Rapporto tra giurisdizioni. Le sanzioni CONSOB
Uno dei problemi più delicati in materia di giurisdizione è quello della individuazione delle fattispecie rientranti nella giurisdizione esclusiva. Sul potere del legislatore di individuare le materie di giurisdizione esclusiva si è registrata l’ennesima frizione tra giudici: tale scontro ha riguardato in particolare l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie in materia di sanzioni CONSOB.
La Corte di appello di Torino ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in relazione a un presunto eccesso di delega che avrebbe viziato il codice del processo amministrativo, nonché in relazione alla presunta violazione dei parametri costituzionali relativi alle modalità di individuazione delle materie da attribuire alla giurisdizione esclusiva1. Secondo la Corte di appello di Torino la delega di cui all’art. 44 riguardava solo il riordino delle norme vigenti in materia di giurisdizione senza autorizzare il legislatore delegato a operare alcuna innovazione in ordine alle materie attribuite all’una o all’altra giurisdizione, mentre il codice del processo avrebbe operato in tal senso sottraendo una materia, quella delle sanzioni delle autorità indipendenti e in particolare della CONSOB, alla giurisdizione ordinaria. La decisione della Corte di appello di Torino ripropone il problema dei limiti entro i quali si deve muovere il legislatore nell’individuare le materie di giurisdizione esclusiva. Come noto la giurisdizione esclusiva ha a oggetto le materie indicate dalla norma di cui all’art. 133 c.p.a. in cui, comunque, viene in rilievo una controversia collegata all’esercizio di un potere amministrativo. In tal modo, il codice ha chiarito che il giudice amministrativo non è il giudice della pubblica amministrazione in qualsiasi sua manifestazione, bensì il giudice della amministrazione, o dei soggetti a essa equiparati, allorché il suo agire sia collegato all’esercizio di un potere amministrativo.
Nel corso degli ultimi anni il legislatore ha iniziato un processo di progressivo allargamento delle materie sottoposte alla giurisdizione esclusiva, ritenendo prioritario il raggiungimento degli obiettivi di concentrazione e specializzazione della tutela giurisdizionale, processo che ha portato a una significativa semplificazione delle questioni relative al riparto fra le giurisdizioni. Tale processo di semplificazione sembra aver avuto un ridimensionamento a opera della giurisprudenza costituzionale con la sentenza 5.7.2004, n. 204. Tale decisione non sembra essere del tutto coerente con il disposto dell’art. 103 della Costituzione, visto che la limitazione della giurisdizione esclusiva è stata individuata dal giudice delle leggi non con riferimento a «particolari materie», come vuole la Costituzione, ma sulla base di una clausola generale (quella della correlazione tra le posizioni di interesse legittimo e diritto soggettivo all’agere autoritativo della pubblica amministrazione) che non è prevista come discriminante dal testo costituzionale. Sembra così essersi introdotta una complicazione nell’ambito della giurisdizione esclusiva dove risulta estremamente difficoltoso individuare quando ci si trovi in presenza di un diritto soggettivo intaccato da un’azione autoritativa o meno della amministrazione, come si è potuto anche verificare in precedenza in relazione al risarcimento del danno derivante da provvedimento favorevole2. Ma al di là di queste considerazioni si deve rilevare che se è vero che alla luce della sentenza del 5.7.2004, n. 204 il legislatore non possiede una incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva, in quanto ciò può avvenire solo nelle materie nelle quali la pubblica amministrazione agisce come autorità, è altrettanto vero che in queste ipotesi il legislatore, utilizzando il grimaldello dell’esercizio anche «mediato» del potere e del principio della concentrazione della tutela, può continuare nell’opera di allargamento dell’ambito della giurisdizione esclusiva senza uscire dalla strada tracciata dalla giurisprudenza costituzionale. È lo stesso codice del processo amministrativo a offrire utili spunti in tal senso. Attraverso la valorizzazione del principio di concentrazione della tutela giurisdizionale il legislatore ha infatti ridefinito l’ambito applicativo della giurisdizione esclusiva includendo materie prima attribuite a quella ordinaria che però vedevano la pubblica amministrazione far uso del potere amministrativo. Questa opera è stata attuata dall’art. 133 del c.p.a. attraverso il quale il legislatore ha riunito in un unico articolo tutte le vigenti fattispecie di giurisdizione esclusiva, abrogandone alcune e modificandone altre. L’art. 133 del c.p.a è stato definito «norma catalogo» in quanto indicativo dei casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo3. Ma proprio su una delle innovazioni più significative operate del codice in ambito di giurisdizione esclusiva si registra l’ennesimo contrasto tra giudice ordinario e giudice amministrativo. Si tratta dell’attribuzione alla giurisdizione esclusiva di tutti i provvedimenti sanzionatori delle autorità amministrative indipendenti in virtù della intima connessione tra attività di vigilanza e attività sanzionatoria4.
