RAPONDI
. Famiglia lucchese del consortato dei Panichi, e nobile di torre, fu della cerna potentium bandita il 1308, all'avvento della fazione di parte nera. Già dalla fine del sec. XIII aveva relazioni commerciali con le Fiandre, rese più frequenti e proficue quando la Società dei Rapondi, vendendo i manufatti serici di Lucca e acquistando gioielli, oreficerie, codici e opere d'arte fiamminga, poté esercitare anche il cambio e il prestito ed assumere uffici finanziarî, appalti e forniture per i duchi di Borgogna, e per le corti di Parigi e d'Avignone. Il centro degli affari di questa compagnia, in continua relazione con le principali lucchesi dei Guinigi, dei Cenami e dei Buonvisi, fu Bruges dove dalla fine del sec. XIV al primo quarto del seguente ebbe a capo il più noto della famiglia, Dino di Guido.
Dino è la figura rappresentativa del mercante e del finanziere lucchese, per la varietà e la molteplicità degli affari economici, per l'autorità delle funzioni pubbliche nel governo della Fiandra, per gli avvenimenti politici da cui trasse profitto per costruire la sua fortuna e ostentare il lusso del suo hôtel di Parigi, sulla strada della Vieille-Monnaie. Partecipò, come consigliere delle finanze, alle vicende della famiglia di Borgogna, dalle trattative di matrimonio tra Filippo l'Ardito e Margherita di Fiandra al riscatto di Giovanni, loro figlio, dopo la disfatta di Nicopoli; dalla successione di lui, Giovanni Senzapaura, all'assassinio di Luigi d'Orléans, cui si volle non estraneo, anzi mandatario, dal cronista Sercambi, suo concittadino, ma avverso ai Rapondi.
Al duca Filippo offrì una Histoire de Tite Live enluminée de lettres d'or et historiée d'ymages. Alla chiesa di S. Pietro di Gand donò un baldaquin vermeil, broché d'or de Lucques. La sua potenza economica è meglio attestata dal testamento, dettato il 24 febbraio 1413 in Parigi, nel quale dispose di essere sepolto nella cappella del "Volto Santo" presso la chiesa degli Agostiniani di Bruges. Al contrario, colà morto il 1 febbraio 1415, ebbe sepoltura nella cappella di S. Donaziano della chiesa di S. Giovanni Battista, mentre nella cappella di Digione, alla cui erezione aveva molto contribuito, fu eretta una statua (distrutta durante la Rivoluzione) che lo rappresentava genuflesso dinnanzi alla Vergine.
Il ramo dei R. di Lucca, che ottenne da Carlo IV imperatore il titolo comitale palatino (1369), prese parte, fino quasi al termine della repubblica, agli avvenimenti cittadini, ricoprendo le prime cariche pubbliche. Sotto il gonfalonierato di Pietro, sostenne violentemente (12 maggio 1392) il consortato dei Forteguerra, nemico della crescente potenza dei Guinigi, che dovevano, otto anni dopo, abbattere il libero governo. La famiglia si estinse nel 1738 in Cesare di Nicolao.
Bibl.: G. Tommasi, Sommario della storia di Lucca, in Archivio storico ital., 1ª s., X (1847); L. de la Trémoille, Livre de comptes (tenuto da Dino Rapondi), Nantes 1887; G. Sercambi, Croniche, a cura di S. Bongi, in Fonti della storia d'Italia (ed. Istituto storico italiano), 1892; L. Mirot, Études Lucquoises, in Revue d'érudition, ed. dalla Bibliothèque de l'École des Chartes, 1927-30; L. Mirot ed E. Lazzareschi, Lettere di mercanti lucchesi da Bruges e da Parigi (1407-21), in Bollettino storico lucchese, 1929, fasc. 3°.