GRIMALDI, Raniero
Figlio di Lanfranco di Grimaldo, dovette nascere poco dopo il 1272, forse a Nizza. Fu uno dei capi della fazione guelfa e acquistò grande fama quale ammiraglio al servizio del re di Francia Filippo IV il Bello.
Come per altri membri della famiglia Grimaldi vissuti nello stesso periodo, le notizie su di lui sono estremamente scarse e, per molti versi, contraddittorie. Già sulla sua stessa identità le fonti sono discordanti. Secondo Ch. de Venasque-Farriol, il più importante genealogista dei principi di Monaco, egli sarebbe stato figlio di un Raniero, figlio a sua volta di Francesco o Franceschino detto Malizia, primo conquistatore di Monaco. Tale ascendenza appare però poco probabile per la sovrapposizione che si sarebbe verificata, nello spazio di poco più di un ventennio, di ben quattro generazioni di Grimaldi, tutti adulti e in piena attività; né sembra plausibile, per ragioni cronologiche, l'identificazione dell'avo Francesco con Malizia. In realtà i due Raniero indicati da Venasque-Farriol furono una persona sola, come risulta del resto chiaramente da numerose genealogie della famiglia Grimaldi conservate a Genova, le quali, peraltro, lo indicano figlio di Lanfranco quondam Grimaldo. La stessa incertezza si riscontra anche riguardo alla sua data di nascita che, stando all'anno di matrimonio dei genitori, dovrebbe appunto collocarsi dopo il 1272. Se così fosse, egli non nacque certo a Genova (da dove la sua famiglia era stata bandita dai ghibellini l'anno precedente, restando in esilio, salvo brevi interruzioni, per alcuni decenni), bensì a Nizza (dove si erano rifugiate, sotto la protezione di Carlo d'Angiò, molte famiglie guelfe genovesi).
A Nizza, del resto, è legata la prima notizia documentata sul suo conto; nel 1293, quindi assai giovane, figura infatti come patrono di una galea armata in corso insieme con diversi armatori nizzardi che, nel novembre, catturò una nave di Messina nelle acque dell'Adriatico. L'anno successivo, conclusasi nel gennaio una pace tra i guelfi e i ghibellini, il G. fece ritorno a Genova, ma la sua permanenza in patria durò neppure due anni, giacché nel dicembre del 1295, sorte nuove controversie tra le due fazioni, i ghibellini, guidati da Corrado Spinola e Corrado Doria, ebbero il sopravvento. Tra i colpiti dal bando vi fu, tra molti della sua famiglia, anche il Grimaldi. Come in passato, egli si stabilì a Nizza, dove già nel 1296 armava a proprie spese una galea per corseggiare nel Tirreno e l'anno successivo partecipò probabilmente all'impresa che doveva dare ai guelfi il possesso, sia pure temporaneo, di Monaco. Non sembra tuttavia che egli vi si sia trattenuto, in quanto il suo nome non figura tra i Grimaldi residenti nella rocca, quando, nel 1301, essi, con gli altri fuorusciti di parte guelfa che vi si erano insediati, si accordarono con Carlo II d'Angiò per restituirne il possesso al Comune di Genova.
Questo fatto sembra smentire l'ipotesi di Venasque-Farriol che egli sia mai stato signore di Monaco. La rocca infatti, fino allora modesto insediamento genovese di fondazione abbastanza recente (1245), era retta, come un Comune "di parte", dalle famiglie guelfe che vi si erano rifugiate, fra le quali figuravano, oltre ai Grimaldi, anche gli Usodimare, i Fieschi, i Grillo, i Salvago, i De Marini, i Malocelli, i Lercari, senza che ai primi spettasse una qualche supremazia, se non quella legata alla fama e alla potenza del casato.
