RAME
Uno dei metalli più usati nella remota antichità, fin dal V millennio a. C., cronologicamente il più antico metallo utile e forse il secondo scoperto dopo l'oro. I Greci lo chiamavano χαλκός da Calcide ove si troyavano dei giacimenti e i Romani aes cyprium e cuprum da Cipro, uno dei principali centri di produzione (v. metallurgia).
Ha colore rosso alla luce riflessa e verde a quella trasparente, cristallizza nel sistema monometrico, è duro, elastico, tenace, molto diffuso in natura specialmente sotto forma di minerali che rappresentano le materie prime per l'estrazione; ma si trova anche allo stato nativo e in questa forma fu utilizzato ancora in epoca neolitica prima della scoperta della fusione dei minerali. Il primo stadio della lavorazione del r. è quello detto della "cultura del rame martellato" ove il lavoro veniva effettuato mediante forgiatura come testimoniano, ad esempio, dei piccoli utensili trovati a Badari, nell'alto Egitto e databili al 4000 circa a. C. Probabilmente l'inizio della lavorazione del r. è da attribuirsi ai Sumeri, presso i quali tale metallo fu usato fin dal 3500 a. C. ed entrò nell'uso comune verso il 3000 a. C.; esso proveniva dall'Armenia e da Elam, dove si rifornirono più tardi anche gli Assiri. È, forse, attraverso i Sumeri che gli Egiziani conobbero l'uso del r.; essi sfruttarono le miniere dei loro territorî e soprattutto quelle del Sinai, descritte dai testi antichi, sebbene inizialmente queste miniere servissero per l'estrazione di turchesi, la cui produzione continuò fino alla seconda metà del II millennio quando l'Egitto cominciò a importare r. da Cipro e dall'Armenia. Già in epoca predinastica si effettuava la fusione del minerale, come attesta il ritrovamento di crogiuoli e di scorie; ma fu con la IV dinastia (2600 a. C. circa) che se ne iniziò la lavorazione su larga scala.
Gli Assiri traevano il loro r. dall'Armenia, dall'Elam e dall'Urartu e smerciavano il r. in lingotti a forma di pelli di bue che pesavano circa 2 talenti e probabilmente servirono come moneta al posto delle pelli di bue usate in precedenza. Fin dal II millennio le agenzie assire dislocate in Asia Minore (Kültepe) acquistavano e smerciavano r. "cattivo" (nero) e r. "buono" (raffinato), il primo a metà prezzo del secondo.
Altro centro di produzione del r. si trovava nell'Arabah fra il Mar Morto e il Golfo di Aqaba; qui si rifornirono gli Edomiti e i re d'Israele e forse sono queste o quelle del Sinai le miniere descritte nel xxviii libro di Giobbe.
Nella seconda metà del III millennio s'inizio lo sfruttamento delle miniere di Cipro che rifornirono l'Egitto durante la XVIII dinastia, Troia, Creta, la Grecia e sono ricordate nei poemi omerici (per l'impiego del r. vedi, ad esempio, la descrizione della reggia di Alcinoo, Odissea, vii, 86 ss.).
In Europa le miniere di r. dell'Età del Bronzo si trovavano in Austria, in Germania, in Italia (Elba, Campigliese, Montecatini), in Francia, Spagna, nel Portogallo, nella Russia meridionale, in Ungheria. Le miniere di Mitterberg, nel Tirolo, furono sfruttate dall'Età del Bronzo (16oo a. C.) fino a quella del Ferro (periodo di Hallstatt, 8oo a. C.). Dalle miniere delle vallate di Tisa (Ungheria) proveniva r. allo stato nativo; in questa miniera si scendeva mediante tronchi d'albero intagliati in modo da formare una scala, e i pozzi avevano un diametro di 1-2 m.
Sebbene, come si è detto, il r. si trovi anche allo stato nativo questi giacimenti dovettero esaurirsi ben presto e si dovette ricorrere pertanto ai minerali del r. quali la cuprite, la malachite, l'azzurrite, la calcocite, la calcopirite, la bornite, la covellite. I primi tre comprendono carbonati ed ossidi e possono facilmente ridursi a metallo mediante riscaldamento con carbone di legna; gli altri sono composti di solforati di rame, si trovano in giacimenti più profondi e il loro trattamento per ottenerne il minerale è molto più complesso poiché occorrono fasi successive di arrostimento, di fusione con carbone e in corrente d'aria per ottenere la trasformazione dei solfuri in ossidi. Naturalmente per la riduzione è necessario l'impiego di forni e di crogiuoli; i forni preistorici erano molto piccoli e i più antichi misuravano circa 30 cm di diametro.
Fra le più antiche testimonianze dell'applicazione del r. alla statuaria si ricordano le figure erette di tori da el-῾Ubaid (3000 a. C.), un pannello con una grande aquila a testa di leone e due cervi da el-῾Ubaid (v. vol. iv, p. 1057) e la statua del faraone Pepi I e di suo figlio (2300 a. C.) al Cairo; queste statue erano (v. vol. iii, p. 259) formate da lamine di r. appoggiate a un'anima di legno, scaldate e rifinite con bulinature e fissate mediante chiodi a testa grande, aiutandosi con del bitume che scorrendo al calore contro il metallo formava un supporto durante la bulinatura.
Sulle pareti della tomba di Rekhmire (Egitto, 1400 a. C.) vi sono pitture che rappresentano la fusione di porte di r. per un tempio.
Bibl.: I. Guareschi, Nuova Enciclopedia di Chimica, Torino 1921, XI, s. v.; R. J. Forbes, Metallurgy in Antiquity, Leida 1950; H. H. Coghlan, Notes on the Prehistoric Metallurgy of Copper and Bronze in the Old World, in Occ. Pap. Tech. Pitt. Riv. Mus. N., 1951, 4, p. 56; H. H. Coghlan, in Studia Paleometallurgica in honorem E. Preuschen, in Archaeologia Austiaca, Beiheft 3, 12, 1958, p. 57-69; F. Czedik-Eysenberg, ibid., Beiheft 3, n. 12, 1958, p. 1-18; L. Aitchison, A History of Metals, Londra 1900; H. H. Coghlan, in Archeologia Austriaca, 29, 1961, pp. 57-75; C. Singer, E. Y. Holmyard, A. R. Hall, T. I. Williams, Storia della Tecnologia, Torino 1961, I, pp. 572-575; 594-597; 649-651; 610-617; 637-638; 697 ecc.; R. J. Forbes, Studies in Ancient Technology, IX, Leida 1964, pp. 1-123.