RAMENGHI, Bartolomeo, detto Bagnacavallo sr.
RAMENGHI, Bartolomeo, detto Bagnacavallo sr. – Nacque a Bagnacavallo, in Romagna, nel 1484 (Baruffaldi, ante 1752, 1846, p. 488). Il soprannome riflette la città di nascita e fu in uso a partire dal Seicento (Bumaldus, 1641, p. 251). I documenti coevi attestano che il padre si chiamava Ramengo (Massaroli, 1900, pp. 2-3).
Chiarisce le parentele il rogito del 23 giugno 1522 con cui «Bartholomeus et Sipio fratres et filii quondam m. ramenghi de ramenghis de bagnacavallo» vendettero una casa (Archivio di Stato di Ravenna, Notarile di Bagnacavallo, Notaio G. Tigrini, 32).
Si può ritenere che il giovane abbia visto in Romagna pale di Bernardino e Francesco Zaganelli, di Marco Palmezzano, di Antonio Aleotti, di Nicolò Rondinelli, fino al 1503, quando secondo lo stesso Baruffaldi (ante 1752, 1846, p. 489) si trasferì a Bologna.
Gli anni trascorsi nel capoluogo bentivolesco condussero Ramenghi sulla via del protoclassicismo: la città infatti ospitava opere sia del Perugino sia del Francia, gli antesignani che, con «spirito di prontezza» e «dolcezza ne’ colori», superarono il mondo prospettico secondo Giorgio Vasari (1550, p. 558); Lorenzo Costa aveva realizzato la pala Ghedini e l’altar maggiore di S. Giovanni in Monte; non mancavano esemplari di Amico Aspertini; infine era presente la pala Casio di Giovanni Antonio Boltraffio.
Il primo dipinto in cui Ramenghi fece tesoro di questi spunti è l’Annunciazione di proprietà bolognese (Venturoli, 1969, p. 422), cui vanno affiancati la Madonna con il Bambino fra s. Caterina da Siena e s. Domenico di collezione Murnaghan a Dublino (Ervas, 2014, p. 30), il Ritratto femminile già Minken a Londra (Boskovits, 1975, fig. 23) e la Madonna con il Bambino, s. Francesco e s. Girolamo della Cassa di risparmio di Cesena (Mazza, 1991, n. 8).
Prima della fuga dei Bentivoglio (2 novembre 1506) furono terminati gli affreschi di S. Cecilia in Bologna, un cantiere che influì in modo determinante sulle coordinate culturali di Ramenghi, che vi partecipò, come afferma Negri nel suo manoscritto (Bologna, Biblioteca Universitaria, 1107: Negri, ante 1659, VII, 1, anni 1500-28, c. 34v; Bernardini, 1990, p. 119).
Secondo Paolo Venturoli (1969) è suo l’Angelo che incorona gli sposi di identico stile rispetto ai frammenti oggi a Carpi (Fondazione Severi) e alla Galleria nazionale d’arte antica-Palazzo Barberini. L’esistenza del S. Petronio firmato da Biagio Pupini in collezione Salina di Bologna (Lucco, 1985, p. 150) lascia aperta la possibilità che la collaborazione fra Ramenghi e il bolognese sia nata in questi anni, inducendo ad accreditare loro qualche parte nell’ambito del Battesimo di Valeriano, come le Due figure precedute da un cagnolino (Ugolini, 2014, fig. 4).
Il 5 dicembre 1506 Ramenghi è citato nuovamente a Bagnacavallo (Bernardini, 1990, p. 46) ed è logico ritenere che qualche tempo dopo abbia eseguito la pala, oggi nel Museo civico delle Cappuccine, rappresentante la Madonna in trono con quattro santi.
Essa manifesta una sintesi fra la tradizione romagnola (Rondinelli nel s. Michele), il protoclassico peruginesco (nella postura del s. Pietro) e lo schema della pala costesca rinnovato nel 1505 con il polittico dell’oratorio di S. Pietro in Vincoli a Faenza. Si conferma l’influsso di Boltraffio, già presente nell’Annunciazione e nella paletta di Cesena, e quello mediato di Leonardo nel gesto del Battista.
