Coutard, Raoul
Direttore della fotografia francese, nato a Parigi il 16 settembre 1924. Ha svolto un ruolo di primo piano nella definizione dello stile visuale della Nouvelle vague francese, affiancando, sin dagli inizi della sua carriera, il giovane Jean-Luc Godard in quel processo di stravolgimento delle tecniche di ripresa dal quale discende tutto il cinema moderno. Negli stessi anni, con approccio più tradizionale lavorò ai film di François Truffaut, dopo il suo divorzio da Henri Decaë e prima del sorgere dell'astro di Nestor Almendros. C. ha avuto così una decisiva influenza sulla definizione di entrambe le anime della Nouvelle vague, quella rivoluzionaria di Godard e quella romantica di Truffaut. Il sodalizio con Godard gli ha fruttato, nel 1982, un riconoscimento al Festival di Cannes per il contributo tecnico offerto a Passion, e l'anno successivo un premio speciale della giuria alla Mostra del cinema di Venezia per Prénom Carmen. Paradossalmente, nel 1971, aveva ottenuto una nomination all'Oscar non in quanto direttore della fotografia, ma per una delle tre opere da lui dirette, Hoa-Binh (1970), categoria miglior film straniero, premiata, inoltre, come migliore opera prima al Festival di Cannes. Nel 1997 ha ricevuto l'International Award dell'ASC (American Society of Cinematographers).
La sua carriera iniziò nei primi anni Cinquanta in Indocina, dove lavorò come fotoreporter per le forze armate francesi e corrispondente per i settimanali "Time" e "Life". Dopo l'esordio come direttore della fotografia nei primi film di Pierre Schœndoerffer, vi fu l'incontro con gli autori della Nouvelle vague. Tra il 1960 e il 1962 C. firmò le immagini dei film che fondarono la poetica del nuovo cinema francese, da À bout de souffle (1960; Fino all'ultimo respiro) di Godard a Lola (1961; Lola, donna di vita) di Jacques Demy, da Tirez sur le pianiste (1960; Tirate sul pianista) e Jules et Jim (1962; Jules e Jim) di Truffaut a Chronique d'un été (1961) di Jean Rouch e Une femme est une femme (1961; La donna è donna) ancora di Godard. Opere destinate a entrare nella storia del cinema, anche per la nuova concezione luministica che C. impose, trasferendo la tecnologia 'leggera' e soprattutto lo sguardo del reportage nel cinema di finzione. In À bout de souffle Jean-Paul Belmondo viene illuminato e inquadrato come un personaggio delle fotografie di Robert Doisneau, con la grana dell'immagine che si lascia sensualmente percorrere dalla vibrazione della luce naturale. Nei film di Godard, Truffaut, Demy, C. cancellò l'intero armamentario luministico della precedente generazione, rifiutando ogni uso della luce come caratterizzazione psicologica del personaggio e riducendo drasticamente il numero delle fonti luminose, fin quasi ad azzerarle. Negli anni Sessanta la sua carriera seguì quella di Godard, in una vera simbiosi, fino verso la fine del decennio quando le loro strade si divisero bruscamente e C. tentò per la prima volta, e con successo, la via della regia. Successivamente, dopo l'esperienza della Nouvelle vague, egli scoprì il piacere del confronto con il 'mestiere' nei film d'azione e nei thriller, sia in quelli autoriali di Constantin Costa-Gavras (Z, 1969, Z ‒ L'orgia del potere; L'aveu, 1970, La confessione) sia in quelli del prodotto industriale francese mainstream. Al principio degli anni Ottanta, dopo una nuova, duplice e meno fortunata incursione nella regia (La légion saute sur Kolwezi, 1979, Commando d'assalto, e S.A.S. à San Salvador, 1982), ritornò al fianco di Godard per Passion e Prénom Carmen. Nel decennio successivo C. ha ridotto la sua presenza sui set, che si può circoscrivere alle collaborazioni con Philippe Garrel, per il quale ha fotografato La naissance de l'amour (1993), Le coeur fantôme (1995), e il film in bianco e nero Sauvage innocence (2001), dove ritrova le radici del suo mondo espressivo e la gamma dei grigi dei primi film di Truffaut. In Sauvage innocence Garrel gli fa omaggio di un cammeo nel ruolo di sé stesso, sottolineato dalla firma sul ciak del film nel film, sul quale si legge: "Raoul C. maître", cioè Raoul Coutard maestro. Quasi una citazione di Le mépris (1963; Il disprezzo), dove Godard lo faceva apparire in scena nel ruolo dell'operatore.
J. Tonnerre, Raoul Coutard, in "Cinématographe", 1981, 69, pp. 19-22; J.-L. Douin, La Nouvelle vague vingt-cinq ans après, Paris 1983; B. Bergery, Raoul Coutard, revolutionary of the Nouvelle vague, in "American cinematographer", 1997, 3, pp. 28-32.