Vedi RAMNUNTE dell'anno: 1965 - 1996
RAMNUNTE (῾Ραμνοῦς, Rhamnus)
Demo della tribù Eantide sulla costa orientale dell'Attica; la città sorgeva nel sito dell'odierna Ovriocastro, su un promontorio roccioso sull'Euripo, in una importante posizione lungo la via verso Calcide, Eretria, Oropos e Maratona.
L'acropoli presenta mura in pietra locale disposte in due cinte create per sorvegliare la navigazione sull'Euripo. La più interna, in gran parte distrutta, sulla sommità della collina, chiude la vera e propria cittadella e presenta mura e torri in apparato irregolare e irregolarmente trapezoidale; in taluni tratti l'esistenza di un apparato regolare, con bozze, è il segno di riparazioni eseguite al tempo della costruzione della seconda cinta; ciò è particolarmente evidente in una torre rettangolare presso l'ingresso a S-E ove appaiono le tracce di una torre circolare precedente. Secondo il Pouilloux, che con la sua opera ha fatto il punto sul sistema delle fortificazioni di R., questa cinta, che altri avevano attribuito alla fine del VI sec. a. C., daterebbe, nella sua forma definitiva, al 412-411 a. C. (guerra di Decelea), quando gli Ateniesi munirono anche il Sunio di mura analoghe. La cinta esteriore presenta una forma molto irregolare poiché si adatta alle sinuosità del suolo; si estende per un perimetro totale di 8oo m e conserva ancora dieci torri e tracce dei cammini di ronda. È aperta a S con una porta disposta obliquamente rispetto a due torri quadrangolari che la fiancheggiano, una delle quali è molto più massiccia e imponente dell'altra. L'apparato murario è formato da grossi blocchi del bellissimo calcare locale, semicristallino, che ha l'aspetto del marmo, con bozze, e presenta in talune zone variazioni di struttura e irregolarità, indici di rappezzi, riattamenti di muri più antichi o anche dell'opera di maestranze diverse ma contemporanee. In taluni punti il muro poggia direttamente sulla roccia affiorante (lato N-O) e termina nel profilo superiore con denti di sega. Nella zona N-O e in quella S-O altri muri trasversali delimitano dei fortini. Il Pouilloux, spostando di quasi un secolo la cronologia tradizionale, avanza l'ipotesi che questa cinta appartenga alla fine del IV o addirittura agli inizi del III sec. a. C. Vi nota, infatti, il segno della conoscenza della strategia ellenistica e ritiene che potrebbe essere attribuita al sistema difensivo creato in Attica da Antigono Gonata. Fra le due cinte sono state trovate rampe di raccordo e tracce di edifici di difficile interpretazione. A N della porta principale è un edificio circolare, del diametro di m 4,50 (monumento funerario? coregico? o forse dedicato all'eroe archegete?), connesso probabilmente con un altro edificio rettangolare diviso in ambienti. Presso l'angolo N-O dell'acropoli lo Stais trovò tracce di uno hieròn di Dioniso (m 4 × 8) che attribuì al IV sec. a. C.; vi sono poi avanzi di un quartiere con cisterne, case di età greca e romana (R. esisteva ancora, sebbene non più con l'antico splendore, come stazione di mercenarî, nel I sec. a. C.), resti di un edificio pubblico (m 10 × 22,50) ornato di stele e forse di una stoà (palestra? ginnasio? lesche?), di un bouleutèrion (?), iscrizioni, frammenti decorati, statue funerarie, ecc. Cinque sedili in marmo dedicati a Dioniso appartengono a un teatro (tale lo definisce un'epigrafe reimpiegata in un edificio vicino) che si trovava presso la porta d'ingresso della cittadella interna, sulle pendici S-O dell'acropoli. Si tratta, in realtà, di un vasto rettangolo, la cui recinzione era seguata da una fila di statue e di stele e che fungeva, probabilmente, non solo da teatro, ma forse anche da luogo di riunione delle assemblee del demo e della guarnigione, la cui datazione risale forse al IV sec. a. C. Sulla costa S-O dell'acropoli si trovava anche un piccolo santuario (m 11 × 5) dedicato agli eroi medici Aristomaco e Anfiareo, scavato nel 1891 dallo Stais che vi trovò due statue acefale, in una delle quali è riconoscibile un personaggio ammantato appoggiato ad un bastone, cinque frammenti di rilievi, due teste isolate, di cui una arcaica, nove dediche e un decreto, ove sono congiuntamente nominati i due eroi. Il tèmenos comprende due terrazze distinte, l'una ad E dove si istallò il culto primitivo, dedicato fino al IV sec. al solo Aristomaco (come rivela la dedica delle iscrizioni), e un'altra che ingrandì la precedente verso O, quando le fortune della città permisero un ampliamento e al primitivo culto si aggiunse, alla fine del IV sec., quello di Anfiareo, che gradualmente prevalse sul locale Aristomaco.
