BOTTACCI, Ranieri
Figlio di Bernardo, nacque in Pisa probabilmente nel primo decennio del sec. XII da nobile famiglia. Nel 1129, quando il suo nome compare per la prima volta nelle fonti - citato in un contratto di vendita relativo a un terreno in Barbaricina ceduto da privati all'arciprete della Chiesa pisana -, suo padre era già morto. Fu console nel 1137, nel 1146, nel 1153 (secondo Benencasa, suo contemporaneo e biografo di s. Ranieri), e poi di nuovo ancora nel 1161. Il B. partecipò alla vita politica della sua città rivestendo importanti cariche pubbliche; ma è soprattutto all'attività diplomatica da lui svolta nel vicino Oriente che è legata la fama del suo nome. Nel 1153, latore di lettere dell'arcivescovo Villano e dei consoli di Pisa, fu inviato in Egitto come ambasciatore plenipotenziario presso la corte del califfo fatemita Azzafir Biamrillahy, col compito di difendere gli interessi economici dei suoi concittadini residenti in quelle terre e di ristabilire i buoni rapporti tra Pisa e l'Egitto, turbati da una grave crisi di natura politica, che aveva paralizzato gli scambi commerciali tra le due potenze, sin'allora particolarmente fiorenti - in cambio dei prodotti tradizionali dell'Oriente, i Pisani esportavano in Egitto ferro grezzo e lavorato, armi, legnami da costruzione.
Alla base della tensione vi era un grave episodio di pirateria. Qualche tempo prima alcuni mercanti egiziani, imbarcatisi con le loro merci su di una nave pisana, erano stati assaliti a tradimento e uccisi; le loro famiglie erano state fatte prigioniere, i loro beni trafugati. Per rappresaglia e, insieme, per indurre le autorità di quel Comune ad aprire un'inchiesta e a consegnare, dopo averli fatti arrestare, i colpevoli ai tribunali egiziani, il califfo aveva fatto incarcerare tutti i Pisani residenti in Egitto, e confiscare i loro beni.
Grazie all'abilità diplomatica da lui dimostrata, la missione condotta dal B. ebbe pieno successo. Se il Comune di Pisa si impegnava a non contrarre alleanze, e nemmeno a prestare aiuto ai nemici del califfo, se prometteva di punire esemplarmente - dopo accurata inchiesta - i colpevoli dell'atto di pirateria, dal canto suo il califfo concedeva ampie garanzie e la piena libertà di azione alle attività commerciali degli operatori economici pisani su tutto il territorio dello Stato; confermava gli antichi privilegi - monopolio dei commerci tra l'Egitto e l'Italia, diritto di avere un fondaco nel porto di Alessandria - e ne concedeva di nuovi, come il permesso di istituire un fondaco anche al Cairo, e il notevole sgravio degli oneri fiscali rispetto a quelli normalmente dovuti dagli altri commercianti non solo cristiani, ma anche musulmani. Le autorità egiziane si impegnavano a consegnare al B., perché venissero giudicati dai competenti tribunali pisani, venticinque suoi concittadini, caduti prigionieri degli Arabi dopo uno scontro armato (da due documenti, l'uno del visir Telai-ibn-Rizzîk [1155], l'altro del califfo Faizi [forse attribuibile al 1156], risulta che il numero dei cittadini pisani rilasciati grazie ai buoni uffici del B. salì in seguito, nel corso della sua missione, a trentatrè). Il nuovo trattato commerciale stipulato nel febbraio del 1154, e firmato dal B. e dal visir 'Abbās, rappresenta dunque un indubbio progresso rispetto al precedente trattato del 1150. Anche un altro dignitario dell'Impero fatemita, con ogni probabilità il governatore di Alessandria, in una lettera del febbraio 1154 indirizzata al Comune di Pisa, ricordava i numerosi privilegi confermati o concessi ai Pisani in occasione dell'ambasceria guidata dal B., al quale era stata donata - riferiva - un'ampolla di balsamo di Matarea in segno di onore e di amicizia. Conclusa la sua missione in Egitto, il B., prima di tornare in Italia, volle recarsi in pellegrinaggio ai luoghi santi, per sciogliere un antico voto. A Gerusalemme conobbe un suo celebre concittadino, Ranieri Scaccieri, già noto per l'austerità dei costumi e in fama di grande pietà, il quale gli si accompagnò nel viaggio di ritorno.
