RAPALLO (A. T., 24-25-26)
Città della Liguria, nella provincia di Genova, notissima stazione climatica. È situata sulla Riviera di Levante, nella parte più interna del Golfo Tigullio, formato dal Promontorio di Portofino, in un'insenatura aperta verso SE. L'abitato si estende per la massima parte in un piano alluvionale, ma si prolunga sulle pendici dei colli che circondano l'insenatura con tutta una serie di alberghi e ville, che sorgono, circondati da parchi e giardini, fra una ricca vegetazione specialmente di olivi, a cui si alternano o seguono verso l'alto boschi di castagni. Il nucleo più vecchio dell'abitato si addensa nella parte orientale della conca la parte moderna, la città degli alberghi e delle ville, si stende sul lato ovest e tutto intorno alla conca, prolungandosi, come si è detto, sui pendii delle colline. Nel mezzo della Piazza Cavour, centro della cittadina, sorgono la Collegiata, del sec. XII (la facciata è stata restaurata nel 1857, la cupola aggiunta nel 1926), e la Torre settecentesca pendente; è notevole anche il Castello, costruzione del sec. XVI.
La corona di colli che circonda l'insenatura, interrotta dalle valli dei rii Bogo e di Monte, ripara la città dei venti freddi del N. e contribuisce, insieme con l'azione del mare e con l'ampia insolazione, a conferirle il mite clima che la caratterizza: gl'inverni dolci (temperatura media invernale 7°,9) e le estati relativamente non molto calde e ventilate fanno sì che Rapallo sia stazione climatica frequentata quasi tutto l'anno, ma specialmente in inverno-primavera e in estate; nel fondo dell'insenatura che accoglie la città si distende una breve spiaggia sabbiosa con alcuni stabilimenti balneari. Numerosi alberghi, pensioni e ville sono attrezzati per accogliere gli ospiti. Oltre che all'industria del forestiero e alle occupazioni ad essa inerenti, e a qualche altra forma d'industria, la popolazione di Rapallo si dedica alla marineria; le donne esercitano la ben nota lavorazione artigiana dei pizzi a tombolo.
Il comune di Rapallo contava 10.422 ab. nel 1861, 10.179 nel 1881, 10.765 nel 1901, 14.063 nel 1921, 14.670 al 21 aprile 1931 (di cui 1680 con dimora temporanea): di essi circa 7400 vivono nella città capoluogo. Il territorio del comune (33,76 kmq.) si estende sulla corona di colli che degradano al mare; si coltivano l'olivo e la vite, a cui si associano i seminativi e qua e là anche i fiori. A 612 m. s. m. sorge il santuario della Madonna di Montallegro, che risale al sec. XVI.
Rapallo ha la stazione ferroviaria sulla linea La Spezia-Genova, a 30 km. da quest'ultima città; numerosi servizî automobilistici uniscono Rapallo con le circostanti località della riviera e dei prossimi colli; con S. Margherita e Portofino è unita anche da un servizio di vaporetti.
Storia. - Pare di origine molto antica, ma le memorie sono assolutamente scarse e frammentarie sino al sec. VI d. C., quando si trova in dominio degli arcivescovi di Milano fuggiti dinnanzi all'invasione longobarda. Passò poi sotto il dominio del vescovo di Genova, e quindi dei Fieschi di Lavagna, che vi ebbero larga autorità anche quando fu libero comune, armando proprie galee in aiuto di Genova contro Pisa, e vi conservarono vasti possessi allorché Genova vi estese nel 1229 il proprio dominio politico. Fu agitata perciò dalle continue lotte dei Fieschi contro la Repubblica nei secoli XIV e XV. Occupata dai Napoletani di Federico d'Aragona nel 1494, dopo la battaglia che si combatté nel suo golfo tra la flotta francese e l'aragonese fu saccheggiata dagli Svizzeri di Carlo VIII, ma ai Francesi, costituitasi la lega italiana, la tolsero nel 1495 Gian Luigi Fieschi e Giovanni Adorno, mentre nel suo porto la flotta di Genova sconfiggeva l'armata francese. Aspramente agitata dai torbidi degli anni 1506-07 nell'insurrezione popolare contro i Francesi e i Fieschi loro sostenitori, dopo l'avvento della repubblica aristocratica ebbe invece vita tranquilla, molestata soltanto da qualche scorreria turca; celebre il saccheggio del pirata Dragut nel 1549. Eretta in capitanato nel 1608 con la conservazione dell'autonomia amministrativa e l'obbligo di determinati sussidî, si rese benemerita con armamenti speciali di uomini e di galee (nel 1613, nel 1642 e in altre occasioni), guadagnandosi fama di particolarmente affezionata alla repubblica.