L'attività del G. in quegli anni fu in realtà totalmente assorbita dalle imprese marittime, a un tempo piratesche e commerciali, che rappresentavano per lui, come per la folta colonia di esuli guelfi riparata nei porti e nelle insenature tra il Varo e il Roia, la sola fonte di sostentamento. Di questa attività non ci resta traccia negli annali, confusa tra le decine e centinaia di assalti a navi e convogli operati dai Grimaldi e dagli altri guelfi nel corso di quegli anni e che meritarono a Monaco l'epiteto di "spelunca latronum". Essa diede però al G. una considerevole fama, che gli valse l'offerta da parte del re di Francia, Filippo il Bello, all'epoca in guerra con l'Inghilterra, di entrare al proprio servizio.
La presenza di genovesi nella Marina reale era di vecchia data, ma si era intensificata negli ultimi decenni del XIII secolo, a seguito soprattutto della decisione del sovrano di impiegare anche nell'Atlantico le agili galee mediterranee, fino allora praticamente sconosciute in quei mari. Esse, armate a Genova e in Provenza, vi avevano fatto la loro prima apparizione nel 1295, andando a congiungersi con altre galee che il re aveva nel frattempo fatto costruire a Rouen da maestranze liguri. La flotta regia, costituita da una cinquantina di galee e galeotte e da diverse centinaia di navigli normanni e anseatici, venne impegnata da Filippo il Bello nel blocco della costa inglese e, nel 1297, fu posta sotto il comando del genovese Benedetto Zaccaria, già ammiraglio generale di Castiglia. Proprio in quell'anno la Fiandra si era ribellata a causa del malcontento dei ceti mercantili fiamminghi per il blocco imposto dal re di Francia, loro sovrano, all'importazione delle lane inglesi, principale materia prima per le loro industrie tessili. L'alleanza stabilita dal conte di Fiandra Guido di Dampierre con re Edoardo I aveva determinato l'intervento di Filippo il Bello che, dichiaratolo ribelle, gli aveva mosso guerra occupando, nel 1300, l'intera Contea. Il governo del re si rivelò ben presto tirannico e poco rispettoso delle libertà fiamminghe, così che, nel maggio 1302, la città di Bruges insorse, massacrando gli ufficiali regi e la guarnigione. La rivolta si estese in pochi giorni a quasi tutte le città della Fiandra e per sedarla Filippo inviò il conte Roberto d'Artois con un esercito che, l'8 luglio, fu completamente distrutto a Courtrai. A questo disastro il re reagì raddoppiando gli sforzi per venire a capo della rivolta, tanto più insidiosa per i danni causati alle coste normanne dalle incursioni dei ribelli.
Per fronteggiare il pericolo e per appoggiare dal mare l'azione di riconquista lo Zaccaria, rientrato a Genova fin dal 1300, non era più disponibile, e il suo successore nel comando della flotta regia, l'ammiraglio Michel du Mans, era stato ucciso pochi giorni dopo l'inizio della rivolta. Filippo il Bello decise pertanto di assegnare la carica di ammiraglio al G., che in tutta fretta si portò dal Mediterraneo in Atlantico con una decina di galee armate a Monaco e Nizza. Egli giunse nella Manica alla fine di giugno del 1302, ma non ebbe modo di iniziare immediatamente l'offensiva contro i Fiamminghi a causa del disordine che aveva investito il campo francese dopo il disastro di Courtrai. Per tutto il resto dell'anno e, in pratica, per tutto il successivo, la flotta del G. restò inattiva e fu solo agli inizi del 1304, stipulato nel frattempo un trattato di pace e alleanza con l'Inghilterra, che si poté dare inizio ai preparativi per una nuova spedizione contro le Fiandre. Un'imponente flotta, in buona parte costituita da navigli normanni, castigliani e inglesi, venne radunata nei porti di Rouen, Leure e Calais; alla metà di maggio, spirata la tregua con i Fiamminghi, un corpo di truppe francesi entrava in Fiandra, puntando su Gravelines, fiancheggiato lungo la costa dal G. con 5 galee. L'intervento dei 500 balestrieri liguri sbarcati dalle sue navi risultava determinante per la conquista della città, avvenuta il 14 luglio. Qui il G. riceveva l'ordine del re di portarsi al più presto verso Nord, dove, nella cittadina di Zierikzee, capitale della Zelanda, il suo alleato Giovanni d'Avesnes, conte di