Bononie ab anno 1291 usque ad annum 1310, a cura di L. Paolini - R. Orioli, II, Roma 1982, pp. 600-605.
J. Quétif - J. Échard, Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, Lutetiae Parisiorum 1719, p. 504; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, V, Venetiis 1720, col. 1272; F. Corner, Notizie storiche delle chiese e dei monasteri di Venezia e di Torcello, Padova 1758, pp. 10 s.; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VII, Bologna 1789, pp. 133-135; G. Gallicciolli, Delle memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche, IV, Venezia 1795, pp. 64, 91, 140 s.; Th. Kaeppeli, Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi, III, Romae 1980, pp. 295 s., IV, Romae 1993, p. 251; G. Zanella, Itinerari ereticali: patari e catari tra Rimini e Verona, Roma 1986, pp. 29, 92-94; A. D’Amato, I domenicani a Bologna, I, Bologna 1988, pp. 149, 203, 237; M. Benedetti, Inquisitori lombardi del Duecento, Roma 2008, pp. 143, 298; H. Wels, Late medieval debates on the location of angels after the condemnation of 1277, in Angels in medieval philosophical inquiry. Their function and significance, a cura di I. Iribarren - M. Lenz, Aldershot 2008, pp. 115-117, 120.