RAMNUNTE (‛Ραμνοῦς, demotico ‛Ραμνούσιος, Rhamnus)
Demo attico della tribù Eantide. La cittadina che dava il nome al demo era ubicata sulla costa orientale dell'Attica, a 60 stadî da Maratona sulla strada fra questa ed Europo, sopra una penisoletta rocciosa, nella località detta oggi Ovriókastro, su tre lati circondata dal mare e unita da una stretta giogaia alle colline che in questo punto si protendono fino alla spiaggia; l'ottima posizione naturale era inoltre rinforzata da una cinta, di cui si conservano resti abbastanza cospicui nonché la bella porta sull'istmo verso la terraferma. Ramnunte, patria dell'oratore Antifonte, esisteva ancora al tempo di Livio. La sua grande fama era dovuta a un celebre santuario di Nemesi, chiamata perciò spesso nella poesia latina la "dea" o la "vergine ramnusia"; la statua di culto era opera, secondo due diverse tradizioni, di Fidia o del suo migliore scolaro Agoracrito, e sarebbe stata creata da un enorme blocco di marmo pario che i Persiani avrebbero portato quivi per erigervi un trofeo. Su una piccola spianata artificiale poco fuori la cinta della città sono state messe allo scoperto le fondamenta di due templi; nel più piccolo e più antico, probabilmente preesistente all'invasione dei Persiani, s'è rinvenuta infatti una statua frammentaria di arte arcaica; dopo la distruzione di questo, alla dea che aveva vendicato a Maratona l'onta inferta dai barbari al suo culto, sarebbe stato elevato il tempio maggiore, entro il quale sono stati scavati importanti frammenti di sculture (però in marmo attico), con probabilità appartenenti alla base della colossale statua della dea.
Una seconda città di tale nome è menzionata nella parte occidentale dell'isola di Creta.
Bibl.: G. J. Schneider, Die Akrop. von R., in Berl. phil. Woch., IV (1884), p. 1305 segg.; v. Staïs, in Πραχτικά, 1890, p. 27 segg.; 1891, p. 13 segg., e in Eph. Arch., 1891, p. 45 segg.; U . Kahrstedt, in Pauly-Wissowa, Real-Enc., I A, col. 131 seg.; A. C. Orlandos, in Bull. Corr. Hell., XLVIII (1924), p. 305 segg.; W. Zschietzschmann, in Arch. Anz., XLIV (1929), p. 441 segg.