Olanda e di Hainaut, era assediato da oltre 15.000 ribelli fiamminghi. Senza attendere l'arrivo di una squadra ausiliaria inglese, il G. salpò immediatamente con 11 galee, 8 navi galiziane e 30 normanne. A Schiedam, all'imboccatura della Mosa, imbarcò 10.000 fanti olandesi, radunati da Guglielmo, figlio del conte assediato; di qui si diresse verso Zierikzee, risalendo il corso della Schelda. Giunto in prossimità della cittadina, che i ribelli avevano isolato erigendo una sorta di diga a sbarramento del fiume, il G. ordinò la sua flotta su quattro linee parallele, assumendo il comando della retroguardia, dove aveva sotto di sé le sue 11 galee e 3 navi, con circa 1700 uomini. I Fiamminghi erano però superiori per numero di navigli e di truppe e di tale superiorità (e di un vento favorevole) cercò di approfittare il loro comandante, il conte Guido di Namur, per assumere l'iniziativa. Il suo attacco, scatenato nelle prime ore dell'11 agosto, fu bloccato con successo dall'ala destra dello schieramento francese, ma l'ala sinistra cominciò a cedere. Si combatté ferocemente per tutta la giornata e fu solo a notte alta che il G. decise di far intervenire la retroguardia, approfittando anche del flusso favorevole della marea. La sua azione, fulminea, colse del tutto di sorpresa i Fiamminghi, ormai convinti del successo, che vennero completamente travolti. Il conte di Namur, inseguito dagli uomini di Guglielmo di Hainaut, riuscì a stento a raggiungere la galea del G., rendendosi suo prigioniero. La sua cattura fu l'inizio di un tremendo massacro. I Francesi, memori di quanto accaduto a Courtrai, non diedero quartiere, trucidando la maggior parte dei feriti e prigionieri.
Davanti al disastro cui era stato impotente spettatore, l'esercito ribelle si affrettò a togliere l'assedio e il G. poté fare il suo ingresso trionfale in Zierikzee, accompagnato dal conte Guglielmo, il quale volle testimoniargli la propria riconoscenza concedendogli la signoria di Koudekerke, in Zelanda, da lui scambiata, nel 1307, con una rendita di 300 lire tornesi. Ottenuta la completa distruzione della flotta fiamminga, egli fece ritorno con il grosso delle sue navi in Francia, a Boulogne, da dove inviò in catene il conte di Namur a Parigi; quindi, sbarcate le truppe, le condusse a unirsi all'esercito del re, che si trovava impegnato nell'assedio di Lilla. Qui, il 2 settembre, Filippo IV concedeva al G. una rendita perpetua di 1000 lire tornesi. Pochi giorni dopo, al comando dei suoi balestrieri, egli si distingueva per valore e capacità nella battaglia di Mons-en-Pévelle che concludeva, con un altro massacro, la ribellione fiamminga. Il re donò al G. il castello di Neuville, in Normandia, e lo nominò ammiraglio generale del Regno; in questa veste presenziò, nel maggio 1305, alle nozze del conte Guglielmo di Hainaut con Giovanna, figlia del fratello del re, Carlo di Valois.
Il desiderio di avventura lo spinse, nel settembre 1307, ad accettare l'offerta di quest'ultimo di guidare una spedizione nel Levante contro l'Impero bizantino, sul quale il principe rivendicava i diritti della moglie Caterina di Courtenay, figlia di Filippo, ultimo imperatore latino ed essa stessa imperatrice titolare di Costantinopoli. Nel dicembre 1306 Carlo si era accordato per un'azione comune con i Veneziani, per la quale le due parti dovevano armare una flotta di 12 galee. La spedizione era stata preceduta da una missione esplorativa in Grecia di Thibaut de Chepoy, gran maestro dei balestrieri del re di Francia, ampiamente sovvenzionata dai baroni franchi della Morea. La nomina del G. a consigliere del comandante in capo della spedizione, il veneziano Marco Minotto, era stata suggerita al fratello da Filippo il Bello, senza neppure interpellare i Veneziani. La scelta si rivelò infelice, perché questi si mostrarono fin dall'inizio sospettosi e ostili, tanto più che il G. non fece nulla per accattivarsene le simpatie, abbandonandosi anzi a sistematici atti di pirateria ai loro danni. Le proteste del doge Pietro Gradenigo a Carlo di Valois furono veementi, tanto che, seppure a malincuore, questi si vide costretto a licenziare il G. ancora prima che raggiungesse la Grecia.