Data la sua vicinanza stilistica con gli affreschi di S. Cecilia, l’opera va collocata nel 1507-08 circa e conclude la carriera di Ramenghi nel mondo protoclassico.
Successivamente dovette svolgersi il viaggio romano, menzionato da Vasari (1550, p. 826), secondo il quale, Ramenghi fu incaricato di lavorare nella chiesa di S. Maria della Pace, sopra la cappella Ponzetti. L’altare è sormontato da un’area che, per la collocazione molto elevata e le ridipinture subite, ha scoraggiato la critica, fino a che Fiorella Sricchia Santoro (1999, p. 164) non ha pubblicato un’immagine rappresentante David e Isaia, affermando che può trattarsi di ciò che rimane della trasferta romana di Ramenghi. Resta da ipotizzare la cronologia, in relazione con l’operato di Baldassarre Peruzzi (1516). È preferibile pensare che il giovane sia stato messo all’opera per primo, intorno al 1510, senza interferire con i lavori da realizzare nella parte bassa.
Questa data è lo spartiacque fra le tavole di schema franciano, come la Madonna con il Bambino e s. Caterina da Siena oggi in collezione mantovana, e quelle in cui emerge l’influsso di Raffaello, prima fra tutte lo Sposalizio mistico con s. Giuseppe di ubicazione ignota (Winkelmann, 1989, n. 17: Girolamo da Treviso; Lucco, 1999, p. 172). Lo stesso Bambino, tratto dalla Madonna Aldobrandini dell’urbinate, ricomparirà ancora (New York, St. John Divine; Negro, 1998, p. 50).
In altri dipinti lo stile di Raffaello è recepito tramite i suoi emuli toscani (Bernardini, 1990, nn. 10-11); va ricordata la Madonna in trono con donatore tra s. Giovanni Battista e s. Francesco venduta come opera di fra Bartolomeo (Fototeca Zeri: Londra, Christie’s, 25 giugno 1948, n. 141).
Tornato in Romagna, Ramenghi si consorziò con Pupini, ottenendo nel 1511 una commissione di affreschi a Faenza. Iniziò un periodo di oltre dieci anni costellato di opere distrutte; restano due tarsie di fra Raffaele da Brescia tratte da suoi disegni, realizzate nel 1517 per S. Michele in Bosco e oggi in S. Petronio (Ferretti, 1984). Queste testimonianze consentono di porre intorno al 1515 lo Sposalizio mistico di s. Caterina da Siena (Bernardini, 2006, n. 28) che costituisce il trait d’union verso la Crocifissione del 1522.
Intorno al 1520 vanno collocate la Visitazione con donatori della chiesa di S. Vitale e la Disputa di s. Agostino del convento di S. Salvatore, eseguita assieme a Pupini (Bernardini, 1990, pp. 23-25).
Conviene valutare soprattutto la Visitazione, completamente autografa e ben leggibile, da cui emerge la conoscenza degli eredi eccentrici di Raffaello, come Perin del Vaga, Polidoro da Caravaggio e Pedro Machuca, acquisita da incisioni e disegni, o forse tramite un nuovo viaggio a Roma.
Nel 1522 venne dipinto per la cattedrale di Bologna il Crocifisso con la Maddalena fra s. Giuseppe e s. Giacomo. Con quest’opera, Ramenghi si candidò come erede di Raffaello, fortemente legato alla tradizione (Perugino, Costa e Francia) e consapevole delle recenti tendenze ferraresi (l’Ortolano e Dosso Dossi; cfr. Vicini, 1990, p. 83).
