RAPPORTO
. In geometria "rapporto di due grandezze geometriche omogenee" è sinonimo di "misura della prima rispetto alla seconda, presa come unità"; e la definizione precisa e rigorosa di questo concetto si ricollega, tanto dal punto di vista storico, quanto da quello speculativo, ai principî della geometria. Quando due grandezze omogenee A e B sono fra loro commensurabili, cioè la A è multipla secondo un certo numero intero p della B o di una sua sottomultipla B/q, sicché si abbia
si dice rapporto A:B di A a B l'intero p o, rispettivamente, la frazione p/q; e si scrive
Ma può accadere che le due grandezze A, B, pur essendo omogenee, risultino fra loro incommensurabili, cioè non esista nessuna grandezza omogenea ad A e B, la quale sia loro sottomultipla comune; e tali sono, ad es., il lato e la diagonale di un qualsiasi quadrato, il lato e l'altezza di un qualsiasi triangolo equilatero, un qualsiasi segmento e la sua sezione aurea (v. sezione), ecc. In siffatti casi il rapporto delle due grandezze A, B non si può esprimere, secondo la definizione precedente, con un intero o una frazione; e gli antichi (Eudosso da Cnido, Euclide), che pur erano riusciti a definire per i rapporti di grandezze incommensurabili le relazioni di uguaglianza e disuguaglianza e a sviluppare per essi un vero e proprio calcolo, non li consideravano come numeri, bensì come enti di una speciale classe di grandezze. Invece nella matematica moderna il rapporto A: B di due grandezze incommensurabili quali si vogliano si definisce come un numero di nuova specie o numero irrazionale, che viene individuato come maggiore di tutti i numeri interi o fratti (razionali) m/n, per cui si abbia
e minore di tutti gli analoghi numeri m′/n′, per cui risulti
Nel campo di tutti i numeri così ottenuti (interi, fratti e irrazionali, detti nel loro insieme numeri reali) si dice rapporto di due numeri a, b quali si vogliano (di cui il secondo sia diverso da zero) il loro quoziente a: b.
Il rapporto di due grandezze omogenee A, B quali si vogliano si può determinare col procedimento delle divisioni successive o di Euclide (Elementi, X, prop. 3). Supposto, per fissare le idee, A > B, si divida A per B, cioè si determini il massimo multiplo m0B di B che non supera A, e, se non è già m0B = A, si denoti con Ri il resto, cioè si ponga R1 − A − m0B. Similmente si divida B per R1 e, se B non è multipla di R1, si consideri il nuovo resto R2; e così via. Se A e B sono commensurabili, il procedimento ha termine dopo un certo numero di divisioni, in quanto si finisce col trovare un resto, che è summultiplo del precedente. Ove ciò accada, ad es., per il terzo resto, talché si abbia:
si deduce da queste uguaglianze, per il rapporto A : B, l'espressione sotto forma di frazione continua limitata (v. frazione: Frazioni continue):
Quando, invece, le grandezze A, B siano incommensurabili, il procedimento delle divisioni successive non ha mai termine, e perciò conduce ad una frazione continua illimitata
che con le sue successive ridotte (di ordine dispari e pari) fornisce due successioni di numeri razionali convergenti (l'una crescendo, l'altra decrescendo) a quel numero irrazionale, che dà il rapporto A : B.
Per ulteriori notizie storico-critiche e bibliografiche sul concetto di rapporto, v. incommensurabile; irrazionale: Matematica; numero; proporzione.