rapire (rapere; partic. pass. anche ratto)
In senso proprio, per " portar via con la forza ", " ghermire con la violenza ", in Cv IV XXVII 13 Ahi malestrui e malnati, che disertate vedove e pupilli, che rapite a li men possenti, che furate e occupate l'altrui ragioni.
Con costrutto transitivo, per indicare la sensazione di D. di essere trasportato velocemente verso la sfera del fuoco, in Pg IX 30 Poi mi parea che, poi rotata un poco, / [l'aquila] terribil come folgor discendesse, / e me rapisse suso infimo al foco, e nelle parole di Piccarda che ricorda la violenza patita, in Pd III 107 Uomini poi, a mal più ch'a bene usi, / fuor mi rapiron de la dolce chiostra; in quest'ultimo caso, come osserva il Mattalia, " il verbo conserva il suo primo significato anche intendendolo nel senso di coazione morale e d'insistenti pressioni tanto da parte del parentado, quanto della colludente autorità religiosa ". Nella forma passiva, in Pg IX 24 ed esser mi parea là dove fuoro / abbandonati i suoi da Ganimede, / quando fu ratto al sommo consistoro.
Detto del movimento veloce e trascinante del Primo Mobile: costui che tutto quanto rape / l'altro universo seco (Pd XXVIII 70; cfr. Cv II V 17 la rapina del Primo Mobile).
In senso figurato, per indicare l'effetto di estasi smemorante prodotto dalla musica che " trae a sé ", " concentra a sé " tutta la sensibilità di una persona, in Pd XIV 123 così da' lumi che li m'apparinno / s'accogliea per la croce una melode / che mi rapiva, sanza intender l'inno; e ugualmente il participio in funzione predicativa, in Cv II VII 6 Onde io pensando spesse volte come possibile m'era, me n'andava quasi rapito: è l'" extasis secundum vim apprehensivam ", la quale, dice s. Tommaso (Sum. theol. I II 28 3c), " facit amor dispositive in quantum scilicet facit meditari de amato... intensa autem meditatio unius abstrahit ab aliis " (v. Busnelli-Vandelli, ad l.).