ARSENDI, Raniero (Raynerius de Forlivio, Raynerius de Arscendinis o de Arsendis o Arsendus)
Nacque da Pietro alla fine del sec. XIII. La famiglia, forlivese, apparteneva al partito guelfo, ed egli la seguì allorché essa dovette lasciare Forlì per sfuggire alla persecuzione degli Ordelaffi. Sembra che gli Arsendi riparassero a Ravenna; certo è che nel 1372 Argentino, figlio di Raniero, nomina a Padova un procuratore per vendere tutti i suoi beni immobili in territorio ravennate.
L'A. studiò diritto civile nello Studio bolognese, dove anche, con ogni probabilità, si addottorò. Dei suoi maestri egli ricorda nominatamente solo Bartolomeo, alias Bertoluzzo, de Pretis. A Bologna iniziò anche la carriera di professore: nel 1319 (se si presta fede al Diplovataccio che lo vuole nell'ott. 1355 all'inizio del trentaseesimo anno d'insegnamento), oppure nel 1320 (se si crede al Cod. Vat. lat. 2638, f. 123 v, che alla stessa epoca lo ricorda nel trentacinquesimo "anno sue lecture"). Nel 1324 è lettore del Digestum novum con cento lire di stipendio. Nel genn. del 1326 è a Siena, assessore del podestà con cento fiorini di salario, e nell'estate dello stesso anno è a Firenze, con ugual salario, come collaterale del vicario del duca di Calabria. Ma l'ufficio fiorentino è prestissimo abbandonato. Il 1° sett. 1326 l'A. è nuovamente a Bologna a leggere l'Infortiatum. A Bologna, dove esercitò anche l'avvocatura, l'A. ebbe come allievo Bartolo da Sassoferrato e nel 1334 fu tra i suoi esaminatori. Il Diplovataccio ricorda che in quello stesso anno l'A. lesse l'Informatum. Dovette però trattarsi dell'autunno, cioè dell'anno di studi 1334-35,poiché leggeva il Novum - secondo quanto egli stesso ricorda - al tempo della cacciata del legato pontificio Bertrando del Poggetto (1334, marzo). L'insegnamento bolognese dell'A. durò fino al 1338,allorché, interdetta la città da Benedetto XII, e privata perciò dello Studio generale, egli si ritirò nel mese di aprile con altri docenti e con gli scolari a Castel San Pietro ed ivi proseguì le lezioni. Ma non ritornò a Bologna quando l'interdetto fu revocato (ott. 1338). A quell'epoca già si trovava a Pisa, dove la sua chiamata a inaugurare l'insegnamento della giurisprudenza aprì per lo Studio toscano un periodo di nuova fioritura. A Pisa l'A., lettore di mattina, ebbe quasi subito per collega Bartolo, alla cui chiamata non dovette rimanere estraneo. Bartolo, che fu lettore di sera, non venne però in qualità di "concorrente" - come è stato detto - dal momento che un tal ruolo a Pisa e a quel tempo non esisteva. Delle lezioni pisane dell'A. si sa solo che egli lesse il Digestum vetus. Nel settembre 1344 l'A. fu condotto da Ubertino da Carrara nello Studio padovano, con lo stipendio elevatissimo di 600 ducati. Da Padova l'A. non si allontanò finché visse. Fece parte del collegio dei giuristi, tenne lezioni molto frequentate - nel 1355-56 leggeva il Digestum vetus "incontrata Domus Dei" e l'anno prima aveva letto, probabilmente, il Novurn -, svolse attività di consulente a favore anche della Signoria veneziana, e partecipò intensamente alla vita amministrativa dell'università, secondo le testimonianze fornite dal Gloria.
Morì il 6 apr. 1358 (Cod. Vat. lat.2638, f. 123v) e fu sepolto in S. Antonio, dove ebbe un lungo e iperbolico epitaffio.
Vari scrittori attribuirono all'A. la dignità pontificia di auditore del Sacro Palazzo - che però avrebbe ricevuto in età così giovanile che Savigny considera la notizia fortemente improbabile - e quella di consigliere dell'imperatore Carlo IV, da cui sarebbe stato anche creato conte e cavaliere; il Gloria ritiene che la carica di consigliere imperiale potesse essere stata ottenuta per l'A., a titolo onorifico, da Iacopo II o da Francesco da Carrara, entrambi all'imperatore carissimi. L'A. fu invece, con ogni probabilità, effettivamente consigliere dei signori di Padova, anche se la sua attività, a differenza dal figlio Argentino, fu prevalentemente didattica e forense. L'A. ebbe due figli, il citato Argentino (o Arsendino), dottore e lettore di leggi, politico e diplomatico, e Federico, che non pare fosse dottore e che morì prima del 1377.
