UBERTINI, Ranieri
(Neri). – Figlio di Biordo di Gualtieri, nacque probabilmente negli anni Ottanta o nei primi anni Novanta del Duecento. Ebbe quattro fratelli: Boso (poi vescovo di Arezzo), Guido, Bustaccio e Franceschino. Appartenne a una delle famiglie eminenti dell’aristocrazia aretina, che dalla metà del Duecento deteneva ruoli di primo piano nella Chiesa aretina.
Avviato alla carriera ecclesiastica, fece parte della canonica della cattedrale di Arezzo, dov’è attestato dal 1306, per interessamento del fratello Boso, allora preposto; nel 1322 fu uno dei suoi due vicari. In questo periodo fu titolare della pieve di S. Maria a Pacina, in Val d’Arbia. Quando, il 19 giugno 1325, con la bolla Vigilis speculatoris papa Giovanni XXII istituì la diocesi di Cortona, Ranieri fu nominato vescovo.
Il territorio diocesano fu creato accorpando dieci pievi: sei dalla diocesi di Arezzo, due da quella di Città di Castello, due da quella di Chiusi. La sede episcopale fu posta nella chiesa abbaziale di S. Vincenzo, annullandone la soggezione al monastero aretino delle Ss. Flora e Lucilla; furono istituiti una mensa episcopale e un capitolo con dodici dignità: il preposto (Rinaldo di Guido parroco di S. Andrea), l’arcidiacono e dieci canonici. Le loro nomine furono decise dal papa tra il 29 giugno e il 5 luglio di quell’anno. Il 13 ottobre Ranieri, che non era ancora sacerdote, fu dispensato dal ricevere il presbiterato entro il tempo previsto e agì dapprima soltanto come amministratore della diocesi, rimandando la sua consacrazione alla quaresima successiva.
La promozione di Cortona a sede vescovile fu giustificata dal pontefice con la nobiltà e la ricchezza della città e con il fatto che i vescovi aretini ne avevano visitato raramente le chiese, esercitandovi poco e male le funzioni pastorali. In realtà era chiaro che con la creazione della nuova diocesi si intendeva colpire il vescovo ghibellino di Arezzo, Guido Tarlati.
Alla mossa del papa Tarlati reagì esiliando gli Ubertini da Arezzo, ma Ranieri si pose sotto la protezione dei signori di Cortona, i fratelli Ranieri e Uguccione Casali, e delle armi perugine. Anche il rettore del Patrimonium in Tuscia fu invitato dal pontefice a difendere Cortona. A rimediare alle difficoltà economiche del nuovo vescovado, dotato di un territorio esiguo e minacciato dagli aretini, concorsero il Comune di Cortona, che si impegnò a versare alla Chiesa cortonese un contributo annuo di 800 fiorini (21 dicembre 1325), e il papa che, dopo aver concesso a Ranieri di conservare la prebenda della pieve di Pacina (1° ottobre 1325), gli assegnò le rendite di un priorato in diocesi di Perugia (13 aprile 1331).
La situazione politica cortonese rimase delicata, prima per l’ostilità di Guido Tarlati, poi, dopo la sua morte (21 ottobre 1327), del fratello di lui, Pier Saccone, signore di Arezzo fino al 1337. Il 10 novembre 1331 Pier Saccone e Tarlato da Pietramala, scrivendo al cardinale Matteo Orsini, lo pregavano di non prestare fede alle calunnie che i due fratelli Ubertini, Ranieri e Boso, facevano circolare sul loro conto; inoltre il 25 gennaio 1332 Uguccione Casali ordì una congiura con la complicità dei Tarlati, progettando di impadronirsi del potere e di eliminare suo fratello e il vescovo Ranieri, ma il popolo cortonese respinse l’assalto dei congiurati. Con la fine della signoria dei Tarlati su Arezzo, i Casali e il vescovo persero il loro più temibile avversario. Dal 1340 al 1345 gli Ubertini furono messi al bando dal Comune di Firenze, ma questo non impedì a Ranieri di esercitare il suo governo sulla diocesi.
Dell’attività pastorale di Ranieri è sopravvissuta una discreta documentazione, comprendente alcuni registri di curia, siglati dal vicario vescovile, il canonista Filippo da Orvieto pievano di Creti, tra il 1326 e il 1343. Numerose furono le indulgenze concesse dal vescovo: alla confraternita della Beata Vergine Maria e di S. Francesco a Cortona (17 marzo 1326), alla chiesa di S. Basilio, luogo di sepoltura di s. Margherita (8 aprile 1328), alla Confraternita dei laudesi di S. Vincenzo (8 giugno 1338), alla Confraternita di S. Antonio abate (7 giugno 1348); inoltre nel 1336 egli autorizzò la costruzione dell’ospedale di S. Lucia a Bacialla. Ranieri ebbe quindi un ruolo importante nello sviluppo del movimento confraternale e della devozione del laicato di Cortona. Fu anche un committente di opere d’arte: Giorgio Vasari ricorda che chiamò a lavorare in città i pittori Buffalmacco e Ambrogio Lorenzetti.
Godette anche della fiducia del pontefice Benedetto XII, che il 4 luglio 1336 lo incaricò, insieme ai colleghi Boso vescovo di Arezzo e Giacomo da Cingoli vescovo di Fermo, di trasmettere in Curia la revisione del processo contro Federico da Montefeltro, su richiesta di Galasso, Nolfo e degli altri fratelli del defunto conte.
Tra la fine di settembre del 1336 e il marzo del 1337 Ranieri svolse la visita pastorale delle chiese della diocesi cortonese, visita di cui ci sono conservati gli atti.
Il vescovo si recò presso la pieve di S. Cristina a Bacialla, la cattedrale, la pieve di S. Maria a Cortona, le chiese di S. Andrea, S. Marco, S. Cristoforo, S. Giorgio, S. Giovanni, S. Basilio e la badia di Cegliolo, inquisendo sulla condotta morale del clero, sull’ufficiatura delle chiese, sulle suppellettili e sulla gestione del patrimonio. Trovò una condizione generale di degrado: il clero ignorante e concubinario, le chiese in cattive condizioni, una diffusa carenza nella cura pastorale.
Il suo ultimo atto a noi noto è del novembre o dicembre del 1343, quando convocò un sinodo del clero diocesano per ripartire equamente le decime pontificie.
Morì il 12 settembre 1348, probabilmente nel corso della peste nera, e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco a Cortona.
Il suo monumento funebre fu realizzato nel 1360 e rielaborato nel 1374. L’epitaffio dice: «† Cortonensis primus episcopus li(cet) Aretinus / Floridus cunctorum Rainerius pot(en)s (perornatus? potitus?) bonorum / Qui obiit MCCCXLVIII die XII Se(p)tembris». Nella cassa funebre accanto allo stemma degli Ubertini è scolpito uno stemma vescovile con due mitrie, che indica i due episcopati allora nelle mani degli Ubertini: Arezzo e Cortona. Questo stemma va letto in contrapposizione a quello di Guido Tarlati, dove tre mitrie indicavano l’unità delle diocesi di Arezzo, Cortona e Città di Castello sotto il suo governo.
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