Già in precedenza la giurisprudenza aveva avuto modo di affermare un principio con riguardo all’attività di vigilanza operata dalla Banca d’Italia che poteva avere una portata generalizzata: se una funzione amministrativa viene qualificata dal legislatore come pubblico servizio, ne consegue che in questo ambito devono essere attratte tutte le fasi di realizzazione di tale funzione, ivi comprese non solo quelle rivolte alla rilevazione di eventuali infrazioni alle regole da osservarsi dagli enti sottoposti alla vigilanza, ma anche (e soprattutto) quelle dirette, attraverso la repressione dei comportamenti scorretti, alla dissuasione (e alla prevenzione) del reiterarsi di comportamenti siffatti e, in definitiva, a presidiare l’interesse pubblico all’ordinato svolgimento di detta attività5. In particolare, la vicenda oggetto della presente analisi riguarda la materia delle sanzioni CONSOB prima attribuite alle Corti di appello6. Si deve rilevare che la norma pone fine a una anomalia che vedeva attribuite alla giurisdizione amministrativa tutte le controversie relative ai provvedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti a eccezione di quelle concernenti la Banca d’Italia e la CONSOB devolute alla giurisdizione del giudice ordinario7. Come rilevato, su tale problema è intervenuta la Corte di appello di Torino, sez. I civ., con ordinanza 25.3.2011, n. 712, che ha sollevato la questione di legittimità della norma che sottopone le sanzioni CONSOB alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per presunto eccesso di delega. Al di là di questo profilo la Corte di appello ritiene che la norma violi gli artt. 103 e 113 della Cost. in quanto la Corte costituzionale, con la nota sentenza n. 204/2004 ha ben delimitato la discrezionalità del legislatore nell’individuare le materie di giurisdizione esclusiva a solo quelle materie nelle quali viene in rilievo l’esercizio discrezionale di un potere amministrativo cosa che riguarda certamente l’attività di vigilanza della CONSOB ma non quella sanzionatoria connotata da doverosità e che incide su posizioni giuridiche di diritto soggettivo. Peraltro, non vi sarebbe il connotato della inscindibilità tra potere sanzionatorio e potere di vigilanza atteso che l’attività di vigilanza potrebbe concludersi senza sanzioni. La risposta del giudice amministrativo non si è fatta attendere e con la decisione del TAR Lazio è stata ritenuta infondata una questione di costituzionalità proposta dalla CONSOB nei medesimi termini di quella analizzata in precedenza8. L’iter argomentativo del TAR è convincente nel giustificare l’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione sulle sanzioni CONSOB. Secondo il TAR quando una delega ha ad oggetto il riassetto di norme preesistenti possono essere giustificate soluzioni innovative rispetto al sistema previgente solo se sono stabiliti principi e criteri direttivi volti a definire in tal senso l’oggetto della delega e a circoscrivere la discrezionalità del legislatore. Nel caso dell’art. 44 vengono in rilievo tali criteri e principi direttivi. In primo luogo, quello della concentrazione della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, poi quello della disciplina delle funzioni del giudice anche rispetto alle altre giurisdizioni. Principi e criteri direttivi che sono stati trasfusi nel codice: in particolare, l’art. 1 prevede che la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva, l’art. 2, disciplinando il giusto processo, prevede che le parti abbiamo una effettiva parità, nonché che il processo abbia una ragionevole durata ai sensi dell’art. 111 della Costituzione. Con l’art. 7, co. 7, si afferma, inoltre, che il principio di effettività si realizza attraverso la concentrazione dinnanzi al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nei casi di giurisdizione esclusiva, dei diritti soggettivi. I principi e i criteri direttivi contenuti nella delega, quindi, consentivano al legislatore di innovare circa le materie di giurisdizione