Assai ampia fu la produzione dottrinale e pratica dell'A., che tuttavia non è stata ancora esplorata a fondo. Le indicazioni seguenti, di opere edite, inedite e perdute vanno comunque ben oltre i dati forniti dal Brandi, principale biografo dell'A. Ma non si può escludere che il progredire della ricerca, oltre che alla scoperta in numero considerevole di nuovi manoscritti - meno probabilmente di nuove edizioni a stampa - possa condurre a scoprire edita qualche parte di opera oggi ritenuta inedita, e a portare alla luce opere che oggi si ritengono perdute.
Opere edite: 1) Utilis et fecunda lectura... super prima et secunda parte ff. novi... cum eiusdem Raynerii, Dyni pluriumque aliorum doctorum additionibus in margine libri collocatis... In cuius calce additur acuta domini Dyni repetitio super § si plures cum duabus per dominum Raynerium compositis super l.ita stipulatus [D. 45. 1.1151 et super § duo fratres [D. 45.1.122,6]..., Ludguni 1523; IIª ediz., ibid. 1563; 2) "Repetitiones" sulle sottoelencate leggi del Digesto e del Codice, fra le Repetitiones... in varia iurisconsultorum responsa, Lugduni 1553, nei volumi e alle carte segnate a fianco di ciascuna legge: a) D. 1.1 (De iustitia et iure).1(Omnes populi), I, cc. 63r-72r. Cfr. anche Alberico da Rosciate, Super prima parte Digesti Veteris (Reggio Emilia 1484), e le edd. seguenti, dove la "repetitio" dell'A. fa seguito al commento della stessa legge ad opera del giurista bergamasco, il quale tuttavia premette di non volerla ivi allegare "propter prolixitatem", e avverte di averla invece collocata nell'altra sua opera, il trattato Super statutis.Ma nelle edizioni di quest'ultimo che si sono potute consultare (Milano, Venezia 1493; Venezia 1497; e in Tractatus illustrium... iurisconsultorum, II, Venetiis 1584, cc. 2r-85v) non v'è traccia della "repetitio" dell'A. che, manoscritta, è conservata a sé stante anche nel Cod. Vat. lat.2638, ff. 123v-141r, dove porta la data del 19 ott. 1355. b) D. 12.2 (De iureiurando). 31 (Admonendi), II, cc. 145v-146v. c) D. 12.4 (De condictione causa data causa non secuta).7 (Qui se debere), II,c. 228v. d) D. 12.4.14 (Si procuratori),II, cc. 228v-229r. e) D. 12-4-16 (Dedi tibi),II, c. 229v. f) D. 12.6 (De condictione indebiti). 26,12 (Si non sortem, § Libertus), II, cc.229v-230v. g) D. 12.6.29 (Interdum), II, 230v-231r. h) D. 12.7 (De condictione sine causa).5 (Avunculo), II, c. 281v. i) D. 13.2. (De condictione ex lege).1(Si obligatio),II, c. 282r.Un manoscritto di questa "repetitio" è probabilmente il C. 1. 6, ff. 95v-96v dell'Universitátsbibliothek (= UB) di Basilea. l)D. 13.4(De eo quod certo loco dari oportet).8 (Centum Capuae), II, c. 283rv. m) D. 13-4-10 (Si post moram),II, c. 283v. n)D. 13-5(De pecunia constituta).18(Item illa),II, c. 284r.o) D. 13.6 (Commodati vel contra).5,15(Si ut certo,§ Si duobus vehiculum), II, c. 284rv. p) c. 7.47(De sententiis, quae pro eo quod interest proferuntur), VIII, cc. 433v-439r.A queste quattordici vanno aggiunte altre due "repetitiones" edite insieme alla Lectura (cfr. sopra n. 1). Di quella a D. 45.1 (De verborum obligationibus).115(Ita stipulatus)è conservato anche un manoscritto a Vienna, Staatsbibliothek, Cod.2257, ff. 54r-56v. 3) Propositiones maiores e Propositiones minores, in Tractatus singulares plurimorum doctorum in praxi valde contingibiles, Lugduni 1519, cc- 97r-99r, 99v-100v. Besta (Fonti..., p. 849) non spiega perché non ritiene tali scritti - una raccolta di massime di diritto - opera dell'Arsendi. 