Rientrato in Pisa sul finire del 1154, un nuovo incarico diplomatico veniva affidato alcuni anni dopo al B.: aggravatasi, per i riflessi della politica filoimperiale adottata in Italia dalla Repubblica, la situazione interna della colonia pisana a Costantinopoli, il B., nominato curatore degli affari del Comune in Oriente, fu inviato nell'ottobre del 1161 a Bisanzio, come plenipotenziario presso Manuele I Comneno, con Cocco Griffi e due galere. Suo compito sarebbe stato quello di difendere dinnanzi al Comneno gli interessi commerciali di Pisa nell'Impero bizantino, allora seriamente minacciati sia dalla concorrenza delle altre città italiane - Genova in specie - sia dall'ostilità dello stesso Manuele, il quale, per costringere le autorità municipali pisane ad abbandonare l'alleanza col Barbarossa, aveva preso in campo economico una serie di misure restrittive nei confronti degli operatori pisani, revocando, tra l'altro, perfino il loro antico privilegio di possedere un proprio quartiere in Costantinopoli. La missione non raggiunse i risultati che si sperava. Poiché, dopo una serie di colloqui con l'imperatore, aveva compreso che solo ragioni di ordine politico avevano motivato l'atteggiarnento del sovrano, il quale aveva lasciato capire di essere disposto alle più ampie concessioni in campo economico se solo Pisa avesse provveduto a rivedere la sua politica nei confronti degli Hohenstaufen; poiché non voleva - o non poteva - acconciarsi ad assumersi la responsabilità di accettare simili pregiudiziali in vista della stipula di un nuovo accordo commerciale, il B. preferì troncare le trattative, e provvide quindi a rendere esecutiva la cessione - già decisa dalle magistrature competenti e ratificata due prima dai consoli - di tutte le rendite del Comune all'Opera del duomo di Pisa (aprile 1162). Il provvedimento assicurava le rendite della colonia contro le pretese del fisco imperiale: la riscossione delle tasse sarebbe stata d'allora compito del priore delle chiese pisane in Costantinopoli, il quale, dopo aver detratto le somme destinate agli stipendi dei dipendenti dell'amministrazione della colonia ed alla manutenzione degli edifici pubblici, avrebbe inviato il denaro rimasto alla Camera del Comune. Il B. rientrò quindi, con due galere, in patria, dove giunse "in festivitate S. Petri" di quel medesimo anno: aveva lasciato nella capitale greca il Griffi, con la speranza di riprendere le trattative, nel caso di un ammorbidimento nell'atteggiamento dell'imperatore.
Ritiratosi a vita privata, il B., che nel 1167 era sicuramente ancora in vita, morì tra il 1168 e il 1170.
Sposatosi - ignoriamo con chi e quando -, aveva avuto due figli, Boccio e Rosselmino, il primo già grande nel 1147, quando fu accanto al padre come testimone alla sentenza pronunziata dal conte Raimbotto e dal vescovo Ermanno di Costanza, messi dell'imperatore Corrado III, i quali, ponendo fine a una lunga controversia per il possesso della selva di San Rossore, ne assegnarono il dominio ai canonici pisani. Il B., abile amministratore dei già cospicui beni di famiglia - suo padre possedeva numerosi terreni in Pisa, a Porta a Mare, presso la chiesa di S. Simone, e altri presso la via maggiore di S. Maria -, riuscì a costituirsi col volger degli anni, un esteso e solido patrimonio fondiario, come è testimoniato dai numerosi contratti di vendita sino a noi pervenuti, e relativi ad acquisti di terreni in Pisa, in Val di Serchio, a Visignano, nel Valdarno pisano, a Ciriliano e a Casciavola. Nel 1155 il B. fu primo testimone in un livello concesso ad alcuni privati dall'abate di S. Michele alla Verruca.