Accantonando le opere contese con Girolamo da Treviso o Girolamo da Carpi (Lucco, 1997, p. 148; Faietti, 2001, p. 64; Bernardini, 2002, n. 24; Ervas, 2014, p. 180) e quelle indebolite dall’intervento di allievi (Preziosissimo Sangue con quattro santi della chiesa di S. Michele in Bagnacavallo; Visitazione n. 274 dei Musei berlinesi), restano alcuni lavori eccellenti, che assegnano a Ramenghi un ruolo preminente nel classicismo degli anni Venti e Trenta. Il capolavoro di questo periodo è la Sacra Famiglia con santi, donatore e la Madonna del castagno, proveniente da S. Giuseppe in Val di Pietra e conservata nella Pinacoteca nazionale di Bologna (inv. n. 544; Bernardini, 2006, n. 30), in cui il prototipo, identificato nella Sacra Famiglia di Francesco I del Louvre, viene rielaborato e inserito in un’elegante impaginazione narrativa; il riferimento al 1522 (Vaccolini, 1835, p. 15) appare credibile. Seguono il Santo vescovo e il Santo abate affrescati nella chiesa dei Servi, accompagnati da un’inedita Gloria d’angeli; conclude il gruppo la Madonna con il Bambino fra i ss. Sebastiano e Rocco, oggetto della devozione bolognese di via Mascarella (chiesa di S. Maria Maddalena), per la quale è stata proposta una collocazione negli anni Trenta, verso la fine del catalogo noto.
Occorre tuttavia valutare tre affreschi, rappresentanti l’Orazione nell’orto, Geremia e Isaia (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, foto GFS 5041-5043), ritrovati in S. Salvatore. Sul terzo è presente la data 1545, ricordata anche nel Settecento (Trombelli, 1752, p. 97, che non menziona l’autore). Secondo Faietti (2001, p. 62), l’Orazione è di Ramenghi, dipinta prima del 1542, data della morte (avvenuta a Bologna), computata aggiungendo 58 anni a quella di nascita (Vasari, 1550, p. 827).
All’Orazione può essere aggregato l’inedito Geremia, di stile analogo, mentre resta a Pupini il profeta datato. Ricostruito il curriculum degli anni successivi al 1520 tramite le opere pubbliche, rimangono da considerare numerose tavole per la devozione privata, di datazione incerta. Sono emersi sul mercato vari dipinti: Madonna con il Bambino, s. Sebastiano e s. Francesco (New York, Sotheby’s, 11 aprile 1991, n. 155); Madonna con il Bambino, s. Giovanni Battista e s. Girolamo (Roma, Finarte, 14 marzo 1998, n. 500); Sacra Famiglia e s. Giovannino (Bologna, Fondantico, 2008, n. 1); Madonna con il Bambino, s. Sebastiano e s. Rocco (Bologna, Fondantico, 2013, n. 5; scheda di E. Sambo).
Quest’ultimo dipinto manifesta l’influsso di Girolamo Marchesi intorno al 1526, in un momento in cui altre opere affini vanno assegnate proprio al pittore di Cotignola (Benati, 1987, p. 50).