4) Rientrano nel genere appena accennato, ma differiscono come contenuto i Singulares quidam textus, et glossae iuris civilis: quae non sunt alibi, et quae sibi invicem contradicunt, per domi. Dynum de Mugello et R. de Forlivio, vetustissimos iurisconsultos, olim in unum collectae, nunc primum typis excusae, in Singularia... a D. Gabriele Sarayna... collecta, atque... secunda editione emendata et aucta, Lugduni 1560, pp. 1009-1016. Sono 274 brevi testi che appaiono anche in successive edizioni dell'opera (dove però se ne contano 275). 5) Glossae contrariae rilevate nelle cinque parti del Corpus iuris civilis, di seguito a quelle di Dino del Mugello, in Tractatus singulares citt., cc. 102r-103v. Un manoscritto a Firenze, Bibl. Naz., Cod. Magl. XXIX, 172, ff. 4v-8V; altro a Parigi, Bibl. Mazarine, Cod.1434, n. 3. 6) "Additiones" alla Lectura super Codice di Guglielmo da Cun (Lugduni 1513). Manoscritti di tale Lectura sono a Basilea, UB, Ms. C. 1. 6; a Lucca, Bibl. Capitolare, Ms.373; a Napoli, Bibl. Naz., Mss. III. A. 52 e XIII. A. 12; a Oxford, Bodleian Library, Cod. Can. misc. 472; a Roma, Codd. Vatt. latt.2622, ff. 3-97, e 9440, ff. 1-74. È un capitolo della stessa Lectura il Tractatus de muneribus di G. da Cun, che con le t additiones" dell'A. è pubblicatoin Tractatus... illustrium iurisconsultorum, XII, Venetiis 1584, cc. 17v-19r. 7) Additio Raynerii de Forlivio super donatione imperatoris Constantini in lectura super Digesto Veteri Guillelmi de Cunio, in Brandi, Notizie..., pp.114 s. Per i manoscritti vedi infra, "opere inedite", n. 7. 8) "Consilia" e "quaestiones". Se ne conoscono, a stampa, almeno otto, e precisamente: a)due fra quelli di Bartolo; vedili, per es., in Consilia, quaestiones, tractatus..., Augustae Taurinorum 1574, cc. 48rv (il n. 198 del libro primo) e 70r (il n. 71 del libro secondo); b) due fra quelli di Signorolo degli Omodei; vedili, per es., in Consilia ac quaestiones...,Lugduni 1549, n. 68, cc. 42v-44r; n. 263, cc. 192r-196r. Tre dei predetti scritti (dei due compresinell'opera di Bartolo solo il primo) furono stampati, nelle stesse opere, già in edizioni del sec. XV; c) uno ("Statutum quod filii spurii possint succedere parentibus, an valide fieri possit"), in G. B. Ziletti, Consilia, seu... responsa ad causas ultimarum voluntatum..., II, Venetiis 1581, n. 8, cc. 6v-7v; d)uno, databile 1355, edito in Curis I principi...,pp. 137-142.Il manoscritto, che si trova nell'Arch. di Stato di Venezia, è indicato in Predelli, I libri...,p.237; e) infine la "quaestio" "Posito pro constanti" sull'interpretazione degli statuti, parzialmente riprodotta nella celebre "repetitio" alla l. Omnes populi (vedi sopra, n. 2), e l'altra "quaestio" in materia statutaria disputata a Bologna nel 1327, che incomincia con le parole "Statuto cavetur", concisamente riportata da Nello da S. Gimignano nel trattato De bannitis, Lugduni 1550, cc. 138, 170 (Tempus II, pars III, qu. 58 e tempus III, pars II, qu. 12).