Il nome di R. è legato al santuario di Nemesi, situato nella vallata di Limikò, a mezz'ora dalla città, al termine di una strada fiancheggiata da sepolcri ed edicole funerarie, che fu scavato nel 1833 dalla Società dei Dilettanti e poi, alla fine del secolo, dalla Società Archeologica greca. Il santuario occupa una terrazza pressocché rettangolare (40 × 50 m) costruita in parte sul terreno naturale e in parte su un terrapieno artificiale; sul lato N è un potente muro in marmo grigiastro, isodomo, con blocchi a superficie esternamente digrossata e le giunture non tutte verticali, analogo alle mura della cinta esteriore e che era stato datato, come questa, alla fine del V, inizio del IV sec. a. C., ma che il Pouilloux ritiene, come quella, di un secolo più tardo. Sul lato E, addossato ad un muro analogo al precedente, c'è un muro di piccole pietre irregolari legate con argilla, avanzo di un peribolo più antico e di perimetro inferiore. L'ingresso del santuario è situato sull'angolo S-E del peribolo classico. Al centro della terrazza sono i due templi: il maggiore appartiene alla seconda fase costruttiva del tèmenos e presenta gli stessi caratteri di adulteramento di elementi architettonici dorici con ionici di altri edifici attici contemporanei, quali il cosiddetto Theseion ad Atene, il tempio di Posidone al Sunio e il tempio di Ares ad Atene, con confronti così stringenti da essere stato attribuito allo stesso autore, ed è datato al 436 a. C. Il tempio, in marmo pentelico, ma con l'euthynterìa e il primo gradino nello scuro marmo locale, misurava all'euthynterìa 22,76 × 11,58 m, aveva 6 × 12 colonne, un fregio ionico sulle due fronti della cella ed uno dorico, con metope quadrate, sulla peristasi esterna; nelle fondazioni sono impiegati per la prima volta grossi blocchi di conglomerato. La costruzione non fu mai terminata per il sopraggiungere della guerra del Peloponneso. La statua di culto era la colossale Nemesi (m 4,95), opera di Agorakritos (v.) di Paro, l'allievo prefento di Fidia, tanto che la statua veniva attribuita da qualcuno allo stesso maestro. La testa, mutila e abrasa, è conservata al British Museum, ma, ancora nel XIX sec., se ne trovavano sul posto importanti frammenti; la tradizione la diceva ricavata da un blocco di marmo pario scelto dai Persiani per erigervi il trofeo della loro probabile vittoria sui Greci.
In una lastra di Villa Albani con Latona ed Artemide il Langlotz ha riconosciuto una metopa del tempio ed ha dedotto l'esistenza di un fregio con Niobidi. Lo stile di queste sculture è strettamente legato a quello delle opere di immediata gravitazione fidiaca, anche se i rilievi della base (Atene, Museo Nazionale) rivelano una certa grossolanità difficilmente attribuibile alla mano diretta di Agorakritos. In epoca romana quando il tempio fu dedicato a Livia madre di Augusto, le metope scolpite della facciata furono sostituite con metope piane.
Il culto di Nemesi a R. era però più antico del V sec. ed aveva la sua sede in un tempio, in pòros, distrutto dai Persiani, da cui provengono statuette, cocci, elementi architettonici ed anche un'immagine di culto in minuscole proporzioni rappresentante una figura seduta (VI sec. a. C.).
Accanto a Nemesi era onorata a R. anche Themis ed a questa divinità è stato riferito, in base a dediche ed iscrizioni, il tempio minore adiacente al precedente: si tratta di un distilo in antis, in pòros con colonne e particolari marmorei e alto basamento in opera poligonale, ritenuto generalmente della fine del VI sec. ed identificato da alcuni con il tempio prepersiano. Lo Zschietzschmann ne mette in dubbio l'arcaicità e la riterrebbe opera arcaizzante collegandola ad una statua acefala di gusto arcaistico qui rinvenuta ai primi dell'Ottocento. Nello stesso tempio fu trovata la grande statua di Themis, conservata al Museo Nazionale di Atene, opera di Chairestratos (v.) (300 a. C. circa) e davanti ad esso erano due sedili marmorei dedicati l'uno a Themis e l'altro a Nemesi, analoghi a quelli trovati sull'acropoli della città. Il tempio servì al culto fino in età imperiale e poi fu adattato ad edicola funeraria.
Di fronte al tempio di Nemesi sono le fondazioni di un altare rettangolare (7,70 × 3,25) in blocchi di calcare, contemporaneo al tempio.