Bibl.: Una storia organica manca; un cenno riassuntivo in S. Cuneo, Storia del Santuario di Montallegro, Genova 1896; G. Poggi, La Tigullia, Genova 1902; A. Ferretto, Rapallo, Spigolature storiche, ivi 1889; id., Episodi del dominio francese in Rapallo negli anni 1506-07, ivi 1902 (e cfr. E. Pandiani, in Atti Società lig. storia patria, XXXVII [1905], e dello stesso Ferretto numerosissimi articoli di varietà storiche nel giornale locale Il Mare, tra il 1912 e il 1927, e in varie riviste).
Convegno di Rapallo. - Ebbe luogo nei giorni 6 e 7 novembre 1917; e vi parteciparono, per l'Italia il presidente del consiglio, V. E. Orlando, e il ministro degli Affari esteri, S. Sonnino; per la Francia, il presidente del consiglio Painlevé, il ministro Franklin-Bouillon e l'ambasciatore Barrère; per l'Inghilterra, il primo ministro Lloyd George e il generale Smuts. Parteciparono inoltre alla discussione anche i generali Alfieri, ministro della Guerra, e Porro, sottocapo di Stato maggiore, per l'Italia; Foch, Weygand, De Gondrecourt per la Francia; Robertson e Wilson per l'Inghilterra. Nei colloquî tenutisi in quei due giorni si esaminò la situazione creatasi in seguito alla rottura della fronte italiana a Caporetto; e, dopo aver discussa la questione dei rinforzi francesi e inglesi da inviare alla fronte italiana, si deliberò la creazione di un Consiglio supremo di guerra, in vista di una migliore coordinazione dell'azione militare alla fronte occidentale. Il Consiglio, che doveva radunarsi normalmente a Versailles, doveva essere composto del primo ministro e di un membro del governo dell'Italia, della Francia e dell'Inghilterra, assistiti da un rappresentante militare permanente per ognuna delle tre potenze. I rappresentanti militari furono designati subito: per la Francia, il gen. Foch; per l'Inghilterra, il gen. Wilson; per l'Italia, il gen. Cadorna. Essi dovevano intanto esaminare la situazione alla fronte italiana, e riferire sull'ammontare e la natura del concorso da darsi dai governi britannico e francese (com'è noto, gli aiuti militari degli alleati giunsero alla fronte quando già l'offensiva austro-tedesca era stata infranta dall'esercito italiano).
Con la nomina del gen. Cadorna a rappresentante militare dell'Italia nel Consiglio supremo interalleato di guerra, veniva effettuato il mutamento nell'alto comando italiano, che era già stato deciso nel Consiglio dei ministri italiano del 31 ottobre (erano stati dati in merito pieni poteri a Orlando, Sonnino e al gen. Alfieri).
L'8 mattina i delegati delle tre potenze si recarono a Peschiera dal re d'Italia che, con grande serenità e calma e con fede incrollabile nell'esercito italiano, riassunse la situazione e riaffermò la risoluta volontà di tener fermo sulla linea del Piave.
La sera dell'8 novembre un comunicato Stefani annunziava ufficialmente la costituzione del Consiglio supremo di guerra, e la sostituzione del gen. Cadorna, nella carica di capo di Stato maggiore dell'esercito italiano, con il gen. Diaz. Sottocapi di Stato maggiore erano nominati i generali Badoglio e Giardino.
Bibl.: L. Aldrovandi, I convegni di Rapallo e di Peschiera, in Nuova Antologia, 16 dicembre 1934, 1 e 16 gennaio 1935.
Trattati di Rapallo. - Il primo trattato di Rapallo è quello firmato fra l'Italia e la Iugoslavia il 12 novembre 1920. Dalle rivendicazioni italiane al confine orientale e in Adriatico, fissate nel Patto di Londra del 26 aprile 1915 (v. guerra mondiale, XVIII, p. 103), era esclusa Fiume, riservata a un eventuale regno di Croazia. Però, alla fine della guerra, il consiglio nazionale di Fiume proclamò la sua annessione al regno d'Italia (30 ottobre 1918): e allora Fiume venne inclusa fra le rivendicazioni presentate dai delegati italiani alla conferenza della pace (7 febbraio 1919). Wilson si oppose ostinatamente, come si oppose ai varî e ibridi progetti che poi seguirono (v. iugoslavia: Confini), giungendo perfino a minacciare l'Italia di rappresaglie economiche. Egualmente si oppose la Iugoslavia. Fallito così qualsiasi tentativo di soluzione in sede di conferenza, si passò alle trattative dirette (1920). Queste erano facilitate dal cambiamento avvenuto nella situazione generale, per la mancata ratifica da parte del senato americano del trattato di Versailles, e per il conseguente fallimento della politica wilsoniana; ciò che, nello stesso tempo, liberava Francia e Inghilterra da qualsiasi obbligo di riguardo verso di essa. Tutto ciò, e insieme il bisogno di porre fine all'instabilità interna e iniziare