Opere inedite (compresi anche manoscritti che non si sono potuti ancora studiare in rapporto alle opere già edite). 1)Annotazioni, nella forma di "additiones" alla Glossa, al Digestum vetus,nei Codd. Pall. latt.732, f. 80r; 733, ff. 17v, 27r, 40r, 360r e passim; 736, ff. 76r, 161r, 301r, 303r, 310r.2) Annotazioni come sopra all'Infortiatum, in Cod. Borghes.375, ff. 12r, 59r, 61v, 65r, 67r, 73v; in Cod. Urbin. lat.166, c. 58r. Ma sono soprattutto importanti le Additiones domini Reynerii de Forlivio super Infortiato nella Univ.-Bibl. di Lipsia (Helssig, Katalog...,p. 35) e il Cod. Marc. lat.V, 11 ( = 2346), anch'esso un Infortiatum con annotazioni "presertim ex R. de Arsendis". 3) Annotazioni come sopra al Digestum novum,in Cod. Borghes.373, f. 243 e passim;in Cod. Ross., ff. 22v, 30v, 113 e passim;e a Venezia in Cod. Marc. lat.V.205 ( = 1606), passim. 4) Annotazioni come sopra al Codex, in Cod. Pal. lat.759, f. 259r. 5) Annotazioni dell'A. sono state segnalate (Besta, Di un'opera sconosciuta di B. de Deucio..., p. 349; Curis, I principi..., p.124) nelle diverse parti di un "Corpus iuris civilis" manoscritto esistente nella Biblioteca Bertoliana di Vicenza (G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, II, Forlì 1892, p. 94, nn. 629-633). 6) Additiones in commentaria Cini de Pistorio super Codice Iustiniani lib.I-IX, in Cod. Vat. lat.2591, passim.7) "Additiones" alla Lectura super Digesto veteri,inedita, di G. da Cun, di cui si conoscono manoscritti a Forlì, Bibl. Comunale, Ms.143; a Lucca, Bibl. Capit., Ms.373; a Oxford, Bodleian Library, Cod. Can. misc.472. Il già citato codice viennese n. 2257 non porta le "additiones" dell'Arsendi. 8) "Repetitiones"sulle leggi seguenti: D. 11.1 (De interrogationibus in iure faciendis et interrogatoriis actionibus).21 (Ubicunque), in Cod. Vat. lat.2605, ff. 202v-204r e a Parigi, Bibl. Mazarine, Cod.1434, n. 10; D. 24.3 (Soluto matrimonio dos quemadinodum petatur). 40 (Post dotem),a Vienna, nel cit. Cod.2257, ff. 58r-59v; D. 28.6 (De vulgari et pupillari substitutione).15 (Centurio), nel Ms. 246 (antica numerazione) dei Collegio di Spagna di Bologna; D. 30 (De legatis et fideicommissis). 11 (Cum filio),a Vienna, nel cit. Cod.2257, ff. 56v-58r; D. 39-1 (De operis novi nuntiatione).15(Si prius),in Cod. Marc. lat.V,134 ( = 2365), ff. 347r-349r. 9) Tractatus substitutionum,in Codd. Vatt. latt.2637, ff. 1r-11r, e 2638, ff. 15v-30r, nonché a Lipsia, Univ.-Bibl., Cod. Haen.15, n. 38, ff. 175v-198v, e a Treviri, Stadtbibl., ms. 975/923, f. 101rv (incompl. e scorretto). Nel primo e nel penultimo manoscritto il trattato è detto anche "repetitio". 10) Summa seu tabula vel arbor super modo arguendi,in Cod. Ottob.1254, ff. 9r-15v. Altro manoscritto nel Cod.75 della Harvard Law School Library, ff. 242r-251v 11) "Quaestiones" e "consilia", che si indicano con le parole iniziali o col titolo-sommario: a)"Sacerdos antequam, fuisset in sacris", in Codd. Vatt. latt.,2660, f. 239v; e 10726, f. 145r. b)"Duo, compromiserunt", in Codd. Vatt. latt., 2625, f. 196rv; e 2638, ff. 41r-44r. Nel primo manoscritto si trovano solo le argomentazioni di un breve consiglio; nel secondo una vera e propria e ampia "quaestio", disputata a Bologna nel 1333. c) "Florentinus mercator decessit", in Cod. Vatt. latt.2638, ff. 150r-153v; 11605, ff. 153V-I54r; e a Lipsia, Univ.