amministrativa esclusiva. Per tali motivi il giudice amministrativo non ritiene che sia presente alcun eccesso di delega viziante la norma sull’attribuzione al giudice amministrativo delle controversie sulle sanzioni CONSOB. Anzi attraverso tale norma sarebbe rispettato il criterio della concentrazione della tutela anche al fine di garantire una ragionevole durata del processo, in quanto vi sarebbe una stretta connessione tra l’attività di vigilanza, che già costituiva esercizio di servizio pubblico nei settori di cui all’art. 33 d.lgs. n. 80/1998 e quella sanzionatoria9. Inoltre, nel caso delle sanzioni CONSOB risulta giustificata l’attribuzione della giurisdizione esclusiva poiché si è in presenza dell’esercizio di un potere amministrativo di fronte al quale sussiste una posizione di interesse legittimo in capo al soggetto privato. Non appare, quindi, fondata l’affermazione che il potere sanzionatorio sarebbe vincolato in toto configurando un diritto soggettivo in capo al privato. L’esercizio del potere sanzionatorio non è connotato da vincolatività bensì da discrezionalità tecnica e la sanzione non è quantificata a monte, bensì a valle dello svolgimento del procedimento a seguito di una valutazione e di una ponderazione non solo degli interessi pubblici e della gravità della violazione ma anche degli interessi privati connessi alle condizioni economiche del trasgressore. Infatti, nell’esercizio del potere sanzionatorio viene in rilievo un apprezzamento tecnico discrezionale relativo alla qualificazione della condotta di un soggetto e alla sussistenza dei presupposti costitutivi della fattispecie che poi incidono sulla quantificazione della sanzione. Per cui si sarebbe in presenza di una attività non solo soggettivamente ma anche oggettivamente amministrativa. La tesi del giudice amministrativo appare condivisibile e in linea con gli obiettivi di concentrazione ed effettività che devono improntare la tutela delle posizioni soggettive lese. D’altra parte che l’attività dell’autorità indipendente si connoti come potere era stato già sostenuto dalla precedente giurisprudenza delle stesse Sezioni Unite della Cassazione le quali avevano affermato che la vigilanza sul mercato mobiliare si effettua mediante l’esercizio di una serie di poteri nei confronti dei soggetti abilitati, diretti ad assicurare che i loro comportamenti siano trasparenti e corretti e che la loro gestione sia prudente e sana10. Per cui la posizione di tali soggetti nei confronti dell’autorità indipendente, secondo la Corte di cassazione, si configura come posizione di interesse legittimo. Più specificamente, in materia di sanzioni antitrust, la giurisprudenza ha affermato che l’attività determinativa del quantum della sanzione irrogata (nonché, più a monte, il giudizio di sussunzione delle peculiarità del caso entro i criteri determinativi normativamente indicati) costituisce esplicazione di una attività discrezionale, con la conseguenza che l’operazione valutativa in tal modo posta in essere non può essere sindacata in sede di giudizio di legittimità, laddove risulti congruamente motivata e scevra da vizi logici11.
1 App. Torino, sez. I civ., ord. 25.3.2011, n. 712, in www.giustamm.it.
2 Si deve ricordare che la sentenza n. 204/2004 dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, d.lgs. n. 80/1998, come sostituito dall’art. 7, l. 21.7.2000, n. 205 nella parte in cui comprende nella giurisdizione esclusiva oltre agli atti e i provvedimenti dei soggetti pubblici anche i comportamenti nei quali non viene esercitato alcun potere pubblico. Successivamente, con la decisione 11.5.2006, I, n. 191, in Giust. civ., 2006, 1107, la Corte costituzionale ha chiarito che la norma attributiva della giurisdizione esclusiva nelle ipotesi di comportamenti della pubblica amministrazione non risulta illegittima allorché il comportamento sia esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi, riconducibili all’esercizio del potere pubblico, anche se questo sia stato scorrettamente esercitato.