Fonti eBibl.: M. Amari, I diplomi arabi del R. Archivio fiorentino, Firenze 1863-67, I, pp. L, LXVII, 241 ss., 246 ss., 250, 253, 452, 454; G. Mueller, Docum. sulle relaz. delle città toscane con l'Oriente cristiano e con i Turchi fino all'a. MDXXXI, Firenze 1879, pp. XXVIII-XXIX, 10, 382 s., 415; I. Baldi, Pergamene ACP 1120-1156, tesi di laurea, Università di Pisa 1962-63, docc. 38, 89; R. Sgherri, Pergamene ACP 1155-1176, tesi di laurea, univ. di Pisa, 1963-64, doc. XCV; G. Viviani, Pergamene ASP 1129-1145, tesi di laurea, univ. di Pisa, 1964-65, doc. 44; S. Caroti, Pergamene ASP 1145-1158, tesi di laurea, univ. di Pisa, 1965-66, docc. 11 s., 36, 58; A. Giusti, Pergamene ASP 1157-1165, tesi di laurea, univ. di Pisa, 1967-68, docc. 22, 37; L. Cortesini, Pergamene ASP 1165-1172, tesi di laurea, univ. di Pisa, 1964-65, docc. 17 s., 38, 53, 68; B. Carmignani, Pergamene ASP 1172-1175, tesi di laurea, univ. di Pisa, 1965-66, doc. 6; L. Benedetti, Pergamene ASP 1175-1179, tesi di laurea, univ. di Pisa, 1965-66, docc. 1, 35; B. Pellegrini, Pergamene ASP 1179-1184, tesi di laurea, univ. di Pisa, 1965-66, docc. 43, 58; M. L. Blanda, Pergamene ASP 1184-1188, tesi di laurea, univ. di Pisa, 1966-67, docc. 10, 18, 22 s., 33, 42; Vita di S. Ranieri, in Acta Sanctorum Iunii..., III, Antverpiae 1701, pp. 439 ss.; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, X, Venetiis 1722, col. 103; G. Grandi, Epistola de Pandectis, Firenze 1727, pp. 186-189, 192 ss.; Benencasa, Vita di S. Ranieri, Pisa 1826, pp. 40 ss.; F. Grassini, Biografie di Pisani illustri, Pisa 1838, sub voce s. Ranieri; B. Maragone, Annales Pisani, in Rer. Ital. Script., 2 ed., VI, 2, a cura di M. Lupo Gentile, pp. 20, 24; N. Caturegli, Regesto della Chiesa di Pisa, Roma 1938, pp. 194, 237, 240, 453; P. Tronci, Memorie istoriche della città di Pisa, Livorno 1682, pp. 93, 95, 103 ss., 127, 135; S. Ranieri esposto alla pubblica divozione da un suo divoto, Lucca 1717, pp. 134 s.; E. Valtancoli Montazio, Annali di Pisa, Lucca 1842, pp. 293 ss.; R. Roncioni, Istorie pisane, Firenze 1844-45, I, pp. 308 s.; II, p. 26; Id., Delle famiglie pisane, a cura di F. Bonaini, in Arch. stor. it., VI (1848-1849), pp. 893 s.; G. Heyd, Le colonie commerciali degli Italiani in Oriente nel Medio Evo, Venezia 1866, I, pp. 50 s.; II, pp. 172 s.; P. Tronci, Annali Pisani, Pisa 1868, pp. 288 ss.; P. Amat di San Filippo, Studii biografici e bibliografici sulla storia della geografia in Italia, I, Roma 1882, p. 6; G. Vedovato, L'ordinamento capitolare in Oriente nei privilegi toscani dei secc. XII-XV, Firenze 1946, pp. 39 ss.; F. Artizzu, Documenti inediti sui rapporti economici fra la Sardegna e Pisa nel Medio Evo, Padova 1962, I, pp. 3 s.