RASPONI
. Famiglia ravennate, che deriva dalla famiglia forlivese dei Torelli, esistente già nel sec. XII. Trasferitisi i Torelli a Ravenna, evidentemente in seguito a vicende politiche, intorno al 1300, cambiarono il cognome in quello di R. I primi che incontriamo sono notai, rettori di chiese, militi e dipendenti dei Polentani. Fedeli servitori di questi, i Rasponi crebbero di ricchezza e di potenza, e avrebbero forse aspirato ad esserne gli eredi, se non lo avesse impedito il dominio veneto, durante il quale rimasero in ombra. Tuttavia conservarono tutti i loro beni, e al principio del secolo XVI erano una delle famiglie più ricche di Romagna, e insigniti già del titolo comitale, ottenuto il 26 gennaio 1469 dall'imperatore Federico III. Negli sconvolgimenti politici dei primi decennî del sec. XVI i R. videro l'occasione propizia per ottenere la signoria di Ravenna, come già i Polentani, e presero parte attiva a tutte le lotte di quel tempo, ora con una parte ora con l'altra, ma tenendo per lo più per la Chiesa. Furono capi di un partito potente, al quale se ne contrappose un altro, capeggiato dai Lunardi. Condussero senza scrupoli la lotta contro gli avversarî, giungendo a stragi ed eccidî orribili, accompagnati da saccheggi e devastazioni dei beni, cosicché vennero talvolta cacciati anche in esilio.
Con questi mezzi, con l'ottenere dai pontefici la custodia della città, col mettere nei consigli i loro fedeli o aderenti, con l'appaltare i dazî e le gabelle agli amici, si resero per la maggior parte del sec. XVI i veri padroni di Ravenna. Contemporaneamente numerosi membri della famiglia si distinguevano nelle guerre al servizio della Chiesa, sia in Italia sia in Francia contro gli ugonotti, nelle guerre contro i Turchi, sia al soldo di Venezia sia in Ungheria. Così anche questi contribuirono ad aumentare le ricchezze e la potenza della famiglia, divisa in varî rami. In seguito, pacificatesi le cose in Italia, i membri di essa si distinsero nelle cariche ecclesiastiche e nelle lettere sacre e profane.
Al principio del sec. XIX era ancora la famiglia più potente di Ravenna e i suoi membri partecipano attivamente alle vicende politiche dell'epoca napoleonica e di quella successiva. Giulio sposò Luisa figlia di Gioacchino Murat, e questo matrimonio e altre ragioni ancora avvicinarono i R. alla parte liberale, e nei moti del 1845 si poteva perfino pensare a fare di Gioacchino, figlio della Murat, il re delle provincie liberate dal dominio pontificio. Chi maggiormente si distinse fu appunto Gioacchino, il quale fu capo, nella sua città, della Società nazionale, nel 1859 membro della Giunta provvisoria di governo, e quindi deputato all'assemblea delle provincie romagnole, dove si mostrò uno dei più ardenti propugnatori dell'unità italiana. Si adoperò molto anche in favore dei corpi volontarî garibaldini sia nel 1859 sia nel 1860. In seguito fu eletto deputato per diverse legislature, e fu anche vicepresidente della Camera. Anche altri membri della famiglia furono deputati e senatori. Attualmente la famiglia è continuata solo nella discendenza femminile.
Bibl.: A. Ferretti, Cenni biografici degli scrittori ed illustri personaggi che fiorirono in Casa R., Reggio Emilia 1870; P. D. Pasolini, Memorie storiche della famiglia R., Imola 1876; G. Rasponi, Commemorazione, Ravenna 1878; S. Bernicoli, Per la storia della famiglia R., i Felix Ravenna, 1926, fasc. 31°; L. Miserocchi, Ravenna e i Ravennati nel sec. XIX, Ravenna 1927.