rappresentare
Il valore proprio di " raffigurare " si registra con particolare evidenza - in un senso, si direbbe, concreto - là dove D. descrive il formarsi dell'immagine dell'aquila, in cui si dispongono gli spiriti del cielo di Giove: la testa e 'l collo d'un'aguglia vidi / rappresentare a quel distinto foco (Pd XVIII 108). Una sfumatura di tale significato è anche in IV 47 Santa Chiesa con aspetto umano / Gabrïel e Michel vi rappresenta, " dipinge gli Angioli in figura umana " (Ottimo).
Un'ulteriore accentuazione del senso concreto si ha in Rime LXXI 7: la donna che è penta nell'animo del poeta si mostra così abbattuta, mutata nel sembiante, che non rappresenta / quella che fa parer l'altre beate, " non ha più l'aspetto ", " non riproduce più le fattezze " di colei che comunica alle altre donne la sua spiritualità. Potrebbe forse considerarsi analogo a questo il passo di Cv IV XXIX 2, dove si discute della presunta nobiltà di coloro che discendono da padri eccellenti (§ 1): Potrebbe dire ser Manfredi da Vico... ‛ Come che io mi sia, io reduco a memoria [cioè, " richiamo alla memoria "] e rappresento li miei maggiori, che per loro nobilitade meritaro l'officio de la Prefettura... [e quindi] onore deggio ricevere... '. Ma non si può escludere che r. valga qui " essere il rappresentante " di qualcuno.
Va considerato a parte il passo di Cv IV XI 8, dove il verbo, nella forma pronominale, è nel senso di " presentarsi ", " offrirsi alla vista ", con valore intensivo (cfr. il latino repraesento): più volte a li malvagi che a li buoni le celate ricchezze che si truovano o che si ritruovano si rappresentano. Cfr. anche III Amor che ne la mente 88, nell'apostrofe alla canzone: quando poi [" puoi "], a lei ti rappresenta, " presentati " alla donna.