-Bibl. Cod. Haen.15, n. 13. d) "Quaestio talis est: lege municipali cavetur quod nullus laicus possit esse comn-ùssarius scu executor alicuius ultime voluntatis", in Cod. Vat. lat.11605, ff. 209v-212v. e)"Presupposito quod lex municipalis ex ipsius speciali dispositione sit ad literam intelligenda absque ulla subauditione vel interpretatione", in Cod. Marc. lat.V,117 ( = 2458), ff. 41v-48r. f.) "Questio... an mortuo marito heredes possint ab eius uxore petere vestes que uxori maritus emit", in Cod. Marc. lat.V, 117 ( = 2458), ff. 147r-148r. È la stessa segnalata, nel sec. XVI, nella biblioteca di Antonio Agustln, da W. Freymon, Elenchus omnium auctorum..., Francofurti ad Moenum 1585, c. 105v. g) "Quid si pater permisit filio facere testamentum", in Cod. Vat. lat.5773, f. 105r. h) "Quero an coram arbitro habeat locum reconventio...", in Cod. Vat. lat.10726, ff. 480r-482r. l) Sotto l'anno 1349 il Predelli, I libri...,p. 176, segnala un consiglio dell'A. esistente nell'Arch. di Stato di Venezia. l) Un consiglio, almeno, datato 1352, è in Cod. Mare. lat.V, 2 (=2324). m).È probabile che altri consigli siano nel Cod. Marc. lat.V, 134 (=2365).
Opere perdute. Di queste la più importante è senza dubbio la Lectura Digestiveteris, nella redazione del 1355-56, della quale fa una precisa descrizione il Diplovataccio (ma vedi sopra "opere inedite", n. 1; e anche le "repetitiones", in gran parte a leggi del Vetus,fra le "opere edite"). Quanto ai commenti al Codex ("Item et super Codice scripsit", informa il Diplovataccio) non è possibile dire in quale misura ci siano conservati nelle opere edite o ancora inedite che ci sono note. Di un commento, poi, dell'A. ai Libri Feudorum, anch'esso perduto, Iacopo Alvarotti dice che non aggiunge nulla di nuovo a quanto sulla stessa materia fu scritto da Iacopo da Belviso e da Andrea da Isernia. Ci mancano anche i testi di quattro "repetitiones", sulle quali si hanno notizie sicure: a D. 32 (De legatis et fideicommissis).22 (Si quis in principio testamenti)e a D. 32. 89 (Re coniuncti),entrambe fatte nel 1334 o intorno a quell'anno; a D. 45.1 (De verborum obligationibus).84 (Si insulam), menzionata nel citato Cod.2257 di Vienna, f. 59v, nonché a C. 8.52 (Quae sit longa consuetudo).2 (Consuetudini), fatta il 23 sett. 1350.
Alcune opere, infine, attribuite all'A., non esistono addirittura: così i trattati De potestate regia e De tyrannide, che sono un'invenzione di Alfonso Ceccarelli, secondo quanto afferma il Mazzuchelli, il quale a sua volta attribuisce senza fondamento all'A. - si tratta in realtà di uno scritto umanistico - un De arte differendi (sic!) contenuto nel Cod. Ottob.1254, di seguito alla Summa... super modo arguendi (vedi sopra "op. inedite", n. 10). Il Brandi accetta inoltre l'attribuzione all'A. di un Tractatus de statutis foeminas excludentibus.Si tratta invece soltanto di un ampio riferimento fatto da Alberto Bruni - nel suo Tractatus... de statutis a successione foeminas, nec non cognatorum lineam excludentibus...(Venetiis 1549, ma anche edd. precedenti) - alla polemica sorta fra l'A. e Signorolo degli Omodei su uno dei temi discussi nel trattato.
Un presunto catalogo della biblioteca dell'A. trovasi in un foglio contenuto nel manoscritto forlivese della Lectura super Digesto veteri di G. da Cun, arricchita da "additiones" dell'A. (vedi "opere inedite", n. 7). Gli argomenti addotti dal Brandi, Notizie..., pp.122 s., per provare che il catalogo si riferisce ai libri posseduti dall'A. hanno un certo fondamento.