Nel tèmenos si notano inoltre due costruzioni con mura sottili, di incerta destinazione, l'una attigua al tempio di Themis e l'altra addossata al muro N del peribolo. E stata rinvenuta altresì una necropoli e si ha notizia di un edificio absidato della fine del VI secolo.
Bibl.: Sulla città e su R. in geneale: E. Kahrstedt, in Pauly-Wissowa, I A, 1920, cc. 139-140, s. v. ῾Ραμνοῦς; W. M. Leake, Die Demen von Attika, Braunschweig 1840, pp. 117-120; H. G. Lolling, in Ath. Mitt., IV, 1879, pp. 277-286; D. Philios, in Πρακτικά, 1880, pp. 62-68; G. J. Schneider, in Berl. Phil. Woch., IV, 1884, cc. 1305-1312; A. Milchhöfer, in Ath. Mitt., XII, 1887, pp. 316-317; B. Stais, in Πρακτικά, 1891, pp. 13-18; id., ibid., 1892, pp. 29-31; J. Partsch, in Berl. Phil. Woch., XV, 1895, cc. 1020-1021; L. Chandler, in Journ. Hell. Stud., XLVI, 1926, p. 17, fig. 10; pp. 18-21; H. Bulle, Untersuchungen an griech. Theathern, Monaco 1928, pp. 1-4; 211; W. Wrede, Attische Mauern, Atene 1933, passim; R. L. Scranton, Greek Walls, Cambridge (Mass.) 1941, pp. 83-84; 88; 161; 168; 172; 177; 178; 185; C. Anti, Teatri greci arcaici, Padova 1947, pp. 146-148; O. A. Dilke, in Ann. Brit. Sch. Athens, XLIII, 1948, p. 176; J. Pouilloux, in Comptes Rendus Acad. Inscript. Belles Lettres, 1948, pp. 298-300; O. A. W. Dilke, in Ann. Brit. Sch. Athens, XLV, 1950, pp. 28-30; S. Kougas, in ᾿Αρχ. ᾿Εϕημ., 1953-54, pp. 121-136; J. Pouilloux, La forteresse de Rhamnonte, Parigi 1954; A. K. Orlandos, Τὸ "Εργον τῆς ᾿Αρχ. ᾿Εταιρεῖας, Atene 1958, pp. 39-41; W. E. McLeod, in Hesperia, XXVIII, 1959, pp. 121-126.
Sul Nemeseion: Altertümer von Attika herausgegeben im J. 1817 von der Gesellschaft der Dilettanti zu London, Darmstadt 1829, capp. VI, VII, pp. 67-84; B. Staîs, in Πρακτικά, 1890, pp. 27-30; id., in ᾿Αρχ. ᾿Εϕημ., 1891, cc. 45-62; A. K. Orlandos, in Bull. Corr. Hell., XLVIII, 1924, pp. 305-320; D. S. Robertson, Handb. gr. and Rom. Architecture, Cambridge 1929, pp. 115; 326; 327; 371; C. Weickert, Typen der archaischen Architekt. in Griechenland u. Kleinasien, Augusta 1929, pp. 134-135; 147; W. Zschietzschmann, in Arch. Anz., XLIV, 1929, pp. 441-451; S. Solders, Die ausserstadtl. Kulte Attikas, Lund 1931, pp. 67-69; R. Vallois, in Rev. Ét. Grecq., LIV, 1931, p. 49; W. B. Dinsmoor, Archit. Anc. Greece, Londra 19503, pp. 89, 181-183, 363; W. H. Plommer, in Ann. Brit. Sch. Athens, XLV, 1950, pp. 66-112; B. Ashmole, in Nederlands Kunsthist. Jaarboek, V, 1954, pp. 91-100. Sulla Nemesi di Agorakritos v. testo e bibl. s. v. agorakritos e ancora: H. Schrader, in Wiener Jahreshefte, XXXII, 1940, pp. 169-199; G. Becatti, Problemi fidici, Milano-Firenze 1951, p. 216; C. Picard, in Rev. Arch., 1958, I, pp. 98-99. Sulla metopa di Villa Albani: E. Langlotz, Scritti in onore di B. Nogara, Città del Vaticano 1937, pp. 225-230; H. Kähler, Das griechische Metopenbild, Monaco 1949, pp. 69; 88, tav. 94. Sulla Themis di Chairestratos v. s. v. chairestratos. Sulla statua arcaica seduta: Preller-Robert, Griech. Mythol., Bonn 1860, I4, p. 537, Anm. 2; H. Möbius, in Ath. Mitt., XLI, 1916, p. 176, Tav. XIII.