la ricostruzione, consigliavano alla Iugoslavia di risolvere rapidamente le questioni con l'Italia. Le trattative dirette, iniziate a Pallanza (11 maggio 1920), furono prima sospese poi interrotte dalla caduta del ministero Nitti. I contatti vennero ripresi fra il ministro italiano degli Esteri C. Sforza e quello iugoslavo A. Trumbić, alla conferenza di Spa (5-16 luglio), dove il ministro italiano mise come conditio sine qua non un confine perfettamente sicuro sulle Alpi Giulie e si dichiarò disposto a rinunciare all'annessione di Fiume per fare di questa città uno stato indipendente. Così, quando a Rapallo furono riprese le trattative fra le delegazioni dei due regni (7 novembre), si giunse rapidamente a un accordo, sottoscritto il 12 novembre 1920. Con esso l'Italia otteneva, nelle Alpi Giulie quel sicuro confine strategico, che già si era assicurata col Patto di Londra (art. 1): riceveva Zara e il suo distretto censuario (art. 2), le isole di Cherso e Lussin con le minori adiacenti e quelle vicine alla costa istriana; e nel mezzo dell'Adriatico, le isole di Lagosta e Pelagosa. Tutte le altre isole passavano alla Iugoslavia, insieme con la Dalmazia (art. 3); Fiume, col territorio del corpus separatum, veniva riconosciuta stato indipendente (art. 4); venivano regolate le condizioni degl'Italiani in Dalmazia (art. 7); apposite commissioni dovevano poi fissare i confini sul posto (art. 5), formulare proposte per stabilire più cordíali rapporti economici e finanziarî fra i due paesi (art. 6) e per intensificare le relazioni culturali (art. 8). Completava questo accordo una lettera segreta con cui lo Sforza riconosceva che il delta e il Porto Baros passavano a far parte, del regno iugoslavo. Con altri scambî di lettere, le due parti s'impegnavano a concedere un'amnistia per i reati politici, e il Trumbić anche a non apportare alle sorgenti e al corso della Recina modificazioni che nuocessero alla città e allo stato di Fiume. Contemporaneamente veniva firmata anche una convenzione antiasburgica della durata di due anni, con la quale i due stati s'impegnavano ad aiutarsi reciprocamente contro qualsiasi tentativo o attacco da parte dell'Austria e dell'Ungheria, e ad impedire qualsiasi restaurazione degli Asburgo.
Le previste trattative per gli accordi economici che dovevano completare il trattato di Rapallo subirono varie vicende, finché vennero sottoscritte a Roma il 23 ottobre 1922. Per le vicende ulteriori v. fiume.
L'altro trattato conchiuso a Rapallo è quello fra Germania e U.R.S.S. (16 aprile 1922). Con esso i due paesi rinunciavano vicendevolmente alle riparazioni e ai compensi per i danni di guerra; la Germania rinunciava ai compensi per i danni subiti in seguito alla socializzazione russa; venivano riprese le relazioni diplomatiche e consolari; venivano stabilite l'applicazione del principio della nazione più favorita e la vicendevole facilitazione del commercio. Questo trattato, conchiuso mentre a Genova si teneva una conferenza di 29 stati europei, compresi Germania e U.R.S.S., per trattare della ricostruzione europea e delle relazioni con la U.R.S.S., venne considerato come una sfida all'Europa, ma soprattutto alle potenze alleate, che vedevano rotto il fronte per esercitare una pressione economica e politica contro la Germania e il governo dei Sovieti, mentre la Francia temeva che sorgesse un'alleanza contro le sue convenzioni militari con il Belgio e la Polonia.
Bibl.: Libro verde sui negoziati diretti fra Italia e Jugoslavia, presentato al Parlamento italiano, Roma 1921; T. Tittoni e V. Scialoja, L'Italia alla Conferenza della pace, discorsi raccolti a cura di A. Giannini, Roma 1921; L. Federzoni, Il trattato di Rapallo, Bologna 1921; Trattati ed accordi per la pace adriatica, a cura di A. Giannini, Roma 1923 (con bibliografia); V. E. Orlando, Discorsi per la guerra e la pace, raccolti a cura di A. Giannini, Roma 1923; C. Sforza, Pensiero ed azione di una politica italiana, Bari 1924; G. Benedetti, La pace di Fiume: dalla Conferenza di Parigi al Trattato di Roma, Bologna 1924; G. Salvemini, Dal patto di Londra alla pace di Fiume, Torino 1925; S. Gigante, Storia del comune di Fiume, Firenze 1928; A. Tamaro, Raccolta di documenti della questione adriatica, in Politica, nn. 11-12; A. Giannini, Documenti perla storia dei rapporti fra l'Italia e la Iugoslavia, Roma 1934; G. Paresce, Italia e Iugoslavia dal 1915 al 1929, Firenze 1935. Per il trattato tedesco-russo: A. J. Toynbee, Survey of international Affairs, 1920-23, 2ª ed., Londra 1927.