Alcuni esemplari sono presenti in archivi on-line (due immagini della Sacra Famiglia, inv. nn. 89581 e 89586, in Fototeca Zeri; opere conservate al Musée des arts décoratifs di Parigi, a Crépy e già a Thorigny visibili su agorha.inha. fr). È di ubicazione incerta la S. Orsola già di proprietà Mori (Fototeca Cini: Girolamo da Treviso; Mazza, 1993, p. 117); una Madonna è in collezione Alana a Newark (Minardi, 2011, n. 6). Quanto ad alcune opere contese, è preferibile assegnarle a Scipione Cavalletto (Bentivoglio-Ravasio, 2002, pp. 43-49) e a Scipione Ramenghi (Tambini, 2011).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, Firenze, Lorenzo Torrentino, 1550; J.A. Bumaldus (O. Montalbani), Minervalia Bononiensia, Bononiae 1641; Bologna, Biblioteca Universitaria, 1107: G.F. Negri, Annali di Bologna (ante 1659); G. Baruffaldi, Vite de’ pittori e scultori ferraresi (ante 1752), a cura di G. Boschini, Ferrara 1846; G.G. Trombelli, Memorie istoriche concernenti le due canoniche di S. Maria di Reno, e di S. Salvatore insieme unite, Bologna 1752; D. Vaccolini, Biografia di B. R. detto il Bagnacavallo, Bagnacavallo 1835; C. Massaroli, B. R. Pittore e sua famiglia: memoria genealogica, Bari 1900; P. Venturoli, Amico Aspertini a Gradara, in Storia dell’arte, 1969, n. 4, pp. 417-432; M. Boskovits, Una scheda e qualche suggerimento per un catalogo dei dipinti ai Tatti, in Antichità viva, XIV (1975), 2, pp. 9-21; M. Ferretti, Da S. Michele in Bosco a S. Petronio: un episodio nella storia della tutela, in La Basilica di San Petronio in Bologna, II, Bologna 1984, pp. 279-284; M. Lucco, La cultura figurativa padana al tempo del Codice Hammer, in Leonardo: il Codice Hammer e la Mappa di Imola presentati da Carlo Pedretti... (catal., Bologna), Firenze 1985, pp. 143-154; D. Benati, in I dipinti antichi della Banca Popolare dell’Emilia, a cura di D. Benati - L. Peruzzi, Modena 1987, pp. 46-50; J. Winkelmann, in Arte emiliana: dalle raccolte storiche al nuovo collezionismo, a cura di G. Manni - E. Negro - M. Pirondini, s.l. (ma Modena) 1989, p. 37; C. Bernardini, Il Bagnacavallo senior, Rimini 1990; S. Vicini, Schede, ibid., passim; A. Mazza, La collezione dei dipinti antichi della Cassa di Risparmio di Cesena, Bologna 1991; Id., Vicende della pittura tra Romagna e Bologna, in Innocenzo da Imola: il tirocinio di un artista (catal., Imola), a cura di G. Agostini - C. Pedrini, Bologna 1993, pp. 107-130; M. Lucco, Qualche nuova opera di Prospero Fontana, in Arte a Bologna, 1997, n. 4, pp. 140-149; E. Negro, Dal Tardogotico padano al Classicismo del Francia, in E. Negro - N. Roio, Francesco Francia e la sua scuola, Modena 1998, pp. 7-60; M. Lucco, I due Girolami, in Scritti di storia dell’arte in onore di Jürgen Winkelmann, a cura di S. Béguin - M. Di Giampaolo - P. Narcisi, Napoli 1999, pp. 165-180; F. Sricchia Santoro, Ricerche intorno all’Antifonario di Leone X della Biblioteca Vaticana, in Prospettiva, 1999, nn. 95-96, pp. 155-168; M. Faietti, in Un siècle de dessin à Bologne 1480-1580... (catal.), a cura di M. Faietti et al., Paris 2001, pp. 62-64; R. Bentivoglio-Ravasio, Per una rilettura della miniatura bolognese di primo Cinquecento: due inediti codici liturgici per la Basilica di San Petronio a Bologna e i loro autori, in Prospettiva, 2002, nn. 106-107, pp. 34-57; C. Bernardini, in Il Cinquecento a Bologna (catal., Bologna), a cura di M. Faietti, Milano 2002, pp. 122 s.; Ead., in Pinacoteca Nazionale di Bologna. Catalogo generale, II, Da Raffaello ai Carracci, a cura di J. Bentini et al., Bologna 2006; M. Minardi, in The Alana Collection, a cura di M. Boskovits, II, Firenze 2011, pp. 38-40; A. Tambini, Una firma ebraica di Scipione Ramenghi a Bagnacavallo, in Studi romagnoli, LXII (2011), pp. 345-348; P. Ervas, Girolamo da Treviso, Saonara 2014; A. Ugolini, Castel Bolognese predella revisited, 2014, http://www.academia.edu/8596858/Castel_Bolognese_predella_revisited_-_rel._2.0 (19 maggio 2016).