Le ricerche sulla scuola dei Commentatori sono ancora troppo scarse e troppo poco approfondite, perché sia possibile disporre di un attendibile quadro d'insieme, in cui collocare nella giusta prospettiva storica la figura dell'A.; a propoposito della quale, oltretutto, come studio complessivo, esiste solo l'inadeguata e invecchiata monografia del Brandi. Dell'A. con sicurezza si può affermare soltanto che se restò, come personalità creatrice, su un piano nettamente inferiore rispetto a Bartolo e a Baldo e forse anche a qualcun altro dei molti grandi giuristi che affollarono il sec. XIV, gareggiò tuttavia con essi in fatto di reputazione ed ebbe una scuola fiorente, che costituì un anello essenziale nel processo di sviluppo della giurisprudenza italiana. Bartolo, di cui fu maestro e più tardi collega, lo ricordò sempre con reverenza e affetto e sul terreno scientifico ne ebbe stima (è stato persuasivamente dimostrato dal Lattes che non vi fu una particolare acredine nella principale polemica che li vide contrapposti; aspro fu invece il dissidio fra l'A. e Signorolo degli Omodei, a seguito di uno scritto di Signorolo - un commento alla l. Caesar [D.39.4.15] - per errore poi attribuito a Bartolo e compreso tra le sue opere). Alberico da Rosciate apprezzò gli scritti dell'A. ("aliqua eius scripta relegi, quae visa sunt mihi subtwa, utilia et delectabilia, atque alia realia") e li accolse fra i suoi, come nel caso della "repetitio" famosa sulla l. Omnes populi. Baldo lo definì, stando al Diplovataccio, "multum memoriosus", e Angelo degli Ubaldi divulgò l'epiteto conferito all'A. di "saccus leguni". Ancora: l'espressione "iuris summus monarca", che si trova nell'epitaffio, non è comunissima nemmeno in un genere così enfatico di composizioni. Non sussistono poi dubbi circa il carattere, nel complesso, originale dell'opera dell'A., nonostante un'accusa di plagio riferita dal Diplovataccio ("R. sepe attribuebat dicta Oldradi et Andree de Pisis et eorum tacebat nomina").
Formatosi sotto l'influenza degli ultramontani - Pierre de Belleperche, Jacques de Revigny e Guillaume de Cun (quest'ultimo in modo particolare) sono apertamente e frequentemente citati e discussi nelle sue opere - e legato alle scuole italiane soprattutto per il tramite di Dino del Mugello, di Iacopo d'Arena, di Cino da Pistoia, l'A. impersona felicemente gli aspetti salienti dell'età dei commento. Di un'epoca, innanzitutto, in cui, senza che s'interromprsse il rapporto di continuità ideale con la tradizione bolognese dei Glossatori, circola nelle scuole italiane di diritto "lo spirito di critica e di indipendenza di fronte all'opinione della Glossa e in generale al valore dell'autorità" (Piano Mortari). L'A. di tale indipendenza offre nel suo lavoro frequentissime prove. Un altro carattere essenziale dell'età dei Commentatori è rappresentato dal profondo rinnovamento attuatosi nel patrimonio culturale del giurista, per cui il tono generale della scienza giuridica si risolleva in Italia dalla condizione, per certi aspetti critica, cui si era ridotto nell'epoca immediatamente posteriore alla Glossa. là l'età in cui penetrano nella giurisprudenza italiana, con le tecniche della filosofia scolastica, i più raffinati procedimenti dialettici di argomentazione e di concettualizzazione del diritto. In questo rinnovato clima culturale l'A. compone fra i primi un trattatello "Super modo arguendi", che il repertorio bibliografico dello Ziletti affianca (pur senza che sia stato mai - è quasi assolutamente certo - pubblicato) ai trattati "de interpretatione" di Stefano Federici, di Bartolomeo Cipolla, di Costantino Rogerio e di Matteo Mattesillani. Della nuova metodologia scolastica dall'A. accettata in pieno fanno inoltre fede le sue "repetitiones", dove all'esposizione della legge segue l'esame del senso letterale, la confutazione dei testi contrari, l'enumerazione dei casi in cui può essere citata e le questioni cui può essere applicata.
