RASINIUS
Accanto a quella di M. Perennius, la fabbrica di vasi aretini di R. deve esser considerata la più antica in Arezzo per la produzione di vasi con rilievi. In base ai trovamenti renani si calcola che R. abbia lavorato in contemporaneità con la fine della prima fase e con la seconda dell'officina di M. Perennius. Con questa datazione alta si accordano anche le forme di vasi, il gusto e lo stile della decorazione: c'è tuttavia qualche prodotto che sembrerebbe esser più tardo. Degli schiavi che lavorarono vasi a rilievi non conosciamo la successione cronologica: ci sono vasi che non portano la firma del lavorante, mentre altri erano completamente senza firma. Abbiamo i nomi di Certus, Eros, Isothimus, Pharnaces, Quartio e Secundus. Mahes e Pantagathus pare che fossero in attività solo durante il periodo di consociazione fra R. e L. Memmius.
Poiché si sono ricuperati i suoi manufatti assieme a quelli di M. Perennius negli scavi presso S. Maria in Gradi, si ritiene che l'officina di R. fosse situata in quella zona. Tuttavia la produzione di questo fabbricante è scarsamente presente in rapporto a quella ingentissima di M. Perennius. Da ciò anche deriva che la conoscenza di essa è ancora frammentaria ed incompleta.
Mentre da S. Maria in Gradi, pare, provengono solo pezzi con la marca rasin accanto a quella del lavorante, dalla zona Badia, Piazza del Popolo, Teatro Petrarca, Via Guido Monaco provengono frammenti firmati con la firma rasini seguita da memmi e accompagnata dal nome del lavorante. È così attestata una collaborazione, una consociazione fra le due officine. Per quanto si può vedere, muta anche il repertorio e, più leggermente, lo stile: ed è difficile al momento indicare chi dei due titolari della ditta abbia il sopravvento per il gusto. Ad ogni modo sono testimoniati anche in questo momento lavoranti che già erano rasiniani. La questione non è stata ancora studiata anche perché i prodotti di L. Memmius non sono abbondanti e sono stati ampiamente dispersi. Da notare, anche se non lo si è ancora fatto, che in qualche prodotto di via G. Monaco il nome di R. sia abraso e come questo, più raramente avvenga per quello di Memmius su pezzi di S. Maria in Gradi. Questo indicherebbe una rottura della consociazione ed una ripresa di attività indipendente (v. memmius).
La produzione di R. a S. Maria in Gradi è abbastanza varia, anche se il quadro che abbiamo è largamente incompleto. Non risulta alcun rapporto tipologico con M. Perennius, anche se i soggetù sono spesso comuni. Predominano le composizioni ornamentali e decorative: festoni con maschere, tirsi, timpani, che sono spesso ravvivati da un mondo animale vivace e naturalisticamente espresso, leontee appese, serie di pendagli, di fiori, di rosette, serti di foglie e calici ecc. Non mancano le corone e i tralci di vite anch'essi spesso molto naturalistici. Difficile è indicare scene con un contenuto narrativo, anche se i frammenti conservano documentazione, numerosa di fregi anche di soggetto mitologico. Abbiamo sequenze di oggetti e animali dionisiaci, di danzatrici col kalathìskos, menadi e satiri, scene di culto ed erotiche, fanciulle che colgono frutta da festoni, ecc.
Alla fase della consociazione con L. Memmius, accanto ad un'abbondante produzione con decorazione vegetale scompartita in riquadri o disposta a girali, sono da ricordare le grandi figure musicanti e quelle di dimensioni notevoli di menadi e satiri.
Soprattutto nella fase di S. Maria in Gradi i prodotti di R. sono assai fini ed accurati: prevale una tendenza miniaturistica che si manifesta principalmente nei piccoli motivi ornamentali e che si rileva però maggiormente dell'esame delle matrici piuttosto che dai vasi, non sempre ricavati con buona tecnica.
Punzoni del repertorio rasiniano appaiono nella tarda produzione aretina soprattutto delle ultime fasi della fabbrica di M. Perennius (v.).
Il R. di Arezzo dev'esser tenuto distinto da L. Rasinius Pisanus che appartiene al gruppo dei fabbricanti di terra sigillata tardo-italica.
La firma di C. Rasinius si trova su vasi lisci ed è assai dubbio se il praenomen debba esser attribuito anche al fabbricante di vasi decorati e lisci che non lo indica.
Bibl.: M. Ihm, in Bonn. Jahrb., CII, 1898, p. 119 ss.; G. H. Chase, The Loeb Collection of Arretine Pottery, New York 1908, p. 26 ss., tav. VII e VIII; id., Catalogue of the Arretine Pottery, Museum of Fine Arts, Boston, Boston-New York 1916, p. 19 s., fig. 2 e tav. XVIII, XXI; A. Oxé, Arretinische Reliefgefässe von Rhein, Francoforte s. Meno 1933, passim; C. V. A., U. S. A., fasc. 9 - The Metropolitan Museum of Art; fasc. I - Arretine Relief Ware a cura di Chr. Alexander, Cambridge (Mass.) 1943, p. 20; H. Dragendorff-C. Watzinger, Arretinische Reliefkeramik, Reutlingen 1948, p. 119 ss.; A. Stenico, in Scritti in onore di A. Calderini e R. Paribeni, III, Milano-Varese 1956, p. 420 s., passim; A. S. Fava, in Arte antica e moderna, VII, 1959, p. 269 ss.; A. Stenico, La ceramica arretina - Rasinius, I, Milano [1960]; id., Revisione critica delle pubblicazioni sulla ceramica arretina - Liste di attribuzione del vasellame decorato con rilievi edito fotograficamente, Milano 1960, p. 14, passim.