3 Chieppa, Il codice del processo amministrativo, Milano, 2010, 645. Anche se l’art. 7, co. 5, c.p.a. fa esplicito riferimento a ipotesi di giurisdizione esclusiva individuate da ulteriori leggi per cui l’elenco del codice ha un’efficacia ricognitiva e non tassativa delle ipotesi di giurisdizione esclusiva.
4 In precedenza, il d.lgs. 1.9.1993, n. 385 e il d.lgs. 24.2.1998, n. 58 attribuivano alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia e dalla CONSOB. Tale giurisdizione è stata successivamente confermata dall’art. 1, co. 2, d.lgs. 17.1.2003, n. 5. Tale conferma era scaturita dalla necessità di chiarire la giurisdizione a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 205/2000. Su tale questione sono intervenute di recente le Sezioni Unite della Cassazione che hanno affermato che in tema di giurisdizione sulle controversie relative all’applicazione delle sanzioni amministrative irrogate, ai sensi dell’art. 145, d.lgs. 1.9.1993, n. 385, per la violazione delle norme che disciplinano l’esercizio dell’attività bancaria, l’art. 1, co. 2, d.lgs. 17.1.2003, n. 5, ha una portata meramente ricognitiva della giurisdizione del giudice ordinario e della competenza della Corte d’appello posto che, l’art. 33, d.lgs. 31.3.1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7, l. 21.7.2000, n. 205, non aveva determinato l’attribuzione al giudice amministrativo delle controversie in tema di sanzioni amministrative bancarie, emergendo dalla sua formulazione come essa non fosse ricompresa nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto espressamente riferita alle «controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito». Ne deriva che la giurisdizione e la competenza permangono in capo alla Corte d’appello di Roma, senza alcuna soluzione di continuità con il regime anteriore alla riforma del cd. rito societario (Cass., S.U., 15.7.2010, n. 16577, in Foro amm. - Cons. St., 2010, 1828).
6 Cons. St., sez. VI, 13.5.2003, n. 2533, in Foro amm.- Cons. St., 2003, 1666.
7 Per un primo commento si veda Caponigro, Questioni attuali in un dibattito tradizionale: la giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione, in www.giustizia-amministrativa. it, 5, 2011. Sul punto si veda Chieppa, Il codice, cit., 660, che parla di giurisdizione esclusiva onnicomprensiva in ragione della stretta correlazione tra potere di vigilanza e potere sanzionatorio.
8 TAR Lazio, Roma, sez. I, 9.5.2011, n. 3934, in www.giustizia- amministrativa.it.
9 Fattispecie differente è il caso dell’azione risarcitoria proposta dai risparmiatori per omessa vigilanza. In questo caso la giurisprudenza aveva affermato la giurisdizione del giudice ordinario Cass., S.U., 29.7.2005, n. 15916, in Giur. it., 2005, 2395. Questa fattispecie non rientra tra le controversie in materia di pubblici servizi attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 33, d.lgs. n. 80/1998, nel testo introdotto dall’art. 7, l.n. 205/2000, quale risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004. Infatti, detta giurisdizione esclusiva presuppone che l’amministrazione agisca esercitando il suo potere autoritativo. La CONSOB non esercita alcun «potere» sui risparmiatori, trattandosi dei soggetti che essa è tenuta a tutelare, con la conseguenza che la posizione di questi ultimi nei confronti dell’Autorità di vigilanza assume la consistenza del diritto soggettivo: diritto che, proprio perché non collegato ad alcuna relazione di potere con l’amministrazione, deve essere tutelato, in caso di violazione, innanzi al giudice ordinario (la fattispecie era relativa ad un’azione risarcitoria proposta dal curatore del fallimento di un agente di cambio e da un creditore ammesso al passivo fallimentare).
10 Cass., S.U., 29.7.2005, n. 15916, cit.
11 Cons. St., sez. VI, 12.4.2011, 2256, in Foro amm.- Cons. St., 2011, 1241.