L'età infine, in cui visse e operò l'A., vide il ius proprium assumere sempre maggiore importanza, per la trasformazione in corso in Italia delle strutture politiche e sociali; i giuristi si dedicarono pertanto in modo particolare all'elaborazione e alla sistemazione del diritto statutario e alla definizione della sua posizione nei rapporti con il diritto comune e con il diritto canonico. Anche sotto questo profilo l'A. prestò un contributo rilevante, condensato nella "repetitio" divenuta ben presto celebre sulla l. Omnes populi, ma attuatosi anche attraverso le numerose "quaestiones"e i "consilia", e le polemiche talora vivacissime che nacquero dalle sue impostazioni pubblicistiche. Fra queste èricordata innanzitutto quella favorevole alle ragioni del papato, sostenuta, in polemica don la Glossa e con il collega bolognese Iacopo Bottrigari, sul tema della donazione di Costantino. Recentemente il Maffei ha rilevato "il vigore delle argomentazioni [dell'A.], la loro sottigliezza, e il tono estremamente deciso con cui è condotta" dall'A. la dimostrazione del suo punto di vista, fondato, prima che su ogni altro, sul principio che "donare ecclesie est donare ad pias causas". L'A. riconosceva alla Chiesa il potere temporale, ma sosteneva altresì l'uguaglianza delle due potestà, civile ed ecclesiastica, come provenienti entrambe da Dio. Attribuiva solo all'imperatore il potere supremo di fare leggi generali e di concedere agli ordinamenti giuridici subordinati di fare leggi speciali, "sibi constituere iura". Riconosceva inoltre al popolo il diritto di elezione dell'imperatore. Il popolo poteva fare anche statuti contro il diritto canonico, quando non si trattasse di materia strettamente attinente alla sfera spirituale. Troviamo nell'A. un'organica teoria degli statuti, che prende in esame la loro formazione (il fondamento dei potere di fare gli statuti deriva dalla "pernussio." data dalla legge e non - come sosteneva Bartolo - dal diritto di giurisdizione), il loro oggetto, la loro durata, le competenze in rapporto ad essi, i casi e le modalità della loro revoca, la retroattività delle norme in essi contenute. In particolare l'A. legò il suo nome a una teoria favorevole all'interpretabilità degli statuti, teoria contraria a quanto in senso restrittivo avevano insegnato Dino del Mugello e Guido da Suzzara, e che fu a sua volta oppugnata da Bartolo, oltre che da Signorolo degli Omodei, con cui l'A. ebbe gli scontri polemici più aspri, secondo hanno rivelato le precise ricerche del Lattes. In materia pubblicistica è stata sottolineata l'importanza notevole per il diritto internazionale di un "consilium" redatto dall'A. per Venezia, nel 1355, in materia di libertà dei mari. In tale consiglio l'A. affermò anche l'opinione che Venezia potesse fare la guerra, per diritto naturale, non perché "exempta ab imperio". E sostenne inoltre il principio che i trattati commerciali sospesi per il sopravvenire della guerra riprendessero a valere al termine delle ostilità.
Bibl.: La monografia di B. Brandi, Vita e dottrine di Raniero da Forlì giureconsulto del sec. XIV, Torino 1885, non rende superflua almeno una parte della letteratura precedente, e cioè: Pesaro, Bibl. Oliveriana, Ms. 203 (T. Diplovataccio, De claris iureconsultis)f.65v; G. B. Ziletti, Index librorum iuris pontificii et civilis... quarto loco... in lucem editus..., Venetiis 1566, cc. 5v, 17v, 20r, 26v, 40v, 48r, 51v; G. V. Marchesi, Vitae virorum illustrium foroliviensium...,Forolivii 1726, pp. 168-177; G. M. Mazzuchelli, Gli scrittori d'Italia..., I, 2, Brescia 1753, pp. 1139-1141; E. A. T. Laspeyres, Ueber die Entstehung und älteste Bearbeitung der Libri Feudorum, Berlin 1830, p. 406; F. Blume, Bibliotheca librorum manuscriptorum italica, Gottingae 1834, p. 94; F. C. von Savigny, Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter, III,Heidelberg 1834, pp. 247, 