Il G. tornò probabilmente in Provenza, forse ancora una volta a Nizza, e qui si pose al servizio di Carlo II d'Angiò che, nel trattato di alleanza stipulato nel novembre 1307 con il Comune di Genova (retto allora da Opizzino Spinola), era intervenuto per ottenere particolari garanzie per lui e per la sua famiglia. Il G. trascorse gli ultimi anni di vita interamente alla corte angioina, dividendosi tra la Provenza e il Regno di Napoli. Carlo II gli diede diversi comandi navali e, oltre ad armarlo cavaliere, nel 1308 volle investirlo della baronia di San Demetrio, in Calabria. Sul suo operato al servizio di Carlo II prima, e di Roberto II poi, sappiamo però ben poco. Nel 1312, tuttavia, quando Enrico VII di Lussemburgo fece la sua discesa in Italia, egli ottenne il comando della flotta angioina e, alla testa di 10 galee, colse un brillante successo davanti alla Meloria contro alcune galee pisane al servizio dell'imperatore.
Il G. morì, a quanto sembra, nel 1314, mentre partecipava a una spedizione organizzata da re Roberto contro la Sicilia.
Il G. si sposò probabilmente due volte: la prima con una cugina, Speciosa Del Carretto, la seconda, negli anni del soggiorno napoletano, con Margherita Ruffo dei conti di Sinopoli. Da quest'ultima, oltre al primogenito Carlo, ebbe almeno altri tre figli, Antonio, Vinciguerra e Luciano. Il primo, morto nel 1358, seguì il fratello maggiore in molte delle sue imprese e servì a lungo la regina Giovanna I d'Angiò, che lo fece suo consigliere e, nel 1348, gli conferì la signoria di Prats e di altre terre nella Provenza orientale. Da lui discese la branca dei signori di Antibes che nel 1457, con Lamberto, avrebbe assunto anche il dominio di Monaco e Mentone. Vinciguerra ereditò invece la baronia calabrese di San Demetrio; sposò Costanza Ruffo, dalla quale ebbe Raniero, morto prima del 1348 senza discendenza diretta. Luciano fu ciambellano della regina di Napoli Giovanna I e, dopo avere a lungo solcato il Mediterraneo come pirata, nel 1351 comandò un contingente di mercenari genovesi al servizio del re di Francia; non sembra abbia avuto discendenza.
Fonti e Bibl.: Genova, Biblioteca civica Berio, Foliatium notariorum, III, 1, c. 128v; Cronaca pisana, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XV, Mediolani 1729, col. 985; E. Cais de Pierlas, Documents inédits sur les Grimaldi et Monaco, Turin 1885, pp. 20-30; Ch. de Venasque-Farriol, Genealogica et historica Grimaldae gentis arbor, Parisiis 1647, p. 96; G. Saige, Documents historiques relatifs à la Principauté de Monaco depuis le quinzième siècle, I, Monaco 1891, pp. XVIII-XXIII; C. Manfroni, Storia della Marina italiana dal trattato di Ninfeo alla caduta di Costantinopoli, I, Livorno 1902, p. 231; Ch. de la Roncière, Histoire de la Marine française, I, Paris 1909, pp. 212, 367-375; G. Caro, Genova e la supremazia nel Mediterraneo, in Atti della Soc. ligure di storia patria, n.s., XIV (1974), 2, pp. 224 s.; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, Genova 1826, II, FamigliaGrimaldi, p. 4; Nouvelle Biographie générale, XXII, Paris 1858, p. 67; Dictionnaire de la noblesse, a cura di F.-A. Aubert de la Chesnaye-des-Bois, IX, Paris 1866, coll. 824 s.