297; VI, ibidem 1850, pp. 50, 130 s., 142 s., 147, 185-192, S501-505; G. Valentinelli, Bibliotheca manuscripta ad S. Marci Venetiarum... Codices mss. latini, III,Venetiis 1870, pp. 5 s., 7-9, 27 s., 39-42; R. Predelli, I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti,II,Venezia 1878, pp. 176, 237. Della letteratura posteriore alla monografia in principio citata sono da vedersi: A. Gloria, Monumenti della Università di Padova (1318-1405), I, Padova 1888, pp. 120-124 e docc. ivi citati; B. Brandi, Notizie intorno a Guillelmus de Cunio, le sue opere e il suo insegnamento a Tolosa,Roma 1892, pp. 63, 72, 97, 114 s., 122 s.; E. Besta, Su due opere sconosciute di Guizzardino e di Arsendino Arsendi,Venezia 1896, p. 16; A. Lattes, Un punto controverso nella biografia di Bartolo, in Studi giuridici dedicati e offerti a F. Schupfer nella ricorrenza del XXXV anno del suo insegnamento.(II) Storia del diritto italiano, Torino 1898, pp. 19-30; E. Besta, L'opera di Jacopo da Revigny, in Riv. ital. per le scienze giuridiche, XXVIII (1899), p. 80; A. Lattes, Due giureconsulti milanesi, Signorolo e Signorino degli Omodei, in Rendic. d. R. Ist. lombardo di scienze e lettere,s. 2, XXXII (1899), pp. 1017-104.5, passim; E.Besta, Di una opera sconosciuta di Bertrandus de Deucio. Appunti e cdnsiderazioni, in Pel cinquantesimo anno d'insegnamento del professore F. Pepere, Napoli 1900, pp. 339-350; G. Curis, I principi del diritto internazionale in due consulti inediti di R. da Forli e Giovanni di S. Giorgio, in Riv. ital. per le scienze giuridiche, XXXVII (1904), pp. 122-145; R. Helssig, Katalog der Handschriften der Universitäs-Bibliothek zu Leipzig. VI. Die lateinischen und deutschen Handschriften.III Band, Die juristischen Handschriften,Leipzig 1905, pp. 35, 283, 285; G. Beda, Ubertino da Carrara, signore di Padova, Città di Castello 1906, pp. 74 s.; C.N.S. Woolf, Bartolus of Sassoferrato. His Position in the History of Medieval Political Thought,Cambridge 1913, pp. 2, 398 s.; F. Buonamici, Bartolo da Sassoferrato in Pisa,in Annali d. Università toscane,XXXIII (1915), pp. 1-28, passim; T.Diplovataccio, De claris iuris consultis, a cura di H. Kantorowicz; und F. Schulz, I, Berlin u. Leipzig 1919, pp. 283, 374; R. Bargioni, Dino da Mugello (giureconsulto del sec. XIII). Ricerche,Firenze 1920, pp. 28, 34, 70, 76; P. Foumier, Guillaume de Cun légíste, in Hist. littér. de la France,XXXV, Paris 1921, pp. 374, 378, 384; E. Besta, Fonti..., in Storia dei diritto italiano, diretta da P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, pp. 849, 885; J. L. J. Van de Kamp, Bartolus de Saxoferrato 1313-1357,Amsterdam 1936, pp. 7, 12; H. Kantorowicz, Studies in the Glossators of the Roman Law, Cambridge 1938, p. 154, nota 29; W. Engelmann, Die Wiedergeburt der Rechtskultur in Italien durch die wissenschafiliche Lehre,Leipzig 1938, passim;N. Bobbio, L'analogia nella logica del diritto, Torino 1938, pp. 28 s.; F. Calasso, Medioevo del diritto,Milano 1954, pp. 369, 499, 580; S. Stelling-Michaud, Catalogue des manuscrits juridiques (droit canon et droit romain) de la fin du XIIe au XVIe siècle, conservés en Suisse,Genève 1954, pp. 93, 103; V. Piano Akortari, Dialettica e giurisprudenza. Studio sui trattati di dialettica legale del sec. XVI, in Annali di storia del diritto, I(1957), p. 295; D. Maffei, La donazione di Costantino nei giuristi medievali. Da Graziano a Bartolo (ed. provv.), Milano 1958, pp. 153-155; E. M. Meijers, Etudes d'histoire du droit, III, Leyden 1959, pp. 38, 119 5., 122 s., 187 s., 284-286 (cfr. anche la recensione di D. Maffei, in Annali di storia dei diritto, III-IV[1959-1960], p. 428); B. Paradisi, La scuola di Orléans, un'epoca nuova nel pensiero giuridico, in Studia et documenta historiae et iuris, XXVI(1960), pp. 354, 362; V. Piano Mortari, Commentatori, in Encicl. del diritto, VII, Milano 1960, pp. 794-803.